Bora Milutinovic, il mister esploratore

di Alessandro IACOBELLI

“Si, viaggiare evitando le buche più dure senza per questo cadere nelle tue paure”

Le parole di Lucio Battisti sembrano cucite a pennello su ‘Bora’ Milutinuvic. La valigia ha sempre accompagnato la suggestiva ed affascinante esistenza del personaggio odierno. ‘Bora’ Nasce il 7 settembre 1944 a Bajina Basta, nell’allora Jugoslavia. Le origini subiscono inevitabilmente le ripercussioni dettate dal regime del Maresciallo Tito. Il cocktail di etnie, dopo la morte del dittatore, si sfalda in modo irrimediabile. La terribile guerra civile scuote la polveriera.

La carriera da calciatore è tutt’altro che disprezzabile. Nella veste di centrocampista il buon ‘Bora’ fa il suo dovere con un pizzico di tecnica che non guasta mai. Dal Partizan di Belgrado al Monaco, transitando per il Nizza ed il Rouen. Il tramonto agonistico si materializza addirittura in Messico nei Pumas. Nel Centro America ‘Bora’, uomo a dir poco perspicace, conquista il cuore di una donna benestante figlia di un ricco proprietario terriero. Il seguente aforisma spiega il personaggio: “Nascere poveri è una sfortuna, ma sposarsi una povera è da sciocchi”.

Passa dal campo alla panchina dei Pumas in un batter d’occhio. I risultati sono invidiabili e la Federazione locale gli affida la guida della Nazionale maggiore. Tre lunghi anni per preparare la troupe ai mondiali casalinghi del 1986. Larios e soci, inseriti nel gruppo B, piegano il Belgio per poi pareggiare con il Paraguay ed infine sbancare di misura con l’Iraq. Agli Ottavi di Finale lo stadio ‘Azteca’ pullula di euforia nel successo sulla Bulgaria firmato da Negrete e Servin. Soltanto la Germania Ovest ai rigori sarà in grado di fermare l’allegra compagnia Tricolor. Le susseguenti avventure nel San Lorenzo e nell’Udinese cadono nel dimenticatoio per il magro bottino. Il tecnico serbo opta allora per una sfida ai limiti del paradossale. Diventa quindi il CT della Costa Rica. Le notti magiche esaltano un’autentica rivelazione. Cade la Scozia in principio. Poi giunge la sconfitta di misura con i marziani del Brasile. Al terzo ostacolo i Ticos si scatenano battendo la Svezia di rimonta per 2-1. Capitan Flores e gli altri si inchinano poi al ciclone della Cecoslovacchia negli Ottavi.
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Il nome di Milutinovic ingolosisce i sodalizi di mezza Europa. Lui però snobba comodi lidi per sposare senza indugi avventure suggestive. Negli Stati Uniti d’America il calcio non costituisce proprio la disciplina che muove le masse. In realtà nella patria del capitalismo non esiste una Lega Nazionale e conseguentemente latita un torneo professionistico. L’assegnazione dei Mondiali del 1994 è quindi un treno da prendere al volo. La Federazione chiama; ‘Bora’ risponde all’istante. I college divengono un pozzo infinito di giovani promesse. La squadra americana passa come migliore terza dopo il pari con la Svizzera, il colpo inflitto alla Colombia ed il marchio di Daniel Petrescu. La favola a stelle e strisce va in archivio il 4 luglio quando Bebeto al ’73 trafigge Tony Meola.

Il profumo dell’America Latina diviene impellente ed il vagabondo serbo rievoca il passato e torna al timone del Messico cogliendo un ottimo bronzo nella Copa América del 1997. Nel dicembre dello stesso anno ‘Bora’ parte per l’ennesimo viaggio, destinazione Nigeria. Nel continente africano la compagine bianco-verde abbonda in classe e funambolismo. Dal difensore ex Inter Taribo West alle ali Finidi e Babangida, passando per la punta Kanu. Jay-Jay Okocha è la ciliegina sulla torta. Il match inaugurale con la Spagna è un miscuglio di sensazionali emozioni. Sblocca Hierro su punizione. Adepoju firma l’1-1. Raddoppia Raul. Lawal ristabilisce l’equilibrio con la complicità di un distratto Zubizarreta. Allo scoccare del ’79 Oliseh lascia esplodere un bolide destro imparabile. Ipkeba piega poi la Bulgaria per il bis. La Nigeria si aggiudica il raggruppamento D, nonostante lo scivolone patito ad opera del Paraguay. I bookmakers del globo sono fiduciosi nelle potenzialità della banda traghettata da Milutinovic. Ochechukwu e compagni crollano verticalmente negli Ottavi di Finale. La Danimarca di Schmeichel e Helveg gioca a poker senza alcun patema d’animo. ‘Bora’ è frastornato. L’annata ai New York Metrostars è un fiasco.

All’alba del nuovo millennio l’inossidabile ‘Bora’ si rimette in pista. Questa volta però la vetta appare insormontabile. La Federazione cinese mira alla partecipazione ai Mondiali del 2002 in Giappone e Corea. Il regno degli involtini primavera non si distingue certo per la qualità dei calciatori, non troppo distanti dal dilettantismo. Il trainer di Bajina Basta mischia nuovamente le sue carte mettendosi in discussione. Il miracolo è presto esaudito. La truppa asiatica si qualifica contro ogni più rosea attesa alla fase finale. Nel girone C Brasile, Turchia e Costa Rica non fanno sconti. Il fanalino di coda, forse per la prima volta in assoluto, può essere fiero dell’impegno profuso. La gita di Milutinovic, alla ricerca di stimoli e culture ignote, propone ulteriori tappe. Honduras, Giamaica e Iraq gustano i suoi sagaci dettami. Siamo sicuri che la mente di ‘Bora’ girerà vorticosamente in qualche altra zona dell’universo. Il mister esploratore continuerà di certo a scrivere il suo libro.