David Odonkor: too fast to live

di Fabio Belli

Una carriera può consumarsi più veloce di una fuga sulla fascia: ma nel calcio minuti e centimetri sono tutto, e non c’è bisogno di scomodare il discorso di Al Pacino in “Ogni Maledetta Domenica”. David Odonkor, ghanese di nazionalità tedesca, ha vissuto la sua vita nel mondo del calcio all’insegna della velocità estrema, ed ha vissuto le due facce della medaglia della rapidità.

David-OdonkorTroppo veloce per gli avversari, troppo veloce nel consumare la sua esperienza nel mondo del pallone: Odonkor si è ritrovato a giocare una semifinale del campionato del mondo e pochi mesi dopo tra i dilettanti, cercando di recuperare una corsa che non era più quella dei tempi belli. Maledizione dei giocatori che fanno della rapidità il loro cavallo di battaglia, destinati ad un declino precoce una volta perso lo scatto dei vent’anni, che permetteva di rubare le frazioni di secondo decisive agli avversari.

Ma ritrovarsi in un campetto di periferia dopo aver avuto addosso gli occhi di una nazione intera, anzi due, anzi di buona parte del mondo conosciuto che il pallone lo segue con passione, è dura. E’ accaduto in quel luglio del 2006, nella tiepida estate tedesca nel quale gli azzurri restituirono lo sgarbo del Mondiale vinto in casa altrui. Dopo il 1990, arriva il momento dell’epopea dei Grosso, dei Materazzi, dei Pirlo e dei Cannavaro. Di Buffon che para tutto. E quando Fabio Grosso infila quel pallone alle spalle di Jens Lehmann a meno di due minuti dalla fine dei tempi supplementari, il Westfalenstadion di Dortmund e la Germania intera si sente venir meno.

Lo spirito indomito tedesco nel calcio è proverbiale, ma stavolta sembra davvero troppo tardi. L’Italia sfoggia una difesa imbattibile, con Fabio Cannavaro futuro Pallone d’Oro. Ma per una frazione di secondo, gli azzurri tornano a tremare, e i sogni tedeschi di rimaterializzano sulla fascia destra. Odonkor sfrutta la prestanza atletica, e si esibisce in un’accelerazione incredibile. E’ un attimo, simbolo della rapidità con cui si consuma una carriera intera. Poi proprio Cannavaro sbroglierà la situazione, e darà via al leggendario contropiede del 2-0 che spalancherà per l’Italia le porte della finale di Berlino.

“Too fast to live is the stupidest saying i’ve heard in my life”, recita una canzone. Vaglielo a dire ad Odonkor, ad una carriera fatta di attimi abbaglianti vissuti sempre troppo velocemente. Al Betis Siviglia, che da Denilson in poi sembra un palazzo dei sogni infranti, i problemi muscolari lo mettono definitivamente ko, dopo che tra Borussia Dortmund e Mondiali, a 22 anni sembrava in grado di iniziare finalmente la sua carriera, una volta per tutte. Si ritrova tra i dilettanti, poi prova a ripartire dall’Aachen, serie C tedesca. Ma i guai fisici non gli danno tregua, oltre ai muscoli troppo sollecitati dagli scatti, lo tradiscono anche entrambe le ginocchia. E a 29 anni arriva il ritiro, dopo essere finito a giocare in Ucraina, nell’Hoverla. Da una fine ingloriosa e troppo veloce almeno nasce un nuovo inizio, la carriera da allenatore: da vivere stavolta con la maggiore calma possibile.