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#Contromondiali Fabio Belli

#Contromondiale 20: #Olanda, #Brasile, #Cillessen, #Germania, #Argentina, #Messi, #Götze, #Klose, #Rihanna, #Maradona, #GER

di Fabio Belli

Brasile – Olanda 0-3

La "tensione" di Cillessen per gli attacchi del Brasile
La “tensione” di Cillessen per gli attacchi del Brasile

128. La “finalina” per il terzo posto dei Mondiali è una strana bestia: in nessuna altra competizione sportiva il ko in semifinale lascia tanto amaro in bocca, e infatti alla vigilia nessuno sembra voglia giocare quella che appare come un’inutile passerella. Poi invece, in campo la sfida si riaccende, e almeno quella medaglia di bronzo si vuol provare ad afferrarla. Solitamente, chi arriva più scarico perde: accadde in tempi recenti a Bulgaria, Corea del Sud e Portogallo, già paghe della semifinale, è successo anche stavolta al Brasile, ma per motivi opposti. Dopo la più grande umiliazione di sempre per la Selecao, è arrivato un nuovo disastro di fronte agli orange alleggeriti dalla tensione della semifinale, e di nuovo micidiali in contropiede. L’immagine del portiere Cillessen seduto in stile giardini pubblici col supporto del palo, è indice di quel poco che è riuscito a creare il Brasile nelle due partite decisive, quelle che dovevano portarlo sulla strada dell’Hexa.

Trovate Waldo ancora una volta
Trovate Waldo ancora una volta

129. Non è stato “Maracanazo”, ma un’umiliazione ben diversa, che paradossalmente ha solleticato l’orgoglio della torcida, che per il senso del dramma tipicamente sudamericano, digerirà sempre meglio una profonda umiliazione che una sconfitta stile 1950, quando le mani erano già sulla coppa. E così al Maracanà, nonostante i tedeschi avessero inflitto loro la peggior sconfitta della storia, non ci sono stati dubbi. Il “nemico” era e restava l’Argentina, come testimoniato dal tifoso che non ha avuto paura di scatenarsi in mezzo agli “hinchas” dell’albiceleste.

Olanda di nuovo sul podio
Olanda di nuovo sul podio

130. L’Olanda ha piazzato un primato, facendo giocare tutti e 23 i convocati, prima squadra a mettere in atto una soluzione simile ai Mondiali. La squadra di Van Gaal partiva a fari spenti, l’impressione è che forse il bersaglio grosso si poteva afferrare più questa volta che 4 anni fa, quando la Spagna dava una sensazione di superiorità generale difficile da smentire. Ma un secondo e un terzo posto tra 2010 e 2014 dimostrano come la scuola dei Paesi Bassi sia sempre all’avanguardia. Da 40 anni il sogno è però sempre uno, e continua a sfuggire come una saponetta bagnata. Vedremo se dove non sono arrivati Cruijff, Van Basten e Robben, riusciranno finalmente ad arrivare i giovani fenomeni del futuro.

Germania – Argentina 1-0 dts

Deutschland Weltmeister
Deutschland Weltmeister

131. Come avviene ormai da Francia 1998, dire “ha vinto la squadra migliore” è consuetudine della finale. Dopo un secondo e due terzi posti, la Germania conquista il quarto titolo Mondiale, raggiungendo l’Italia e dando finalmente un senso a dodici anni di straordinaria continuità nella competizione. I tedeschi arrivavano in Brasile tra le favoritissime, ma hanno giocato un Mondiale un po’ col freno a mano tirato. Due strepitose prestazioni, contro il Portogallo (favorita però da un arbitraggio oltremodo severo con i lusitani) e soprattutto Brasile, la Partita della Storia di questo Mondiale, e un’eccellente prova contro la Francia. Ma il balbettare già visto contro Ghana ed Algeria si è ripetuto al cospetto degli argentini, in tre diverse occasioni capaci di graziare Neuer a tu per tu. Ha vinto quella che nell’ultimo decennio si è imposta come una scuola capace di arrivare sempre tra le prime quattro tra Mondiali ed Europei, dal 2006 in poi. Mancava la vittoria, ed è arrivata. Facendo cadere anche l’ultimo tabù: mai un’europea aveva vinto nel continente americano.

L'ha decisa Mario Gotze
L’ha decisa Mario Gotze

132. A decidere la partita, Mario Gotze, classe ’92, talento della new wave tedesca quest’anno passato dal Borussia Dortmund al Bayern Monaco, un po’ discontinuo, ma l’unico forse in grado di spezzare l’equilibrio che gli argentini avevano imposto al match. Ha deciso la partita su un assist di Schurrle, anche lui subentrato dalla panchina: segno che chi ha le alternative e le fa valere, spesso mette le mani sul piatto.

Klose ora è a tutti gli effetti una Leggenda
Klose ora è a tutti gli effetti una Leggenda

133. Dopo una stagione opaca nella Lazio, in molti pensavano che Miroslav Klose sarebbe stato un’alternativa di lusso per la Germania del “falso nueve” Muller. Invece il centravanti di origini polacche si è imposto da titolare, con la sua presenza come riferimento in avanti capace di far girare tutta la squadra. E’ arrivato anche il record di gol nei Mondiali, una storia fantastica se ci si pensa. Nel 2002, l’ultima finale giocata e persa dalla Germania, Klose era in campo. Quella partita fu vinta dal Brasile con doppietta di Ronaldo, lanciato a sua volta verso il sorpasso a Gerd Muller. Nel 2014, Klose si prende il primato come marcatore di tutti i tempi del Mondiale segnando il gol del sorpasso in semifinale al Brasile sotto gli occhi di Ronaldo… e in finale, conquista anche la Coppa, chiudendo un cerchio lungo dodici anni.

Messi ha visto sfilare via il treno della storia
Messi ha visto sfilare via il treno della storia

134. Non ci siamo dimenticati naturalmente di uno dei leit-motiv di questa rassegna iridata. Messi vs Maradona, un cavallo di battaglia che è venuto spontaneo cavalcare dopo l’eccellente girone eliminatorio disputato dalla “pulga”. Mai il quattro volte Pallone d’Oro aveva avuto un tale approccio ai Mondiali, e si era pensato che la prospettiva di riportare l’Argentina sul tetto del mondo nella tana del Brasile fosse troppo ghiotta per non sfruttarla. E invece, dopo la giocata ammazza-Svizzera nei supplementari degli ottavi, l’asso del Barcellona si è eclissato, sprecando il match-ball col Belgio, facendosi imbrigliare dalla gabbia di Van Gaal in semifinale, ed infine senza prendere per mano la squadra nell’appuntamento decisivo, con tanto di clamorosa occasione fallita a tu per tu con Neuer. L’occasione irripetibile è perduta: in Russia Messi potrà provare di nuovo, con ogni probabilità, a diventare campione del Mondo, ma difficilmente le porte dell’Olimpo, quello vero, dove solo cinque-sei calciatori sono stati finora ammessi, si apriranno per lui.

I media brasiliani possono vendicarsi
I media brasiliani possono vendicarsi

135. All’Argentina lo “scherzetto” di festeggiare al Maracanà non è riuscito davvero d’un soffio. Le occasioni mancate da Higuain, Messi e soprattutto Palacio agiteranno a lungo i sogni dei tifosi dell’albiceleste. Che si erano presentati dall’inizio dei Mondiali con questo irriverente coro verso i rivali di sempre: «Brasil, decime qué se siente; tener en casa a tu papá. Te juro que aunque pasen los años; nunca nos vamos a olvidar… Que el Diego te gambeteó, que Canni te vacunó; que estás llorando desde Italia hasta hoy. A Messi lo vas a ver, la Copa nos va a traer; Maradona es más grande que Pelé» (traduzione “Brasile, dimmi cosa senti ad avere in casa tuo papà / Ti giuro che anche se passano gli anni, non ci dimenticheremo mai / Che Diego ti ha dribblato, che Canni (Caniggia, ndr) ti ha infilzato, che stai piangendo da Italia ’90 / Ora vedrai Messi, la Coppa ci porterà, Maradona è più grande di Pelè“). Un tormentone che i giornali argentini hanno utilizzato anche dopo l’1-7 in semifinale: ovvio che dopo il gol di Gotze, sia arrivata la vendetta…

A Rihanna piace vincere facile
A Rihanna piace vincere facile

136. A proposito di tifo, cosa avrà mai fatto l’Argentina a Rihanna? In semifinale avevamo segnalato come la popstar si fosse schierata in favore degli olandesi, con un esperimento di photoshop riuscito solo in parte. I colori della bella cantante sono cambiati per la finale: presente al Maracanà, Rihanna ha tifato in maniera sfrenata per la Germania, con tanto di festeggiamenti finali con i giocatori. Difficile capire il perché, sono le stranezze della febbre-Mondiale.

"22 men chase a ball for 90 minutes and at the end, the Germans always win.".
“22 men chase a ball for 90 minutes and at the end, the Germans always win.”.

137. Alla fine comunque, ha vinto questo signore qua. Grazie a tutti voi che avete seguito il “Contromondiale” di Storie Fuorigioco! Appuntamento in Russia, dai che tra 1419 giorni ci risiamo!

 

 

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#Contromondiali Fabio Belli

#Contromondiale 18: #Maraca-Nazi, #Mineirazo, #Brasile, #Germania, #Klose, #BrasileGermania, #BRAGER, #Scolari, #Maracanà

di Fabio Belli

Brasile – Germania 1-7

Scene mai viste sulle tribune del Mineirao
Scene mai viste sulle tribune del Mineirao

117. Tanta carne al fuoco, e non potrebbe essere altrimenti. Peggiore sconfitta nella storia del calcio brasiliano, maggiore scarto nel punteggio tra due semifinaliste (superato il record del 1930, quando entrambe le semifinali terminarono 1-6), record individuale di gol nella storia dei Mondiali. Soprattutto, l’incubo di una nuova umiliazione casalinga che si avvera a 64 anni di distanza dal Maracanazo. Evocato, temuto, un’ossessione per i brasiliani nonostante dopo quella tragedia sportiva siano arrivati cinque titoli mondiali. Tanto che il Brasile esce di scena da un Mondiale in casa atteso ben più di mezzo secolo senza averci mai giocato, al Maracanà: una scelta di calendario impensabile, e forse sarebbe stato meglio togliersi il dente subito, invece di aspettare una vendetta in finale, un eccesso di ottimismo considerando lo spessore tecnico della Selecao di quest’anno. E invece quel Brasile-Uruguay resterà l’ultima partita giocata dai verdeoro in un Mondiale nel tempio del calcio di Rio de Janeiro, e per chissà quanto tempo.

"Noi tedeschi non siamo tutti grandi sorrisi e allegria"
“Noi tedeschi non siamo tutti grandi sorrisi e allegria”

118. Le ironie in rete si sono sprecate, e qualcuno ha sfoderato un irriverente, splendido “Maraca-Nazi”. I tedeschi, sonnacchiosi seppur sempre efficaci per tutto il Mondiale, dopo due pareggi contro Ghana e Algeria e due vittorie di misura contro Stati Uniti e Francia, hanno sprigionato tutta la loro potenza. L’impressione è che dopo il 2-0 di Klose, gli avversari abbiano avuto un tracollo psicologico senza eguali nella storia del calcio, e dunque in vista della finale andranno soppesati gli eccessi d’entusiasmo. Ma i tedeschi sono in finale per l’ottava volta nella loro storia, e la quarta stella potrebbe far cadere un tabù: quella della prima squadra Europea vincente nel continente americano. Se l’avversario sarà l’Olanda sarà storia in ogni caso, altrimenti l’Argentina potrebbe mantenere in piedi un tabù considerato eterno.

Il miglior marcatore di tutti i tempi nella storia dei Mondiali
Il miglior marcatore di tutti i tempi nella storia dei Mondiali

119. Già, parliamo di Miroslav Klose. In questo Mondiale, di fatto, si è visto all’opera il più grande cannoniere di sempre della storia della Coppa del Mondo. Meglio di Pelé, meglio di Gerd Muller, soprattutto meglio di quel Ronaldo quasi in lacrime come commentatore sulla tribuna del Mineirao di Belo Horizonte, non certo per il record passato di mano, ma per la storica umiliazione della Selecao. Un primato del genere che viene tramandato tra le due Nazionali dei due protagonisti, uno sotto gli occhi dell’altro: basterebbe questo per rendere eterna la serata del “Mineirazo”. Ma c’è incredibilmente di più, perché in questo incredibile 1-7 è andato a segno anche colui che potrebbe venire nella linea di successione del record dopo Ronaldo e Klose: Thomas Muller, 24 anni e già dieci gol in Coppa del Mondo: salvo sorprese, difficile pensare che il record prima o poi non finirà nelle sue mani.

Scolari invita Bernard a guardare in faccia la realtà
Scolari invita Bernard a guardare in faccia la realtà

120. Analizzare le cifre tedesche è sicuramente più facile rispetto a quelle brasiliane. Mai la Selecao aveva perso con tale scarto, neanche in amichevole. Averlo fatto in una semifinale in casa è una macchia che accompagnerà i componenti di questa squadra a vita, come avvenne per gli sfortunati protagonisti del 1950. Scolari, finora considerato uno degli attuali “grandi vecchi” degli allenatori nel mondo, si è visto ridicolizzato dagli avversari con azione stile calcetto, che ad un Mondiale non si vedevano dai tempi di Polonia-Haiti 7-0, Jugoslavia-Zaire 9-0 e il record assoluto, Ungheria-El Salvador 10-1. Appunto, Haiti, Zaire, El Salvador: il fatto che a questa allegra combriccola si sia aggiunto il nome della squadra con più titoli mondiali, è al limite del paradosso.

Come i tedeschi hanno preso casa nell'area brasiliana per tutto il primo tempo
Come i tedeschi hanno preso casa nell’area brasiliana per tutto il primo tempo

121. L’assenza di Thiago Silva, il vero fuoriclasse di una difesa nella quale il grintoso David Luiz è stato forse sopravvalutato (oppure è stato lui a giocare un paio di partite al di sopra delle sue possibilità), la scelta di sostituire Neymar con l’idolo di Belo Horizonte Bernard, acerbo e poco propenso alla copertura, sono fattori tecnici che sicuramente pesano. Ma come detto all’inizio, la peggior disfatta del calcio brasiliano e forse mondiale è figlia di un fattore psicologico troppo contrario: arrivati in semifinale, sembrava impossibile ai brasiliani che si materializzassero i fantasmi di 64 anni fa, a meno di perdere la finale all’ultimo minuto contro l’Argentina. Mai stuzzicare gli dèi del calcio, sempre pronti a lasciare senza parole i poveri mortali che pensano di sapere ormai già tutto.

 

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#Contromondiali Fabio Belli

#Contromondiale 16: #Germania, #Hummels, #DavidLuiz, #Zuniga, #BRAvsCOL, #JamesRodriguez, #Locusta, #Neymar

di Fabio Belli

Francia – Germania 0-1

Moderato entusiasmo teutonico
Moderato entusiasmo teutonico

102. Germania, parliamone: per la quarta volta consecutiva tra le prime quattro dei Mondiali, è dal 1954 che i tedeschi figurano ininterrottamente tra le prime otto del mondo. Esatto, da sessanta anni la Germania arriva immancabilmente ai quarti di finale (1962, 1978, 1994, 1998), in semifinale (1958, 1970, 2006, 2010), in finale (1966, 1982, 1986, 2002), oppure si laurea campione (1954, 1974, 1990). Restando alla striscia attuale, è anche vero che dopo un secondo e due terzi posti, a Berlino sognano di tornare ad alzare un trofeo, eventualità che manca paradossalmente da diciotto anni (Euro 1996) e da ventiquattro in Coppa del Mondo. Ma la scuola tedesca, anche più di quella brasiliana, è quella che ha mostrato maggiore continuità in assoluto all’appuntamento Mondiale. E’ affascinante che le porte del Maracanà si spalancheranno dopo un epico scontro diretto.

Ronaldo vs. Klose: come nel 2002, sarà Brasile-Germania. Miro ci sarà, il Fenomeno ha smesso da tempo
Ronaldo vs. Klose: come nel 2002, sarà Brasile-Germania. Miro ci sarà, il Fenomeno ha smesso da tempo

103. Brasile e Germania nella storia dei Mondiali si sono affrontate solo una volta, incredibile se si pensa che si tratta assieme all’Italia delle nazionali più presenti in assoluto nella competizione. Era la finale del 2002 a Yokohama, e di fronte c’erano Ronaldo e Miro Klose: un incrocio mitico, se si pensa che si sono scontrati i due migliori marcatori della storia dei Mondiali. Per Klose l’occasione del sorpasso, dopo l’aggancio avvenuto nel match contro il Ghana, si presenta proprio contro la Selecao. Ma allora i brasiliani vinsero imponendo un tasso tecnico superiore: di sicuro si scontreranno il meglio della scuola europea, tattica ed organizzata fino all’estremo, e quella sudamericana, avvolgente e un po’ incosciente nella ricerca del risultato. Lo si è visto in questi due quarti di finale: una partita a scacchi l’europea Francia-Germania, una carnevale di ripartenze, errori e giocate esotiche Brasile-Colombia.

Hummels, un gol vittoria da manuale del calcio
Hummels, un gol vittoria da manuale del calcio

104. Un pensiero in realtà se lo meriterebbero anche i francesi, che in questo Mondiale alla fine hanno fatto niente di più e niente di meno di ciò che ci si attendeva. Le figuracce del passato sono un ricordo, e la freschezza di Valbuena, Griezmann e la potenza di Benzema restano tra le note positive di questo Mondiale. Ma l’esame di maturità è stato fallito, visto che la squadra di Deschamps è uscita di scena, dopo aver sfruttato un calendario favorevole, al primo avversario di vero, grande spessore. L’eroe dei quarti è stato Mats Hummels: difensore del Borussia Dortmund, può entrare nella lista della spesa solo ed esclusivamente dei top club. Il suo stacco di testa è stato un pezzo di alta scuola, ma meglio ancora è stata la sua prestazione da manuale in difesa. E’ grazie a giocatori così, che spesso lavorano nell’ombra, che si vincono i Mondiali.

Brasile – Colombia 2-1

La locusta in gol con James Rodriguez: primo insetto della storia a segno in un Mondiale
La locusta in gol con James Rodriguez: primo insetto della storia a segno in un Mondiale

105. La squadra più bella di questo Mondiale, con la rivelazione più gustosa, esce di scena di fronte a un Brasile che ha dimostrato di meritare un posto tra le prime quattro come mai aveva fatto nelle partite precedenti. Chi ama il calcio avrebbe voluto che Brasile-Colombia non finisse mai, tanta è stata l’intensità del match, soprattutto nel primo tempo. E quando la cannonata di David Luiz sembrava aver chiuso i conti, il rigore di “Ames” ha tenuto tutti col fiato sospeso fino alla fine. Tanto che in molti hanno avuto una strana sensazione: cos’era quella roba sulla spalla del fenomeno colombiano, dopo il penalty trasformato. I fermo immagine, passata la trance agonistica, ha risolto un mistero: una locusta grande più o meno come un barboncino, il primo insetto ad andare in gol in un Mondiale. Da mettere agli atti.

David Luiz lo dice a tutti: è "Ames" il fenomeno
David Luiz lo dice a tutti: è “Ames” il fenomeno

106. Tornando all’aspetto tecnico, l’eredità lasciata dalla Colombia alla competizione è molto interessante. Pekerman ha messo in campo una squadra rapida, travolgente nei cambi di fronte, tradita solo da una difesa non all’altezza e, probabilmente, dall’assenza di Falcao, con Teofilo Gutierrez volenteroso, ma non all’altezza dell’asso del Monaco. Non è servito neppure avere quello che, Messi permettendo, è stato finora il miglior giocatore del Mondiale. “Ames” Rodriguez a fine partita si è sciolto in lacrime, abbracciato e consolato dal killer della Colombia, David Luiz, che lo ha indicato a tutto lo stadio di Fortaleza, traboccante d’entusiasmo, ricordando a tutti: “Ok, abbiamo vinto, ma questo qui… è un fenomeno.”

Le repliche in scala di Thiago Silva e David Luiz festeggiano gol e vittoria contro la Colombia
Le repliche in scala di Thiago Silva e David Luiz festeggiano gol e vittoria contro la Colombia

107. Solo nel 1994 si era visto un Brasile simile, più forte dalla cintola in giù, che in attacco. Allora le star si chiamavano Aldair, Cafu, Dunga, Branco. Stavolta, la “zaga” composta da Marcelo, David Luiz, Thiago Silva si è completata alla perfezione con l’esperto Maicon, più concreto rispetto alla svagato Dani Alves degli ultimi tempi. Le vere stelle in questo caso sono comunque i due centrali, ed è simbolico che i gol siano arrivati da loro. Su Thiago Silva si è detto tutto, e da tempo. La sua assenza per squalifica peserà come un macigno in semifinale. David Luiz ha forse meno classe nelle chiusure, ma si propone in maniera micidiale palla al piede, e la sua grinta l’ha reso un idolo assoluto della Torcida. La sua punizione del 2-1 è una gemma, ed i cinquanta milioni di euro pagati dal Paris Saint Germain al Chelsea per averlo, sembrano sempre più giustificati. Nel 1994, tanta solidità veniva bilanciata da Romario in attacco. Stavolta, c’era Neymar. C’era, perché…

Il momento incriminato: Zuniga interviene su Neymar
Il momento incriminato: Zuniga interviene su Neymar

108. … perché i corsi e ricorsi della storia spesso sono crudeli. Alla vigilia di Francia-Germania è tornato d’attualità il fallo-killer di Schumacher su Battiston nel 1982, neanche sanzionato dall’arbitro nella semifinale di quell’edizione. Rischia di costare altrettanto caro alla Selecao, e sempre in favore dei tedeschi, la ginocchiata che ha rotto una vertebra (!) a Neymar da parte del colombiano Zuniga. Il Mondiale perde un protagonista, con Neymar che a dispetto della giovane età era riuscito a prendere per mano una squadra come detto sopra equilibrata come non mai, ma senza quel pizzico di “magia” in avanti tipico della Selecao. E l’incubo che il Brasile si porta dietro dall’inizio della competizione, si trasferisce ora al Minerao di Belo Horizonte, martedì prossimo.

Di fronte all'ospedale a Fortaleza, la gente aspetta per Neymar. Non arriveranno buone notizie
Di fronte all’ospedale a Fortaleza, la gente aspetta per Neymar. Non arriveranno buone notizie

109. Eh sì, perché dal 2002 il Brasile non si piazzava tra le prime quattro del mondo, e come detto contro la Colombia la squadra di Scolari ha meritato solo applausi, giocando con classe e personalità, e non con la paura vista in precedenza di chi si sente “condannato” a vincere perché gioca in casa. Ma per il Brasile, la delusione del 1950 è un fantasma che si può quasi sentire e toccare per le strade. E non per niente, l’enorme passione popolare con cui la gente sta seguendo la squadra in questa avventura, trasuda sofferenza di stampo del tutto europeo. Della folle ed entusiastica, spesso un po’ troppo spaccona, atmosfera con cui di solito vengono vissuti i Mondiali in Brasile, è rimasta giusto qualche traccia. La gente “vuole” vincere non tanto per centrare l’Hexha, che prima o poi arriverà: ma l’occasione di vincere in casa e cancellare “quella” partita, il Maracanazo che nessuno neanche più neanche nomina mentre l’obiettivo si avvicina, è irripetibile. La folla radunatasi di fronte all’ospedale che ha sancito il ko definitivo di Neymar, è in questo senso emblematica. Un’ansia che i tifosi della Selecao sperano si trasformi in energia pura, come è già avvenuto negli stadi di tutto il paese nelle precedenti partite, anche nella semifinale contro la Germania da affrontare senza l’asso dell’attacco e Thiago Silva.

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#Contromondiali Fabio Belli

#Contromondiale 06: #Spagnacanazo #Spagna #Cahill #DiegoCosta #Dromedario #Cile #MareaRoja

di Fabio Belli

Australia – Olanda 2-3

E' di Cahill il gol più bello dei Mondiali. Finora.
E’ di Cahill il gol più bello dei Mondiali. Finora.

34. Gioca in America, ha 34 anni ed è un attaccante. Tim Cahill è forse un po’ fuori tempo per finire nei nostri consigli per gli acquisti. Ma il gol più bello dei Mondiali finora è suo: gran botta al volo, traversa e pallone alle spalle di Cilessen. Non è servito all’Australia, ma questo attaccante dei New York Red Bulls già contro il Cile era stato una vera spina nel fianco, prendendole praticamente tutte di testa ed andando in gol. La sua carriera in Europa l’ha già spesa, peraltro per otto stagioni e con ottimo profitto, con l’Everton. E anche se il Mondiale dei “Socceroos” è durato appena cinque giorni tra la prima partita e la seconda, la coppia Cahill-Leckie sarà ricordata a lungo dai tifosi.

Da qualunque parte la si guardi, l'Olanda è sempre uno spettacolo...
Da qualunque parte la si guardi, l’Olanda è sempre uno spettacolo… (Scarlett Hope)

35. “L’AZ Alkmaar non rinuncerà al suo gioco offensivo che gli ha permesso di arrivare all’ultima giornata in testa alla classifica.” Parola di Louis Van Gaal, che dopo le disavventure tra Barcellona e Nazionale (primo giro), si era rimesso in gioco nel piccolo club che stava, a suo di gol e risultati pazzi, mettendo le mani dopo anni sull’Eredivisie, interrompendo lo storico dominio della triade Ajax-PSV-Feyenoord. Ovviamente, l’AZ perse quella partita subendo due gol in contropiede, e il titolo: ma il nostro è un vincente, e Van Gaal riportò il titolo ad Alkmaar, nel suo nuovo laboratorio, nel 2009, rilanciandosi a livello internazionale. Questo per dire che l’Olanda è già a otto gol segnati e tre subiti in due partite, e questa Nazionale Orange sembra altrettanto pazza e spregiudicata rispetto a quell’AZ. Nel calcio di solito vince chi subisce meno, non chi picchia di più. Nel frattempo, i motivi per simpatizzare per un’Olanda così spumeggiante, non mancano dentro e fuori il campo…

Spagna – Cile 0-2

Chissà se uno dei Diego Costa ce l'ha con l'altro...
Chissà se uno dei Diego Costa ce l’ha con l’altro…

36. “Maracanazo” è una parola spagnola, non portoghese. Nonostante si riferisca alla celeberrima disfatta del ’50, il Mondiale perso in casa dal Brasile contro l’Uruguay. Un segno del destino, la scelta di quella parola, traslata oggi alla fine di un ciclo che da tre grandi competizioni (Europeo+Mondiale+Europeo) prevedeva un solo vincitore. Lo “Spagnacanazo” si è consumato proprio al Maracanà, al cospetto di un super-Cile, ma i Campioni del Mondo sono apparsi logori, stremati da una stagione di club che aveva visto le formazioni iberiche dominare in lungo e in largo. A nulla è servito l’innesto di Diego Costa: trapianto rigettato, e il dietrofront dalla Selecao alle Furie Rosse che tanto aveva fatto infuriare la Torcida, si è ritorto contro il bomber ora al Chelsea ed ex Atletico Madrid.

La "Marea Roja" irrompe in sala stampa
La “Marea Roja” irrompe in sala stampa

37. Non si giocava un Mondiale in Sudamerica da Argentina 1978. Una vera anomalia considerando la popolarità del football a quelle latitudini, ma la rinuncia della Colombia del 1986 e l’irruzione sulla scena di Africa ed Asia ha dilatato i tempi. Ora, finalmente, si stanno vedendo tifosi provenienti da tutta l’America Latina, con un calore di cui in parte si era perduta la memoria. E se i messicani hanno tenuto testa ai brasiliani, e i colombiani hanno già dato spettacolo, la “Marea Roja” cilena si è superata nel giorno dello “Spagnacanazo”. Una valanga di entusiasmo che ha raggiunto picchi da leggenda al momento dell’inno cantato a squarciagola sulle tribune del Maracanà, ed ha debordato con il trenino degli “hinchas” cileni in sala stampa, in una invasione di campo imprevedibile per l’organizzazione brasiliana.

Il dromedario Ahmed non sembra avere lo stesso fiuto di polipi e galline.
Il dromedario Ahmed non sembra avere lo stesso fiuto di polipi e galline.

38. Abbiamo già citato il Polpo Paul, che nel 2010 aveva pronosticato tutto il pronosticabile in Sudafrica, e della gallina colombiana che ne emula le gesta. Ma non tutti gli animali sono così precisi: il dromedario Ahmed si sta guadagnando una sinistra fama a suon di pronostici sbagliati. La Spagna ne ha pagato le conseguenze, e su Twitter in molti hanno anticipato la previsione del dromedario come fatale per la squadra di Del Bosque. Curiosamente, per la terza volta negli ultimi quattro Mondiali la squadra Campione in carica esce di scena al primo turno. La Francia nel 2002 e l’Italia nel 2010 erano però state eliminate nella terza ed ultima partita del girone eliminatorio. Dal fischio d’inizio di Spagna-Olanda a quello di Spagna-Cile, il Mondiale delle Furie Rosse è durato due partite e meno di 98 ore: un record difficilmente battibile, soprattutto sui presupposti con cui Iniesta e compagni erano sbarcati in Brasile.

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Fabio Belli Le Finali Mondiali

2010: Spagna-Olanda 1-0 dts. Con Don Andrés fuori da un tunnel lungo cento anni

di Fabio Belli

Il tempo è un narratore formidabile: col passare degli anni, alcuni aspetti delle varie vicende umane passano attraverso una lente deformante che porta a una vera e propria mitizzazione, spesso anche eccessiva, dei fatti. E’ perfettamente normale dunque che le imprese più recenti, anche nel calcio, abbiano bisogno di tempo per essere metabolizzate, e poi valutate secondo il loro giusto peso. Gli appassionati però sapevano benissimo che l’11 luglio del 2010, a Johannesburg, qualcosa nella storia del football sarebbe cambiato in maniera irreversibile.

Dopo decenni di amarezze, Spagna sul tetto del Mondo
Dopo decenni di amarezze, Spagna sul tetto del Mondo

Di fronte a giocarsi infatti il primo Mondiale africano della storia, c’erano due Nazionali abituate ad essere bollate come “eterne perdenti” nelle grandi competizioni nazionali. L’Olanda, a un passo dalla gloria già per due volte, nonostante sia stata capace a più riprese di fare scuola a livello internazionale, non è mai riuscita ad andare oltre una vittoria europea, quando la squadra di Van Basten, Gullit e Rijkaard era al massimo del suo splendore. Ancor peggiori i precedenti di una Spagna, abituata a dominare il calcio mondiale a livello di club sin dalla fine degli anni cinquanta, ma che rispetto agli olandesi non era mai neppure riuscita ad avvicinarsi al trionfo Mondiale. Il massimo, addirittura, fu il piazzamento tra le prime quattro nel ’50, incredibile per una nazione che, divisa da mille campanilismi, forse non si è mai identificata al 100% nella “Roja“, troppo legata al potere centrale di Madrid, ma che vive da un secolo a pane e calcio, senza aver mai avuto una Nazionale davvero vincente.

Che qualcosa stia cambiando lo si era già capito due anni prima, quando all’alba del ciclo vincente del Grande Barcellona di Pep Guardiola, dopo 44 anni le furie rosse hanno rimesso le mani sul titolo europeo. Ma il Mondiale è un’altra cosa, e la Spagna mai è riuscita ad arrivare in finale. A Johannesburg è la prima volta, passando per delle soffertissime partite contro Paraguay e Germania, e persino una sconfitta all’esordio contro la Svizzera. Più deciso è stato il cammino degli orange, trascinati dalle prodezze di un Robben finalmente al 100% fisicamente, e di uno degli eroi del “triplete” dell’Inter, Wesley Sneijder. La vittoria contro il Brasile ha scatenato l’entusiasmo di una Nazione vendicando la sconfitta in semifinale del 1998, e gli osservatori concordano nel valutare come una squadra forte ma non eccezionale, potrebbe arrivare dove neppure Cruijff nel ’74 ed i tulipani milanisti all’alba degli anni ’90 sono mai riusciti ad arrampicarsi: in cima al mondo intero.

La finale dice però da subito che la cifra tecnica degli spagnoli è nettamente superiore, ma l’Olanda di Bert Van Marwijk ha preparato la partita nei più piccoli particolari. Il palleggio di Xavi, Iniesta, Xabi Alonso e Busquets viene soffocato sul nascere dal gioco duro degli olandesi, con un’entrata di Nigel De Jong su Xabi Alonso a gamba alta particolarmente impressionante. Per replicare il modello – Barcellona anche in Nazionale, a Vicente Del Bosque sull’altra panchina manca un Leo Messi (uno dei protagonisti mancati in Sudafrica, naufragato assieme a tutta l’Argentina allenata da Diego Armando Maradona). Pedro e Villa non riescono ad affondare come ci si aspetterebbe, e il destino della partita resta sul filo del rasoio.

La dedica del match winner Iniesta a Dani Jarque
La dedica del match winner Iniesta a Dani Jarque

Anzi, nel secondo tempo, come era prevedibile, è l’Olanda a trovare il contropiede giusto, con Robben lanciato verso Iker Casillas quasi a colpo sicuro. Il tentativo del fenomeno del Bayern Monaco si infrange però clamorosamente contro il portiere in uscita: è il momento in cui il destino decide di cambiare la storia calcistica della Spagna, e di mantenere immutata quella degli olandesi. Anche se comincia a farsi strada l’ipotesi rigori, visto che il risultato non si sblocca neanche ai tempi supplementari. Nei 10′ finali prima dei tiri dal dischetto, le certezze degli orange crollano: la squadra di Van Marwijk resta in dieci per l’espulsione di Heitinga, e al 116′ incassa la rete di “Don Andrés” Iniesta, uno dei migliori centrocampisti di tutti i tempi, penalizzato a livello “pubblicitario” dal suo carattere schivo. Scoppia una festa che per una volta unisce una Nazione dalla Castiglia alla Catalogna: la dedica finale di Iniesta a Dani Jarque, talento dell’Espanyol stroncato da un malore giovanissimo, è la celebrazione di una generazione che è riuscita a portare la Spagna dove neanche i grandissimi di cento anni di storia (e di sconfitte) l’avevano mai trascinata.

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Fabio Belli Le Finali Mondiali

1958: Brasile-Svezia 5-2. E tutto il mondo cantò “Didì, Vavà, Pelé, Garrincha”

di Fabio Belli

La nascita di un mito spesso avviene in circostanze irriconoscibili sul momento. Il “Rasundastadion” di Stoccolma (anzi Solna, nella municipalità della capitale, ma un po’ fuori città) il 29 giugno del 1958 era gremito all’inverosimile, ma gli spettatori ebbero la sensazione di trovarsi di fronte ad un copione già scritto. Troppo forte il Brasile per la Svezia padrona di casa, già soddisfatta di essere arrivata a giocarsi il titolo di fronte al proprio pubblico. Eppure mai più gli svedesi arriveranno così in alto; mai più una squadra sudamericana vincerà il Mondiale in Europa, né una europea vincerà in Sudamerica (bisognerà aspettare i Mondiali in Asia e in Africa per altre affermazioni intercontinentali). Soprattutto, quella fu la vittoria per eccellenza di una squadra che si esauriva in una filastrocca che anche un bambino poteva declamare: Didì, Vavà, Pelé, Garrincha.

Dopo un'attesa iniziata nel 1930, il Brasile mette finalmente le mani nel 1958 sulla Coppa Rimet
Dopo un’attesa iniziata nel 1930, il Brasile mette finalmente le mani nel 1958 sulla Coppa Rimet

Il 1958 per il Brasile doveva essere l’anno della rivincita. La squadra del 1954 non era all’altezza di quella che nel 1950 diede vita al sanguinoso “Maracanazo”, la finale persa in casa, la più grande delusione calcistica di tutti i tempi. Stavolta i verdeoro sono forse ancora più forti, ma il più grande nemico dei brasiliani resta sempre… il Brasile. La Selecao in Svezia sente il peso dei favori del pronostico, e contro l’Inghilterra al primo turno, un pari 0-0 dice quello che il tecnico Vicente Feola in fondo sa già: i brasiliani non sono imbattibili neanche questa volta.

Pelé durante i mondiali in Svezia
Pelé durante i mondiali in Svezia

Serve un elemento di rottura, che nei quarti di finale si palesa in uno splendore fino ad allora sconosciuto. Un ragazzino di diciassette anni e otto mesi di nome Edson Arantes do Nascimiento, ma già chiamato da tutti Pelè. Che contro il Galles, quando l’atroce delusione era già in cottura, toglie le castagne dal fuoco a Feola e a tutta una Nazione. E’ nato il mito, Dìdì-Vavà-Pelé-Garrincha, un suono musicale che il popolo brasiliano ritma con gioia già dalla semifinale spumeggiante, vinta 5-2 contro la Francia del capocannoniere del Mondiale, Just Fontaine.

Ma a tutto questo, gli spettatori del Rasundastadion non pensano. Quante grandi squadre poi hanno mancato la trasformazione in mito. Oltre al “Maracanazo”, il naufragio dell’”Arancycsapat” di quattro anni prima è ancora freschissimo, e così quando Nils Liedholm dopo neanche 3’ buca i guanti di Gilmar, più di qualcuno inizia a pensare all’ennesimo scherzo del destino. Ma come detto, al Rasundastadion ancora non sanno chi sono Didì-Vavà-Pelé-Garrincha. Il primo è la mente della squadra, nel calcio di oggi sarebbe improponibile per lentezza, ma la sua lucidità nel guidare il gioco è forse tutt’ora ineguagliata. Il secondo non aveva qualcosa posseduta dagli altri tre, ovvero la tecnica sopraffina, ma possedeva qualcosa che gli altri non avevano, l’opportunismo fulmineo in area di rigore. Il terzo diventerà il più importante calciatore del mondo proprio quel giorno, ed il quarto era e resterà il più grande dribblatore della storia, che in Vavà aveva già il terminale perfetto per i suoi assist.

Ma tutto questo, gli spettatori del Rasundastadion ancora non lo sanno: e non lo sanno neppure quando al 9’ Vavà ha già pareggiato i conti. Cominciano ad intuirlo quando la solita asse Garrincha-Vavà poco dopo la mezz’ora firma il sorpasso. La certezza arriva quando in apertura di ripresa Pelé realizza uno dei più strabilianti gol della storia dei Mondiali. Stop di petto in anticipo su Gustavsson, rimbalzo e pallonetto a scavalcare Axbom e poi sfera scagliata in rete. La prima perla di assoluta purezza della “perla nera”. La partita finisce 5-2 con gol finale proprio di Pelè, e Didì-Vavà-Pelé-Garrincha passa da hit brasiliana a mondale nel giro dei cinque giorni trascorsi tra la semifinale e la finale. Oggi il Rasundastadion neanche esiste più: il mito invece, una volta nato, è destinato a durare per sempre.

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Andrea Rapino Le Finali Mondiali

1950: Uruguay-Brasile 2-1. Campioni del Mondo senza cerimonia

di Andrea Rapino

Non fu una finale vera e propria, anche se all’atto pratico fu una finalissima a tutti gli effetti. Il titolo Mondiale del 1950 non venne infatti assegnato con una partita secca, ma con un torneo conclusivo tra le quattro squadre che avevano vinto i rispettivi gironi della prima fase. Per una serie di coincidenze quel Brasile-Uruguay divenne una sfida con tutti i crismi dello scontro finale, perché le due squadre si trovarono ad affrontarsi nella partita conclusiva nel girone finale prima e seconda in classifica, separate da un punto appena. La formula singolare non deve meravigliare più di tanto: all’epoca non era affatto inusuale, e fin dagli anni ’20 in Italia è così che si svolgono molti spareggi, come ad esempio quelli per la promozione in Serie B o per il passaggio dai tornei regionali alla Serie C.

L'Uruguay schierato in campo prima del "Maracanazo"
L’Uruguay schierato in campo prima del “Maracanazo”

Nel girone finale del primo Mondiale ospitato in casa il Brasile ha sbaragliato la Svezia 7-1 e la Spagna 6-1. Meno travolgente è stato l’Uruguay del commissario tecnico Juan Lòpez Fontana, l’unico che continua a preferire il metodo al sistema: ha pareggiato con la Roja 2-2 e superato di misura gli scandinavi 3-2. Ai verdeoro basta perciò un pareggio per alzare la Coppa Rimet: hanno i favori del pronostico e sete di gloria dopo le partecipazioni ai tornei iridati di Italia e Francia con formazioni che non rappresentavano l’eccellenza del futebol brasileiro.

Obdulio Varela
Obdulio Varela

L’1-0 segnato da Albino Friaça in avvio di secondo tempo fa sentire praticamente la vittoria in tasca alla folla che gremisce il Maracanã: sugli spalti si stimano tra i 160 e i 200mila. In pochi minuti però il destino della quarta Coppa del Mondo viene stravolto: a metà ripresa arriva il pareggio di Juan Alberto Schiaffino, futuro milanista che in rossonero si fregerà di tre scudetti. A completare l’opera pensa Alcides Edgardo Ghiggia, anch’egli atteso dall’italianizzazione per vestire le maglie di Roma e Milan: sigla il 2-1 a dieci minuti dal termine. Una rete che ricorderà dicendo che “solo tre persone sono riuscite a zittire il Maracanã: Frank Sinatra, Papa Giovanni Paolo II e io”. Il gol di Ghiggia porta in testa al girone finale la Celeste: dopo vent’anni, e due partecipazioni mancate per motivi “politici”, l’Uruguay si riprende il trofeo più ambito. Per il Brasile è un dramma: una nazione si chiude in un lutto inconsolabile, tanto che la leggenda vuole che centinaia di tifosi sull’onda della disperazione scelgano la strada del suicidio!

In questo clima, i responsabili del comitato organizzatore non sono da meno. Afflitti, quasi in catalessi, non consegnano la coppa. La banda musicale viene meno al protocollo che prevede di intonare l’inno nazionale dei vincitori. Jules Rimet, ideatore della manifestazione, come racconta lui stesso, si ritrova con il trofeo tra le mani, fra i giocatori brasiliani in lacrime, senza sapere cosa fare. Tra l’imbarazzo e l’incertezza, il francese nota per caso vicino a lui il capitano uruguaiano Obdulio Jacinto Muiños Varela: ruvido e combattivo centromediano che in patria è il leader del Peñarol, e che nel 1930 era un ragazzino di tredici anni che vendeva giornali in strada e non aveva ancora iniziato a giocare a calcio. Rimet gli stringe la mano e gli affida la coppa senza neanche una frase di circostanza: il riconoscimento più importante del Mondo viene consegnato come il premio di consolazione di un qualsiasi torneo amatoriale.

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Calciatori Fabio Belli Nazionali

Obdulio Varela, il vero artefice del “Maracanazo”

di Fabio Belli

16 Luglio 1950: la nazionale dell’Uruguay ed i suoi campioni si trovano di fronte alla loro più difficile sfida professionale di sempre: giocarsi un Mondiale al Maracanà contro il Brasile padrone di casa, che anche con un pareggio sarebbe campione. Si tratta infatti dell’unica edizione nella storia in cui il titolo iridato verrà assegnato al termine di un girone a quattro, e non in una finale secca. Con Spagna e Svezia ormai fuorigioco, i verdeoro si presentano all’incontro decisivo con un punto di vantaggio sulla celeste, e con la strabordante potenza di un fattore campo mai così influente, con quattrocentomila mani pronte ad allungarsi sulla Coppa Rimet dalla tribuna del Maracanà.

La Rimet è l’ossessione dei brasiliani: negli anni ’30 è sfuggita per la fatica delle trasferte intercontinentali e le scelte cervellotiche da parte degli allenatori, e così il “futbol bailado” non ha mai ottenuto quel riconoscimento su scala planetaria che in Brasile sentono proprio per diritto naturale. Ma non hanno fatto i conti con la personalità dell’Uruguay, ed in particolare di Obdulio Varela, il capitano che a Montevideo tutti chiamano solo con il nome di battesimo, tale è il suo carisma e la sua fama.

Obdulio è ben consapevole della “trappola” nella quale lui e i suoi compagni di squadra stanno per andarsi ad infilare. Il peso politico, tecnico ed ambientale del Brasile nell’occasione è in grado di schiacciare i talenti pur cristallini dei vari Schiaffino, Ghiggia, Omar Miguez, del portiere Maspoli. Ed allora l’opera psicologica di Obdulio inizia da ben prima del fischio d’inizio. Negli spogliatoio Schubert Gambetta, mediano con compiti di marcatura stretta sugli assi offensivi brasiliani, si passa nervosamente le dita sui curati baffetti stile anni ’50. Obdulio si avvicina e con voce risoluta pronuncia: “Tu dovrai marcare Chico. Se gli fai toccare anche un solo pallone, poi dovrai vedertela con me di persona.” Per poi esplodere in una risata liberatoria. La fiducia del capitano è massima, e Gambetta finirà con l’addormentarsi mezz’ora prima della partita, pieno di tranquillità.

In realtà tutti i compagni di squadra sono stati catechizzati da Obdulio, per scaricare la tremenda pressione psicologica prima della partita: Omar Miguez, rapidissimo incursore della celeste, ricorda che i calciatori uruguaiani erano talmente sicuri dei propri mezzi, quel giorno, che il Brasile non aveva scampo: “Non temevamo nè Dio, nè demonio. Se Maspoli avesse giocato centravanti, avrebbe realizzato una doppietta; e io da portiere avrei parato due rigori.” Merito dell’opera di convincimento di Obdulio, che ovviamente non si limitò al prepartita, ma proseguì nella bolgia del Maracanà.

Quando Friaca portò in vantaggio il Brasile, in apertura di secondo tempo, Obdulio raccolse di peso il pallone in fondo al sacco, e corse verso l’arbitro, l’inglese Reader, protestando veementemente: la rete era in realtà assolutamente regolare, ma con questo comportamento Varela sapeva di tenere in apprensione pubblico ed avversari, ghiacciandone l’entusiasmo. In realtà in quel momento Obdulio ha capito che la pressione è in realtà tutta sulle spalle dei brasiliani, e che i suoi compagni di squadra possono spadroneggiare in contropiede contro gli avversari tutti protesi in avanti, spinti da un pubblico indiavolato. Omar Miguez nel primo tempo aveva già colto un clamoroso palo a portiere battuto, e così quando Schiaffino e Ghiggia ribaltano il risultato, al di là dello shock degli spettatori brasiliani, è un copione già scritto quello che sta andando in scena.

E’ quello che passerà alla storia come il “Maracanazo“, la più cocente sconfitta del calcio e forse dello sport brasiliano di tutti i tempi. Quando Reader fischia la fine, solo Gambetta se ne accorge: su un cross brasiliano teso in area, prende il pallone tra le braccia e se lo porta al petto. I tifosi del Maracanà trattengono il respiro per un attimo, poi iniziano a sciogliersi in lacrime, mentre i pochissimi sostenitori dell’Uruguay invadono il campo bandiere al collo. Obdulio osserva soddisfatto il suo capolavoro, ma non prima dell’ultimo colpo di genio. Il pallone della finale scompare, e l’arbitro negli spogliatoi lo reclama come souvenir: Varela gliene sottopone tre, Reader sceglie quello più consumato. E così la vittoria dell’Uruguay diventa totale: il prezioso cimelio finirà infatti a Montevideo