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#Contromondiali Fabio Belli

#Contromondiale 11: #Italia, #Morso, #Rimorso, #Suarez, #Dimissioni, #Grecia, #Samaras, #Mondragon, #Selfie

di Fabio Belli

Italia – Uruguay 0-1

Le nuove frontiere del cibo italiano
Le nuove frontiere del cibo italiano

66. Abbiamo già parlato di quanto i deja vu siano frequenti nei Mondiali. L’Italia si ritrova coinvolta in un’eliminazione tra grandi controversie arbitrali, come già avvenuto nel 1962 e nel 2002, quando un arbitro chiamato Moreno, così come in questo caso, scatenò l’ira dei tifosi azzurri. Il Moreno attuale è messicano e soprannominato Dracula, con il centravanti della squadra avversaria, Suarez, famoso per avere il “vizietto” di mordere gli avversari. Possibile che ci ricaschi con Dracula al fischietto? E soprattutto che Dracula non se ne accorga? Ovviamente sì: e il morso di Suarez a Chiellini rischia di diventare (anzi, forse già lo è) un cult alla pari della testata di Zidane a Materazzi nel 2006. In quel caso Horacio Elizondo non fece finta di non vedere, stavolta Dracula-Moreno sì: e questo è costato a lui le prossime partite del Mondiale, a Suarez una probabile, lunga squalifica, e all’Italia l’eliminazione. In una sorta di circolo inesauribile della storia mondiale azzurra.

Le eliminazioni dell'Italia ai Mondiali nel 1954 e nel 2014, trattate con enfasi differente dalla stampa
Le eliminazioni dell’Italia ai Mondiali nel 1954 e nel 2014, trattate con enfasi differente dalla stampa

 

67. Insomma, ce ne sarà di chi parlare a lungo, ma l’aspetto tecnico del match contro l’Uruguay non è scivolato in secondo piano. Anche e soprattutto perché l’espulsione (ingiustificabile errore, va detto) di Marchisio ha accelerato una deriva del match che, dopo un primo tempo di buon contenimento, aveva portato l’Italia ad arretrare paurosamente il baricentro dopo l’espulsione del nervoso, instabile ma probabilmente indispensabile (sì, qui andiamo controcorrente) Balotelli. Una scelta difensiva implosa quando qualcosa è andato storto, e non è un caso che invece di gridare all’ingiustizia (come avvenne nel 2002), i media italiani si siano scatenati contro il non-gioco espresso dagli azzurri dopo due anni di preparazione ed una finale europea. A parte qualche sprazzo contro l’Inghilterra peggiore dagli anni ’70, contro Costa Rica ed Uruguay i tiri in porta si sono contati sulle dita di una mano. A sessant’anni di distanza, si può comunque ammirare come sia cambiato il modo di reagire da parte dei giornali italiani ad un’eliminazione dell’Italia ai Mondiali.

"Prandelli, stai sereno".
“Prandelli, stai sereno”.

68. E parte la solita sequela del tutti contro tutti: Prandelli attacca la stampa, Abete se la prende col sistema, Marchisio con Suarez, Verratti con l’arbitro e tutti, ma proprio tutti, con Balotelli. Da Bearzot a Vicini a Sacchi, da Zoff a Trapattoni a Lippi, il rito delle dimissioni in Italia fa sempre scalpore, forse perché inusuale. Di sicuro ci troviamo ad un punto che ha riportato il calcio italiano indietro di circa 50 anni: dopo lo scandalo di Cile ’62, arrivò il diluvio Corea del Nord a svegliare un football azzurro addormentato (ma che allora già dominava con le milanesi a livello internazionale di club). Due eliminazioni al primo turno che tornano clamorosamente d’attualità, ora che dopo un’edizione del 2010 giocata colpevolmente (e lo si capisce ora) con la pancia piena e senza stimoli, si torna di nuovo a casa. Via Prandelli, via Abete, la Nazionale ha bisogno però di protagonisti veri anche in campo: perché il sistema-calcio italiano sarà in crisi profonda e non si può negare, ma paesi come la Costa Rica e lo stesso Uruguay, non si può dire che raggiungano risultati superiori ai nostri con investimenti finanziari maggiori e politiche più lungimiranti. Lavorare bene, alla lunga, paga più che lavorare tanto, al di là dei luoghi comuni.

Costa Rica – Inghilterra 0-0

I giornali inglesi i più severi nei confronti di Suarez
I giornali inglesi i più severi nei confronti di Suarez

69. Partita che aveva poco da dire: i “Ticos” hanno dimostrato una volta di più di meritare la qualificazione e il primo posto, gestendo il pari che serviva loro per chiudere in testa. Inghilterra senza stimoli, tanto che i giornali inglesi hanno preferito concentrarsi sul caso-Suarez, stella della Premier League. E in barba agli interessi del Liverpool, la stampa britannica c’è andata giù pesante, con titoli del tipo “squalificate questo mostro”. Con due morsi e una squalifica per razzismo già alle spalle, Suarez (che si era affidato anche a uno psicologo per evitare di cadere di nuovo in questo tipo di comportamenti) potrebbe andare incontro ad una squalifica a tempo che coinvolgerebbe anche i Reds.

Giappone – Colombia 1-4

Faryd (nelle figurine italianizzato in "Fabio") Camilo Mondragòn, recordman dei Mondiali a 43 anni, ai tempi di USA '94
Faryd Camilo Mondragòn, recordman dei Mondiali a 43 anni, ai tempi di USA ’94

70. Se non ci fosse Suarez, la storia del giorno sarebbe sicuramente la sua: Faryd Mondragòn, classe ’71, a fine partita si è piazzato tra i pali della Colombia ed è diventato il giocatore più anziano della storia dei Mondiali. A 43 anni, c’era già ad USA ’94, ed è allla sua terza Coppa del Mondo solo perché la Colombia era assente dalla rassegna dal ’98. Un momento emozionante, in parte rovinato dalla FIFA che non ha permesso al numero uno il giro di campo finale in compagnia dei figlioletti.

Grecia – Costa D’Avorio 2-1

71. Il collegamento tra Grecia ed Epica è sin troppo facile, ma da dieci anni a questa parte la Nazionale ellenica, a fronte di risorse decisamente limitate, sta riuscendo ad ottenere risultati incredibili. E soprattutto a sovvertire situazioni sulla carta irrimediabili. L’impresa di Euro 2004 è agli atti e nella storia, ma anche due anni fa negli Europei in Polonia e in Ucraina, si guadagnarono un quarto di finale contro la Germania quando l’eliminazione sembrava inevitabile. Stesso copione stavolta: dopo il rovescio iniziale contro la Colombia e lo scialbo pari contro i giapponesi, chi si aspettava la coppia Samaris-Samaras (a proposito: con il messicano Ochoa è il secondo svincolato decisivo a Brasile 2014, dov’è l’errore?) agli ottavi? E contro la Costa Rica, poi: comunque vada, tra le prime otto del Mondiale ci sarà una prima volta assoluta ed inaspettata.

Rimasugli di Croazia – Messico 1-3

72. Non ce ne vogliano Bradley Cooper, Ellen DeGeneres e le stelle degli Oscar, ma a nostro avviso il “selfie” dell’anno è questo. Que viva Mexico, Que viva Héctor Herrera!

Hector Herrera re dei "selfie"
Héctor Herrera re dei “selfie”
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#Contromondiali Fabio Belli

#Contromondiale 04: #Pepe, #Testata, #Müller, #Mehrdad, #GolVeloce, #USA, #CR7, #Messi, #Beckerman #Stoke

di Fabio Belli

Argentina – Bosnia 2-1

Messi si è presentato al Maracanà con un capolavoro
Messi si è presentato al Maracanà con un capolavoro

20. Che sia un segno del destino? Nei precedenti due Mondiali disputati, Messi aveva finora realizzato solamente un gol. La partita contro la Bosnia in verità è stata abbastanza pigra per il fenomeno argentino, ma il gol del momentaneo 2-0 è stato un autentico capolavoro, probabilmente con quello di Van Persie, il più bello della competizione fino a questo momento. E per di più, segnato al Maracanà, dove gli “hinchas” argentini si sono riversati in massa, facendo sentire praticamente a casa l’albiceleste. Leo sa che questa del Mondiale brasiliano è la montagna che deve scalare per entrare nella storia, e soprattutto vincere l’eterno confronto con un certo Diego Armando Maradona. Il primo passo, in barba agli scettici, è stato compiuto.

Germania – Portogallo 4-0

La testata di Pepe a Muller in versione Lego
La testata di Pepe a Muller in versione Lego

21. All’elenco delle “testate famose” si aggiunge quella di Pepe a Thomas Müller. Tutt’altro fascino, e soprattutto tutt’altra potenza rispetto alla testata per eccellenza, quella rifilata da Zinedine Zidane a Marco Materazzi nella finale del 2006. Ma tant’é: è bastata l’intenzione, ed il gesto ha fatto già il giro del mondo, tanto da meritarsi già una rappresentazione con i celeberrimi mattoncini lego. Il colpo non ha di certo influito sulle capacità di Müller, che ha realizzato la prima tripletta di Brasile 2014.

La stampa portoghese non usa giri di parole
La stampa portoghese non usa giri di parole

22. A onor del vero, la testata di Pepe ha scatenato una serie di polemiche sull’arbitraggio del serbo Milorad Mazic, inflessibile con i lusitani e con Pepe, che aveva appoggiato la sua testa su quella di Müller per invitarlo a rialzarsi per una presunta simulazione, e prima ancora nell’assegnare un rigore piuttosto dubbio ai tedeschi. La reazione della stampa portoghese non ha però alimentato le polemiche, ed anzi ha enfatizzato la delusione per la prestazione di Cristiano Ronaldo e compagni. Il primo confronto a distanza con Messi per CR7 è stato impietoso, e i dubbi sulla sua precaria condizione fisica, dopo una stagione massacrante con il Real Madrid, si moltiplicano.

Iran – Nigeria 0-0

Mehrdad: nome profano, cuore da poeta
Mehrdad: nome profano, cuore da poeta

23. E’ stato necessario attendere la tredicesima partita ed il quinto giorno dei campionati del mondo per assistere a un pareggio, per giunta a reti bianche. In una competizione inizialmente spettacolare come non mai, una mosca bianca. Il gioco difensivo dei persiani ha pagato (37% di possesso palla contro il 63% nigeriano), ma a rischiare tantissimo sono stati gli africani su palla inattiva. A rubare la scena in Italia, per la curiosa assonanza del cognome, è stato Mehrdad Pouladi. La sua dichiarazione premondiale è stata, poeticamente: “Il calcio è fatto per essere amato da me e mi ricambia con uguale spinta”. Per la serie, dai diamanti non nasce niente, da Mehrdad nascono i fior…

Ghana – Stati Uniti 1-2

Prima del gol di Dempsey al Ghana, la classifica delle reti più veloci di tutti i tempi ai Mondiali
Prima del gol di Dempsey al Ghana, la classifica delle reti più veloci di tutti i tempi ai Mondiali

24. Clint Dempsey segna al 28”: è il gol più veloce di questi Mondiali, come è facile immaginare, ed il quinto in assoluto più rapido in 84 anni di competizione. Il più veloce resta Hakan Sukur, in gol dopo 11” nella finale per il terzo posto del Mondiale 2002. Nella tabella dei gol-lampo dei Mondiali, Dempsey affianca Bryan Robson.

A Chicago la folla attende Ghana-Stati Uniti
A Chicago la folla attende Ghana-Stati Uniti

25. Del crescente interesse per il calcio negli USA si parla ormai da circa quarant’anni, e non sempre con cognizione di causa. I primi caroselli risalgono al mondiale nippocoreano del 2002, nel quale gli yankee raggiunsero il miglior risultato dell’era moderna e per valore assoluto, considerando “sperimentale” l’edizione del 1930: i quarti di finale. I ragazzi del soccer non sono comunque più un passatempo per

Il più grande americano dai tempi di Abrahm Lincoln?
Il più grande americano dai tempi di Abrahm Lincoln?

eccentrici: a Chicago e nelle maggiori città, il rito di ritrovarsi per seguire la partita in pubblico, all’europea, prende sempre più piede. Entusiasmo dimostrato anche da come la pagina dedicata al match winner contro il Ghana, John Anthony Brooks Jr., è stata modificata dai supporters USA su Wikipedia.

Beckerman, stella del team USA
Beckerman, stella del team USA

26. I nostri consigli per gli acquisti continuano con un centrocampista a dir poco pugnace. Kyle Beckerman colpisce per il look, con i lunghi dreadlocks che gli ballonzolano sulla schiena e volano in aria ad ogni tackle. Ma oltre alle treccine c’è di più: sulle orme di Alexi Lalas, già noto al pubblico italiano per il suo passaggio al Padova, la vera passione di Beckerman sono la musica (non si separa mai dalla sua chitarra, portata anche come bagaglio ai Mondiali) ed i viaggi, ma rispetto al difensore degli anni ’90, la sua sostanza calcistica è ben più tangibile. Dominatore della zona mediana, è al massimo della maturità professionale, come dimostra il suo ormai eccellente senso della posizione. Unica perplessità con l’età: a trentadue anni non può essere considerato un investimento a lungo termine, ma i club che fossero interessati ad un acquisto già pronto e maturo, farebbero bene a bussare alla porta della sua squadra, il Real Salt Lake, nello Utah.

Verso Russia 2018

Dopo Qatar 2022, ci saranno Inferno 2034 e Stoke 2038?
Dopo Qatar 2022, ci saranno Inferno 2034 e Stoke 2038?

27. Il tweet del giorno è quello di un certo “Jon”, che ironizzando sulle scelte recenti delle sedi Mondiali da parte del massimo organismo calcistico internazionale, si è guadagnato oltre 2000 retweet ipotizzando: “Se la FIFA continua di questo passo, ci saranno: Russia 2018, Qatar 2022, Iran 2026, Corea del Nord 2030, Inferno 2034 e Stoke 2038”. Chissà se i cittadini di Stoke-on-Trent, e di conseguenza i tifosi del City, l’hanno presa a ridere.

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Fabio Belli Le Finali Mondiali

2006: Italia-Francia 6-4 dcr. Il colpo di testa che cambiò un copione già scritto

di Fabio Belli

Durante la lunga rassegna Mondiale con i racconti delle finali, abbiamo già parlato degli incroci del destino che spesso, davvero per un soffio, non hanno provocato sorprese epocali. Il binario della Coppa del Mondo è sempre sembrato predefinito, come guidato dalla mano invisibile della storia. Se il tiro di Hurst nel ’66 è finito dentro, e quello di Rensenbrink nel ’78 fuori, dopo aver colpito un legno a portiere battuto, non sembra un casualità. La Francia nel ’98 prima della finale sarebbe potuta uscire di scena, per un nulla, nei tre turni precedenti ad eliminazione diretta. Eppure alla fine tutto è andato così come si pensava dovesse andare. Nel 2006 invece, la finale ha scritto un copione completamente diverso da quello che gli Dei del calcio sembravano aver preparato.

Cannavaro alza la Coppa nella notte di Berlino
Cannavaro alza la Coppa nella notte di Berlino

L’edizione tedesca, stavolta in una Germania unita, come non era accaduto nel ’74, sembrava essere diventata la passerella d’addio perfetta per un grande campione della storia del calcio: Zinedine Zidane. Che dopo il trionfo del ’98, aveva preannunciato il suo ritiro alla fine del suo terzo ed ultimo Mondiale. Giocato divinamente, non appena i ritmi si erano alzati. Partita super contro la Spagna negli ottavi, addirittura leggendaria nei quarti contro il Brasile, fuori dalla finale dopo sedici anni, perfetta contro il Portogallo, per la seconda volta nella sua storia tra le semifinaliste. Mai nell’ultimo quadriennio Zizou aveva giocato così: dopo la Champions League conquistata con il Real Madrid nel 2002, la sua carriera aveva preso un lento declino, ma nell’ultimo grande appuntamento si era ridestato dal suo sonno. E aveva svegliato tutta una squadra impigrita, che fino alla partita contro il Togo aveva rischiato di nuovo l’eliminazione al primo turno, come nel 2002.

Dall’altra parte, un’Italia che a sua volta sembrava seguire lo spartito del 1970 e del 1994: partenza in sordina (stavolta era stato il ciclone “Calciopoli“, costato addirittura la retrocessione in B alla Juventus, a sconvolgere la vigilia azzurra), e poi crescendo culminato con una grande impresa in semifinale. La vittoria in casa dei tedeschi a Dortmund: Germania che proprio dal 1970 sconta un complesso quarantennale verso gli azzurri, nel quale i gol di Grosso e Del Piero alla fine dei tempi supplementari ricoprono un ruolo di primo piano. L’Italia in realtà porta ai Mondiali una generazione che, dopo aver mancato clamorosamente i Mondiali di quattro anni prima, ha l’ultima occasione per lasciare un segno tangibile nella storia del calcio. I Buffon, Nesta, CannavaroTotti, Del Piero, Filippo Inzaghi, Toni, di cui per anni si è detto meraviglie, senza che ne conseguisse un trionfo tangibile per la Nazionale. Il materiale per vincere c’è, ma come spesso avviene per i colori azzurri, tra il dire e il fare le variabili sono molte.

Nesta infatti si infortuna per l’ennesima volta in Nazionale; Totti è reduce da un grave incidente che per un soffio non gliel’ha proprio fatto saltare il Mondiale. Del Piero e Inzaghi parono dalle retrovie, e Toni, dopo anni passati a segnare a valanga con Palermo e Fiorentina, non trova il gol, un po’ alla Paolo Rossi. E la doppietta contro l’Ucraina resterà un pezzo unico. Attorno ad un Fabio Cannavaro da leggenda, che a fine stagione sarà anche insignito del Pallone d’Oro, emergono però dei protagonisti inattesi. Fabio Grosso, che con una discesa pazzesca rimedia il rigore-risolutore contro l’Australia negli ottavi, e segna il gol che fa crollare le certezze tedesche e zittisce gli 80.000 del Westfalenstadion di Dortmund. E Marco Materazzi, che di Nesta prende il posto contro la Repubblica Ceca, e che giocherà un Mondiale al di sopra di ogni previsione.

Complice anche la stanchezza per i supplementari contro i tedeschi, la finale è più a tintebleus” che azzurre. Zidane mette subito la sua firma trasformando alla “Panenka” un rigore che per poco non finisce però al di qua della linea. Nel primo tempo però l’Italia reagisce dimostrandosi squadra vera. Prima Marco Materazzi sale altissimo, e di testa pareggia. Quindi Toni timbra la traversa. La squadra di Domenech accorcia le distanze tra i reparti, e le secondo tempo, dopo la fiammata di un gol annullato a Toni, c’è un crescendo francese che culmina in una parata che ha dell’incredibile di Buffon su un’inzuccata formidabile di Zidane.

La testata di Zidane a Materazzi
La testata di Zidane a Materazzi

Sembra davvero tutto scritto: dopo la grande festa in semifinale, l’Italia sembra andare incontro verso l’ennesima delusione, soprattutto perché all’orizzonte ci sono quei rigori che hanno visto gli azzurri sempre sconfitti negli ultimi 26 anni, fatta eccezione per l’Europeo del 2000. E’ invece un colpo di testa di Zidane a cambiare la storia: ma non quello sventato miracolosamente da Buffon, ma quello rifilato a Materazzi, sempre lui, per un’offesa che porta improvvisamente la finale dei Mondiali in uno scenario di partitella tra ragazzini di 10 anni in periferia. Accade anche questo, e il re del calcio di quella fase storica del Football, esce di scena come non avrebbe fatto forse nemmeno con gli amichetti in Algeria nella prima infanzia.

La storia cambia in quel momento, per un colpo di testa che non va a segno, ed un altro che colpisce un bersaglio illecito, il petto di Materazzi, in Mondovisione. Guai a stuzzicare il destino: senza il suo leader in campo, la spinta della Francia si spegne. Si va ai rigori, dove accade qualcosa di mai visto: gli azzurri ne segnano cinque su cinque (ovviamente tirano anche Materazzi e Grosso, gli uomini del destino), la Francia sbaglia con Trezeguet e gli Champs Élysées gremiti durante la partita si svuotano in un lampo. Un trauma, anche per il presidente della FIFA Blatter che preferisce restare a consolare Zidane nello spogliatoio, invece di premiare gli azzurri. Segno che il copione scritto era un altro: ma per fortuna delle milioni di persone che affollano le piazze italiane per tutta la notte, in un revival speciale ed inatteso di Spagna ’82, il calcio ogni tanto ama anche improvvisare.

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Allenatori Fabio Belli

Clough, Benitez e Moyes: se non uccidi il mito, il mito uccide te

di Fabio Belli

Nei corridoi delle sedi delle più prestigiose società calcistiche del mondo, ci sono le foto sui muri. Scatti dei trionfi più belli, dei momenti che hanno fatto la storia, che certe volte sembra quasi riprendano vita sulle pareti. Sembra, certe volte: perchè altre volte è proprio così, il mito fagocita tutto quello che viene dopo di lui, e non c’è terreno più impervio dove costruire le mura di un solido futuro, che quello costituito dalle rovine di un glorioso passato.

David Moyes Manchester UnitedDei quarantaquattro giorni di Brian Clough al Leeds United, nella parte iniziale della stagione 1974/75, si è scritto di tutto è di più. Dal libro al film dedicati al ‘Maledetto United‘, ai racconti di quando Billy Bremner ha messo in scena una scazzottata con Kevin Keegan, nel bel mezzo del Charity Shield a Wembley contro il Liverpool. Si dice che mai crisi di rigetto nel calcio fu così violenta di quella causata dal connubio Clough-Leeds. Di sicuro se ne conosce il motivo, con i senatori della squadra più vincente d’Inghilterra all’alba degli anni ’70, ovvero gli ‘scoto’ Bremner, Lorimer e Jordan, assieme all’irlandese Johnny Giles, che reagirono malissimo a come ‘Cloughie’ aveva tirato giù dal piedistallo Don Revie. Ovvero il padre di quella squadra, al quale i suoi figliocci giurarono fedeltà eterna fino a cannibalizzare il suo successore.

Se con un altro approccio, Clough avrebbe avuto vita più facile allo United, non è dato sapere. Di sicuro, quella squadra nella stessa stagione, dopo il cambio in panchina, raggiunse la finalissima della Coppa dei Campioni, trofeo che Clough stesso vinse due volte negli anni successivi alla guida del Nottingham Forest. Segno che né da una parte né dall’altra mancava il valore, e che i problemi erano squisitamente ambientali. Che questa storia abbia ben poco insegnato al mondo del calcio del futuro, lo si può evincere da alcuni recenti episodi. Come l’avventura di Rafa Benitez all’Inter: il tecnico spagnolo che ha avuto il merito di rianimare un altro mito, quello del Liverpool tornato alla vittoria in Champions League dopo ben 21 anni sotto la sua guida. Ma che si è scontrato nell’Inter con l’eredità di chi, con il leggendario “triplete“, ha fatto superare al club milanese un complesso ultraquarantennale: José Mourinho.

Anche Benitez è caduto nel peccato originale di Clough, cercando di “uccidere il padre”, freudianamente parlando, già dopo i primi giorni dal suo arrivo alla Pinetina. Via le foto, difesa avanti di venti metri, nuova filosofia di gioco e di pensiero. Per la banda composta da Eto’o, Milito, Zanetti, Cambiasso, Snejider & co. (senza dimenticare la grande influenza dell’uomo-spogliatoio Materazzi) troppo tutto insieme. La squadra stenta in campionato come mai era accaduto dopo Calciopoli, Benitez lascia paradossalmente dopo la vittoria nel Mondiale per Club, e dopo uno sfogo mai gradito da Massimo Moratti su mercato ed etica di spogliatoio. Cosa pensasse di lui il gruppo, con diverse interviste ci ha pensato molto bene lo stesso Materazzi a chiarirlo, nel corso degli anni.

E veniamo ai giorni nostri: cioè a David Moyes, che dopo anni di elogi e nessun trofeo all’Everton, passa alla guida del primo Manchester United senza Alex Ferguson dopo ventisette anni. Qui però la storia è destinata a ripetersi nonostante una premessa del tutto differente: al contrario di Clough e di Benitez, Moyes aveva ricevuto la benedizione del proprio predecessore. Una mossa che sir Alex conoscendo i suoi ragazzi, considerava indispensabile per non diventare subito schiavi del passato, alla fine di un ciclo vincente che per numero di successi aveva fatto impallidire anche quello dei “Busby Babes“. Ma vallo a dire a Rooney, Giggs, e compagnia cantante: anche nel calcio, quando una “dittatura” finisce, è impossibile ristabilire subito l’ordine. Ed il Manchester United rischia di non partecipare alle Coppe Europee per la prima volta dopo anni e anni di dominio continentale. Troppo per non convincere lo stesso Ferguson a ritirare la sua benedizione, e a consigliare l’allontanamento dello stesso Moyes dopo la sconfitta in Premier League, ironia della sorte, proprio contro l’Everton. Forse è destino che i miti restino lontani da tutto quello che viene dopo di loro, per non causare l’eterno, impietoso confronto con un passato inarrivabile.