di Marco Piccinelli
Partiamo dall’inizio: Groenlandia. Dice “e dov’è la Groenlandia?”, giusto: la domanda potrebbe non essere scontata. La Groenlandia è la lingua di terra che negli atlanti giganti delle scuole elementari compariva di striscio in Europa, solo per la parte orientale, mentre se lo si apriva dal lato del nord America, solo per quella occidentale. Per essere visualizzata tutta bisognerebbe avere una di quelle cartine della terra tipo questa.
Qui ci si accorge che la Groenlandia è, sostanzialmente, una lingua di terra ghiacciata e, per chi non lo sapesse, è abitata soltanto sulle coste frastagliate del Paese. La Groenlandia, dunque, è una nazione semi-autonoma che, alla pari delle Isole Faroer, era compresa nel regno di Danimarca: dopo vari tentativi, il referendum per l’autodeterminazione è stato vinto ed ora la Groenlandia è autonomia in ogni campo eccetto quello della difesa. Così come, d’altra parte, nelle Faroer: le due nazioni in questione, dunque, fanno ancora parte del Regno di Danimarca, tuttavia è solo una formalità.
Per capire al meglio la realtà Groenlandese (in lingua locale Groenlandia si traduce con Kalaallit Nunaat ovvero Terra degli Uomini) bisognerebbe astrarsi per un attimo da tutto quello che si conosce della propria realtà quotidiana: ogni aspetto della società è notevolmente differente da ciò che un occidentale potrebbe immaginare. Lo sport, ad esempio: il calcio in Groenlandia dovrebbe essere considerato uno sport nazionale e, nei fatti, lo è ma la condizione climatica è fortemente avversa allo sviluppo del gioco così come la si potrebbe intendere comunemente.
Si gioca indoor per quasi tutto l’anno praticando calcio a 11, a 5, handball (pallamano) e altri sport: solo per tre mesi l’anno il clima consente di disputare partite all’esterno e i campi sono completamente di terra. Il giornale anglosassone ‘the Guardian’ ha riportato, però, come nella sola Qaqortoq (1) sia presente, in effetti, un campo di erba sintetica: «In recent years, with an artificial turf pitch built in Qaqortoq, football has progressed steadily. The Greenland national team have been competing at the Island Games since 1989».
Cito ancora il recente articolo (novembre 2014) del Guardian per far inquadrare meglio la situazione a chi legge, stavolta traducendo lo stralcio: «Tuttavia, giocare a calcio in Groenlandia è più difficile di quanto possa apparire. Coperta di ghiaccio del paese per la maggior parte dell’anno il calcio può essere praticato solo per circa tre mesi all’anno». Le squadre, però, molte volte devono sobbarcarsi dei costi di spostamento in aereo o in barca perché le strade che collegano una città all’altra, o un villaggio all’altro, non esistono e, dunque, questo rende difficoltoso lo svolgimento dell’unico campionato di calcio Groenlandese: la Coca Cola – Championship.
Il campionato di calcio è strutturato in tre fasi: locale, regionale e finale, quest’ultima raggruppa due gironi, due gruppi di 6 squadre, le due prime in classifica si contenderanno la vittoria del campionato stesso. Non esistono ‘spalti’ nel campionato groenlandese e il luogo dove si può osservare la partita sono le imponenti rocce al lato del campo e capita, in alcuni campi di alcune cittadine più piccole, che il pallone finisca in acqua.
Le squadre che si contendono il titolo, da qualche anno a questa parte, sono il B-67 di Nuuk, il G-44 di Qeqertarsuaq, il Malamuk di Ummannaq e il Nagdlunguaq-48 di Ilulissat e, a riprova del fatto di quello che si diceva prima, cioè che per comprendere questa realtà è meglio se ci si astrae il più possibile dalle proprie sovrastrutture, non ci sono limiti di età per entrare a far parte della rosa titolare di una squadra del campionato. Ovvero: gli undici titolari possono vedere calciatori di 26/27 anni e portieri o difensori di 40: John Edelvig, difensore del B-67, ne è la prova vivente. Il dato curioso è che le prime squadre, o comunque società sportive groenlandesi, sono iniziate a sorgere attorno agli anni ’60 dove, in buona sostanza, neanche Nuuk (2) era una città poi così sviluppata dal punto di vista urbanistico da essere considerata capitale. E invece capita che Tasiilaq, villaggio di mille e settecento anime sulla costa orientale, la più selvaggia e con dei problemi enormi di alcolismo, dispersione scolastica e disoccupazione, possegga una delle squadre più longeve del campionato: l’A.T.A. (Ammassalimmi Timersogatigiffiq Ammassak) è nata nel 1960 e partecipa, come tutte le società sportive della Groenlandia, ai campionati di calcio, handball e badminton.
La nazionale groenlandese, come molte altre nazioni e ‘nazioni senza Stato’, non è riconosciuta dalla Fifa ma partecipa, attivamente ad un contromondiale, se così di può chiamare: la Viva World Cup, sorta dalle ceneri dell’ELF (Equality, Liberty, Fraternity) disputata nel solo anno 2006 a Cipro Nord. La Viva, comunque, comprende: Cipro Nord, Groenlandia, Principato di Monaco, Zanzibar, Camerun meridionale, Occitania, Kurdistan, Lapponia, Kurdistan, Provenza, Rezia, Aramea, Sahara occidentale, Darfur Padania (sic!) e Regno delle due Sicile (sic!).
In mezzo a questo lungo post, che spero qualcuno abbia letto fino alla fine, sono presenti due video-esempio riguardo il calcio Groenlandese su cui c’è da fare l’ultima postilla: nel controcampionato mondiale di nazioni senza stato di calcio femminile, la Groenlandia è arrivata terza (si parla del 2009) superando l’Isola di Man luogo in cui, per altro, si svolgeva la competizione.
1) Qaqortoq – città tra le più grandi insieme a Nuuk, Ilulissat, Maniitsoq e Ummannaq,
2) Nuuk, in lingua locale, o Gothab, in danese, è la capitale della Groenlandia