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Calciatori Jean Philippe Zito

Cuauhtémoc Blanco, “l’Aquila in picchiata” divenuto Governatore

di Jean Philippe ZITO

Cuauhtémoc Blanco è uno dei personaggi più celebri e amati del calcio messicano. L’apice delle sue gesta calcistiche è coinciso con il boom della telenovela, un fenomeno che ha avuto un ruolo di notevole importanza nel plasmare l’identità nazionale messicana, toccando argomenti come l’amore, la famiglia e la politica. La storia della vita di Blanco si legge come una sceneggiatura, come presa direttamente da una telenovela. Gli ingredienti ci sono tutti: la povertà, gli alti e bassi associati alla carriera professionistica, la violenza, la politica e la corruzione.

Cuauhtémoc Blanco Bravo è nato nel gennaio 1973 appena fuori Città del Messico, una delle più grandi città del mondo, l’ex sito di Tenochtitlan, la capitale dell’Impero Azteco. È interessante notare che il nome completo di Blanco ingloba il moderno Messico sposando il passato indigeno con la colonizzazione europea. Il cognome Blanco, che significa letteralmente ‘bianco’ in spagnolo, si ipotizza abbia origine nella penisola iberica. Il suo nome è un omaggio all’ultimo imperatore azteco, che alla fine fu giustiziato per mano del conquistatore Hernán Cortés. Il nome Cuauhtémoc dovrebbe significare “aquila in picchiata”: aggressiva e determinata, tratti che il calciatore avrebbe poi mostrato per tutta la sua carriera calcistica e nella vita privata.

In tenera età, Blanco si trasferì dal quartiere povero, popoloso e spesso violento di Tepito, (ironicamente) al quartiere Cuauhtémoc di Città del Messico. Dopo essere cresciuto tra i ranghi giovanili del Club América, la squadra di maggior successo nella storia del calcio messicano, Blanco ha esordito nel calcio professionistico, in Primera División, all’età di 19 anni. Come per la maggior parte dei giovani giocatori, lo spazio a disposizione per potersi esprimere era limitato; così per i primi due anni di militanza all’Estadio AztecaCuauhtémoc ha racimolato meno di dieci presenze complessive. Invece nei successivi tre anni, Blanco ne ha collezionato quasi 100 con all’attivo 15 gol.

Nel 1997 viene ceduto in prestito al Necaxa, sempre in Primera División. Dopo solamente una stagione (28 presenze,13 gol)torna al Club América, dove in due stagioni (98/99 e 99/2000) totalizza 67 presenze realizzando 51 gol.

Successivamente il Real Valladolid lo porta in Spagna a giocare nella Liga. Nelle due stagioni passate nel nord della Spagna non trova tanto spazio; in 23 partite disputate segna per 3 volte. Celebre la marcatura direttamente su calcio di punizione nel 2 a 2 finale contro i ‘los Galacticos Merengue‘ del Real Madrid di Raul, Roberto Carlos. Casillas, Figo, Zidane e Ronaldo…

Torna così in Messico, di nuovo al Club América, dove trascorre altre due stagioni e in 74 presenze realizza 31 gol. Dopo una parentesi al Veracruz nel 2004, ritorna al Club América. Ad aprile 2007 è stato ceduto ai Chicago Fire in Major League, inizia la sua avventura negli Stati Uniti, dove risiedono moltissimi messicani.

Quando la gente lo vedeva diventavano pazzi, era quasi come se fossero pronti a svenire!” ha ricordato l’ex giocatore e allenatore Frank Klopas in una conversazione con MLSsoccer.com.

È stato un interessante contrasto” con l’arrivo di David Beckham in MLS, ha dichiarato Nick Firchau, collaboratore del Daily Southtown e l’Evening Tribune. “Blanco è arrivato negli USA ed è stato subito più efficace come giocatore, ma ha anche avuto una risonanza importante con i fans. Non era una superstar agli occhi di tutti, ma era una superstar della comunità messicana e messicana-americana a Chicago”.

Ce n’erano a migliaia, migliaia! Fans messicani di fronte all’hotel tentavano di scorgere la silhouette di Cuauhtemoc”, ha dichiarato Jon Busch, portiere dei Chicago Fire“Una volta siamo dovuti sgattaiolare dalla porta sul retro, attraverso la cucina, e l’abbiamo messo nel bagagliaio di un’auto per portarlo fuori dall’hotel quella notte e incontrarci all’aeroporto il giorno successivo. Non avevamo idea di dove fosse alloggiato per la notte, ma ci siamo presentati all’aeroporto e 20 minuti dopo si è presentato all’aeroporto”. I messicani negli States erano in delirio per il loro beniamino.

Nel gennaio 2008 è stato vicino al passaggio a titolo definitivo al Catania, consigliato dall’osservatore Maglione direttamente al presidente Pulvirenti. L’operazione saltò a causa delle rigide regole della FA in merito ai trasferimenti degli extracomunitari. Scaduto il suo contratto con i Chicago Fire, Blanco ha firmato con i messicani del Veracruz.

Nell’estate del 2010 si trasferisce al Club Deportivo Irapuato ed in seguito ai Dorados.

Il 20 dicembre 2012 firma un’estensione di contratto per sei mesi sempre con i Dorados. Nel 2014, all’età di 41 anni, si trasferisce al Puebla, dove sceglie la maglia numero 10.

Il 13 settembre 2014 mette a segno il suo primo gol con la nuova squadra contro il Querétaro, siglando il gol del definitivo 1-1 nei minuti finali su calcio di rigore.

Il 21 aprile 2015, gioca la sua ultima partita nella finale di coppa del Messico, vinta 4 a 2 dalla sua squadra e si ritira così dal calcio giocato all’età di 42 anni, dopo 23 anni di carriera e oltre 800 partite giocate.

Durante la sua carriera, uno dei più grandi onori di Blanco è stato rappresentare la squadra nazionale del Messico. “Per me, rappresentare il mio paese è una fonte di orgoglio”, ha detto una volta. “E quando suonano l’inno nazionale, il mio cuore esplode, voglio piangere”. Nel corso della sua carriera con la nazionale, Blanco ha segnato 39 golin 120 presenze, apparendo in tre Coppe del Mondo, tra cui nel 2010 in Sudafrica all’età di 37 anni. Con 71 rigori realizzati su 73 è uno dei migliori rigoristi della storia del calcio mondiale.

Dopo aver smesso di giocare a calcio, Cuauhtémoc decide di dedicarsi alla politica sfruttando la popolarità di cui gode. Nel giorno di Capodanno 2016Blanco ha assunto la carica di sindaco di Cuernavaca. Essere il sindaco nella più grande città dello stato di Morelos, devastato dalla violenza legata alla droga, non è privo di problemi e la corsa di Blanco è stata tutt’altro che fluida.

Nel dicembre 2016, a meno di un anno dal suo mandato, Blanco ha iniziato uno sciopero della fame per protestare contro le accuse mosse contro di lui. La sua partecipazione alle riunioni del municipio è stata messa in dubbio, così come la sua capacità di svolgere adeguatamente il ruolo di sindaco. È stato criticato per non essere un residente locale, un problema comune nella politica della personalità e per accettare donazioni illegali. Lo sciopero della fame si è concluso quando le accuse contro di lui sono state respinte. Dal 1° ottobre 2018 è governatore dello stato messicano di Morelos.

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Allenatori

Bora Milutinovic, il mister esploratore

di Alessandro IACOBELLI

“Si, viaggiare evitando le buche più dure senza per questo cadere nelle tue paure”

Le parole di Lucio Battisti sembrano cucite a pennello su ‘Bora’ Milutinuvic. La valigia ha sempre accompagnato la suggestiva ed affascinante esistenza del personaggio odierno. ‘Bora’ Nasce il 7 settembre 1944 a Bajina Basta, nell’allora Jugoslavia. Le origini subiscono inevitabilmente le ripercussioni dettate dal regime del Maresciallo Tito. Il cocktail di etnie, dopo la morte del dittatore, si sfalda in modo irrimediabile. La terribile guerra civile scuote la polveriera.

La carriera da calciatore è tutt’altro che disprezzabile. Nella veste di centrocampista il buon ‘Bora’ fa il suo dovere con un pizzico di tecnica che non guasta mai. Dal Partizan di Belgrado al Monaco, transitando per il Nizza ed il Rouen. Il tramonto agonistico si materializza addirittura in Messico nei Pumas. Nel Centro America ‘Bora’, uomo a dir poco perspicace, conquista il cuore di una donna benestante figlia di un ricco proprietario terriero. Il seguente aforisma spiega il personaggio: “Nascere poveri è una sfortuna, ma sposarsi una povera è da sciocchi”.

Passa dal campo alla panchina dei Pumas in un batter d’occhio. I risultati sono invidiabili e la Federazione locale gli affida la guida della Nazionale maggiore. Tre lunghi anni per preparare la troupe ai mondiali casalinghi del 1986. Larios e soci, inseriti nel gruppo B, piegano il Belgio per poi pareggiare con il Paraguay ed infine sbancare di misura con l’Iraq. Agli Ottavi di Finale lo stadio ‘Azteca’ pullula di euforia nel successo sulla Bulgaria firmato da Negrete e Servin. Soltanto la Germania Ovest ai rigori sarà in grado di fermare l’allegra compagnia Tricolor. Le susseguenti avventure nel San Lorenzo e nell’Udinese cadono nel dimenticatoio per il magro bottino. Il tecnico serbo opta allora per una sfida ai limiti del paradossale. Diventa quindi il CT della Costa Rica. Le notti magiche esaltano un’autentica rivelazione. Cade la Scozia in principio. Poi giunge la sconfitta di misura con i marziani del Brasile. Al terzo ostacolo i Ticos si scatenano battendo la Svezia di rimonta per 2-1. Capitan Flores e gli altri si inchinano poi al ciclone della Cecoslovacchia negli Ottavi.
Milutinovic2

Il nome di Milutinovic ingolosisce i sodalizi di mezza Europa. Lui però snobba comodi lidi per sposare senza indugi avventure suggestive. Negli Stati Uniti d’America il calcio non costituisce proprio la disciplina che muove le masse. In realtà nella patria del capitalismo non esiste una Lega Nazionale e conseguentemente latita un torneo professionistico. L’assegnazione dei Mondiali del 1994 è quindi un treno da prendere al volo. La Federazione chiama; ‘Bora’ risponde all’istante. I college divengono un pozzo infinito di giovani promesse. La squadra americana passa come migliore terza dopo il pari con la Svizzera, il colpo inflitto alla Colombia ed il marchio di Daniel Petrescu. La favola a stelle e strisce va in archivio il 4 luglio quando Bebeto al ’73 trafigge Tony Meola.

Il profumo dell’America Latina diviene impellente ed il vagabondo serbo rievoca il passato e torna al timone del Messico cogliendo un ottimo bronzo nella Copa América del 1997. Nel dicembre dello stesso anno ‘Bora’ parte per l’ennesimo viaggio, destinazione Nigeria. Nel continente africano la compagine bianco-verde abbonda in classe e funambolismo. Dal difensore ex Inter Taribo West alle ali Finidi e Babangida, passando per la punta Kanu. Jay-Jay Okocha è la ciliegina sulla torta. Il match inaugurale con la Spagna è un miscuglio di sensazionali emozioni. Sblocca Hierro su punizione. Adepoju firma l’1-1. Raddoppia Raul. Lawal ristabilisce l’equilibrio con la complicità di un distratto Zubizarreta. Allo scoccare del ’79 Oliseh lascia esplodere un bolide destro imparabile. Ipkeba piega poi la Bulgaria per il bis. La Nigeria si aggiudica il raggruppamento D, nonostante lo scivolone patito ad opera del Paraguay. I bookmakers del globo sono fiduciosi nelle potenzialità della banda traghettata da Milutinovic. Ochechukwu e compagni crollano verticalmente negli Ottavi di Finale. La Danimarca di Schmeichel e Helveg gioca a poker senza alcun patema d’animo. ‘Bora’ è frastornato. L’annata ai New York Metrostars è un fiasco.

All’alba del nuovo millennio l’inossidabile ‘Bora’ si rimette in pista. Questa volta però la vetta appare insormontabile. La Federazione cinese mira alla partecipazione ai Mondiali del 2002 in Giappone e Corea. Il regno degli involtini primavera non si distingue certo per la qualità dei calciatori, non troppo distanti dal dilettantismo. Il trainer di Bajina Basta mischia nuovamente le sue carte mettendosi in discussione. Il miracolo è presto esaudito. La truppa asiatica si qualifica contro ogni più rosea attesa alla fase finale. Nel girone C Brasile, Turchia e Costa Rica non fanno sconti. Il fanalino di coda, forse per la prima volta in assoluto, può essere fiero dell’impegno profuso. La gita di Milutinovic, alla ricerca di stimoli e culture ignote, propone ulteriori tappe. Honduras, Giamaica e Iraq gustano i suoi sagaci dettami. Siamo sicuri che la mente di ‘Bora’ girerà vorticosamente in qualche altra zona dell’universo. Il mister esploratore continuerà di certo a scrivere il suo libro.

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#Contromondiali Fabio Belli

#Contromondiale 17: #Messi, #Argentina, #Belgio, #Krul, #VanGaal, #Olanda, #Navas, #CostaRica, #Tacconi, #EdWarner, #Colombia

di Fabio Belli

Argentina – Belgio 1-0

Ci sono cose che non cambiano mai...
Ci sono cose che non cambiano mai…

110. Se l’Argentina sta provando a ricalcare Messico ’86, uno scontro con il Belgio non poteva mancare. Allora come ora, Maradona e Messi si sono ritrovati circondati da frotte di Diavoli Rossi, ma la vittoria dell’albiceleste è stata limpida. Per la prima volta però la “pulga” perde il confronto diretto con il mito di riferimento, che dopo aver eliminato da solo gli inglesi, fece il bis con i belgi in semifinale. La giocata che ha innescato il gol decisivo di Higuain è stata pregevole, ma stavolta il fenomeno del Barcellona è apparso un po’ affaticato dallo strapotere fisico degli avversari. L’Argentina torna comunque tra le prime quattro di un Mondiale dopo 24 anni: dopo Italia ’90, i quarti di finale si erano sempre rivelati un tabù.

Olanda – Costa Rica 4-3 dcr

La Mossa di Van Gaal
La Mossa di Van Gaal

111. Parlando di maledizioni, l’Olanda ha sudato freddo pensando a cosa era accaduto a tutte le squadre che nelle ultime quattro edizioni avevano eliminato il Messico negli ottavi di finale. Germania nel ’98, Stati Uniti nel 2002 e Argentina nel 2006 e nel 2010 erano sempre finite fuori ai quarti. Con tre legni, due dei quali al termine dei tempi regolamentari e supplementari, gli orange hanno iniziato a temere il peggio. A risolvere le cose ci ha pensato un’incredibile mossa di Louis Van Gaal…

Il Bullo Krul in azione
Il Bullo Krul in azione

112. … che prima dei penalty, ha sostituito Cillessen con Tim Krul, portiere del Newcastle, due soli rigori parati in carriera, nessuno nell’ultima stagione in Premier League su cinque tiri dal dischetto subiti. Mossa dunque psicologica? Forse, anche se Cillessen ha uno score in carriera anche peggiore sui rigori rispetto a Krul. Mai un portiere nella storia dei Mondiali era stato inserito appositamente per i rigori, mai l’Olanda aveva passato il turno non solo ai penalty, ma neanche dopo essere andata ai supplementari. Tutte “maledizioni” sfatate (compresa quella messicana di cui sopra…) dalla sfrontatezza di Van Gaal e del suo portiere di riserva, che assai poco elegantemente ha redarguito gli avversari prima di ogni tiro. Alla fine il “bullo” Krul ne ha neutralizzati due, garantendo un posto all’Olanda in semifinale, e a sé stesso nella storia.

Oltre a Krul, anche Tacconi poteva essere come Ed Warner
Oltre a Krul, anche Tacconi poteva essere come Ed Warner

113. A memoria d’uomo, l’unico portiere mai inserito appositamente per parare rigori in una partita di fase finale è stato Ed Warner nella semifinale con la Flynet. Peccato si trattasse del cartone animato “Holly e Benji”, ma spesso la realtà supera la fantasia. A molti però sarà anche venuta in mente una calda serata italiana al San Paolo di Napoli, quando gli azzurri non riuscirono a piegare le resistenze dell’Argentina. Ai rigori, in quella semifinale Mondiale, mezza Italia invocò l’ingresso di Stefano Tacconi al posto di Walter Zenga, all’epoca miglior portiere del mondo, ma che non godeva di fama di para-rigori. Scelta troppo anticonvenzionale per Azeglio Vicini, e le cose andarono come sappiamo. Chissà, se anche allora ci fosse stato Van Gaal…

Nonostante l'eliminazione, Keylor Navas è stato una stella di Brasile 2014
Nonostante l’eliminazione, Keylor Navas è stato una stella di Brasile 2014

114. Di sicuro i portieri a Brasile 2014 hanno recitato la parte del leone. Krul ha rubato la scena, ma nella serata dell’Arena Fonte Nova di Salvador di Bahia, Keylor Navas si è confermato un gigante. Al pari dello statunitense Howard, il numero uno della Costa Rica e del Levante (dove è stato segnalato come miglior portiere della Liga Spagnola) si è esibito in una serie di salvataggi al limite del possibile. A ventisette anni, potrebbe avere la maturità e l’esperienza giusta per giocarsi una carta importante nella sua carriera: vedremo se il mercato risponderà alle sue acrobazie tra i pali.

Rihanna tifa Olanda e si vede
Rihanna tifa Olanda e si vede

115. Abbiamo già segnalato come l’Olanda sia stata accompagnata da tanta bellezza nella sua avventura Mondiale finora. Al bullo Krul si aggiungono le pupe locali, ma non solo: prima della partita contro la Costa Rica si è schierata anche la popstar Rihanna, in uno scatto apprezzatissimo nella posa e nel soggetto come testimoniato dalle reazioni dei tifosi su Twitter, ma che non passerà certo alla storia tra i capolavori di photoshop…

 

Rimasugli di Brasile – Colombia 2-1

I media colombiani invitano alla moderazione
I media colombiani invitano alla moderazione

116. Spesso in Italia ci lamentiamo dell’immaturità e del vittimismo dell’ambiente calcio. Anche dopo l’ultima eliminazione, ancora fresca nei cuori e nelle menti dei tifosi azzurri, nonostante l’espulsione di Marchisio che appare ancora ingiustificabile, e il morso di Suàrez a Chiellini non visto, la stampa ha esortato a non scaricare, o almeno non farlo del tutto, la responsabilità delle scadenti prestazioni dell’Italia sull’arbitro. Bisogna ricordarsi però che tutto il mondo è paese, e nel leggere come i giornali colombiani hanno reagito all’arbitraggio dello spagnolo Carlos Velasco Carballo nel quarto di finale contro il Brasile, allora sembra evidente che c’è sempre chi prende le brutte notizie in maniera peggiore di qualcun altro.

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#Contromondiali Fabio Belli

#Contromondiale 14: #ottavi, #Brasile, #Cile, #JulioCesar, #Ames, #Colombia, #Ochoa, #Hupolland

di Fabio Belli

Brasile – Cile 1-1 dts (4-3 dcr)

Brasile, aiuti dall'"alto"?
Brasile, aiuti dall'”alto”?

87. Se la traversa di Pinilla all’ultimo minuto dei tempi supplementari fosse entrata, come l’avremmo chiamato? “Mineirazo”? Di sicuro lo spettro del “Maracanazo” i padroni di casa potranno scrollarselo di dosso solo vincendo il Mondiale; d’altra parte, sin dalla partita contro la Croazia, c’è “qualcosa”, una forza ineluttabile, che sembra voler tenere in gioco i padroni di casa. L’arbitraggio di Webb è stato perfetto, stavolta sono stati i legni ed uno strepitoso Julio Cesar a tenere in vita la Selecao e a buttare fuori il Cile di Sampaoli, per organizzazione tattica forse la più bella realtà di Brasile 2014.

 

La resurrezione di Julio Cesar
La resurrezione di Julio Cesar

88. Già, Julio Cesar: togliersi sassolini dalle scarpe prima della fine di una competizione è sempre pericoloso, ma il portiere che con l’Inter ha messo in fila 14 trofei, dopo aver compiuto cose davvero grandi contro il Cile, si è lasciato andare ad un pianto liberatorio. Metà per quello che ha passato, metà per quello che sta passando: la pressione di ritrovarsi fuori squadra nel Queens Park Rangers, ed allenarsi da solo al parco e implorare un prestito al Toronto per giocare in vista dei Mondiali; e quella dovuta agli occhi addosso di una nazione intera, che sogna solo di mettersi alle spalle quella parola, sempre e solo quella parola: “Maracanazo”.

Colombia – Uruguay 2-0

"Ames" eroe nazionale in Colombia
“Ames” eroe nazionale in Colombia

89. Si chiama James Rodriguez, ma tutti lo chiamano “Ames”, perché la J alla spagnola diventa muta. Nulla a che vedere con James Bond, ma questo nuovo idolo latino è da tempo noto a chi segue il calcio. E conosce la qualità degli osservatori del Porto nello scovare talenti in Sudamerica. Di sicuro chi “Ames” l’ha scoperto ai Mondiali è arrivato davvero tardi, considerando che su di lui si sono già riversati i rubli del Monaco, dove ha già sfornato nell’ultima stagione gol e soprattutto assist a ripetizione. Di sicuro, mai come in questi Mondiali Rodriguez ha trovato la continuità del fuoriclasse vero. Con quello di Van Persie alla Spagna e quello dell’australiano Cahill all’Olanda, la sua bordata infilatasi tra la mano tesa di Muslera e la traversa irrompe sul podio dei gol più belli di Brasile 2014. E tra Neymar, Messi, Robben e Muller, “Ames” è pronto a giocarsi la palma di stella del Mùndial.

Campioni in salsa "Come Eravamo"
Campioni in salsa “Come Eravamo”

90. L’Uruguay di Tabarez ha ceduto invece a un certo tremendismo. Dopo la vittoria contro l’Italia, la difesa di Suàrez è andata oltre il buonsenso, e questo non ha giocato all’ambiente, oltre che a una squadra appesantita dal ritorno di un Forlan non più proponibile a certi livelli. Addirittura al Maracanà era stato provato a vietare l’ingresso di tifosi con la maglia del “pistolero” del Liverpool: misura forse eccessiva. La squalifica di nove partite, e soprattutto il divieto di accesso per quattro mesi alle manifestazioni sportive di qualsiasi tipo (una sorta di “Daspo” internazionale) restano una punizione esemplare, ma inevitabile per tanta recidività. E l’umorismo della rete nel frattempo impazza…

Olanda – Messico 2-1

C'è qualcosa che ci spinge a simpatizzare per l'Olanda...
C’è qualcosa che ci spinge a simpatizzare per l’Olanda…

91. Così come il Brasile, anche l’Olanda sembra sospinta da una forza di galleggiamento che la riporta a galla nei momenti difficili. Il secondo tempo contro la Spagna è stato un autentico capolavoro, contro Australia e Messico invece Van Gaal ha trovato la giocata giusta al momento giusto. Stavolta, a salvare la baracca è stato il redivivo Sneijder, colpevole la difesa messicana a non serrare le fila proprio nei minuti finali dopo il gol di Giovani Dos Santos, ma una “stecca” così il dieci olandese non la tirava dai tempi nerazzurri. Nel frattempo, l’Olanda sembra aver già vinto il Mondiale delle bellezze allo stadio, e delle tifose in generale. Difficile non simpatizzare per gli orange, con tali supporters..

Mexico power!
Mexico power!

92. Va detto che col Messico il Mondiale perde una vagonata di protagonisti. Dal piojo Herrera in panchina, all’incredibile Ochoa che anche stavolta si è esibito in parate al limite del possibile. Svincolato, il portiere messicano è stato al centro di un appello di un tifoso dell’Ajaccio, in Francia, che per trattenerlo ha messo ufficialmente in vendita casa… e tutta la famiglia. Il Messico oltre che squadra simpatia (la campagna “peperoncini messicani vs. arance” ha scatenato moltissimi sorrisi su Twitter) ha dimostrato di essere anche organizzato e ben orchestrato da Herrera. Gli affondi di Robben hanno fatto cedere gli argini sul più bello: e il tabù ottavi di finale persiste per la “Tri”, fuori subito dopo la fase a gironi per il settimo anno consecutivo.

 

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#Contromondiali Fabio Belli

#Contromondiale 11: #Italia, #Morso, #Rimorso, #Suarez, #Dimissioni, #Grecia, #Samaras, #Mondragon, #Selfie

di Fabio Belli

Italia – Uruguay 0-1

Le nuove frontiere del cibo italiano
Le nuove frontiere del cibo italiano

66. Abbiamo già parlato di quanto i deja vu siano frequenti nei Mondiali. L’Italia si ritrova coinvolta in un’eliminazione tra grandi controversie arbitrali, come già avvenuto nel 1962 e nel 2002, quando un arbitro chiamato Moreno, così come in questo caso, scatenò l’ira dei tifosi azzurri. Il Moreno attuale è messicano e soprannominato Dracula, con il centravanti della squadra avversaria, Suarez, famoso per avere il “vizietto” di mordere gli avversari. Possibile che ci ricaschi con Dracula al fischietto? E soprattutto che Dracula non se ne accorga? Ovviamente sì: e il morso di Suarez a Chiellini rischia di diventare (anzi, forse già lo è) un cult alla pari della testata di Zidane a Materazzi nel 2006. In quel caso Horacio Elizondo non fece finta di non vedere, stavolta Dracula-Moreno sì: e questo è costato a lui le prossime partite del Mondiale, a Suarez una probabile, lunga squalifica, e all’Italia l’eliminazione. In una sorta di circolo inesauribile della storia mondiale azzurra.

Le eliminazioni dell'Italia ai Mondiali nel 1954 e nel 2014, trattate con enfasi differente dalla stampa
Le eliminazioni dell’Italia ai Mondiali nel 1954 e nel 2014, trattate con enfasi differente dalla stampa

 

67. Insomma, ce ne sarà di chi parlare a lungo, ma l’aspetto tecnico del match contro l’Uruguay non è scivolato in secondo piano. Anche e soprattutto perché l’espulsione (ingiustificabile errore, va detto) di Marchisio ha accelerato una deriva del match che, dopo un primo tempo di buon contenimento, aveva portato l’Italia ad arretrare paurosamente il baricentro dopo l’espulsione del nervoso, instabile ma probabilmente indispensabile (sì, qui andiamo controcorrente) Balotelli. Una scelta difensiva implosa quando qualcosa è andato storto, e non è un caso che invece di gridare all’ingiustizia (come avvenne nel 2002), i media italiani si siano scatenati contro il non-gioco espresso dagli azzurri dopo due anni di preparazione ed una finale europea. A parte qualche sprazzo contro l’Inghilterra peggiore dagli anni ’70, contro Costa Rica ed Uruguay i tiri in porta si sono contati sulle dita di una mano. A sessant’anni di distanza, si può comunque ammirare come sia cambiato il modo di reagire da parte dei giornali italiani ad un’eliminazione dell’Italia ai Mondiali.

"Prandelli, stai sereno".
“Prandelli, stai sereno”.

68. E parte la solita sequela del tutti contro tutti: Prandelli attacca la stampa, Abete se la prende col sistema, Marchisio con Suarez, Verratti con l’arbitro e tutti, ma proprio tutti, con Balotelli. Da Bearzot a Vicini a Sacchi, da Zoff a Trapattoni a Lippi, il rito delle dimissioni in Italia fa sempre scalpore, forse perché inusuale. Di sicuro ci troviamo ad un punto che ha riportato il calcio italiano indietro di circa 50 anni: dopo lo scandalo di Cile ’62, arrivò il diluvio Corea del Nord a svegliare un football azzurro addormentato (ma che allora già dominava con le milanesi a livello internazionale di club). Due eliminazioni al primo turno che tornano clamorosamente d’attualità, ora che dopo un’edizione del 2010 giocata colpevolmente (e lo si capisce ora) con la pancia piena e senza stimoli, si torna di nuovo a casa. Via Prandelli, via Abete, la Nazionale ha bisogno però di protagonisti veri anche in campo: perché il sistema-calcio italiano sarà in crisi profonda e non si può negare, ma paesi come la Costa Rica e lo stesso Uruguay, non si può dire che raggiungano risultati superiori ai nostri con investimenti finanziari maggiori e politiche più lungimiranti. Lavorare bene, alla lunga, paga più che lavorare tanto, al di là dei luoghi comuni.

Costa Rica – Inghilterra 0-0

I giornali inglesi i più severi nei confronti di Suarez
I giornali inglesi i più severi nei confronti di Suarez

69. Partita che aveva poco da dire: i “Ticos” hanno dimostrato una volta di più di meritare la qualificazione e il primo posto, gestendo il pari che serviva loro per chiudere in testa. Inghilterra senza stimoli, tanto che i giornali inglesi hanno preferito concentrarsi sul caso-Suarez, stella della Premier League. E in barba agli interessi del Liverpool, la stampa britannica c’è andata giù pesante, con titoli del tipo “squalificate questo mostro”. Con due morsi e una squalifica per razzismo già alle spalle, Suarez (che si era affidato anche a uno psicologo per evitare di cadere di nuovo in questo tipo di comportamenti) potrebbe andare incontro ad una squalifica a tempo che coinvolgerebbe anche i Reds.

Giappone – Colombia 1-4

Faryd (nelle figurine italianizzato in "Fabio") Camilo Mondragòn, recordman dei Mondiali a 43 anni, ai tempi di USA '94
Faryd Camilo Mondragòn, recordman dei Mondiali a 43 anni, ai tempi di USA ’94

70. Se non ci fosse Suarez, la storia del giorno sarebbe sicuramente la sua: Faryd Mondragòn, classe ’71, a fine partita si è piazzato tra i pali della Colombia ed è diventato il giocatore più anziano della storia dei Mondiali. A 43 anni, c’era già ad USA ’94, ed è allla sua terza Coppa del Mondo solo perché la Colombia era assente dalla rassegna dal ’98. Un momento emozionante, in parte rovinato dalla FIFA che non ha permesso al numero uno il giro di campo finale in compagnia dei figlioletti.

Grecia – Costa D’Avorio 2-1

71. Il collegamento tra Grecia ed Epica è sin troppo facile, ma da dieci anni a questa parte la Nazionale ellenica, a fronte di risorse decisamente limitate, sta riuscendo ad ottenere risultati incredibili. E soprattutto a sovvertire situazioni sulla carta irrimediabili. L’impresa di Euro 2004 è agli atti e nella storia, ma anche due anni fa negli Europei in Polonia e in Ucraina, si guadagnarono un quarto di finale contro la Germania quando l’eliminazione sembrava inevitabile. Stesso copione stavolta: dopo il rovescio iniziale contro la Colombia e lo scialbo pari contro i giapponesi, chi si aspettava la coppia Samaris-Samaras (a proposito: con il messicano Ochoa è il secondo svincolato decisivo a Brasile 2014, dov’è l’errore?) agli ottavi? E contro la Costa Rica, poi: comunque vada, tra le prime otto del Mondiale ci sarà una prima volta assoluta ed inaspettata.

Rimasugli di Croazia – Messico 1-3

72. Non ce ne vogliano Bradley Cooper, Ellen DeGeneres e le stelle degli Oscar, ma a nostro avviso il “selfie” dell’anno è questo. Que viva Mexico, Que viva Héctor Herrera!

Hector Herrera re dei "selfie"
Héctor Herrera re dei “selfie”
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#Contromondiali Fabio Belli

#Contromondiale 10: #Belgio, #Neymar, #CR7, #USA, #Herrera, #Eto’o, #NorthKorea, #Sheldon, #HupHolland, #Spagna

di Fabio Belli

Belgio – Russia 1-0

Il Belgio è bello perché è vario
Il Belgio è bello perché è vario

57. I Diavoli Rossi stanno vincendo e rispettando il pronostico della vigilia, ma a modo loro. Quello tra Belgio e Olanda è uno dei derby più antichi d’Europa, ma le filosofie di gioco della due Nazionali sono sempre state (soprattutto dagli anni ’70 in poi) molto differenti. Cinico, pratico ed essenziale il Belgio, spesso travolgente, esaltante e un po’ sciupona l’Olanda. Il carico di talenti con cui la squadra di Wilmots si è presentata in Brasile quest’anno, non ha cambiato questa tendenza. Ciò che è diverso, e ne avevamo già parlato, è il carico di entusiasmo con cui i tifosi in patria stanno seguendo Fellaini e compagni. Gli ottavi sono conquistati, ma il sogno è emulare gli eroi di Messico ’86, quarti.

Corea del Sud – Algeria 2-4

Tutti tifano Algeria!
Tutti tifano Algeria!

58. Ci agganciamo perfettamente all’argomento “migliori prestazioni” e all’argomento “derby”. Nel primo caso, l’Algeria che si giocherà la qualificazione contro la Russia, se non avesse mostrato lacune in difesa piuttosto importanti, potrebbe pensare di superare la squadra del 1982, che stupì il mondo battendo la Germania Ovest poi finalista, per poi ritrovarsi esclusa a causa di un atteggiamento abbastanza “permissivo” degli austriaci nei confronti degli stessi tedeschi nell’ultimo match del girone. Nel secondo caso, la Corea del Sud ha attirato il tifo contrario dei cugini del Nord: ha fatto il giro del mondo la foto di Kim Jong Un con tanto di sciarpa dell’Algeria. Quella fra i dittatori e il calcio è una storia che dura da molti anni, e visto che la Corea del Nord non si è qualificata, Kim Jong Un si è lasciato andare ad una botta di “Schadenfreude”.

Stati Uniti – Portogallo 2-2

Anche Sheldon dice "U-S-A!"
Anche Sheldon dice “U-S-A!”

59. Una delle più belle partite di un Mondiale fin qui prodigo di spettacolo. Il “Team USA” di Klinsmann è andato ad un passo da una clamorosa qualificazione anticipata agli ottavi. Il gol di Varela di un Portogallo sovrastato nel secondo tempo ha rovinato tutto, ma complice anche il fuso orario finalmente favorevole (non succedeva dal Mondiale giocato in casa) il seguito verso Dempsey (ancora in gol!) e compagni sta raggiungendo livelli da record. Le star del cinema e delle serie televisive americane si accodano ad un sostegno fin qui riservato solo agli assi del football e del basket. Jim Parsons, alias Sheldon Cooper di Big Bang Theory, ha manifestato tutto il suo tifo per gli Stati Uniti ai Mondiali, e la CBS ha dedicato uno speciale a come le sue stelle stanno seguendo Brasile 2014.

60. Messi vs. Ronaldo 2-0. Il campo dice impietosamente questo, con l’Argentina già agli ottavi ed il Portogallo a rischio di una clamorosa eliminazione al primo turno. Questo nonostante il Pallone d’Oro contro gli USA abbia regalato magie che contro la Germania non si erano viste. L’assist finale per Varela, straordinario, ma soprattutto il numero nel primo tempo, forse la giocata individuale più bella del Mondiale fino a questo momento, escludendo i gol che meritano sempre un discorso a parte, e che CR7 finora non ha ancora trovato in Sudamerica.

Australia – Spagna 0-3

Bacheca spagnola
Bacheca spagnola

61. Nella formula dei Mondiali, arrivare alla terza della partita del girone con una sfida tra due squadre già eliminate è un evento raro ma possibile. Il fatto che in questa malinconica passerella siano coinvolti i Campioni del Mondo è decisamente più inusuale: la Spagna ha salvato la faccia, ma il biglietto di ritorno era già in tasca per Casillas e compagni. Analizzare il declino di una squadra che ha fatto epoca è ancora più difficile che individuarne le ragioni del successo. Sicuramente Casillas negli ultimi sei anni aveva salvato delle partite, piuttosto che comprometterle; sicuramente l’ascesa di Piqué si è arrestata, e la mancanza di un leader come Puyol in difesa è tangibile. Sicuramente un giocatore come Xavi, non per niente pronto alla partenza verso lande arabe, non nascerà di nuovo facilmente, e il fatto che la squadra che ha vinto tutto senza centravanti, si sia inceppata all’arrivo di Diego Costa, sicuramente non è un caso. Ma è sicura anche la gratitudine di un paese che ha visto le Furie Rosse superare un complesso secolare proprio grazie a questi eroi al crepuscolo. L’ironia, che in questi casi ci sta, è arrivata prevalentemente dall’estero…

Olanda – Cile 2-0

Ricette espresse olandesi
Ricette espresse olandesi

62. Arjen Robben è sempre stato uno strano tipo di calciatore: i mezzi per diventare il più forte li ha sempre avuti. Il magnetismo glamour di Ronaldo e la continuità di Messi no, né la cattiveria di un Ibrahimovic. Complici anche gli infortuni che raramente lo hanno lasciato in pace. Quando è stato bene, sia al Bayern Monaco che in Nazionale, ha dimostrato però di poter cambiare da solo il volto delle partite. Qualcuno gli ha sempre rimproverato un pizzico di egoismo, e di imprecisione sotto porta: conto il Cile, da assist-man, ha dimostrato che un’Olanda arrivata in sordina in Brasile, può sognare la vendetta, quando in Sudafrica proprio Robben vide il sogno di un’intera Nazione infrangersi di fronte a Casillas.

Camerun – Brasile 1-4

Neymar, uomo in più del Brasile nella fase a gironi
Neymar, uomo in più del Brasile nella fase a gironi

63. E se tra i due litiganti fosse il terzo a godere? Nella grande attesa Mondiale della sfida a distanza tra Messi e Ronaldo, nessuno ha forse considerato che Neymar può contare su una spinta popolare senza precedenti. Il mondo si emoziona nel sentire tutto lo stadio, prima delle partite della Selecao, cantare la seconda strofa dell’inno senza l’accompagnamento musicale. E Neymar è finora protagonista di una squadra non del tutto convincente, ma capace di mandare già quattro volte in gol l’asso del Barcellona, che sembra particolarmente forgiato dall’anno, duro, trascorso in Europa. Dagli ottavi e dal Cile, il gioco si farà duro: vedremo se Neymar sarà già in grado di giocare: l’occasione di un Mondiale da vincere da eroe, in casa, di sicuro non capiterà più.

Eto'o: il peso degli anni, della responsabilità, e forse della ricchezza
Eto’o: il peso degli anni, della responsabilità, e forse della ricchezza

64. Nel cuore di tifosi ed appassionati, il Camerun del 1990 resta la squadra africana più bella ed amata mai passata in un Campionato del Mondo. Roger Milla, Thomas N’Kono, e la cavalcata fino agli spettacolari quarti di finale perduti contro l’Inghilterra. Per questo, quanto messo in mostra dai “Leoni Indomabili” in Brasile è stato un qualcosa di malinconico. Dalla stucchevole lite sui premi, ironica per una squadra incapace di raccogliere anche solo un punto del girone, a Samuel Eto’o chiuso in una gabbia dorata, infortunato e incapace di lasciare un vero segno in un Mondiale. Della squadra di 24 anni fa capace di contagiare con allegria ed entusiasmo chiunque la guardasse, nemmeno l’ombra.

Croazia – Messico 1-3

Hector Herrera, il caudillo messicano
Hector Herrera, il caudillo messicano

65. Comunque vada a finire, questo è stato l’anno delle forte personalità in panchina, i “caudillos” capaci di portare outsider alla vittoria. Diego Simeone all’Atletico Madrid ne è l’esempio più lampante, ma anche il “Piojo” Hector Herrera, corpulento e sanguigno CT del Messico, non si sta rivelando da meno. Le sue sfrenate esultanze stanno diventando letteralmente di culto, e chissà se l’organizzazione trovata non possa portare il “Tri” (che ancora deve subire un solo gol) dove non è mai ancora arrivato finora.

 

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#Contromondiali Fabio Belli

#Contromondiale 07: #Colombia, #Gervinho, #Jesongpazz, #Song, #Die, #Suarez, #England #FAIL, #Balotelli

di Fabio Belli

Camerun – Croazia 0-4

Je SONG pazz'?
Je SONG pazz’?

39. Il tormentone della notte è stato “Je Song Pazz'”, cantata alla maniera di Pino Daniele. Un pugno-gomitata del calciatore del Camerun stile wrestling a Mandzukic, col bomber del Bayern Monaco che ha sperimentato gli effetti di un colpo della strega istantaneo. Rissa inevitabile, ma forse a pensarci bene i nervi del Camerun sono saltati ancora prima della partenza per il Brasile, con la stucchevole querelle-premi che non ha fatto onore a Eto’o (assente contro i croati) e compagni. La Croazia ringrazia, non per dire, e dopo le recriminazioni contro il Brasile, ora il destino si compirà nella sfida-spareggio contro il Messico.

Colombia – Costa D’Avorio 2-1

Gervinho profeta anche in patria
Gervinho profeta anche in patria

40. I protagonisti di questo Mondiale, per un motivo o per l’altro, faticano ad essere inquadrati come uomini-mercato. Per Gervinho il problema non riguarda limiti di età o poca dimestichezza col calcio europeo, ma un prezzo che a questo punto la Roma difficilmente riuscirà a quantificare per la sua ala. Considerando anche quanto è stato pagato da un Arsenal che alla sua partenza, organizzò anche una specie di festicciola. Solitamente lungimiranti, i Gunners hanno dovuto assistere alla rinascita della freccia nera, che in Brasile sta dimostrando come la sua ritrovata qualità non sia dovuta al calo di quella del calcio italiano, anzi. Nonostante la sua prodezza che fa il paio con quella contro il Giappone, la Costa D’Avorio è uscita sconfitta, ma contro la Grecia il passaggio del turno potrebbe arrivare.

I colombiani, ballerini provetti.
I colombiani, ballerini provetti.

41. E’ l’ex Udinese e Napoli Pablo Armero il coreografo degli entusiasti balletti della Colombia, che nonostante l’assenza di Radamel Falcao, sta tenendo fede alle previsioni che volevano i Cafeteros tra le rivelazioni del Mondiale. In quanto ad entusiasmo i colombiani se la giocano generosamente con la “Marea Roja” cilena, ma nel duello tra tifosi in tribuna, i colombiani trovano un bonus nell’atteggiamento scatenato dei giocatori in campo.

Per Serey Die lacrime di emozione e non per la morte del padre, avvenuta nel 2004
Per Serey Die lacrime di emozione e non per la morte del padre (come si era ipotizzato), avvenuta nel 2004

42. Una nota commovente l’ha regalata Serey Die, in lacrime durante l’inno nazionale della Costa D’Avorio. Troppo commovente: è girata in fretta la voce che a Die fosse stata comunicata la morte del padre, prima di scendere in campo. Versione smentita dallo stesso calciatore su Instagram: solo commozione per il momento e l’onore di rappresentare il proprio paese. Il pensiero di Die prima di una partita importante vola comunque sempre verso il genitore che è morto sì, ma nell’ormai lontano 2004.

Uruguay – Inghilterra 2-1

Il Daily Star ipotizza uno strano complotto ai danni di Luis Suarez
Il Daily Star ipotizza uno strano complotto ai danni di Luis Suarez

43. All’arrivo dell’Uruguay in Brasile, ha tenuto banco un tweet dell’ex portiere della Lazio, ora al Galatasaray, Fernando Muslera, che ha mostrato come le camere degli “orientales” fossero invase dalle formiche in albergo. Un caso sul quale il Daily Star ha scherzato alla vigilia della partita-spareggio di San Paolo, prendendo di petto proprio Luis Suarez, che reduce da un infortunio, si sarebbe ritrovato le fastidiose formichine anche tra le mutande. Guai a stuzzicare i campioni: al ritorno dopo l’operazione, Suarez ha timbrato per due volte il cartellino con il gol: e anche senza formiche, una certa sensazione di fastidio nella biancheria intima l’hanno senz’altro provata i tifosi inglesi.

Pronto per la panchina dell'Inghilterra?
Pronto per la panchina dell’Inghilterra?

44. Dopo la Spagna, anche l’Inghilterra incassa due ko in altrettanti incontri in Brasile. E se la stampa iberica ha mostrato riconoscenza verso un gruppo che negli ultimi otto anni ha regalato lustro e trofei una volta impensabili per le Furie Rosse, c’è da pensare che i salacissimi tabloid inglesi non risparmieranno ai Leoni d’Inghilterra (ancora attaccati a una flebile speranza di qualificazione legata al risultato di Italia – Costa Rica) critiche bollenti. Allenatore in particolare sulla graticola, considerando anche che il raddoppio di Suarez è arrivato praticamente su rinvio di Muslera. E c’è già chi avanza proposte per il sostituto di Roy Hodgson in panchina: questo tifoso sembra avere le carte in regola, e soprattutto l’espressione giusta.

Balotelli commenta con la consueta sobrietà Uruguay-Inghilterra
Balotelli commenta con la consueta sobrietà Uruguay-Inghilterra

 

 

 

 

 

 

45. Un dato spicca riguardo al possibile flop di Rooney e compagni: se si escludono le mancate partecipazioni del 1974, del 1978 e del 1994, l’ultima eliminazione al primo turno dell’Inghilterra risale al 1958. Solo un’altra volta poi accadde nella storia, nel 1950: il Brasile non porta di certo fortuna agli inglesi. Che oltre al danno, si sono dovuti sorbire l’irriverente tweet di Mario Balotelli, che con i sudditi di sua Maestà, alla fine della sua esperienza al Manchester City, non si è lasciato proprio benissimo…

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#Contromondiali Fabio Belli Senza categoria

#Contromondiale 05: #RedDevils #Belgio, #Messico, #Portieri #Ochoa, #Akinfeev, #Russia, #Mila&Shiro

di Fabio Belli

Belgio – Algeria 2-1

Il Belgio sogna la conquista del Brasile
Il Belgio sogna la conquista del Brasile

28. Non è una novità che le squadre più attese ai Mondiali spesso vadano incontro a difficoltà imprevista. Per il Belgio l’incubo è durato settanta minuti, complici anche le scelte del tecnico Wilmots che forse ha rinunciato a un po’ troppo talento, tenendo inizialmente in panchina i risolutori del match, Fellaini e Mertens. Un bel sospiro di sollievi per i sostenitori dei “Red Devils”: raramente in patria un Mondiale è stato così sentito dai belgi, che erano assenti dal meglio del calcio nel pianeta dal 2002. Caroselli da Bruxelles ad Anversa a Liegi, con tanto di bandiera brasiliana rivista alla belga. E così il primo ostacolo è stato superato: ma per lasciare davvero il segno in Brasile, servirà qualcosa (e un pizzico di coraggio) in più.

Brasile – Messico 0-0

Super Ochoa contro Neymar
Super Ochoa contro Neymar

29. La storia della sesta giornata dei Mondiali è sicuramente quella di Guillermo “Memo” Ochoa, al quale è stato dedicato un titolo giornalistico più che eloquente: “Un disoccupato ferma il Brasile”. Ochoa, classe ’85, è stato considerato per anni una promessa assoluta del calcio mondiale. All’estrema spettacolarità dei suoi interventi non sono però sempre corrisposte prestazioni con la giusta continuità. E’ al suo terzo mondiale, ma nel 2006 e nel 2010 non ha ottenuto il posto da titolare, nonostante si sia messo in evidenza nella Coppa America del 2007. Troppi alti e bassi che lo hanno portato ad arrivare a Brasile 2014 senza una squadra, da svincolato. Herrera gli ha dato fiducia, e contro la Selecao ha stupito il mondo intero, con un intervento alla “Gordon Banks” su Neymar ed altre tre prodezze al limite del miracolo. Le donne sono la sua altra grande passione oltre ai voli tra i pali: ma il Mondiale potrebbe regalargli a questo punto il salto più atteso alle soglie dei trent’anni: quello nel calcio europeo.

30. Parlando del Brasile, dopo le polemiche per l’arbitraggio di Nishimura contro la Croazia, il pari senza reti con i messicani ha alimentato ulteriormente i dubbi attorno alla squadra di Felipe Scolari. L’impressione è che alla Selecao manchi un vero finalizzatore, ma anche un “genio” offensivo di centrocampo, dove le mezze ali di grande talento abbondano, ed anche gli esterni, ma manca il Kakà della situazione, per intenderci. Considerando che Scolari sembra avere scarsa considerazione di Hernanes, che pure non corrisponde pienamente alle caratteristiche sopra citate, il problema non sembra di immediata, facile risoluzione.

Al Mondiale sono arrivati i pareggi...
Al Mondiale sono arrivati i pareggi…

31. I pareggi: sconosciuti fino ad Iran-Nigeria, ora sembrano materia di maggiore attualità. E se Brasile-Messico, nonostante la mancanza di gol, ha regalato diverse emozioni, la Russia di Fabio Capello non ha affatto convinto. E dopo un inizio spumeggiante, qualcuno ha iniziato ad addormentarsi di fronte alle prime partite “tattiche”.

Russia – Corea del Sud 1-1

Akinfeev: cronologia di un disastro
Akinfeev: cronologia di un disastro

 

32. Il sesto giorno “Mondiale” è stato anche quello dei portieri, nel bene e nel male. E se Ochoa si è guadagnato la copertina di eroe del momento, il russo Akinfeev ha mandato di traverso l’esordio a Fabio Capello. Kerzhakov ha tolto le castagne dal fuoco contro una Corea confusionaria tanto quanto i russi, ma in qualità di organizzatori nel 2018, le aspettative erano ben altre su una squadra che sembra semplicemente priva della qualità necessaria. Peggio degli svarioni nel secondo tempo, c’è stato il nulla assoluto del primo: chi a Mosca è rimasto alzato tutta la notte (il match in Russia iniziava alle 4 del mattino) di certo non ringrazia…

Rimasugli di Francia – Honduras 3-0

Mila & Shiro erano honduregni?
Mila & Shiro erano honduregni?

 

 

 

 

 

 

 

33. Notata anche voi qualche somiglianza?

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#Contromondiali Fabio Belli

#Contromondiali01: #Nishimura, #HupHolland, #MartinsIndi, #DiegoCosta, #Leckie, #MareaRoja

di Fabio Belli

Curiosità, notizie, il meglio e il peggio di Brasile2014 fino al 13 luglio.

Brasile – Croazia 3-1

L'ironia sull'arbitro Nishimura ha scatenato la Rete
L’ironia sull’arbitro Nishimura ha scatenato la Rete

1. Il fattore campo rappresenta una preoccupazione di tutti gli avversari della Selecao. L’arbitraggio del giapponese Nishimura (che pure era uno dei papabili per la finalissima, e sognava di ripercorrere le orme di Langenus nel 1930 e

Aumentano i dubbi su un Brasile potenzialmente favorito
Aumentano i dubbi su un Brasile potenzialmente favorito

di Elizondo nel 2006, che arbitrarono sia il match inaugurale che la finale) ha scatenato l’ironia della rete.

Messico – Camerun 1-0

2. Da cinque edizioni consecutive il “tricolor” si guadagna l’accesso agli ottavi di finale. Raramente ha sofferto così per qualificarsi: ma il tecnico Herrera, già divenuto un personaggio, ha addirittura lanciato la

Il tecnico messicano Herrera, già personaggio "Mùndial"
Il tecnico messicano Herrera, già personaggio “Mùndial”

candidatura messicana per il trionfo nel Mondiale del Messico.

3. A decidere la sfida contro il Camerun (squadra in cui ogni giocatore sembra aver avuto degli screzi con Eto’o, che per sé ha preteso una suite con Jacuzi matrimoniale da

Spagna-Olanda allo stadio "De Kuip" del Feyenoord
Spagna-Olanda allo stadio “De Kuip” del Feyenoord

3000 euro al giorno di sovrapprezzo) è stato l’eroe dell’Olimpiade di Londra, Oribe Peralta, che è appena diventato il più pagato calciatore della storia del campionato messicano: 10 milioni di dollari per il suo passaggio dal Santos Laguna al Club America.

Spagna – Olanda 1-5

Bruno Martins Indi
Bruno Martins Indi

4. La più pesante sconfitta di una nazione detentrice del titolo mondiale: il più ampio divario di sempre in una ri-edizione della finale di quattro anni prima. L’Olanda ha fatto saltare tutti gli schemi, con la Spagna che tra il Mondiale 2010 e gli Europei 2008 e 2012, aveva complessivamente subito solo sei gol.

5. A Salvador de Baia il più fischiato in assoluto, non solo del match ma di tutto l’inizio del Mondiale, è stato Diego Costa: il pubblico brasiliano non ha digerito il rifiuto del centravanti ex Atletico Madrid, ora al Chelsea, di far parte della Selecao per giocare nelle furie rosse. A fine partita si sarà pentito?

6. Il personaggio che ha

Sintesi essenziale del primo grande match di Brasile2014
Sintesi essenziale del primo grande match di Brasile2014

attirato maggiormente l’attenzione nella rinnovata Olanda di Louis Van Gaal è stato il 22enne difensore del Feyenoord Bruno Martins Indi. Portoghese di nascita ed olandese d’adozione, ha mostrato tutto il suo carattere soprattutto quando l’arbitro italiano Rizzoli, utilizzando il nuovo spray per segnalare righe provvisorie per la barriera sui calci di punizione, gli ha sporcato le scarpe, provocandone l’ira a dir poco funesta.

Cile – Australia 3-1

A fine partita Diego Costa avrà richiamato Felipe Scolari?
A fine partita Diego Costa avrà richiamato Felipe Scolari?

7. Mondiale in Sudamerica significa anche nuovi colori sugli spalti. La “Marea Roja” che ha affollato lo stadio di Culabà per sostenere Sanchez e compagni si è mostrata degna del calore dei tifosi di casa nel match inaugurale a San Paolo.

8. Consigli per gli

La "Marea Roja" ha esaltato il Cile
La “Marea Roja” ha esaltato il Cile

acquisti: Mathew Leckie, classe ’91, gioca nella Zweite Bundesliga nell’Ingolstadt. La sua velocità ha letteralmente impressionato, pur di fronte ai brevilinei cileni. Classe ’91, vedremo se sarà uno dei nomi caldi del mercato estivo, o se sarà uno di quei giocatori che la storia del Mondiali ci ha abituato a veder ballare una sola estate.

 

 

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Fabio Belli Le Finali Mondiali

1998: Francia-Brasile 3-0. Le “sliding doors” di Ronaldo e Zinedine Zidane

di Fabio Belli

A sedici anni di distanza da quello che è stato l’ultimo Mondiale vinto da chi giocava in casa, si può dire che quello della Francia nel 1998 è stato davvero il delitto perfetto. E’ vero, il Brasile ha ottime chance per riprovarci nell’edizione ormai prossima, e la globalizzazione del calcio negli ultimi 28 anni ha portato il Mondiale in nazioni (Messico, Stati Uniti, Corea del Sud, Giappone, Sudafrica) senza squadre in grado di capitalizzare il fattore campo. Ma restando ai tempi moderni, tedeschi e italiani possono guardare con invidia a quanto costruito attorno ai “bleus” dai francesi in quell’estate di fine anni novanta.

L'Equipe de France per la prima volta Campione del Mondo
L’Equipe de France per la prima volta Campione del Mondo

E’ stato il delitto perfetto perché prima di loro c’erano riusciti anche inglesi ed argentini, ma facendo leva molto di più sul fattore ambientale. L’albiceleste del ’78 andò ai limiti del regolamento ed oltre, se ricordiamo la “marmelada peruana“, senza scomodare le pressioni del regime di Videla. L’Equipe de France ’98 si avvalse di una macchina organizzativa d’efficienza al pari solo di quella teutonica di Monaco ’74, quando tutto andò come doveva andare senza scomodare arbitri o strane manovre, fatta eccezione per una robusta inzuppata nel campo nella partita che di fatto valeva come una semifinale, contro la Polonia. La Francia fu impeccabile: squadra sempre protetta dal tifo incessante dello stadio nuovo di zecca, lo “Stade de France” di Saint Denis, buon sorteggio sfruttato al meglio col primo posto nel girone, nessuna nevrotica deviazione da Parigi, alla stregua dell’Italia nel ’90.

Certo, sportivamente parlando, un paio di sbandate ci furono. Innanzitutto Zinedine Zidane, chiamato ad arrivare dove neppure Le Roi Michel Platini era riuscito ad arrampicarsi, che si fa cacciare per un fallo di reazione contro l’Arabia Saudita, non esattamente una partita in grado di produrre chissà quali pressioni. Quindi, le sofferenze negli ottavi contro il Paraguay del monumento Chilavert, vittoria al golden goal, e contro l’Italia nei quarti, quando gli azzurri giocarono troppo tardi la carta Roberto Baggio, e dopo un assedio lungo un’ora e mezza e dei supplementari coraggiosi, videro infrangersi i loro sogni sulla traversa di Gigi Di Biagio. Ancora i rigori condannarono gli azzurri, per la terza volta consecutiva: passato lo “spaghetto”, i francesi ribaltarono una semifinale pazza contro la Croazia. Pazza perché Suker e compagni si fecero beffe della pressione di Saint Denis passando in vantaggio, ma si ritrovarono battuti da una doppietta di Lilian Thuram, uno che col gol, di mestiere, confidenza non doveva proprio averne.

Così, quando a Saint Denis si deve giocare la finalissima, qualcuno nell’Equipe de France comincia ad avere un po’ paura. Il super-Brasile di Ronaldo, Denilson, Cafu, Edmundo, Bebeto (ma non Romario), ha giocato solo un ottavo di finale degno della sua fama. Il Fenomeno viene da una stagione in cui l’Inter ne ha potuto toccare con mano la forza d’urto, accontentandosi però solo di una Coppa UEFA. Stellare la prova di Ronaldo contro la Lazio, ma i rimpianti per la sfida con la Juventus per lo scudetto restano, e riguardano soprattutto gli arbitri. Alla vigilia della finale però, una certezza sembra farsi strada: Ronaldo e Zidane devono riscattare in finale un Mondiale fino a quel momento non all’altezza.

Zidane in cima al mondo il 12 luglio del 1998
Zidane in cima al mondo il 12 luglio del 1998

Un film molto in voga di quegli anni era “Sliding Doors“: Gwyneth Paltrow si ritrova in una storia improntata sui bivi infiniti del destino. E come quella sera le vite di quei due straordinari campioni divergano nettamente, è sbalorditivo. Tanto si apre una stagione di successi, vittorie e prodezze per Zidane, tanto una di amarezze, dolore, infortuni e obiettivi mancati per Ronaldo. In quella che è la stranissima, ancestrale simbologia dei Mondiali, la storia cambierà quattro anni dopo, quando dopo la Champions League vinta con lo storico gol al Leverkusen da Zidane con la maglia del Real Madrid, il francese sarà costretto a una mesta passerella da infortunato in Asia, mentre Ronaldo, dopo quattro stagioni amarissime, passate quasi tutte in infermeria, tornerà il Fenomeno.

Ma a Saint Denis il 12 luglio del 1998 le “sliding doors” del destino sono tutte per Zizou. Ronaldo, lo si saprà poi in uno scandalo di proporzioni planetarie, sta in piedi per miracolo. Vuoi lo stress, vuoi le infiltrazioni per le fragilissime ginocchia, prima della partita è stato colto da convulsioni violentissime in albergo: qualche compagno di squadra pensava fosse morto. Schierarlo in campo in quelle condizioni, di fronte agli occhi del mondo intero, resta un’offesa eterna a quello che è stato il suo straordinario talento. Zidane invece arriva nelle migliori condizioni psicofisiche possibili: la squalifica paradossalmente lo ha fatto arrivare fresco e riposato alle partite chiave, e arrivati all’intervallo ha già bucato due volte di testa un incredulo Taffarel. E’ il delitto perfetto, nemmeno l’assenza in difesa di Blanc, che ha baciato nel suo rituale immancabile la “pelata” del portiere Barthez in borghese perché squalificato, intacca le sicurezze transalpine. La cavalcata finale di Emmanuel Petit per il gol del 3-0 è quella di una Nazione intera verso una gloria rincorsa vanamente per 68 anni. Zidane finisce in cima al mondo, Ronaldo in fondo alla scaletta di un aereo: per rialzarsi, al Fenomeno serviranno i quattro anni più lunghi della sua vita.

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Fabio Belli Le Finali Mondiali

1962: Brasile-Cecoslovacchia 3-1. Willy Schrojf, antieroe per caso

di Fabio Belli

Non tutti i campionati del mondo di calcio sono uguali fra loro, e d’altronde sono proprio le edizioni ordinarie a rendere tali quelle memorabili. In alcuni casi l’eccezionalità viene sfiorata, ma non raggiunta: se nel 1934 l’Italia non avesse saputo reagire al gol cecoslovacco di Puč nell’ultimo quarto d’ora di gioco della finale, forse sarebbe stata la partita dello stadio Nazionale, e non il “Maracanazo”, a passare alla storia come la più grande delusione di sempre del gioco del calcio. Nel 2010, un’Olanda forte ma non trascendentale arrivò ad un passo dal superare la leggendaria “Arancia Meccanica” del 1974 ed i suoi eredi del 1978. Nel 2002, il rischio di una finalissima tra Corea del Sud e Turchia fu più concreto di quanto non si pensi.

Seconda "Rimet" al cielo per il Brasile
Seconda “Rimet” al cielo per il Brasile

Nulla di tutto questo accadde, e quelle edizioni del Mondiale raramente sono citate in maniera enfatica nelle memorie degli sportivi. Un qualcosa di simile accadde nel 1962, quando a Santiago del Cile la Cecoslovacchia, allenata da un consumato stratega come Rudolf Vytlačil, si ritrovò a tentare di fare lo sgambetto ad un Brasile già lanciato verso la leggenda. Fu un Mondiale anomalo in tutti i sensi: a partire dalla location, un Cile allora troppo ai margini delle grandi del calcio, ma che grazie allo sforzo enorme di un giovane dirigente di origine tedesca, Carlos Dittborn Pinto, che tragicamente non arrivò a veder compiuto il suo capolavoro, riuscì ad allestire una macchina organizzativa funzionante. Poi per la caduta di stelle: l’Italia di Altafini e l’Urss di Jašin, che pagarono lo scandaloso fattore campo imposto dai cileni. La Spagna che, senza Di Stefano infortunatosi all’ultimo momento, perse il suo potenziale e vide il fuoriclasse di origine argentina mancare l’ultima occasione per disputare un Mondiale. E poi l’Inghilterra di Moore e Charlton, l’Ungheria ormai spogliata dei suoi fuoriclasse. Ed infine, Pelé, infortunatosi e costretto, per un brutto stiramento, a saltare quella che doveva essere la sua inevitabile consacrazione, dopo l’impresa di quattro anni prima in Svezia che lo svelò al mondo.

Una presa plastica di Willy Schrojf
Una presa plastica di Willy Schrojf

In un tale scenario, la Cecoslovacchia era riuscita a compiere il delitto perfetto, mettendo in fila Spagna, Ungheria e Jugoslavia, perdendo nelle eliminatorie col Messico, ma pareggiando contro il Brasile: già, quel Brasile che, nonostante un Garrincha in stato di grazia che nei quarti di finale aveva praticamente battuto da solo l’Inghilterra, sembrava meno imbattibile di quanto apparisse alla vigilia. Rispetto al 1958 erano cambiati solo due uomini (dentro Zòzimo e Mauro Ramos, fuori Bellini e Orlando), e il CT, Moreira. Ma l’assenza di Pelé poteva significare tutto, anche se il coniglio nel cilindro di Moreira si chiama Amarildo Tavares da Silveira. Ovvero, l’unico che per caratteristiche e temperamento può permettersi di non far rimpiangere la “perla nera”.

Vytlačil è uno che sa farsi i conti in tasca, sa di avere una squadra con soli due fuoriclasse: la leggenda del calcio boemo Josef Masopust, e lo slovacco di Bratislava Viliam “Willy” Schrojf, considerato ancora il miglior portiere cecoslovacco di sempre. Spettacolare, a volte anche troppo negli interventi, ha giocato fino a quel 16 giugno del 1962 un Mondiale strepitoso. Vytlačil si affida a lui per una partita di contenimento e ripartenze. Ha perfino bluffato sul caso della vigilia riguardante Garrincha: espulso nella semifinale contro il Cile, l’ala sarebbe squalificata, ma viene clamorosamente riabilitata con un annullamento delle sanzioni disciplinari per la finalissima. Invece di scandalizzarsi, i ceki danno il loro benestare: Vytlacil sa che la corrida contro i cileni ha fatto a pezzi Mané, che sotto la guardia di Novàk e Jelìnek, dopo un Mondiale da fuoriclasse, finirà con il giocare una delle partite più scialbe della sua carriera.

Ma tornando all’inizio, va detto che la gloria quando ti passa tra le mani, bisogna saperla afferrare. Metafora perfetta per un portiere, ma Vytlačil non può nutrire dubbi su Schrojf, che contro la Jugoslavia in semifinale ha portato praticamente da solo la squadra oltre l’ostacolo. Tutto si mette bene quando i compassati ritmi brasiliani si infrangono sul dinamismo ceko nella rarefatta aria di Santiago. Pospìchal a centrocampo sa quando Masopust può sganciarsi, i due si intendono a memoria e al quarto d’ora Gilmar deve già raccogliere il pallone in fondo al sacco. Questo però è anche il momento in cui lo straordinario e l’ordinario si fondono, e la storia, che sembrava indirizzata verso la sorpresa, si rimette al proprio posto grazie al “colpevole” più inatteso. Neanche 2’ dopo dalla prodezza di Masopust, Schrojf si fa sorprendere da un tiro scoccato quasi dalla linea di fondo da Amarildo. La parabola è pregevole e qualcuno prova ad assolvere l’estremo difensore da responsabilità eccessive.

In quel momento però, il destino è già scritto: si compie definitivamente nella ripresa, quando ancora Amarildo dalla linea dell’out riesce ad “uccellare” un imbambolato Schrojf. Stavolta la palla non è indirizzata in rete, ma per l’accorrente Zito è un gioco da ragazzi spingerla in fondo al sacco da due passi. Il disastro-Schrojf si completa su un cross quasi innocuo di Djalma Santos, che gli sfugge letteralmente dalle mani: la sintesi perfetta della gloria che, al momento di essere afferrata, può essere scivolosa come una saponetta. E Vavà completa l’opera, con il tap-in del 3-1. Il Brasile diventa la seconda squadra dopo l’Italia ad alzare al cielo la Coppa Rimet per due volte consecutive, e Cile 1962 resterà per sempre l’edizione in cui, dopo essere accaduta ogni tipo di follia, tutto alla fine è andato esattamente come doveva andare: al contrario del destino di Schrojf, che dopo aver afferrato di tutto al Mondiale e nella sua carriera, si fece sfuggire proprio i palloni più importanti.

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L’Estadio Pocitos: dove la Coppa del Mondo ebbe inizio

di Andrea Rapino

Dove è cominciata la Coppa del Mondo? Dentro un appartamento all’incrocio tra calle Charrúa e calle Coronel Alegre, a Pocitos, quartiere di Montevideo a ridosso del Río de la Plata. Ma non nel senso che lì è stato ideato il torneo giocato in Uruguay nel 1930 o qualcosa del genere: il punto dove è stato dato il calcio di inizio della partita inaugurale si trova proprio dentro una casa.

pocitosOggi Pocitos è il barrio più densamente popolato della capitale con i suoi circa 70mila abitanti, generalmente appartenenti alla media e alta borghesia. Nell’Ottocento le donne ci andavano a lavare i panni nei piccoli pozzi, appunto i pocitos, che danno il nome alla zona. Negli anni del primo torneo ideato da Jules Rimet però era anche la zona dove c’era l’Estadio de Pocitos, terreno di gioco del Peñarol, che ci vinse cinque dei suoi quasi cinquanta “scudetti”.

Inaugurato nel 1921 e utilizzato fino al 1933, quel campo del club aurinegro cadde presto in disgrazia. Il Peñarol gli preferì impianti più capienti, prima di trovare definitivamente casa nello stadio del Centenario. Perciò il Pocitos nel 1940 fu smantellato e lasciato alla mercé dello sviluppo urbanistico: via libera a strade e palazzi, e dentro uno di questi è finito il cerchio di centrocampo, una trentina di centimetri oltre il muro di una qualsiasi abitazione. Poco distante, sempre lungo un marciapiede della Coronel Alegre, è stato invece segnato il primo gol dei Mondiali: lo fece Lucien Laurent, mediano francese morto nel 2005 quasi 98enne, che sbloccò Francia-Messico, poi finita 4-1. Era il 13 luglio 1930.

Del resto quella Coppa era quasi un esperimento, costruito lontano dalle luci dei riflettori, al quale scelsero di aderire tredici selezioni. La competizione, ufficializzata appena un anno prima, doveva essere ospitata tutta al Centenario. Una serie di contrattempi legati al maltempo portò a dividere le prime partite tra i campi che ospitavano Peñarol e Nacional: rispettivamente Estadio Pocitos e Gran Parque Central.

Del Pocitos e del primo gol mondiale non è rimasto nulla nella memoria collettiva fino al 2002, quando un gruppo capeggiato dall’architetto Enrique Benech, grazie a foto aeree e planimetrie, identificò l’area del terreno di gioco. Nel 2006 la municipalità di Montevideo ed il Museo del Fútbol, col sostegno di Coca Cola, bandirono un concorso vinto dall’architetto Eduardo Di Mauro, che tra l’altro è anche hincha del Peñarol.

Di Mauro realizzò due sculture: Cero a Cero y pelota al medio (Zero a zero e palla al centro) e Donde duermen las arañas (Dove dormono i ragni, simile al nostro “togliere la ragnatela” quando si calcia la palla nel sette). Una commemora il punto del primo calcio d’inizio, l’altra quello del gol di Laurent. Per forza di cose, la prima è stata sistemata a qualche metro di distanza, ma sempre lungo la linea di centrocampo; l’altra occupa solo parte del posto dove c’era la porta, poiché anche uno dei due pali ha fatto spazio a una palazzina. Ad ogni modo, meglio tardi che mai per un doveroso tributo al suolo che ha visto cominciare quello che vedremo in Brasile nella prossima estate.