di Fabio Belli
Argentina – Olanda 4-2 dcr
122. Dal “San Paolo” a… San Paolo: l’Argentina torna a giocarsi il titolo Mondiale a 24 anni di distanza da quello del 1990, e l’avversaria sarà la stessa, la Germania. Corsi e ricorsi continui della storia, visto che dopo quella volta, l’albiceleste non aveva più superato i quarti di finale, e soprattutto non aveva più vinto ai rigori dalla semifinale in Italia che rappresenta uno dei ricordi più amari della storia azzurra. Eliminata nel 2006 proprio dai tedeschi, che anche nel 2010 sono stati giustizieri della squadra allora allenata da Diego Armando Maradona. Germania-Argentina è una delle superclassiche dei Mondiali, e sarà per la terza volta l’atto conclusivo della competizione. Nel 1986 il gol di Burruchaga ha regalato il secondo titolo agli argentini, nel 1990 il rigore di Brehme il terzo ai tedeschi.
123. E allora come ora, ai rigori è stato decisivo un “underdog”, un portiere che di certo non era atteso tra i protagonisti del ventesimo Mondiale, e che di nome fa Sergio. Per la precisione, Sergio Romero, numero uno della Sampdoria che raccoglie ufficialmente l’eredità di Sergio Goycoechea, che ventiquattro anni fa salvò l’Argentina ai rigori prima nei quarti di finale contro la Jugoslavia, e poi nella sopra citata semifinale contro l’Italia. Stesso nome di battesimo, stesse prodezze dagli undici metri (la parata su Sneijder è stata a dir poco strepitosa), stessa scarsa considerazione alla vigilia: a Buenos Aires sperano solo che la storia dei Mondiali, così circolare e ricca di ricorsi, non nasconda il presagio di un’altra delusione finale.
124. Romero non deve comunque essersi dimenticato gli anni di scuola: durante i rigori è stato “pizzicato” a sbirciare un foglietto nel quale probabilmente c’erano appuntate le abitudini dei rigoristi olandesi. E chissà se le parate su Vlaar e Sneijder non siano state figlie dello studio, più che dell’istinto. Non è la prima volta che un portiere si aiuta con gli appunti: Jens Lehmann nel 2006 aveva ripassato lo stile dei tiratori argentini proprio nello stile di un compito in classe tra i banchi del liceo.
125. Dopo lo straordinario spettacolo di Belo Horizonte, a San Paolo si è assistito ad una partita bloccata come forse se ne videro, nella storia recente dei Mondiali, solo nel mondiale italiano, e a tratti in quello americano nel quale però il caldo recitò un ruolo ben più preponderante dei tatticismi di quattro anni prima nel frenare le squadre. Louis Van Gaal ha tagliato fuori Leo Messi, che dopo l’opaca prova contro il Belgio, si è giocato il secondo bonus nella strada verso la storia, mai pericoloso e soffocato dalle asfissianti marcature degli oranje. La partita si è rivelata però un paradossale scontro all’ok corral tra il tecnico olandese e Sabella, che ha rinunciato a sua volta ad esporsi al micidiale contropiede olandese. E il disappunto finale di Robben è quello di chi sapeva di poter in fondo fare di più: e invece la sua sarà l’ennesima generazione di fenomeni olandesi incompiuti.
126. Un filo conduttore tra le due finaliste è individuabile anche nell’anima delle rispettive zone di centrocampo. Nella storia vittoria della Germania, è riuscito a spiccare Sami Khedira, che ha giganteggiato dopo un inizio di Mondiale difficile. Nella bloccatissima sfida di San Paolo, a parte i balzi di Romero, l’unico gesto atletico da tramandare ai posteri sarà quello di Mascherano che ha salvato un gol fatto di Robben praticamente allo scadere. Un intervento strepitoso, per scelta di tempo e cuore, ciliegina sulla torta di una prestazione maiuscola.
Rimasugli di Argentina – Belgio 1-0
127. Basta la foto, non servono parole: Marouane Fellaini si è tagliato i capelli! Crolla in borsa l’industria delle parrucche per tifosi: migliaia e migliaia di capi ormai inutilizzabili tra Manchester e Bruxelles.