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#Contromondiali Fabio Belli

#Contromondiale 18: #Maraca-Nazi, #Mineirazo, #Brasile, #Germania, #Klose, #BrasileGermania, #BRAGER, #Scolari, #Maracanà

di Fabio Belli

Brasile – Germania 1-7

Scene mai viste sulle tribune del Mineirao
Scene mai viste sulle tribune del Mineirao

117. Tanta carne al fuoco, e non potrebbe essere altrimenti. Peggiore sconfitta nella storia del calcio brasiliano, maggiore scarto nel punteggio tra due semifinaliste (superato il record del 1930, quando entrambe le semifinali terminarono 1-6), record individuale di gol nella storia dei Mondiali. Soprattutto, l’incubo di una nuova umiliazione casalinga che si avvera a 64 anni di distanza dal Maracanazo. Evocato, temuto, un’ossessione per i brasiliani nonostante dopo quella tragedia sportiva siano arrivati cinque titoli mondiali. Tanto che il Brasile esce di scena da un Mondiale in casa atteso ben più di mezzo secolo senza averci mai giocato, al Maracanà: una scelta di calendario impensabile, e forse sarebbe stato meglio togliersi il dente subito, invece di aspettare una vendetta in finale, un eccesso di ottimismo considerando lo spessore tecnico della Selecao di quest’anno. E invece quel Brasile-Uruguay resterà l’ultima partita giocata dai verdeoro in un Mondiale nel tempio del calcio di Rio de Janeiro, e per chissà quanto tempo.

"Noi tedeschi non siamo tutti grandi sorrisi e allegria"
“Noi tedeschi non siamo tutti grandi sorrisi e allegria”

118. Le ironie in rete si sono sprecate, e qualcuno ha sfoderato un irriverente, splendido “Maraca-Nazi”. I tedeschi, sonnacchiosi seppur sempre efficaci per tutto il Mondiale, dopo due pareggi contro Ghana e Algeria e due vittorie di misura contro Stati Uniti e Francia, hanno sprigionato tutta la loro potenza. L’impressione è che dopo il 2-0 di Klose, gli avversari abbiano avuto un tracollo psicologico senza eguali nella storia del calcio, e dunque in vista della finale andranno soppesati gli eccessi d’entusiasmo. Ma i tedeschi sono in finale per l’ottava volta nella loro storia, e la quarta stella potrebbe far cadere un tabù: quella della prima squadra Europea vincente nel continente americano. Se l’avversario sarà l’Olanda sarà storia in ogni caso, altrimenti l’Argentina potrebbe mantenere in piedi un tabù considerato eterno.

Il miglior marcatore di tutti i tempi nella storia dei Mondiali
Il miglior marcatore di tutti i tempi nella storia dei Mondiali

119. Già, parliamo di Miroslav Klose. In questo Mondiale, di fatto, si è visto all’opera il più grande cannoniere di sempre della storia della Coppa del Mondo. Meglio di Pelé, meglio di Gerd Muller, soprattutto meglio di quel Ronaldo quasi in lacrime come commentatore sulla tribuna del Mineirao di Belo Horizonte, non certo per il record passato di mano, ma per la storica umiliazione della Selecao. Un primato del genere che viene tramandato tra le due Nazionali dei due protagonisti, uno sotto gli occhi dell’altro: basterebbe questo per rendere eterna la serata del “Mineirazo”. Ma c’è incredibilmente di più, perché in questo incredibile 1-7 è andato a segno anche colui che potrebbe venire nella linea di successione del record dopo Ronaldo e Klose: Thomas Muller, 24 anni e già dieci gol in Coppa del Mondo: salvo sorprese, difficile pensare che il record prima o poi non finirà nelle sue mani.

Scolari invita Bernard a guardare in faccia la realtà
Scolari invita Bernard a guardare in faccia la realtà

120. Analizzare le cifre tedesche è sicuramente più facile rispetto a quelle brasiliane. Mai la Selecao aveva perso con tale scarto, neanche in amichevole. Averlo fatto in una semifinale in casa è una macchia che accompagnerà i componenti di questa squadra a vita, come avvenne per gli sfortunati protagonisti del 1950. Scolari, finora considerato uno degli attuali “grandi vecchi” degli allenatori nel mondo, si è visto ridicolizzato dagli avversari con azione stile calcetto, che ad un Mondiale non si vedevano dai tempi di Polonia-Haiti 7-0, Jugoslavia-Zaire 9-0 e il record assoluto, Ungheria-El Salvador 10-1. Appunto, Haiti, Zaire, El Salvador: il fatto che a questa allegra combriccola si sia aggiunto il nome della squadra con più titoli mondiali, è al limite del paradosso.

Come i tedeschi hanno preso casa nell'area brasiliana per tutto il primo tempo
Come i tedeschi hanno preso casa nell’area brasiliana per tutto il primo tempo

121. L’assenza di Thiago Silva, il vero fuoriclasse di una difesa nella quale il grintoso David Luiz è stato forse sopravvalutato (oppure è stato lui a giocare un paio di partite al di sopra delle sue possibilità), la scelta di sostituire Neymar con l’idolo di Belo Horizonte Bernard, acerbo e poco propenso alla copertura, sono fattori tecnici che sicuramente pesano. Ma come detto all’inizio, la peggior disfatta del calcio brasiliano e forse mondiale è figlia di un fattore psicologico troppo contrario: arrivati in semifinale, sembrava impossibile ai brasiliani che si materializzassero i fantasmi di 64 anni fa, a meno di perdere la finale all’ultimo minuto contro l’Argentina. Mai stuzzicare gli dèi del calcio, sempre pronti a lasciare senza parole i poveri mortali che pensano di sapere ormai già tutto.

 

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#Contromondiali Fabio Belli

#Contromondiale 14: #ottavi, #Brasile, #Cile, #JulioCesar, #Ames, #Colombia, #Ochoa, #Hupolland

di Fabio Belli

Brasile – Cile 1-1 dts (4-3 dcr)

Brasile, aiuti dall'"alto"?
Brasile, aiuti dall'”alto”?

87. Se la traversa di Pinilla all’ultimo minuto dei tempi supplementari fosse entrata, come l’avremmo chiamato? “Mineirazo”? Di sicuro lo spettro del “Maracanazo” i padroni di casa potranno scrollarselo di dosso solo vincendo il Mondiale; d’altra parte, sin dalla partita contro la Croazia, c’è “qualcosa”, una forza ineluttabile, che sembra voler tenere in gioco i padroni di casa. L’arbitraggio di Webb è stato perfetto, stavolta sono stati i legni ed uno strepitoso Julio Cesar a tenere in vita la Selecao e a buttare fuori il Cile di Sampaoli, per organizzazione tattica forse la più bella realtà di Brasile 2014.

 

La resurrezione di Julio Cesar
La resurrezione di Julio Cesar

88. Già, Julio Cesar: togliersi sassolini dalle scarpe prima della fine di una competizione è sempre pericoloso, ma il portiere che con l’Inter ha messo in fila 14 trofei, dopo aver compiuto cose davvero grandi contro il Cile, si è lasciato andare ad un pianto liberatorio. Metà per quello che ha passato, metà per quello che sta passando: la pressione di ritrovarsi fuori squadra nel Queens Park Rangers, ed allenarsi da solo al parco e implorare un prestito al Toronto per giocare in vista dei Mondiali; e quella dovuta agli occhi addosso di una nazione intera, che sogna solo di mettersi alle spalle quella parola, sempre e solo quella parola: “Maracanazo”.

Colombia – Uruguay 2-0

"Ames" eroe nazionale in Colombia
“Ames” eroe nazionale in Colombia

89. Si chiama James Rodriguez, ma tutti lo chiamano “Ames”, perché la J alla spagnola diventa muta. Nulla a che vedere con James Bond, ma questo nuovo idolo latino è da tempo noto a chi segue il calcio. E conosce la qualità degli osservatori del Porto nello scovare talenti in Sudamerica. Di sicuro chi “Ames” l’ha scoperto ai Mondiali è arrivato davvero tardi, considerando che su di lui si sono già riversati i rubli del Monaco, dove ha già sfornato nell’ultima stagione gol e soprattutto assist a ripetizione. Di sicuro, mai come in questi Mondiali Rodriguez ha trovato la continuità del fuoriclasse vero. Con quello di Van Persie alla Spagna e quello dell’australiano Cahill all’Olanda, la sua bordata infilatasi tra la mano tesa di Muslera e la traversa irrompe sul podio dei gol più belli di Brasile 2014. E tra Neymar, Messi, Robben e Muller, “Ames” è pronto a giocarsi la palma di stella del Mùndial.

Campioni in salsa "Come Eravamo"
Campioni in salsa “Come Eravamo”

90. L’Uruguay di Tabarez ha ceduto invece a un certo tremendismo. Dopo la vittoria contro l’Italia, la difesa di Suàrez è andata oltre il buonsenso, e questo non ha giocato all’ambiente, oltre che a una squadra appesantita dal ritorno di un Forlan non più proponibile a certi livelli. Addirittura al Maracanà era stato provato a vietare l’ingresso di tifosi con la maglia del “pistolero” del Liverpool: misura forse eccessiva. La squalifica di nove partite, e soprattutto il divieto di accesso per quattro mesi alle manifestazioni sportive di qualsiasi tipo (una sorta di “Daspo” internazionale) restano una punizione esemplare, ma inevitabile per tanta recidività. E l’umorismo della rete nel frattempo impazza…

Olanda – Messico 2-1

C'è qualcosa che ci spinge a simpatizzare per l'Olanda...
C’è qualcosa che ci spinge a simpatizzare per l’Olanda…

91. Così come il Brasile, anche l’Olanda sembra sospinta da una forza di galleggiamento che la riporta a galla nei momenti difficili. Il secondo tempo contro la Spagna è stato un autentico capolavoro, contro Australia e Messico invece Van Gaal ha trovato la giocata giusta al momento giusto. Stavolta, a salvare la baracca è stato il redivivo Sneijder, colpevole la difesa messicana a non serrare le fila proprio nei minuti finali dopo il gol di Giovani Dos Santos, ma una “stecca” così il dieci olandese non la tirava dai tempi nerazzurri. Nel frattempo, l’Olanda sembra aver già vinto il Mondiale delle bellezze allo stadio, e delle tifose in generale. Difficile non simpatizzare per gli orange, con tali supporters..

Mexico power!
Mexico power!

92. Va detto che col Messico il Mondiale perde una vagonata di protagonisti. Dal piojo Herrera in panchina, all’incredibile Ochoa che anche stavolta si è esibito in parate al limite del possibile. Svincolato, il portiere messicano è stato al centro di un appello di un tifoso dell’Ajaccio, in Francia, che per trattenerlo ha messo ufficialmente in vendita casa… e tutta la famiglia. Il Messico oltre che squadra simpatia (la campagna “peperoncini messicani vs. arance” ha scatenato moltissimi sorrisi su Twitter) ha dimostrato di essere anche organizzato e ben orchestrato da Herrera. Gli affondi di Robben hanno fatto cedere gli argini sul più bello: e il tabù ottavi di finale persiste per la “Tri”, fuori subito dopo la fase a gironi per il settimo anno consecutivo.

 

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#Contromondiali Fabio Belli

#Contromondiale 12: #Messi, #Argentina, #Elio, #Agbonavbare, #Nigeria, #Svizzera, #Ecuador, #NYPost, #Chiellini, #Suarez

di Fabio Belli

Nigeria – Argentina 2-3

Messi sempre più leader dell'Albiceleste
Messi sempre più leader dell’Albiceleste

73. Il racconto di Brasile 2014 in tante mini-storie aiuta anche ad evitare una certa ripetitività. La presenza costante di Leo Messi suggerisce qualcosa: il Mondiale della “pulga” sembra lava di un vulcano in ebollizione: contro la Nigeria è arrivata anche la doppietta, quattro gol in tre partite, ed Argentina a punteggio pieno che dai tempi di Maradona, non aveva in squadra un leader così netto e definito. Anche il CT Sabella si è piegato alla “Messidipendenza”, e a certe dichiarazioni non manca mai il beneplacito dello spogliatoio. Uno per tutti, tutti per Messi: è il bello viene ora, perché il fuoriclasse del Barcellona sa che basta un solo passo falso per smentire quanto fatto vedere finora.

Agbonavbaré, da mito nigeriano celebrato da Elio, a facchino
Agbonavbaré, da mito nigeriano celebrato da Elio, a facchino

74. Esattamente venti anni fa, Elio e le Storie Tese cantavano in un memorabile pezzo dedicato ad USA ’94: “Se Agbonavbaré difenderà la propria porta nei mondiali di calcio americani, forse la Nigeria vincerà questi famosi campionati di calcio mondiali americani”. Agbonavbaré quei Mondiali neanche li giocò, sopravanzato nelle gerarchie dal portiere-Principe Peter Rufai. Una bella storia, anche perché dopo essersi visto soffiato il posto da un nobile, Agbonavbaré si è ritrovato a fare l’operaio, per la precisione il facchino; ci torneremo su. Ma quella squadra che si inchinò a Roberto Baggio agli ottavi di finale, negli anni novanta fu considerata la prima squadra africana in grado di godere di favori e attese nei pronostici: una generazione che tra Usa ’94 e Francia ’98, fu anche accompagnata da giovani che nella Olimpiadi del 1996 regalarono al calcio africano il primo grande alloro internazionale della sua storia. Tutto questo per dire che a distanza di venti anni, è ancora la scuola nigeriana la più efficace del continente nero, soprattutto di quello sub-sahariano. E anche contro l’Argentina la squadra di Keshi si è dimostrata all’altezza: lunedì contro la Francia a Brasilia, ci sarà da fare la storia.

Bosnia – Iran 3-1

Il derby di Teheran, uno dei più sentiti al mondo
Il derby di Teheran, uno dei più sentiti al mondo

75. Ai narratori di calcio, dispiace che l’Iran non sia riuscito a lasciare un vero segno in Brasile. La Nazionale persiana è arrivata ai Mondiali in uno stato di grande crisi economica, tanto che la federazione locale ha vietato (facendo uno strappo per quella di Messi) lo scambio delle maglie tra giocatori: ognuno aveva la sua, e doveva bastare per tutto il Mondiale. Non è bastato affidarsi ad un uomo di mondo come Carlos Queiroz in panchina, ex Real Madrid e soprattutto discepolo di Sir Alex Ferguson al Manchester United, per un gruppo composto soprattutto da giocatori impegnati nel campionato locale. Il calcio in Iran è uno sport sempre più apprezzato, in uno degli stati dall’età media più giovane del mondo, ed il derby tra Persepolis ed Esteghlal a Teheran è diventato uno dei più sentiti del mondo. Tante storie che non hanno però trovato uno sbocco effettivo sul campo.

Honduras – Svizzera 0-3

Puro umorismo svizzero
Puro umorismo svizzero

 

76. Il cammino della Svizzera nella prima fase del Mondiale dice in realtà molto più qualcosa della Francia che degli elvetici. Che contro l’Honduras si sono dimostrati pratici ed efficaci: il fatto di aver subito un rovescio così pesante contro la squadra di Deschamps, è forse indice di una forza dei transalpini che in molti avevano sottovalutato. In Svizzera intanto, l’umorismo per un paese ligio alle regole e abituato all’autarchia, si è scatenato sul fatto che i tifosi di tutti i cantoni per festeggiare gli ottavi hanno dovuto avere un occhio di riguardo al match degli odiati francesi contro l’Ecuador. Pericolo scampato, anche se ora l’Argentina appare come una montagna molto alta da scalare negli ottavi.

Ecuador – Francia 0-0

All'Ecuador non è mancato il calore sugli spalti
All’Ecuador non è mancato il calore sugli spalti

77. In attesa degli Stati Uniti, Brasile 2014 si è rivelata finora un’edizione trionfale per le americane, del Nord, del Centro e del Sud. Hanno fatto eccezione le due formazioni del girone F: e se sull’Honduras i pronostici erano impietosi già alla vigilia, ci si poteva attendere qualcosa di più dall’Ecuador, che di fatto si ritrova fuori per una scelleratezza contro la Svizzera, praticamente a tempo scaduto, nella prima partita. Un vero peccato, col Mondiale che perde un vero protagonista (Enner Valencia) ed una squadra arcigna ma molto vivace ed organizzata. In dieci contro i “bleus” e sostenuti da un coloratissimo tifo, l’Ecuador ha cercato la qualificazione fino all’ultimo: ma il Mondiale non perdona le ingenuità.

Rimasugli di Italia – Uruguay 0-1

78. E il premio per la miglior prima pagina sul caso Suarez-Chiellini va… al New York Post!

Miglior prima pagina Suarez-Chiellini al New York Post
Miglior prima pagina Suarez-Chiellini al New York Post

 

 

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#Contromondiali Fabio Belli

#Contromondiale 11: #Italia, #Morso, #Rimorso, #Suarez, #Dimissioni, #Grecia, #Samaras, #Mondragon, #Selfie

di Fabio Belli

Italia – Uruguay 0-1

Le nuove frontiere del cibo italiano
Le nuove frontiere del cibo italiano

66. Abbiamo già parlato di quanto i deja vu siano frequenti nei Mondiali. L’Italia si ritrova coinvolta in un’eliminazione tra grandi controversie arbitrali, come già avvenuto nel 1962 e nel 2002, quando un arbitro chiamato Moreno, così come in questo caso, scatenò l’ira dei tifosi azzurri. Il Moreno attuale è messicano e soprannominato Dracula, con il centravanti della squadra avversaria, Suarez, famoso per avere il “vizietto” di mordere gli avversari. Possibile che ci ricaschi con Dracula al fischietto? E soprattutto che Dracula non se ne accorga? Ovviamente sì: e il morso di Suarez a Chiellini rischia di diventare (anzi, forse già lo è) un cult alla pari della testata di Zidane a Materazzi nel 2006. In quel caso Horacio Elizondo non fece finta di non vedere, stavolta Dracula-Moreno sì: e questo è costato a lui le prossime partite del Mondiale, a Suarez una probabile, lunga squalifica, e all’Italia l’eliminazione. In una sorta di circolo inesauribile della storia mondiale azzurra.

Le eliminazioni dell'Italia ai Mondiali nel 1954 e nel 2014, trattate con enfasi differente dalla stampa
Le eliminazioni dell’Italia ai Mondiali nel 1954 e nel 2014, trattate con enfasi differente dalla stampa

 

67. Insomma, ce ne sarà di chi parlare a lungo, ma l’aspetto tecnico del match contro l’Uruguay non è scivolato in secondo piano. Anche e soprattutto perché l’espulsione (ingiustificabile errore, va detto) di Marchisio ha accelerato una deriva del match che, dopo un primo tempo di buon contenimento, aveva portato l’Italia ad arretrare paurosamente il baricentro dopo l’espulsione del nervoso, instabile ma probabilmente indispensabile (sì, qui andiamo controcorrente) Balotelli. Una scelta difensiva implosa quando qualcosa è andato storto, e non è un caso che invece di gridare all’ingiustizia (come avvenne nel 2002), i media italiani si siano scatenati contro il non-gioco espresso dagli azzurri dopo due anni di preparazione ed una finale europea. A parte qualche sprazzo contro l’Inghilterra peggiore dagli anni ’70, contro Costa Rica ed Uruguay i tiri in porta si sono contati sulle dita di una mano. A sessant’anni di distanza, si può comunque ammirare come sia cambiato il modo di reagire da parte dei giornali italiani ad un’eliminazione dell’Italia ai Mondiali.

"Prandelli, stai sereno".
“Prandelli, stai sereno”.

68. E parte la solita sequela del tutti contro tutti: Prandelli attacca la stampa, Abete se la prende col sistema, Marchisio con Suarez, Verratti con l’arbitro e tutti, ma proprio tutti, con Balotelli. Da Bearzot a Vicini a Sacchi, da Zoff a Trapattoni a Lippi, il rito delle dimissioni in Italia fa sempre scalpore, forse perché inusuale. Di sicuro ci troviamo ad un punto che ha riportato il calcio italiano indietro di circa 50 anni: dopo lo scandalo di Cile ’62, arrivò il diluvio Corea del Nord a svegliare un football azzurro addormentato (ma che allora già dominava con le milanesi a livello internazionale di club). Due eliminazioni al primo turno che tornano clamorosamente d’attualità, ora che dopo un’edizione del 2010 giocata colpevolmente (e lo si capisce ora) con la pancia piena e senza stimoli, si torna di nuovo a casa. Via Prandelli, via Abete, la Nazionale ha bisogno però di protagonisti veri anche in campo: perché il sistema-calcio italiano sarà in crisi profonda e non si può negare, ma paesi come la Costa Rica e lo stesso Uruguay, non si può dire che raggiungano risultati superiori ai nostri con investimenti finanziari maggiori e politiche più lungimiranti. Lavorare bene, alla lunga, paga più che lavorare tanto, al di là dei luoghi comuni.

Costa Rica – Inghilterra 0-0

I giornali inglesi i più severi nei confronti di Suarez
I giornali inglesi i più severi nei confronti di Suarez

69. Partita che aveva poco da dire: i “Ticos” hanno dimostrato una volta di più di meritare la qualificazione e il primo posto, gestendo il pari che serviva loro per chiudere in testa. Inghilterra senza stimoli, tanto che i giornali inglesi hanno preferito concentrarsi sul caso-Suarez, stella della Premier League. E in barba agli interessi del Liverpool, la stampa britannica c’è andata giù pesante, con titoli del tipo “squalificate questo mostro”. Con due morsi e una squalifica per razzismo già alle spalle, Suarez (che si era affidato anche a uno psicologo per evitare di cadere di nuovo in questo tipo di comportamenti) potrebbe andare incontro ad una squalifica a tempo che coinvolgerebbe anche i Reds.

Giappone – Colombia 1-4

Faryd (nelle figurine italianizzato in "Fabio") Camilo Mondragòn, recordman dei Mondiali a 43 anni, ai tempi di USA '94
Faryd Camilo Mondragòn, recordman dei Mondiali a 43 anni, ai tempi di USA ’94

70. Se non ci fosse Suarez, la storia del giorno sarebbe sicuramente la sua: Faryd Mondragòn, classe ’71, a fine partita si è piazzato tra i pali della Colombia ed è diventato il giocatore più anziano della storia dei Mondiali. A 43 anni, c’era già ad USA ’94, ed è allla sua terza Coppa del Mondo solo perché la Colombia era assente dalla rassegna dal ’98. Un momento emozionante, in parte rovinato dalla FIFA che non ha permesso al numero uno il giro di campo finale in compagnia dei figlioletti.

Grecia – Costa D’Avorio 2-1

71. Il collegamento tra Grecia ed Epica è sin troppo facile, ma da dieci anni a questa parte la Nazionale ellenica, a fronte di risorse decisamente limitate, sta riuscendo ad ottenere risultati incredibili. E soprattutto a sovvertire situazioni sulla carta irrimediabili. L’impresa di Euro 2004 è agli atti e nella storia, ma anche due anni fa negli Europei in Polonia e in Ucraina, si guadagnarono un quarto di finale contro la Germania quando l’eliminazione sembrava inevitabile. Stesso copione stavolta: dopo il rovescio iniziale contro la Colombia e lo scialbo pari contro i giapponesi, chi si aspettava la coppia Samaris-Samaras (a proposito: con il messicano Ochoa è il secondo svincolato decisivo a Brasile 2014, dov’è l’errore?) agli ottavi? E contro la Costa Rica, poi: comunque vada, tra le prime otto del Mondiale ci sarà una prima volta assoluta ed inaspettata.

Rimasugli di Croazia – Messico 1-3

72. Non ce ne vogliano Bradley Cooper, Ellen DeGeneres e le stelle degli Oscar, ma a nostro avviso il “selfie” dell’anno è questo. Que viva Mexico, Que viva Héctor Herrera!

Hector Herrera re dei "selfie"
Héctor Herrera re dei “selfie”
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#Contromondiali Fabio Belli

#Contromondiale 08: #Italia, #Corea, #Ticos, #Pulizia, #Japan, #Benzema, #CostaRica, #Valencia, #Costly

di Fabio Belli

Giappone – Grecia 0-0

A fine partita, ogni giapponese sa che dovrà ripulire tutto.
A fine partita, ogni giapponese sa che dovrà ripulire tutto.

46. Il sapore è quello di un’occasione perduta per entrambe le formazioni. Non sembrano però squadre in grado di lasciare un segno tangibile in un Mondiale dall’alto coefficiente di difficoltà. Soprattutto la Giappone di Zac ci si poteva attendere di più. Ora la qualificazione è appesa al filo della vittoria greca sulla Costa D’Avorio, e a quella dei “Blue Samurai” sulla forte Colombia. E il rito dei tifosi giapponesi che ripuliscono con zelo gli spalti alla fine di ogni partita, inizia a sembrare il simbolo della resa, oltre che un segno di indubbia civiltà.

Italia – Costa Rica 0-1

Dal gol di Pak Doo Ik, l'Italia ha ingoiato numerosi bocconi amari nei Mondiali contro le cosiddette "piccole"
Dal gol di Pak Doo Ik, l’Italia ha ingoiato numerosi bocconi amari nei Mondiali contro le cosiddette “piccole”

47. E veniamo alle nostre (dolenti) note. La sconfitta azzurra contro la Costa Rica brucia particolarmente considerando la sensazione di Deja Vu indotta dal gol di Bryan Ruiz. La maledizione del ’66, quando dopo aver definito una banda di “Ridolini” i ragazzi della Corea del Nord, l’Italia finì affondata dal gol di Pak Doo Ik (è sempre bene ricordarlo, un militare, non un dentista), si è perpetrata nel tempo, sia nei Mondiali felici che in quelli tristi. Nel ’70, nell’82, nel ’94 e nel 2006, in totale due vittorie e due finali, si scatenarono feroci polemiche dopo i pareggi nel girone eliminatorio contro Israele, Camerun, Stati Uniti, e nel 1994 addirittura perdemmo all’esordio contro l’Irlanda. Peggio è andata nel 2002, eliminati dalla Corea (sempre lei) del Sud, e soprattutto nel 2010, quando il pari contro la Nuova Zelanda ed il ko contro la Slovacchia sembrava aver segnato il punto più basso in assoluto. All’azzurro-tenebra si è aggiunto ora il ko contro un paese da meno di cinque milioni di abitanti. In attesa di Italia-Uruguay…

Entusiasmo popolare in Costa Rica
Entusiasmo popolare in Costa Rica

48. D’altronde i “Ticos” (così sono soprannominati i calciatori della Costa Rica) possono contare su tifosi scatenati, che venerano una Nazionale che solo nell’ultimo quarto di secolo è riuscita a raccogliere risultati significativi. Nel 1990, unica volta in cui raggiunsero gli ottavi di finale ai Mondiali, l’impresa fu talmente celebrata che venne girato un film, intitolato appunto 1990. E nella serata di venerdì a San José l’entusiasmo popolare è stato straripante.

Nel girone degli azzurri, la potenza è nulla senza controllo...
Nel girone degli azzurri, la potenza è nulla senza controllo…

 

49. Comunque, nel girone dell’Italia la situazione si fa intricata. Questa “diapositiva” illustra bene come stanno le cose prima dell’ultima giornata.

Svizzera – Francia 2-5

La nuova filosofia zen di Benzema e di tutta la Francia
La nuova filosofia zen di Benzema e di tutta la Francia

50. Il curioso caso di Karim Benzema: con un pizzico di fortuna in più sarebbe senza dubbio il capocannoniere di Brasile 2014. Dopo la “quasi tripletta” contro l’Honduras, il centravanti del Real Madrid ha segnato il 6-2 nella strabordante vittoria francese contro la Svizzera proprio in concomitanza con il triplice fischio finale dell’arbitro. Gol naturalmente non convalidato: ma la filosofia con cui Benzema sta prendendo queste piccole disavventure è quella di una Francia diversa, meno boriosa e più pratica, che nonostante l’assenza di Ribery e senza i favori del pronostico, ha destato una delle migliori impressioni della parte iniziale di Brasile 2014. E si è messa in tasca la qualificazione agli ottavi.

Honduras – Ecuador 1-2

Enner Valencia, bomber Mondiale
Enner Valencia, bomber Mondiale

51. Ed è proprio parlando di possibili capocannonieri che non ti aspetti, che chiudiamo il resoconto odierno. Enner Valencia entra nella nostra lista della spesa, anzi balza di prepotenza al primo posto, visto che l’età (25 anni) e la militanza con i messicani del Pachuca, suggeriscono un prossimo assalto delle squadre europee. I due gol con cui il brevilineo attaccante, cresciuto in patria nell’Emelec, ha “ribaltato” l’Honduras, si aggiungono a quello segnato contro la Svizzera e ad un repertorio che indica come le squadre a caccia di una punta scaltra e veloce, debbano fare in fretta a telefonare al suo procuratore.

Dopo Spagna '82, l'Honduras si è "sbloccato" in un Mondiale
Dopo Spagna ’82, l’Honduras si è “sbloccato” in un Mondiale

52. Una delle nostre storie riguardanti le partite d’esordio si è rivelata profetica. Nel segno di “di padre in figlio”, Carlo Costly è tornato a fare gol per l’Honduras in un Mondiale dopo 32 anni. L’ultima volta, in Spagna, in squadra c’era il padre di Carlo, Anthony: la vera dinastia del calcio in Honduras.

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#Contromondiali Fabio Belli

#Contromondiale 07: #Colombia, #Gervinho, #Jesongpazz, #Song, #Die, #Suarez, #England #FAIL, #Balotelli

di Fabio Belli

Camerun – Croazia 0-4

Je SONG pazz'?
Je SONG pazz’?

39. Il tormentone della notte è stato “Je Song Pazz'”, cantata alla maniera di Pino Daniele. Un pugno-gomitata del calciatore del Camerun stile wrestling a Mandzukic, col bomber del Bayern Monaco che ha sperimentato gli effetti di un colpo della strega istantaneo. Rissa inevitabile, ma forse a pensarci bene i nervi del Camerun sono saltati ancora prima della partenza per il Brasile, con la stucchevole querelle-premi che non ha fatto onore a Eto’o (assente contro i croati) e compagni. La Croazia ringrazia, non per dire, e dopo le recriminazioni contro il Brasile, ora il destino si compirà nella sfida-spareggio contro il Messico.

Colombia – Costa D’Avorio 2-1

Gervinho profeta anche in patria
Gervinho profeta anche in patria

40. I protagonisti di questo Mondiale, per un motivo o per l’altro, faticano ad essere inquadrati come uomini-mercato. Per Gervinho il problema non riguarda limiti di età o poca dimestichezza col calcio europeo, ma un prezzo che a questo punto la Roma difficilmente riuscirà a quantificare per la sua ala. Considerando anche quanto è stato pagato da un Arsenal che alla sua partenza, organizzò anche una specie di festicciola. Solitamente lungimiranti, i Gunners hanno dovuto assistere alla rinascita della freccia nera, che in Brasile sta dimostrando come la sua ritrovata qualità non sia dovuta al calo di quella del calcio italiano, anzi. Nonostante la sua prodezza che fa il paio con quella contro il Giappone, la Costa D’Avorio è uscita sconfitta, ma contro la Grecia il passaggio del turno potrebbe arrivare.

I colombiani, ballerini provetti.
I colombiani, ballerini provetti.

41. E’ l’ex Udinese e Napoli Pablo Armero il coreografo degli entusiasti balletti della Colombia, che nonostante l’assenza di Radamel Falcao, sta tenendo fede alle previsioni che volevano i Cafeteros tra le rivelazioni del Mondiale. In quanto ad entusiasmo i colombiani se la giocano generosamente con la “Marea Roja” cilena, ma nel duello tra tifosi in tribuna, i colombiani trovano un bonus nell’atteggiamento scatenato dei giocatori in campo.

Per Serey Die lacrime di emozione e non per la morte del padre, avvenuta nel 2004
Per Serey Die lacrime di emozione e non per la morte del padre (come si era ipotizzato), avvenuta nel 2004

42. Una nota commovente l’ha regalata Serey Die, in lacrime durante l’inno nazionale della Costa D’Avorio. Troppo commovente: è girata in fretta la voce che a Die fosse stata comunicata la morte del padre, prima di scendere in campo. Versione smentita dallo stesso calciatore su Instagram: solo commozione per il momento e l’onore di rappresentare il proprio paese. Il pensiero di Die prima di una partita importante vola comunque sempre verso il genitore che è morto sì, ma nell’ormai lontano 2004.

Uruguay – Inghilterra 2-1

Il Daily Star ipotizza uno strano complotto ai danni di Luis Suarez
Il Daily Star ipotizza uno strano complotto ai danni di Luis Suarez

43. All’arrivo dell’Uruguay in Brasile, ha tenuto banco un tweet dell’ex portiere della Lazio, ora al Galatasaray, Fernando Muslera, che ha mostrato come le camere degli “orientales” fossero invase dalle formiche in albergo. Un caso sul quale il Daily Star ha scherzato alla vigilia della partita-spareggio di San Paolo, prendendo di petto proprio Luis Suarez, che reduce da un infortunio, si sarebbe ritrovato le fastidiose formichine anche tra le mutande. Guai a stuzzicare i campioni: al ritorno dopo l’operazione, Suarez ha timbrato per due volte il cartellino con il gol: e anche senza formiche, una certa sensazione di fastidio nella biancheria intima l’hanno senz’altro provata i tifosi inglesi.

Pronto per la panchina dell'Inghilterra?
Pronto per la panchina dell’Inghilterra?

44. Dopo la Spagna, anche l’Inghilterra incassa due ko in altrettanti incontri in Brasile. E se la stampa iberica ha mostrato riconoscenza verso un gruppo che negli ultimi otto anni ha regalato lustro e trofei una volta impensabili per le Furie Rosse, c’è da pensare che i salacissimi tabloid inglesi non risparmieranno ai Leoni d’Inghilterra (ancora attaccati a una flebile speranza di qualificazione legata al risultato di Italia – Costa Rica) critiche bollenti. Allenatore in particolare sulla graticola, considerando anche che il raddoppio di Suarez è arrivato praticamente su rinvio di Muslera. E c’è già chi avanza proposte per il sostituto di Roy Hodgson in panchina: questo tifoso sembra avere le carte in regola, e soprattutto l’espressione giusta.

Balotelli commenta con la consueta sobrietà Uruguay-Inghilterra
Balotelli commenta con la consueta sobrietà Uruguay-Inghilterra

 

 

 

 

 

 

45. Un dato spicca riguardo al possibile flop di Rooney e compagni: se si escludono le mancate partecipazioni del 1974, del 1978 e del 1994, l’ultima eliminazione al primo turno dell’Inghilterra risale al 1958. Solo un’altra volta poi accadde nella storia, nel 1950: il Brasile non porta di certo fortuna agli inglesi. Che oltre al danno, si sono dovuti sorbire l’irriverente tweet di Mario Balotelli, che con i sudditi di sua Maestà, alla fine della sua esperienza al Manchester City, non si è lasciato proprio benissimo…

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#Contromondiali Fabio Belli

#Contromondiale 06: #Spagnacanazo #Spagna #Cahill #DiegoCosta #Dromedario #Cile #MareaRoja

di Fabio Belli

Australia – Olanda 2-3

E' di Cahill il gol più bello dei Mondiali. Finora.
E’ di Cahill il gol più bello dei Mondiali. Finora.

34. Gioca in America, ha 34 anni ed è un attaccante. Tim Cahill è forse un po’ fuori tempo per finire nei nostri consigli per gli acquisti. Ma il gol più bello dei Mondiali finora è suo: gran botta al volo, traversa e pallone alle spalle di Cilessen. Non è servito all’Australia, ma questo attaccante dei New York Red Bulls già contro il Cile era stato una vera spina nel fianco, prendendole praticamente tutte di testa ed andando in gol. La sua carriera in Europa l’ha già spesa, peraltro per otto stagioni e con ottimo profitto, con l’Everton. E anche se il Mondiale dei “Socceroos” è durato appena cinque giorni tra la prima partita e la seconda, la coppia Cahill-Leckie sarà ricordata a lungo dai tifosi.

Da qualunque parte la si guardi, l'Olanda è sempre uno spettacolo...
Da qualunque parte la si guardi, l’Olanda è sempre uno spettacolo… (Scarlett Hope)

35. “L’AZ Alkmaar non rinuncerà al suo gioco offensivo che gli ha permesso di arrivare all’ultima giornata in testa alla classifica.” Parola di Louis Van Gaal, che dopo le disavventure tra Barcellona e Nazionale (primo giro), si era rimesso in gioco nel piccolo club che stava, a suo di gol e risultati pazzi, mettendo le mani dopo anni sull’Eredivisie, interrompendo lo storico dominio della triade Ajax-PSV-Feyenoord. Ovviamente, l’AZ perse quella partita subendo due gol in contropiede, e il titolo: ma il nostro è un vincente, e Van Gaal riportò il titolo ad Alkmaar, nel suo nuovo laboratorio, nel 2009, rilanciandosi a livello internazionale. Questo per dire che l’Olanda è già a otto gol segnati e tre subiti in due partite, e questa Nazionale Orange sembra altrettanto pazza e spregiudicata rispetto a quell’AZ. Nel calcio di solito vince chi subisce meno, non chi picchia di più. Nel frattempo, i motivi per simpatizzare per un’Olanda così spumeggiante, non mancano dentro e fuori il campo…

Spagna – Cile 0-2

Chissà se uno dei Diego Costa ce l'ha con l'altro...
Chissà se uno dei Diego Costa ce l’ha con l’altro…

36. “Maracanazo” è una parola spagnola, non portoghese. Nonostante si riferisca alla celeberrima disfatta del ’50, il Mondiale perso in casa dal Brasile contro l’Uruguay. Un segno del destino, la scelta di quella parola, traslata oggi alla fine di un ciclo che da tre grandi competizioni (Europeo+Mondiale+Europeo) prevedeva un solo vincitore. Lo “Spagnacanazo” si è consumato proprio al Maracanà, al cospetto di un super-Cile, ma i Campioni del Mondo sono apparsi logori, stremati da una stagione di club che aveva visto le formazioni iberiche dominare in lungo e in largo. A nulla è servito l’innesto di Diego Costa: trapianto rigettato, e il dietrofront dalla Selecao alle Furie Rosse che tanto aveva fatto infuriare la Torcida, si è ritorto contro il bomber ora al Chelsea ed ex Atletico Madrid.

La "Marea Roja" irrompe in sala stampa
La “Marea Roja” irrompe in sala stampa

37. Non si giocava un Mondiale in Sudamerica da Argentina 1978. Una vera anomalia considerando la popolarità del football a quelle latitudini, ma la rinuncia della Colombia del 1986 e l’irruzione sulla scena di Africa ed Asia ha dilatato i tempi. Ora, finalmente, si stanno vedendo tifosi provenienti da tutta l’America Latina, con un calore di cui in parte si era perduta la memoria. E se i messicani hanno tenuto testa ai brasiliani, e i colombiani hanno già dato spettacolo, la “Marea Roja” cilena si è superata nel giorno dello “Spagnacanazo”. Una valanga di entusiasmo che ha raggiunto picchi da leggenda al momento dell’inno cantato a squarciagola sulle tribune del Maracanà, ed ha debordato con il trenino degli “hinchas” cileni in sala stampa, in una invasione di campo imprevedibile per l’organizzazione brasiliana.

Il dromedario Ahmed non sembra avere lo stesso fiuto di polipi e galline.
Il dromedario Ahmed non sembra avere lo stesso fiuto di polipi e galline.

38. Abbiamo già citato il Polpo Paul, che nel 2010 aveva pronosticato tutto il pronosticabile in Sudafrica, e della gallina colombiana che ne emula le gesta. Ma non tutti gli animali sono così precisi: il dromedario Ahmed si sta guadagnando una sinistra fama a suon di pronostici sbagliati. La Spagna ne ha pagato le conseguenze, e su Twitter in molti hanno anticipato la previsione del dromedario come fatale per la squadra di Del Bosque. Curiosamente, per la terza volta negli ultimi quattro Mondiali la squadra Campione in carica esce di scena al primo turno. La Francia nel 2002 e l’Italia nel 2010 erano però state eliminate nella terza ed ultima partita del girone eliminatorio. Dal fischio d’inizio di Spagna-Olanda a quello di Spagna-Cile, il Mondiale delle Furie Rosse è durato due partite e meno di 98 ore: un record difficilmente battibile, soprattutto sui presupposti con cui Iniesta e compagni erano sbarcati in Brasile.

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#Contromondiali Fabio Belli

#Contromondiale 03: #Svizzera, #Formaggio, #Francia, #Honduras 82, #tikitaka, #SashaGrey, #Pirlo, #GoalLineTechnology

di Fabio Belli

Svizzera – Ecuador 2-1

I copricapi dei tifosi svizzeri hanno preso in contropiede anche i brasiliani, notoriamente pronti a tutti in fatto di kitsch
I cappelli dei tifosi svizzeri hanno preso in contropiede anche i brasiliani, notoriamente pronti a tutti in fatto di kitsch

16. La prima formazione dell’America centro-meridionale che non sfrutta il fattore campo “continentale” (l’Uruguay non conta essendo stato sconfitto dalla Costa Rica) è l’Ecuador, che perde in maniera a dir poco rocambolesca, per un gol di Seferovic, contro la Svizzera. Che nonostante la distanza, sfoggia in tribuna alcuni dei tifosi più colorati del Mondiale. Sull’eleganza stendiamo un velo pietoso… Il sogno per Behrami e compagni resta migliorare la performance di tutti i tempi, i quarti di finale raggiunti in casa nel ’54. In tempi recenti, per gli elvetici ottavi di finale nel 1994 e nel 2006.

Francia – Honduras 3-0

Anthony Costly: il suo Honduras è stato l'ultimo a fare punti in un Mondiale, il figlio vuole riprovarci
Anthony Costly: il suo Honduras è stato l’ultimo a fare punti in un Mondiale, il figlio Carlos vuole riprovarci

17. Partita ricchissima di particolarità, sebbene sul piano tecnico sia stata forse la più lineare di Brasile 2014: pronostico rispettato con la “quasi tripletta” di Benzema, ed Honduras a secco di gol nei Mondiali da Spagna ’82. In quella formazione c’era il padre di Carlos Costly, Anthony: il figliolo sogna di ripercorrere le orme paterne e tornare a fare punti in un Mondiale. Dicevamo delle particolarità: si è cominciato senza inni nazionali, quindi il secondo gol transalpino è stato utile per testare sul serio la “goal technology”: per la prima volta un pallone sulla linea è stato valutato con l’aiuto della tecnologia. Le polemiche, se possibile, sono addirittura aumentate… ma il gol (anzi, l’auto gol del portiere honduregno) è stato convalidato.

Rimasugli di Inghilterra – Italia 1-2

No words...
No words…

18. C’è bisogno di aggiungere altro?

Rimasugli di Spagna – Olanda 1-5

Gli eroi del tiki-taka stanno invecchiando...
Gli eroi del tiki-taka stanno invecchiando…

19. La stampa iberica ha enfatizzato il clamoroso risultato di venerdì, tra delusione (la prima pagina tutta nera di “Marca”) ed esortazioni al riscatto. Dopo due titoli europei e uno mondiale, c’è comunque anche voglia di ridere sulla prima vera debacle del calcio spagnolo da otto anni a questa parte. E così dal tanto celebrato tiki-taka, in molti ipotizzano si sia passati al “taca-taca”… ovvero, all’arrancare per sopraggiunti limiti di età.

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#Contromondiali Fabio Belli

#Contromondiale 02: #Cafeteros, #Gallina, #TeoGutierrez, #Uruguay, #Campbell, #Italia, #staystrongfisioterapista

di Fabio Belli

Colombia – Grecia 3-0

La Colombia aveva già interpellato un'esperta per essere sicura di vincere
La Colombia aveva già interpellato un’esperta per essere sicura di vincere

9. Gli emuli del “Polpo Paul”, che nel 2010 si spostava verso la bandiera della squadra vincente nella partita per la quale veniva interpellato, negli anni si sono moltiplicati. La Gallina colombiana è sicuramente partita col piede giusto: considerando come sono iniziati questi Mondiali, la gallinella è già un pezzo avanti rispetto a tanti quotatissimi esperti, che per bucare le previsioni peraltro non si accontentano di un pugno di becchime. Anzi…

Il "caratterino" di Teofilo Gutierrez
Il “caratterino” di Teofilo Gutierrez

10. Teofilo Gutierrez, tra i migliori in campo dei “Cafeteros”, ha una reputazione da Bad Boy che Balotelli al confronto è l’idolo delle orsoline. La rissa è il suo mestiere, e poca differenza fa se di fronte ci sono arbitri o avversari. Uno sputo galeotto verso un direttore di gara ai tempi della sua militanza nel Racing di Avellaneda, gli ha fatto rischiare 30 giornate di squalifica. Ora gioca nel River Plate, ed ha iniziato il Mondiale sostituendo un certo Radamel Falcao. E andando subito a segno.

Uruguay – Costa Rica 1-3

100 pacchetti di figurine, ma di Joel Campbell neanche l'ombra. Ora il Mondo lo conosce meglio...
100 pacchetti di figurine, ma di Joel Campbell neanche l’ombra. Ora il Mondo lo conosce meglio…

11. Si meriterebbe un posto nella lista della spesa, lunghissima e sempre molto ricca, che i club di tutto il mondo si appuntano a fine Mondiale. Ma su Joel Campbell, mattatore della grande sorpresa del match di Fortaleza, autore di un gol e un assist contro l’Uruguay, ha già messo da tempo le mani l’Arsenal. Bravi i Gunners a crederci e a mandarlo già a giocare da due anni all’estero: ora probabilmente farà ritorno all’Emirates, dove già lo conoscono bene, mentre tutto il mondo si chiedeva chi fosse. D’altronde, prima dell’esordio Campbell aveva “twittato” il suo disappunto perché, su cento pacchetti di figurine ufficiali di Brasile 2014, la sua non era uscita fuori neanche una volta.

Anche Homer Simpson sembra voler scherzare su sulla debacle uruguaiana
Anche Homer Simpson sembra voler scherzare su sulla debacle uruguaiana

12. Il disappunto dell’Uruguay non è inferiore a quello della Spagna: in uno dei gironi di ferro del Mondiale, la Costa Rica doveva essere la squadra materasso, e invece orfani di Suàrez, gli “orientales” vedono già a rischio la difesa del quarto posto di quattro anni fa. La partita d’esordio nel Mondiale resta comunque indigesta all’Uruguay, che non vince il suo primo match iridato dall’edizione del 1970, 2-0 contro Israele.

Inghilterra – Italia 1-2

Tifosi all'Arena Amazonas: ma non ditelo alle mogliettine...
Tifosi all’Arena Amazonia: ma non ditelo alle mogliettine…

13. Raggiungere Manaus, nel cuore della foresta amazzonica, è sicuramente una nota di merito per i tifosi, una medaglia che può restare sul petto per tutta la vita. All’Arena Amazonia gli inglesi erano in maggioranza rispetto ai tifosi azzurri, ma il pubblico brasiliano ha preso le parti di Pirlo e compagni. Ma i veri vincitori sono questi supporters che nello striscione hanno specificato: “Non riprendeteci: le nostre mogli credono che siamo nel Galles occidentale a pescare.” Appello disatteso…

Per raggiungere l'Arena AmazoniA bisogna attraversare una modesta barriera di vegetazione
Per raggiungere l’Arena Amazonia bisogna attraversare una modesta barriera di vegetazione

14. Parlando della partita, è evidente come abbia funzionato la “catena” di destra, con Darmian autentica rivelazione e Candreva scatenato, assist-man perfetto per il gol vittoria di Balotelli. Meno ha funzionato la difesa, con Chiellini un po’ spaesato a sinistra e Paletta in difficoltà nel contesto Mondiale. Tanto che su Twitter l’hashtag #Paletta tra primo e secondo tempo è balzato in testa sulla piattaforma di microblogging. Superato però decisamente da #staystrongfisioterapista: Gary Lewin, fisioterapista dell’Arsenal oltre che della Nazionale inglese, per festeggiare il gol di Sturridge è caduto su una bottiglietta d’acqua poggiata in terra, procurandosi una brutta storta alla caviglia. Per lui, Mondiale finito, e per i Tre Leoni ora parte la caccia al fisioterapista… del fisioterapista.

Costa D’Avorio – Giappone 2-1

Drogba & Gervinho, la coppia d'oro della Costa D'Avorio
Drogba & Gervinho, la coppia d’oro della Costa D’Avorio

15. Costa D’Avorio-Giappone ha rappresentato una sfida per i tifosi europei: dall’Arena Pernambuco la partita è iniziata alle due di notte in Inghilterra, alle tre a Roma, alle quattro ad Atene e alle sei del mattino di Mosca. E’ partita una gara di resistenza che ha coinvolto tutti nel Vecchio Continente. In Giappone il match è iniziato alle dieci del mattino, e per i nipponici il risveglio è stato amaro. Squadra di Zaccheroni rimontata, match cambiato dall’ingresso di Didier Drogba che si è dimostrato per l’ennesima volta cavallo di razza: i Campioni, alla fine, sono sempre loro.

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Fabio Belli Le Finali Mondiali

1954: Germania Ovest-Ungheria 3-2. Il tramonto senza fine dell'”Aranycsapat”

di Fabio Belli

L’Ungheria viene considerata la zona del crepuscolo del grande sogno europeo. Un vecchio adagio recita che i magiari si “divertono piangendo”, e che interiorizzano troppo i loro drammi, senza mai superarli davvero. E forse non è un caso che dopo il tramonto di quella che, da chi l’ha vista giocare, è ancora considerata la più grande squadra di tutti i tempi, non sia più riuscita ad allestirne una non solo altrettanto forte, ma neanche in grado di avvicinarsi a quei livelli, tanto che il declino del calcio ungherese continua ancora oggi a 60 anni di distanza da quel 4 luglio del 1954.

Tedeschi in trionfo dopo il "Miracolo di Berna"
Tedeschi in trionfo dopo il “Miracolo di Berna”

Grosics, Buzànsky, Lantos, Bozsik, Lòrànt, Zakariàs, Tòth, Czibor, Kocsis, Hidegkuti, Puskàs. Questo era l’undici titolare di quella che veniva chiamata in patria “Aranycsapat”, ovvero la “squadra d’oro”. Al Mondiale del 1954 gli uomini allenati dal CT Gusztav Sebes arrivarono dopo quattro anni di imbattibilità. Ultima sconfitta nel 1950, campioni olimpici ad Helsinki nel 1952 con questo esatto schieramento, con l’unica eccezione di Peter Palotàs al posto di Tòth: non c’era un osservatore, un tecnico, un tifoso che non fosse pronto a scommettere su una marcia trionfale alla rassegna iridata in Svizzera.

Così, quando a Berna al cospetto dell’Ungheria si presentò una Germania Ovest ritrovata sulla scena internazionale dopo l’esilio post bellico, la finale era a pronostico chiuso, forse il più scontato nella storia di sempre dei Mondiali. E non solo per una mera valutazione tecnica: a parlare per l’Ungheria erano proprio i risultati di quel Mondiale. Ovvero, 9-0 alla Corea del Sud e 8-3 ai tedeschi nelle eliminatorie, 4-2 al Brasile nei quarti e 4-2 all’Uruguay in semifinale, seppur ai supplementari. Proprio così: Puskàs e compagni avevano battuto 8-3, esattamente due settimane prima della finalissima, i loro avversari verso la conquista della gloria iridata. Cosa poteva mai andare storto?

I capitani Fritz Walter e Ferenc Puskas prima del fischio d'inizio
I capitani Fritz Walter e Ferenc Puskas prima del fischio d’inizio

A dispetto del significato etimologico di “Aranycsapat”, però, non era tutto oro quel che luccicava. Innanzitutto i tedeschi, che avevano intuito la formidabile occasione che il Mondiale poteva rappresentare per tornare a far parlare della Germania nel mondo in termini ben diversi dall’orrore della Seconda Guerra Mondiale, nelle eliminatorie avevano preferito consegnarsi agli ungheresi schierando una squadra imbottita di riserve. Questo per non sprecare energie e giocarsi la qualificazione ai quarti, poi ottenuta, contro i modesti turchi. Anche i pezzi grossi in campo, come Helmut Rahn e Fritz Walter, passeggiarono per poi scatenarsi contro Turchia, Jugoslavia e soprattutto Austria in semifinale, battuta 6-1 nonostante i favori del pronostico fossero per gli eredi della leggenda Sindelar.

Secondo poi, “l’oro” della squadra basata sull’ossatura della mitica Honved di Budapest, era racchiuso tutto dalla cintola in su. Ferenc Puskàs, colonnello dell’esercito, deteneva la palma di più forte giocatore del mondo, capace di fatto di interpretare da fuoriclasse tutti i ruoli d’attacco. Sàndor Kocsis viene ancora oggi considerato come uno dei migliori attaccanti-colpitori di testa di ogni epoca. Zoltàn Czibor garantiva i rifornimenti da destra, Nàndor Hidegkuti addirittura è considerato universalmente l’antesisgnano del “falso nueve”, capace di far passare dai suoi piedi tutto il frenetico gioco della squadra, anche grazie alla protezione di un mediano dai sette polmoni come Jòzsef Bozsik. Il pacchetto arretrato però non era all’altezza di tanta grazia calcistica, ad eccezione del portiere Grosics. Buzànsky, Lantos, Lòrànt e Zakariàs erano degli onesti faticatori, e fu proprio questo tallone d’achille a tradire i magiari in finale. Questo, e la doppia battaglia contro i sudamericani. La partita dei quarti di finale contro il Brasile, combattutissima, si concluse in rissa, con Puskàs che rimediò anche una bottigliata in testa (!) da Pinheiro. In semifinale, contro un Uruguay che ai Mondiali non era mai stato eliminato, il mito iniziò a scricchiolare: Hohberg rimontò due gol nel finale, e Borges colse un palo nei supplementari, prima che Kocsis con una doppietta riuscisse a rimettere le cose a posto.

Ma è già l’inizio della fine: le tante battaglie ravvicinate hanno avuto effetti nefasti sulle caviglie di Puskàs. A Berna il colonnello si regge a malapena in piedi, ma Sebes non se la sente di negargli la soddisfazione di diventare, con ogni probabilità, campione del mondo. Dopo 8’ i tedeschi sono per giunta già sotto di due: Puskàs devia in rete avventandosi su un tiro sbilenco di Kocsis, mentre Czibor passa in una difesa avversaria imbambolata. “Herr” Sepp Herberger, CT tedesco, in panchina ha però una strana espressione. E’ stato a vedere la semifinale con l’Uruguay, e sa che i magiari non ne hanno più. E infatti 10’ dopo si è già 2-2, con Morlock e Rahn che approfittano di una difesa ungherese svagata. Il conto di un dominio quadriennale si presenta tutto d’un colpo all’”Aranycsapat”, la difesa fa acqua e la caviglia tradisce il colonnello quando c’è da spingere dentro la palla del 3-2.

Una staffilata di Rahn compie quello che in Germania, anche da un titolo di un film, viene ancora ricordato come il “Miracolo di Berna”. In realtà i rumori sinistri del doping coprono l’esultanza teutonica, una versione che in tempi recenti ha trovato nuove imbarazzanti ammissioni. E’ opinione comune che anche contro la “bomba”, gli ungheresi sarebbero stati imbattibili se non fossero arrivati alla finale logorati e appesantiti dal debito di riconoscenza verso Puskàs e afflitti da una difesa inadeguata. Il risultato però è consegnato alla storia, e del tramonto magiaro non si vede ancora la fine.

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Andrea Rapino Le Finali Mondiali

1950: Uruguay-Brasile 2-1. Campioni del Mondo senza cerimonia

di Andrea Rapino

Non fu una finale vera e propria, anche se all’atto pratico fu una finalissima a tutti gli effetti. Il titolo Mondiale del 1950 non venne infatti assegnato con una partita secca, ma con un torneo conclusivo tra le quattro squadre che avevano vinto i rispettivi gironi della prima fase. Per una serie di coincidenze quel Brasile-Uruguay divenne una sfida con tutti i crismi dello scontro finale, perché le due squadre si trovarono ad affrontarsi nella partita conclusiva nel girone finale prima e seconda in classifica, separate da un punto appena. La formula singolare non deve meravigliare più di tanto: all’epoca non era affatto inusuale, e fin dagli anni ’20 in Italia è così che si svolgono molti spareggi, come ad esempio quelli per la promozione in Serie B o per il passaggio dai tornei regionali alla Serie C.

L'Uruguay schierato in campo prima del "Maracanazo"
L’Uruguay schierato in campo prima del “Maracanazo”

Nel girone finale del primo Mondiale ospitato in casa il Brasile ha sbaragliato la Svezia 7-1 e la Spagna 6-1. Meno travolgente è stato l’Uruguay del commissario tecnico Juan Lòpez Fontana, l’unico che continua a preferire il metodo al sistema: ha pareggiato con la Roja 2-2 e superato di misura gli scandinavi 3-2. Ai verdeoro basta perciò un pareggio per alzare la Coppa Rimet: hanno i favori del pronostico e sete di gloria dopo le partecipazioni ai tornei iridati di Italia e Francia con formazioni che non rappresentavano l’eccellenza del futebol brasileiro.

Obdulio Varela
Obdulio Varela

L’1-0 segnato da Albino Friaça in avvio di secondo tempo fa sentire praticamente la vittoria in tasca alla folla che gremisce il Maracanã: sugli spalti si stimano tra i 160 e i 200mila. In pochi minuti però il destino della quarta Coppa del Mondo viene stravolto: a metà ripresa arriva il pareggio di Juan Alberto Schiaffino, futuro milanista che in rossonero si fregerà di tre scudetti. A completare l’opera pensa Alcides Edgardo Ghiggia, anch’egli atteso dall’italianizzazione per vestire le maglie di Roma e Milan: sigla il 2-1 a dieci minuti dal termine. Una rete che ricorderà dicendo che “solo tre persone sono riuscite a zittire il Maracanã: Frank Sinatra, Papa Giovanni Paolo II e io”. Il gol di Ghiggia porta in testa al girone finale la Celeste: dopo vent’anni, e due partecipazioni mancate per motivi “politici”, l’Uruguay si riprende il trofeo più ambito. Per il Brasile è un dramma: una nazione si chiude in un lutto inconsolabile, tanto che la leggenda vuole che centinaia di tifosi sull’onda della disperazione scelgano la strada del suicidio!

In questo clima, i responsabili del comitato organizzatore non sono da meno. Afflitti, quasi in catalessi, non consegnano la coppa. La banda musicale viene meno al protocollo che prevede di intonare l’inno nazionale dei vincitori. Jules Rimet, ideatore della manifestazione, come racconta lui stesso, si ritrova con il trofeo tra le mani, fra i giocatori brasiliani in lacrime, senza sapere cosa fare. Tra l’imbarazzo e l’incertezza, il francese nota per caso vicino a lui il capitano uruguaiano Obdulio Jacinto Muiños Varela: ruvido e combattivo centromediano che in patria è il leader del Peñarol, e che nel 1930 era un ragazzino di tredici anni che vendeva giornali in strada e non aveva ancora iniziato a giocare a calcio. Rimet gli stringe la mano e gli affida la coppa senza neanche una frase di circostanza: il riconoscimento più importante del Mondo viene consegnato come il premio di consolazione di un qualsiasi torneo amatoriale.

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Le Finali Mondiali Valerio Fabbri

1938: Italia-Ungheria 4-2. Il calcio come la guerra, la guerra come il calcio

di Valerio Fabbri

Nel 1938 l’Italia di Vittorio Pozzo conquista la seconda finale mondiale consecutiva, che porterà anche il terzo trofeo in bacheca, dopo il Mondiale del 1934 e l’oro olimpico del 1936 a Berlino. E’ un Mondiale atipico per la situazione politica in Europa che e’ in procinto di esplodere, rinviando al 1950 la successiva edizione. La Guerra civile in Spagna ha escluso una favorita del torneo. Lo stesso vale per l’Austria. L’invasione militare nazista di marzo e la conseguente annessione al Terzo Reich pongono la parola fine al Wunderteam di Hugo Meisl, maestro del calcio danubiano che aveva elaborato una sintesi fra il sistema di Herbert Chapman e il metodo del suo amico Pozzo. Il torneo si svolge in Francia, e questa scelta suscita irritazione tra i sudamericani, che volevano disputare il torneo nel loro continente. Il risultato e’ che anche Argentina e Uruguay non partecipano. Per la prima volta poi i padroni di casa e la squadra campione in carica accedono di diritto alla fase finale, che dura solo due settimane (4-19 giugno).

Il trionfo azzurro a Colombes
Il trionfo azzurro a Colombes

All’esordio nello stadio di Marsiglia gli azzurri sono contestati per il saluto romano, ma sui giornali italiani la notizia viene nascosta. Mai come in questa occasione la Nazionale e’ considerate l’emblema della dittatura fascista, e dagli esuli antifascisti presenti sulle gradinate piovono insulti in tutti i dialetti della penisola. Il commissario Pozzo, convinto patriota che aveva combattuto nella Grande Guerra sul fronte orientale, ha vita facile a giocare la carta del “soli contro tutti”, per ragioni calcistiche più che politiche. Una strategia che, mutatis mutandis, si ripeterà per i Mondiali del 1982 e del 2006, peraltro con simili risultati. Quell’episodio costituisce un mattone pesante sulla costruzione della vittoria finale.

Silvio Piola
Silvio Piola

E’ Peppino Meazza il capitano e la stella della formazione italiana – “una ragazza per Meazza”, si cantava a San Siro per esaltarlo, idolo dentro e fuori dal campo in un’Italia che era già ripiegata nelle curve dell’autarchia, pur essendo convinta di essere l’avanguardia di un nuovo modello politico. Nei fatti non è Meazza, campione anche di sregolatezza, a influire sulla vittoria finale. Sono il laziale Silvio Piola (5) ed il triestino Gino Colaussi (4) a realizzare i gol che portano al trionfo la formazione azzurra. schierata con il piu’ classico metodo pozziano, caratterizzato da una robusta difesa e rapidi contropiede, che trova la sua perfezione nella semifinale contro il Brasile (2-1).

Tuttavia l’esaltazione fascista della superiorità italica non trova riscontro nei fatti, che di lì a breve, collimeranno con la realtà. Gli italiani sono costretti a raggiungere Parigi per la finale con un treno notturno, dove le cuccette non sono sufficienti ad ospitare tutti gli azzurri. C’e’ quindi apprensione per la finale. La partita contro l’Ungheria, altra espressione del calcio danubiano che, a differenza dell’Austria, continuerà a sfornare grandi calciatori anche nel dopoguerra, costituisce uno dei grandi classici del calcio europeo di quegli anni. Dopo averli subiti ad inizio secolo, da una decina d’anni l’Italia supera con regolarità la formazione magiara. Guida in mezzo al campo e capitano degli ungheresi è György (Giorgio) Sárosi, di madre italiana, futuro allenatore in Italia nel dopoguerra, considerato al pari di Meazza e dell’austriaco Sindelar il miglior calciatore della sua epoca.

La partita però è a senso unico. Dinanzi ai sessantamila di Colombes, gli azzurri dominano dall’inizio alla fine, con doppiette di Colaussi e Piola e gol ungheresi di Titkos e Sárosi. Come disse Winston Churchill, gli italiani “vanno alla Guerra come se fosse una partita di calcio, e vanno a una partita di calcio come fosse la Guerra”. Per i tifosi italiani, nella penisola e non solo, è tripudio. Per la dittatura una boccata d’ossigeno, un vessillo da manipolare in nome della propaganda fascista, insieme alla vittoria di Gino Bartali pochi giorni dopo al Tour de France. Le rivincite sul fascismo andranno prese sul terreno dovuto, nel calcio non se ne parla.