Categories
Calciatori Jean Philippe Zito

Cuauhtémoc Blanco, “l’Aquila in picchiata” divenuto Governatore

di Jean Philippe ZITO

Cuauhtémoc Blanco è uno dei personaggi più celebri e amati del calcio messicano. L’apice delle sue gesta calcistiche è coinciso con il boom della telenovela, un fenomeno che ha avuto un ruolo di notevole importanza nel plasmare l’identità nazionale messicana, toccando argomenti come l’amore, la famiglia e la politica. La storia della vita di Blanco si legge come una sceneggiatura, come presa direttamente da una telenovela. Gli ingredienti ci sono tutti: la povertà, gli alti e bassi associati alla carriera professionistica, la violenza, la politica e la corruzione.

Cuauhtémoc Blanco Bravo è nato nel gennaio 1973 appena fuori Città del Messico, una delle più grandi città del mondo, l’ex sito di Tenochtitlan, la capitale dell’Impero Azteco. È interessante notare che il nome completo di Blanco ingloba il moderno Messico sposando il passato indigeno con la colonizzazione europea. Il cognome Blanco, che significa letteralmente ‘bianco’ in spagnolo, si ipotizza abbia origine nella penisola iberica. Il suo nome è un omaggio all’ultimo imperatore azteco, che alla fine fu giustiziato per mano del conquistatore Hernán Cortés. Il nome Cuauhtémoc dovrebbe significare “aquila in picchiata”: aggressiva e determinata, tratti che il calciatore avrebbe poi mostrato per tutta la sua carriera calcistica e nella vita privata.

In tenera età, Blanco si trasferì dal quartiere povero, popoloso e spesso violento di Tepito, (ironicamente) al quartiere Cuauhtémoc di Città del Messico. Dopo essere cresciuto tra i ranghi giovanili del Club América, la squadra di maggior successo nella storia del calcio messicano, Blanco ha esordito nel calcio professionistico, in Primera División, all’età di 19 anni. Come per la maggior parte dei giovani giocatori, lo spazio a disposizione per potersi esprimere era limitato; così per i primi due anni di militanza all’Estadio AztecaCuauhtémoc ha racimolato meno di dieci presenze complessive. Invece nei successivi tre anni, Blanco ne ha collezionato quasi 100 con all’attivo 15 gol.

Nel 1997 viene ceduto in prestito al Necaxa, sempre in Primera División. Dopo solamente una stagione (28 presenze,13 gol)torna al Club América, dove in due stagioni (98/99 e 99/2000) totalizza 67 presenze realizzando 51 gol.

Successivamente il Real Valladolid lo porta in Spagna a giocare nella Liga. Nelle due stagioni passate nel nord della Spagna non trova tanto spazio; in 23 partite disputate segna per 3 volte. Celebre la marcatura direttamente su calcio di punizione nel 2 a 2 finale contro i ‘los Galacticos Merengue‘ del Real Madrid di Raul, Roberto Carlos. Casillas, Figo, Zidane e Ronaldo…

Torna così in Messico, di nuovo al Club América, dove trascorre altre due stagioni e in 74 presenze realizza 31 gol. Dopo una parentesi al Veracruz nel 2004, ritorna al Club América. Ad aprile 2007 è stato ceduto ai Chicago Fire in Major League, inizia la sua avventura negli Stati Uniti, dove risiedono moltissimi messicani.

Quando la gente lo vedeva diventavano pazzi, era quasi come se fossero pronti a svenire!” ha ricordato l’ex giocatore e allenatore Frank Klopas in una conversazione con MLSsoccer.com.

È stato un interessante contrasto” con l’arrivo di David Beckham in MLS, ha dichiarato Nick Firchau, collaboratore del Daily Southtown e l’Evening Tribune. “Blanco è arrivato negli USA ed è stato subito più efficace come giocatore, ma ha anche avuto una risonanza importante con i fans. Non era una superstar agli occhi di tutti, ma era una superstar della comunità messicana e messicana-americana a Chicago”.

Ce n’erano a migliaia, migliaia! Fans messicani di fronte all’hotel tentavano di scorgere la silhouette di Cuauhtemoc”, ha dichiarato Jon Busch, portiere dei Chicago Fire“Una volta siamo dovuti sgattaiolare dalla porta sul retro, attraverso la cucina, e l’abbiamo messo nel bagagliaio di un’auto per portarlo fuori dall’hotel quella notte e incontrarci all’aeroporto il giorno successivo. Non avevamo idea di dove fosse alloggiato per la notte, ma ci siamo presentati all’aeroporto e 20 minuti dopo si è presentato all’aeroporto”. I messicani negli States erano in delirio per il loro beniamino.

Nel gennaio 2008 è stato vicino al passaggio a titolo definitivo al Catania, consigliato dall’osservatore Maglione direttamente al presidente Pulvirenti. L’operazione saltò a causa delle rigide regole della FA in merito ai trasferimenti degli extracomunitari. Scaduto il suo contratto con i Chicago Fire, Blanco ha firmato con i messicani del Veracruz.

Nell’estate del 2010 si trasferisce al Club Deportivo Irapuato ed in seguito ai Dorados.

Il 20 dicembre 2012 firma un’estensione di contratto per sei mesi sempre con i Dorados. Nel 2014, all’età di 41 anni, si trasferisce al Puebla, dove sceglie la maglia numero 10.

Il 13 settembre 2014 mette a segno il suo primo gol con la nuova squadra contro il Querétaro, siglando il gol del definitivo 1-1 nei minuti finali su calcio di rigore.

Il 21 aprile 2015, gioca la sua ultima partita nella finale di coppa del Messico, vinta 4 a 2 dalla sua squadra e si ritira così dal calcio giocato all’età di 42 anni, dopo 23 anni di carriera e oltre 800 partite giocate.

Durante la sua carriera, uno dei più grandi onori di Blanco è stato rappresentare la squadra nazionale del Messico. “Per me, rappresentare il mio paese è una fonte di orgoglio”, ha detto una volta. “E quando suonano l’inno nazionale, il mio cuore esplode, voglio piangere”. Nel corso della sua carriera con la nazionale, Blanco ha segnato 39 golin 120 presenze, apparendo in tre Coppe del Mondo, tra cui nel 2010 in Sudafrica all’età di 37 anni. Con 71 rigori realizzati su 73 è uno dei migliori rigoristi della storia del calcio mondiale.

Dopo aver smesso di giocare a calcio, Cuauhtémoc decide di dedicarsi alla politica sfruttando la popolarità di cui gode. Nel giorno di Capodanno 2016Blanco ha assunto la carica di sindaco di Cuernavaca. Essere il sindaco nella più grande città dello stato di Morelos, devastato dalla violenza legata alla droga, non è privo di problemi e la corsa di Blanco è stata tutt’altro che fluida.

Nel dicembre 2016, a meno di un anno dal suo mandato, Blanco ha iniziato uno sciopero della fame per protestare contro le accuse mosse contro di lui. La sua partecipazione alle riunioni del municipio è stata messa in dubbio, così come la sua capacità di svolgere adeguatamente il ruolo di sindaco. È stato criticato per non essere un residente locale, un problema comune nella politica della personalità e per accettare donazioni illegali. Lo sciopero della fame si è concluso quando le accuse contro di lui sono state respinte. Dal 1° ottobre 2018 è governatore dello stato messicano di Morelos.

Categories
Calciatori Jean Philippe Zito

Yasmani Lopez e la diserzione sportiva a Cuba

di Jean Philippe ZITO

Yasmani López, ha 31 anni, ha giocato come mediano nel Ciego de Avila, club dell’omonima città a est da L’Avana, fino alla fine dello scorso campionato.

In Nazionale cubana, dopo l’esordio nella Concacaf Gold Cup (torneo che si disputa tra le nazionali sudamericane che non partecipano alla più famosa Copa America) dello scorso giugno a Pasadena in California contro il Messico, spiegava che lui e i suoi compagni erano scesi in campo per dare tutto quello che avevano “mettendoci il cuore”. La gara, per inciso, è finita 7-0 per il Messico e López, dopo la fine del match, ha fatto perdere le proprie tracce.

Lópezoriginario della città di Morón, provincia di Ciego de Ávila, ha debuttato con la selezione di Cuba nella Gold Cup del 2013 in una partita contro il Belize e da allora è stato sempre convocato in nazionale maggiore.

È una sua decisione, l’ha presa in tutta coscienza e messa in pratica. Nessuno della delegazione di Cuba ha niente a che fare con la sua scelta”. Ha spiegato in conferenza stampa l’allenatore della nazionale cubana Raul Mederos.

La fuga di López fa parte di una sorta di consuetudine che trasforma i tornei di Concacaf come il miglior sistema per i giocatori delle Antille per fuggire dall’isola e rimanere negli Stati Uniti, dove richiedono immediatamente asilo politico.

Un fenomeno, quello della diserzione sportiva, che a Cuba ha una lunghissima tradizione: nel luglio 2005Yaykel Pérez e Maykel Galindo lo hanno fatto nella Gold Cup di SeattleGalindo è poi passato a giocare nella MLS con i Chivas di Los Angeles.

Nel giugno 2007Osvaldo Alonso e Lester Moré partecipano alla Gold Cup di Houston. Dopo aver disertato, Alonso è diventato il miglior giocatore cubano all’estero e uno dei calciatori più rappresentativi dei Seattle Sounders.

Nel 2008, l’avventura dei ‘Leoni dei Caraibi’ è finita anche peggio: ad abbandonare, sette calciatori: José Manuel MirandaErlys GarcíaYenier BermúdezYordany ÁlvarezLoanni CartayaYendry Díaz Perez ed Eder Roldán, insieme all’allenatore Dagoberto Lara durante le qualificazione per il torneo olimpico di Tampa in Florida. Contro PanamaCuba ha giocato senza riserve in panchina: in ritiro era rimasta solo una dozzina di calciatori, di cui uno squalificato.

“Ci stavo già pensando da diversi mesi. Ma poiché le cose andavano bene nella delegazione cubana, ho approfittato del momento giusto per andarmene. Gli amici mi hanno offerto la possibilità di rimanere qui (negli USA n.d.r.) e ho accettato. Sono un uomo libero”. Yendry Díaz Perez ha lasciato la sua famiglia a Cuba e porta con sé un rimpianto solo: “La squadra sognava di qualificarsi per le Olimpiadi…“.

Il direttore della Federazione cubana di calcio, Antonio Garces, ha parlato di “un atto traditore e irresponsabile”. Diaz si è difeso, dicendo: “dato che cinque giocatori avevano deciso di andarsene, non c’era nient’altro che potessi fare…”. 

Adesso vive a Tampa, sulla costa occidentale della Florida, lo stato con la popolazione cubana più significativa negli Stati Uniti. “Ho molti amici qui che mi apprezzano. Ed è anche qui che vive la mia ragazza “, aggiungendo che, “non c’è niente al mondo che possa farmi tornare a Cuba

Sempre nel 2008Reinier Alcantara e Pedro Faife sono fuggiti prima di una partita di qualificazione per i Mondiali del 2010 in Sudafrica contro gli Stati Uniti a Washington.

Nel giugno 2011Yosniel Mesa scappa dalla Gold Cup di Charlotte nella Corolina del Nord. Nel gennaio 2012, i membri della squadra femminile Yisel Rodríguez e Yizenia Gallardo hanno richiesto asilo negli Stati Uniti al torneo Concacaf di Vancouver.

Nel marzo 2012,Yosmel de Armas lascia l’Under 23 nella Concacaf nel Tennessee. Nell’ottobre 2012 Reysander FernándezEviel CordovezMaikel Chang e Odisdel Cooper lasciano la squadra prima di una partita di qualificazione per i Mondiali 2014 contro il Canada a Toronto. Molti sono riusciti nel calcio. Altri no, ma la verità è che l’emorragia continua…

Non poter più giocare in Nazionale è la cosa peggiore. È un passo difficile, i dubbi sono tanti, soprattutto se non hai famiglia negli Stati Uniti. Però ne vale la pena, anche perché il livello del calcio cubano non ti consente di crescere”.

Ariel Martinez è fuggito dal ritiro nella Gold Cup del 2015 e oggi è un attaccante felice del Miami FcUna fuga in grande stile, quella di Martínez, assieme a Keiler GarcíaArael Argüellez Darío Suárez, che dopo la gara contro gli Stati Uniti (persa per 6 a 0) hanno fatto i bagagli, salutando la comitiva: a Cuba, dei 23 giocatori partiti per il torneo, tornarono in 19.

Yasmani López ha indossato la fascia da capitano nella prima partita del torneo Concacaf 2019, come detto, nella sonora sconfitta contro la nazionale messicana. Ora la squadra nazionale cubana (una delle più scarse della sua storia), dovrà trovare un altro capitano dopo che Yasmani si è unito alla lunga lista di giocatori di calcio che sono rimasti negli Stati Uniti.

Per tanti calciatori che vogliono lasciare Cuba, ci sono altri atleti che rifiutano contratti milionari per rimanere in patria. Dal calcio, al baseball, due nomi su tutti: Roberto Hernandez e Omar Linares. Il primo nell’ottobre 2018 a soli 17 anni ha rifiutato un contratto a sei zeri nella MLB americana. Trasferitosi negli Stati Uniti a soli 15 anni, ha fatto ritornoa Cuba entro i 24 mesi, passati i quali sarebbe risultato ufficialmente emigrato. “Sono tornato a casa, mi sono tolto le scarpe e sono andato a piedi nudi a salutare tutti, con le lacrime agli occhi perché era qualcosa di incredibile”.

Omar Linares, invece, rifiutò il trasferimento ai mitici New York Yankees per rimanere fedele alla dittatura comunista di Fidel Castro. Celebre la sua affermazione“Preferisco giocare per 10 milioni di cubani che per 10 milioni di dollari”.

Linares assieme a Rodolfo Puente e Higinio Velez hanno annunciato nel dicembre 2018 un accordo tra la federazione cubana e quella americana. Sarà consentito ai giocatori cubani il trasferimento nelle squadre della MLB a patto che abbiano raggiunto i 25 anni, di cui 6 con esperienza nella Serie Nacional, il massimo campionato dell’isola. Cuba darà una liberatoria e riceverà un indennizzo.

È un passo avanti molto importante, i giocatori cubani dovranno sentirsi molto contenti e non dovranno scappare col rischio di annegare in una barca” ha dichiarato Linares: “Questo accordo aiuterà il nostro sport valorizzando i più giovani ed elevando il livello del nostro baseball. Nostalgia?La nostra fu un’altra epoca, ogni cosa ha il suo tempo, se tutto questo è stato possibile nel 2018 spero che sia un bene per tutti”.

A questo punto è auspicabile un accordo anche tra le federazioni calcistiche dei rispettivi Paesi, così da poter soddisfare un’esigenza che alle porte del 2020 si può più respingere.

Categories
Lorenzo Petrucci Presidenti

Donald Trump: i’m football crazy. L’amore per il calcio del presidente eletto

di Lorenzo PETRUCCI

Tra le novità più importanti delle ultime settimane vi è sicuramente quella di Donald Trump eletto neo Presidente degli Stati Uniti d’America. Di informazioni in riguardo a questo magnate americano ne sono state dette molte, sul suo modo di pensare, di concepire la politica ecc, ma non tutti conoscono il Trump sportivo. Questo è un aspetto della sua vita che merita attenzione essendo stato, soprattutto in giovane età un amante di calcio o come il paese a stelle strisce preferisce chiamare: “soccer”. Infatti Trump ai tempi del liceo si dilettava e sembra anche molto bene in questo sport, all’epoca non molto praticato come oggi negli USA, militando addirittura in una squadra, i New York Military Academy. Di questo ne parla proprio un suo ex compagno di squadra, Ted Levine, che al sito internet Business Insider ha espresso come Trump “fosse fisicamente e mentalmente dotato a praticare qualsiasi tipo di sport”. Sicuramente il fisico lo aiutava, 1.90 di altezza e con un fisico già formato al liceo gli permettevano di cimentarsi in qualsiasi sport volesse e sembra che di ciò ne fosse stato particolarmente abile e portato. Secondo altri ricordi e aneddoti il suo ruolo era quello di ala destra.

Donald Trump Coppa di Lega

Con gli anni però Trump ha preferito prendere altre strade che quelle sportive, cimentandosi nell’imprenditoria e poi in politica ma la sua passione per il gioco del calcio non si è mai spenta, infatti quelli con più memoria e amanti di calcio inglese ricorderanno quando nel 1991 il neo presidente statunitense fu invitato a sorteggiare i quarti di Coppa di Lega Inglese. Naturalmente il tutto prese parte in uno dei grattacieli. Il quel evento Trump sorteggiò tra le altre Leeds-Manchester United, a tutti gli effetti una gara tra due delle principali squadre che in quegli anni si contendevano il titolo d’oltremanica, con lo stesso magnate americano che commentò così: “è un big match e una partita che andrei a vedere molto volentieri, amo il calcio.”

Donald Trump

Nonostante la sua passione per il calcio però il Presidente Trump non si è fatto amare da tutti in questo mondo sportivo. Tra questi sicuramente Brad Evans, centrocampista dei Seattle Sounders (squadra della MLS, il campionato di calcio nord americano) che qualche mese fa dichiarò di essere disposto addirittura a rinunciare al proprio stipendio pur di non vedere Trump alla Casa Bianca. Oltre ad Evans, non sono stati di parole dolci anche l’ex nazionale DeMerit e il portiere dei Toronto Fc (squadra di Giovinco) Clint Irwin. Duri anche gli interventi del difensore del Tottenham Vertonghen: “mi piacerebbe parlare con chi ha votato Trump per capire cosa gli passi per la testa”, o quello di Kompany del Manchester City: “questa è la generazione dei reality TV. Mettiamo tutti gli idioti del mondo al potere e vediamo che succede”. Ma dall’altra Trump ha anche degli estimatori, infatti tra le donazioni del neo Presidente c’è anche quella del Direttore generale e membro della famiglia proprietaria del Manchester United, Ed Glazer, con una partecipazione di 45 mila dollari alla causa. Quindi, dopo Obama che si era dimostrato vicino allo sport in particolare il basket, ora Trump, con la sua passione per il calcio, potrebbe essere il Presidente USA che possa dare al soccer il giusto e definito lancio nel paese a stelle e strisce, magari con la candidatura dei Mondiali del 2026.

Categories
Allenatori

Bora Milutinovic, il mister esploratore

di Alessandro IACOBELLI

“Si, viaggiare evitando le buche più dure senza per questo cadere nelle tue paure”

Le parole di Lucio Battisti sembrano cucite a pennello su ‘Bora’ Milutinuvic. La valigia ha sempre accompagnato la suggestiva ed affascinante esistenza del personaggio odierno. ‘Bora’ Nasce il 7 settembre 1944 a Bajina Basta, nell’allora Jugoslavia. Le origini subiscono inevitabilmente le ripercussioni dettate dal regime del Maresciallo Tito. Il cocktail di etnie, dopo la morte del dittatore, si sfalda in modo irrimediabile. La terribile guerra civile scuote la polveriera.

La carriera da calciatore è tutt’altro che disprezzabile. Nella veste di centrocampista il buon ‘Bora’ fa il suo dovere con un pizzico di tecnica che non guasta mai. Dal Partizan di Belgrado al Monaco, transitando per il Nizza ed il Rouen. Il tramonto agonistico si materializza addirittura in Messico nei Pumas. Nel Centro America ‘Bora’, uomo a dir poco perspicace, conquista il cuore di una donna benestante figlia di un ricco proprietario terriero. Il seguente aforisma spiega il personaggio: “Nascere poveri è una sfortuna, ma sposarsi una povera è da sciocchi”.

Passa dal campo alla panchina dei Pumas in un batter d’occhio. I risultati sono invidiabili e la Federazione locale gli affida la guida della Nazionale maggiore. Tre lunghi anni per preparare la troupe ai mondiali casalinghi del 1986. Larios e soci, inseriti nel gruppo B, piegano il Belgio per poi pareggiare con il Paraguay ed infine sbancare di misura con l’Iraq. Agli Ottavi di Finale lo stadio ‘Azteca’ pullula di euforia nel successo sulla Bulgaria firmato da Negrete e Servin. Soltanto la Germania Ovest ai rigori sarà in grado di fermare l’allegra compagnia Tricolor. Le susseguenti avventure nel San Lorenzo e nell’Udinese cadono nel dimenticatoio per il magro bottino. Il tecnico serbo opta allora per una sfida ai limiti del paradossale. Diventa quindi il CT della Costa Rica. Le notti magiche esaltano un’autentica rivelazione. Cade la Scozia in principio. Poi giunge la sconfitta di misura con i marziani del Brasile. Al terzo ostacolo i Ticos si scatenano battendo la Svezia di rimonta per 2-1. Capitan Flores e gli altri si inchinano poi al ciclone della Cecoslovacchia negli Ottavi.
Milutinovic2

Il nome di Milutinovic ingolosisce i sodalizi di mezza Europa. Lui però snobba comodi lidi per sposare senza indugi avventure suggestive. Negli Stati Uniti d’America il calcio non costituisce proprio la disciplina che muove le masse. In realtà nella patria del capitalismo non esiste una Lega Nazionale e conseguentemente latita un torneo professionistico. L’assegnazione dei Mondiali del 1994 è quindi un treno da prendere al volo. La Federazione chiama; ‘Bora’ risponde all’istante. I college divengono un pozzo infinito di giovani promesse. La squadra americana passa come migliore terza dopo il pari con la Svizzera, il colpo inflitto alla Colombia ed il marchio di Daniel Petrescu. La favola a stelle e strisce va in archivio il 4 luglio quando Bebeto al ’73 trafigge Tony Meola.

Il profumo dell’America Latina diviene impellente ed il vagabondo serbo rievoca il passato e torna al timone del Messico cogliendo un ottimo bronzo nella Copa América del 1997. Nel dicembre dello stesso anno ‘Bora’ parte per l’ennesimo viaggio, destinazione Nigeria. Nel continente africano la compagine bianco-verde abbonda in classe e funambolismo. Dal difensore ex Inter Taribo West alle ali Finidi e Babangida, passando per la punta Kanu. Jay-Jay Okocha è la ciliegina sulla torta. Il match inaugurale con la Spagna è un miscuglio di sensazionali emozioni. Sblocca Hierro su punizione. Adepoju firma l’1-1. Raddoppia Raul. Lawal ristabilisce l’equilibrio con la complicità di un distratto Zubizarreta. Allo scoccare del ’79 Oliseh lascia esplodere un bolide destro imparabile. Ipkeba piega poi la Bulgaria per il bis. La Nigeria si aggiudica il raggruppamento D, nonostante lo scivolone patito ad opera del Paraguay. I bookmakers del globo sono fiduciosi nelle potenzialità della banda traghettata da Milutinovic. Ochechukwu e compagni crollano verticalmente negli Ottavi di Finale. La Danimarca di Schmeichel e Helveg gioca a poker senza alcun patema d’animo. ‘Bora’ è frastornato. L’annata ai New York Metrostars è un fiasco.

All’alba del nuovo millennio l’inossidabile ‘Bora’ si rimette in pista. Questa volta però la vetta appare insormontabile. La Federazione cinese mira alla partecipazione ai Mondiali del 2002 in Giappone e Corea. Il regno degli involtini primavera non si distingue certo per la qualità dei calciatori, non troppo distanti dal dilettantismo. Il trainer di Bajina Basta mischia nuovamente le sue carte mettendosi in discussione. Il miracolo è presto esaudito. La truppa asiatica si qualifica contro ogni più rosea attesa alla fase finale. Nel girone C Brasile, Turchia e Costa Rica non fanno sconti. Il fanalino di coda, forse per la prima volta in assoluto, può essere fiero dell’impegno profuso. La gita di Milutinovic, alla ricerca di stimoli e culture ignote, propone ulteriori tappe. Honduras, Giamaica e Iraq gustano i suoi sagaci dettami. Siamo sicuri che la mente di ‘Bora’ girerà vorticosamente in qualche altra zona dell’universo. Il mister esploratore continuerà di certo a scrivere il suo libro.

Categories
#Contromondiali Fabio Belli

#Contromondiale 18: #Maraca-Nazi, #Mineirazo, #Brasile, #Germania, #Klose, #BrasileGermania, #BRAGER, #Scolari, #Maracanà

di Fabio Belli

Brasile – Germania 1-7

Scene mai viste sulle tribune del Mineirao
Scene mai viste sulle tribune del Mineirao

117. Tanta carne al fuoco, e non potrebbe essere altrimenti. Peggiore sconfitta nella storia del calcio brasiliano, maggiore scarto nel punteggio tra due semifinaliste (superato il record del 1930, quando entrambe le semifinali terminarono 1-6), record individuale di gol nella storia dei Mondiali. Soprattutto, l’incubo di una nuova umiliazione casalinga che si avvera a 64 anni di distanza dal Maracanazo. Evocato, temuto, un’ossessione per i brasiliani nonostante dopo quella tragedia sportiva siano arrivati cinque titoli mondiali. Tanto che il Brasile esce di scena da un Mondiale in casa atteso ben più di mezzo secolo senza averci mai giocato, al Maracanà: una scelta di calendario impensabile, e forse sarebbe stato meglio togliersi il dente subito, invece di aspettare una vendetta in finale, un eccesso di ottimismo considerando lo spessore tecnico della Selecao di quest’anno. E invece quel Brasile-Uruguay resterà l’ultima partita giocata dai verdeoro in un Mondiale nel tempio del calcio di Rio de Janeiro, e per chissà quanto tempo.

"Noi tedeschi non siamo tutti grandi sorrisi e allegria"
“Noi tedeschi non siamo tutti grandi sorrisi e allegria”

118. Le ironie in rete si sono sprecate, e qualcuno ha sfoderato un irriverente, splendido “Maraca-Nazi”. I tedeschi, sonnacchiosi seppur sempre efficaci per tutto il Mondiale, dopo due pareggi contro Ghana e Algeria e due vittorie di misura contro Stati Uniti e Francia, hanno sprigionato tutta la loro potenza. L’impressione è che dopo il 2-0 di Klose, gli avversari abbiano avuto un tracollo psicologico senza eguali nella storia del calcio, e dunque in vista della finale andranno soppesati gli eccessi d’entusiasmo. Ma i tedeschi sono in finale per l’ottava volta nella loro storia, e la quarta stella potrebbe far cadere un tabù: quella della prima squadra Europea vincente nel continente americano. Se l’avversario sarà l’Olanda sarà storia in ogni caso, altrimenti l’Argentina potrebbe mantenere in piedi un tabù considerato eterno.

Il miglior marcatore di tutti i tempi nella storia dei Mondiali
Il miglior marcatore di tutti i tempi nella storia dei Mondiali

119. Già, parliamo di Miroslav Klose. In questo Mondiale, di fatto, si è visto all’opera il più grande cannoniere di sempre della storia della Coppa del Mondo. Meglio di Pelé, meglio di Gerd Muller, soprattutto meglio di quel Ronaldo quasi in lacrime come commentatore sulla tribuna del Mineirao di Belo Horizonte, non certo per il record passato di mano, ma per la storica umiliazione della Selecao. Un primato del genere che viene tramandato tra le due Nazionali dei due protagonisti, uno sotto gli occhi dell’altro: basterebbe questo per rendere eterna la serata del “Mineirazo”. Ma c’è incredibilmente di più, perché in questo incredibile 1-7 è andato a segno anche colui che potrebbe venire nella linea di successione del record dopo Ronaldo e Klose: Thomas Muller, 24 anni e già dieci gol in Coppa del Mondo: salvo sorprese, difficile pensare che il record prima o poi non finirà nelle sue mani.

Scolari invita Bernard a guardare in faccia la realtà
Scolari invita Bernard a guardare in faccia la realtà

120. Analizzare le cifre tedesche è sicuramente più facile rispetto a quelle brasiliane. Mai la Selecao aveva perso con tale scarto, neanche in amichevole. Averlo fatto in una semifinale in casa è una macchia che accompagnerà i componenti di questa squadra a vita, come avvenne per gli sfortunati protagonisti del 1950. Scolari, finora considerato uno degli attuali “grandi vecchi” degli allenatori nel mondo, si è visto ridicolizzato dagli avversari con azione stile calcetto, che ad un Mondiale non si vedevano dai tempi di Polonia-Haiti 7-0, Jugoslavia-Zaire 9-0 e il record assoluto, Ungheria-El Salvador 10-1. Appunto, Haiti, Zaire, El Salvador: il fatto che a questa allegra combriccola si sia aggiunto il nome della squadra con più titoli mondiali, è al limite del paradosso.

Come i tedeschi hanno preso casa nell'area brasiliana per tutto il primo tempo
Come i tedeschi hanno preso casa nell’area brasiliana per tutto il primo tempo

121. L’assenza di Thiago Silva, il vero fuoriclasse di una difesa nella quale il grintoso David Luiz è stato forse sopravvalutato (oppure è stato lui a giocare un paio di partite al di sopra delle sue possibilità), la scelta di sostituire Neymar con l’idolo di Belo Horizonte Bernard, acerbo e poco propenso alla copertura, sono fattori tecnici che sicuramente pesano. Ma come detto all’inizio, la peggior disfatta del calcio brasiliano e forse mondiale è figlia di un fattore psicologico troppo contrario: arrivati in semifinale, sembrava impossibile ai brasiliani che si materializzassero i fantasmi di 64 anni fa, a meno di perdere la finale all’ultimo minuto contro l’Argentina. Mai stuzzicare gli dèi del calcio, sempre pronti a lasciare senza parole i poveri mortali che pensano di sapere ormai già tutto.

 

Categories
#Contromondiali Fabio Belli

#Contromondiale 15: #Papastathopoulos, #CostaRica, #Griezmann, #Lineker, #Germania, #Argentina, #Papa, #Fantino, #USA, #Howard

di Fabio Belli

Costa Rica – Grecia 5-3 dcr

La folla oceanica a San José in Costa Rica...
La folla oceanica a San José in Costa Rica…

93. Chi era il più duro a morire? Tra Costa Rica e Grecia bisognava capire solo quello: per il resto tanti punti in comune, dall’incredibile entusiasmo popolare di due Nazioni relativamente piccole, alla storica prima volta ai quarti di finale, per qualunque squadra avesse superato l’ostacolo. Ce l’hanno fatta i Ticos, che in dieci e dopo aver incassato il gol di Papastathopoulos (diventato il giocatore col cognome più lungo ad aver segnato in un Mondiale) ed essere rimasti in dieci, hanno resistito fino ai calci di rigore, proprio quando la Grecia sembrava pronta a confezionare l’ennesimo miracolo. Ed è andata bene.

E quella oceanica allo stadio Panathinaikon di Atene
… e quella allo stadio Panathinaikon di Atene

94. Il calcio riesce a regalare comunque impennate d’orgoglio incredibili: dopo anni di incubi legati alla crisi economica e all’instabilità politica, la Grecia ha accarezzato il sogno del 2004. La notte della vittoria contro la Costa D’Avorio resterà comunque negli annali, così come il tifo dello stadio Panathinaikon, punto di ritrovo per i tifosi ellenici, fermati nel loro sogno da altri piccoli giganti.

Francia – Nigeria 2-0

Con Griezmann in campo è tutta un'altra Francia
Con Griezmann in campo è tutta un’altra Francia

95. I francesi sono così: la “grandeur” appartiene loro per diritto divino, ma solo quando partono a fari spenti, fatta eccezione il Mondiale giocato in casa nel 1998 in cui c’era tutto un intero apparato a sostenerli, riescono a far bene. Contro la Nigeria però la partita è cambiata radicalmente al momento dell’ingresso di un giocatore che entra di diritto nella nostra ormai lunga lista della spesa dei sogni impossibili. Stiamo parlando di Antoine Griezmann, ala guizzante classe ’91 che alla Real Sociedad in Spagna va già per le duecento presenze. In una squadra orfana a sorpresa di Ribery proprio alla vigilia della partenza per il Brasile, la sua presenza ha acceso i tifosi, letteralmente innamorati delle sue invenzioni e accelerazioni. Un giocatore così o si ama o si ama (e già in moltissimi lo conoscevano e lo ammiravano prima del Mondiale), a parte struggersi in quegli inevitabili black out che fanno parte integrante del Talento. Se riuscirà ad irretire anche i tedeschi, sarà davvero nata una (altra) stella.

Germania – Algeria 2-1 dts

La "sentenza" di Gary Lineker
La “sentenza” di Gary Lineker

96. “E alla fine vincono i tedeschi” è una delle citazioni più utilizzate nel calcio. La paternità è di Gary Lineker, che l’ha rilanciata su Twitter anche dopo Germania-Algeria. Da tipico umorista inglese, oltre che da grande attaccante, nella frase di Lineker c’è tutta la verità su una squadra che alle fasi decisive dei Mondiali arriva immancabilmente, ma anche il veleno verso chi, a dispetto delle tante semifinali e finali giocate, ha alzato la Coppa meno volte di quanto sarebbe lecito aspettarsi. L’Algeria non si è vendicata del 1982, ma i tedeschi così in crisi non si vedevano da Euro 2004. Manca brillantezza e l’impressione è che diversi uomini chiave siano arrivati in Brasile con la lingua di fuori. Occhio però, perché i tedeschi si presentano tra le prime otto senza aver speso chissà quali energie: se si tratti di una squadra senza brio, o pronta ad esplodere la sua potenza, ce lo dirà la Francia.

97. Lineker in rete ha anche ironizzato sulla punizione alla fine dei tempi regolamentari che ha visto uno degli assi di questo Mondiale, Thomas Muller, ruzzolare a terra cercando di mettere in pratica un improbabile schema. L’ex attaccante della Nazionale inglese ha ironizzato parlando di “inefficienza tedesca”: di certo un momento divertente ma inusuale per la Germania: chi l’ha interpretato come un cattivo presagio, si è però immediatamente ricreduto dopo i gol nei supplementari di Schurrle e Ozil che hanno messo in cassaforte la qualificazione ai quarti di finale

Argentina – Svizzera 1-0 dts

98. “Hey brasilenos… Tenemos el cul del campeon!”: Alejandro Fantino di Radio La Red è una delle voci più amate in Argentina per ascoltare le imprese della Nazionale. Il suo delirio alla fine della partita contro la Svizzera è stato doppio. Al gol di Di Maria ovviamente, innescato dal solito incredibile Messi, che in silenzio sta scrivendo una leggenda in questo Mondiale, che come abbiamo detto potrà essere tramandata solo se verrà scritta fino all’ultima parola. Ma Fantino al palo da pochi centimetri colpito da Dzemaili, che avrebbe regalato agli elvetici i rigori, è andato in delirio: il pensiero è andato al palo di Pinilla in Brasile-Cile, e alla dea bendata che sembra voler pilotare quella che in Sudamerica sarebbe la finale delle finali, così come in Europa lo è Italia-Germania (d’altronde, sul piatto ci sono sette titoli mondiali da una parte e sette dall’altra). Per essere campioni, ci vuole testa, ci vuole cuore, ma Fantino docet, il culo non deve mancare mai.

Papa vs. Guardie Svizzere agli ottavi di finale
Papa vs. Guardie Svizzere agli ottavi di finale

99. Ovviamente una partita nella partita si è giocata in Vaticano, conoscendo la passione di Papa Francesco per il calcio, e considerando la presenza delle Guardie Svizzere. Le vignette hanno provato ad ironizzare sul clima nelle stanze papali, di certo si sa che Bergoglio è stato il primo a “stuzzicare” simpaticamente le Guardie sul grande match. Potere dei Mondiali, e sul già citato palo di Dzemaili, forse a proteggere l’argentina è calata per l’ennesima volta la “Mano de Dios”.

Belgio – Stati Uniti 2-1 dts

Howard: per lui i Mondiali sono finiti, ma nel futuro le prospettive non mancano
Howard: per lui i Mondiali sono finiti, ma nel futuro le prospettive non mancano

100. Gli Americani ormai hanno tutto per primeggiare nel calcio. Tranne una cosa: la squadra. Paradossale, ironica, amara verità per Jurgen Klinsmann, che contro il Belgio ha visto i suoi dare tutto, ma soccombere inevitabilmente quando Wilmots si è deciso ad inserire Lukaku, col CT belga che per l’ennesima volta si vede salvato da chi aveva lasciato in panchina. E’ anche vero che senza Howard in porta, l’epilogo sarebbe arrivato prima. Negli Stati Uniti ormai avvolti dal rito festoso dei Mondiali come mai era avvenuto finora per il soccer, si è arrivati a proporre il portiere dell’Everton come candidato alle prossime presidenziali, erede di padri della patria come Abraham Lincoln.

Samuel L. Jackson versione ultras
Samuel L. Jackson versione ultras

101. Avendo già citato l’appoggio delle star dello spettacolo a stelle e strisce alla Nazionale, non possiamo esimerci dal mostrare il tweet di un mostro sacro come Samuel L. Jackson. Agli USA è andata male anche stavolta, ma a vedere il Cowboys Stadium in Texas strapieno di gente per il soccer, l’impressione è che le cose si stiano davvero muovendo, dopo un’attesa quasi quarantennale, anche da quelle parti.

Categories
#Contromondiali Fabio Belli

#Contromondiale 13: #Müller, #Germania, #Algeria, #Vendetta, #Capello, #CR7, #Fellaini, #Ghana, #USA, #Obama

di Fabio Belli

Stati Uniti – Germania 0-1

Thomas Müller, già recordman dei Mondiali
Thomas Müller, già recordman dei Mondiali

79. E’ forse meno appariscente degli altri, ma Thomas Müller come protagonista dei Mondiali calza alla perfezione. Archetipo del falso nueve, calciatore dalle grandi doti di duttilità, stella del Bayern Monaco, è già arrivato in giovane età a quote nove reti in nove partite disputate nella competizione iridata, segno che se tutto andrà come deve andare, il record Ronaldo-Klose forse non durerà a lungo. La Germania in Brasile vuole coronare un percorso che dal 2006 ad oggi, tra Mondiali ed Europei, l’ha sempre vista tra le prime quattro: terza nel 2006, seconda nel 2008, terza nel 2010, in semifinale nel 2012. E’ il simbolo di una generazione tedesca che dopo la doppia eurofiguraccia 2000-2004 (che fu comunque intervallata, tanto per gradire, da una finale Mondiale), vuole riassaporare cosa significhi vincere: perché avrà ragione Gary Lineker che tanto nel calcio “alla fine vincono i tedeschi”, ma è anche vero che è da Oliver Bierhoff e dal 1996 che una coppa non viene alzata da mani teutoniche.

Obama organizzatissimo per Brasile 2014
Obama organizzatissimo per Brasile 2014

80. A Barack Obama il calcio piace: gli Stati Uniti contro il Belgio affronteranno negli ottavi di finale un esame di maturità importante, ma questa Nazionale yankee è stata forse la più seguita della storia, anche di quella che nel 2002, piazzandosi tra le prime otto per la prima volta nell’era moderna, insegnò che si poteva sognare anche col soccer. Quando nel 2009 gli USA persero la finale di Confederations Cup contro il Brasile, rimontati da 2-0 a 3-2, Obama si scatenò con un derby a distanza col presidente brasiliano Lula, con tanto di scambio di maglie finale. Alla squadra di Klinsmann manca forse l’uomo in grado di fare la differenza, ma l’appoggio dei piani alti è senz’altro un’iniezione di popolarità supplementare ed utilissima per la Nazionale.

Will Ferrell, un vero capo-ultras
Will Ferrell, un vero capo-ultras

81. Abbiamo già parlato di volti noti del cinema e della televisione che hanno manifestato il loro appoggio alla Nazionale USA. Will Ferrell, “pizzicato” ad arringare i tifosi in un bar, si aggiunge ad una lista già molto lunga. Già, ma passata l’iniziale curiosità, che in un bar del Kentucky o in una steakhouse nell’Iowa può assomigliare a quella di un italiano per il curling in tempo di Olimpiadi, come si approcciano gli americani al soccer? L’analisi dei flussi della rete aiuta a capire meglio il tutto. Da una parte, Google ha registrato che durante il match contro il Ghana, la domanda più cercata sul celebre motore di ricerca è stata “How long is a soccer game?”, indicativa di un certo disorientamento. Su Twitter però, al momento del gol di Muller, i tweet con la parola “Nazi” o “Nazis” hanno avuto un’impennata vertiginosa. Segno evidente che il tipico campanilismo del tifo calcistico si sta affermando anche nella sua versione a stelle e strisce.

Portogallo – Ghana 2-1

Game Over per CR7
Game Over per CR7

82. Il Mondiale ha perso il Pallone d’Oro: verdetto prevedibile dopo la mancata vittoria portoghese contro gli Stati Uniti, ma difficile da digerire per una Nazionale storicamente ricchissima di talenti, ma che non riesce a risolvere il problema del centravanti dall’alba dei tempi, annoverando tra i miti di ogni epoca onesti ma modesti bomber come Nuno Gomes e Pauleta. La presenza di Helder Postiga è stata in questo senso indicativa. Cristiano Ronaldo è arrivato in Brasile con la pancia piena del suddetto Pallone d’Oro e della “Decima” conquistata con il Real Madrid. Le sue ultime due prestazioni, dopo quella incolore contro la Germania, sono state in crescendo, ma un uomo solo non fa la squadra. A meno che non si tratti di Messi, e questa probabilmente è la grande preoccupazione di CR7 da qui alla fine di Brasile 2014.

Distribuzione dei premi partita poco ortodossa per il Ghana
Distribuzione dei premi partita poco ortodossa per il Ghana

83. Il Mondiale ha detto che al calcio africano manca la necessaria maturità. Il caso del Ghana è stato eclatante. La furibonda lite tra Muntari e Kevin Prince Boateng, entrambi esclusi alla vigilia della decisiva partita contro i lusitani, e dei premi pretesi, consegnati e distribuiti in contanti, è la prova lampante di una polveriera presente in una squadra che contro Stati Uniti e Germania aveva dimostrato di essere competitiva nei piedi, ma non con la testa.

Corea del Sud – Belgio 0-1

Impazza la Fellaini mania
Impazza la Fellaini mania

84. L’esplosione della Fellaini-mania sugli spalti dimostra come il pubblico creda nel grande exploit dei Diavoli Rossi. Che mai avevano chiuso il girone eliminatorio ai Mondiali a punteggio pieno, e che anche contro i coreani sono rimasti fedeli alla cosiddetta zona-Belgio, con tutti i gol fin qui realizzati negli ultimi venti minuti.

Algeria – Russia 1-1

Capello non le manda a dire agli arbitri
Capello non le manda a dire agli arbitri

85. La storia dell’ex URSS ai Mondiali è affascinante, ricca di soprusi arbitrali (1962, 1970, 1986) e di grandi occasioni mancate (1966, 1982). Dallo scioglimento dell’impero sovietico, però, il fascino ha lasciato spazio all’approssimazione, e la sola scuola russa non è parsa in grado, nonostante l’abbondanza di mezzi economici (Fabio Capello si è presentato in Brasile come CT più pagato dei Mondiali) di mostrare qualcosa di significativo sul campo, l’unico luogo dove la storia si possa tramandare nel calcio. Il CT italiano ha recriminato molto per questa nuova eliminazione, ma restano impresse nella mente più le papere del portiere Akinfeev, ed una incapacità cronica nel fare gioco, che si è ripercossa nei due soli punti conquistati, al di là degli sprazzi dimostrati contro il Belgio.

In Algeria sognano la vendetta sui tedeschi a 32 anni di distanza
In Algeria sognano la vendetta sui tedeschi a 32 anni di distanza

86. La storia dell’Algeria invece si ritrova di fronte alla possibilità di un nodo gordiano, a 32 anni di distanza. Alla soddisfazione per la prima qualificazione tra le prime sedici del mondo nella storia, si aggiunge la formidabile possibilità di vendetta, quando nel 1982 la squadra di Madjer, dopo aver battuto la Germania Ovest, si ritrovò fuori a causa di una clamorosa “pastetta” tra i tedeschi e gli austriaci, che giocarono una partita col freno a mano tirato per approdare a braccetto alla seconda fase. Fantasiosa e veloce in attacco, forse un po’ approssimativa nelle chiusure difensive, la squadra algerina sogna la più clamorosa delle vendette: anche se sarà dura, contro una delle favorite del Mondiale, ma la vendetta, fredda così come deve essere, non è mai stata un piatto facile da cucinare.

Categories
#Contromondiali Fabio Belli

#Contromondiale 10: #Belgio, #Neymar, #CR7, #USA, #Herrera, #Eto’o, #NorthKorea, #Sheldon, #HupHolland, #Spagna

di Fabio Belli

Belgio – Russia 1-0

Il Belgio è bello perché è vario
Il Belgio è bello perché è vario

57. I Diavoli Rossi stanno vincendo e rispettando il pronostico della vigilia, ma a modo loro. Quello tra Belgio e Olanda è uno dei derby più antichi d’Europa, ma le filosofie di gioco della due Nazionali sono sempre state (soprattutto dagli anni ’70 in poi) molto differenti. Cinico, pratico ed essenziale il Belgio, spesso travolgente, esaltante e un po’ sciupona l’Olanda. Il carico di talenti con cui la squadra di Wilmots si è presentata in Brasile quest’anno, non ha cambiato questa tendenza. Ciò che è diverso, e ne avevamo già parlato, è il carico di entusiasmo con cui i tifosi in patria stanno seguendo Fellaini e compagni. Gli ottavi sono conquistati, ma il sogno è emulare gli eroi di Messico ’86, quarti.

Corea del Sud – Algeria 2-4

Tutti tifano Algeria!
Tutti tifano Algeria!

58. Ci agganciamo perfettamente all’argomento “migliori prestazioni” e all’argomento “derby”. Nel primo caso, l’Algeria che si giocherà la qualificazione contro la Russia, se non avesse mostrato lacune in difesa piuttosto importanti, potrebbe pensare di superare la squadra del 1982, che stupì il mondo battendo la Germania Ovest poi finalista, per poi ritrovarsi esclusa a causa di un atteggiamento abbastanza “permissivo” degli austriaci nei confronti degli stessi tedeschi nell’ultimo match del girone. Nel secondo caso, la Corea del Sud ha attirato il tifo contrario dei cugini del Nord: ha fatto il giro del mondo la foto di Kim Jong Un con tanto di sciarpa dell’Algeria. Quella fra i dittatori e il calcio è una storia che dura da molti anni, e visto che la Corea del Nord non si è qualificata, Kim Jong Un si è lasciato andare ad una botta di “Schadenfreude”.

Stati Uniti – Portogallo 2-2

Anche Sheldon dice "U-S-A!"
Anche Sheldon dice “U-S-A!”

59. Una delle più belle partite di un Mondiale fin qui prodigo di spettacolo. Il “Team USA” di Klinsmann è andato ad un passo da una clamorosa qualificazione anticipata agli ottavi. Il gol di Varela di un Portogallo sovrastato nel secondo tempo ha rovinato tutto, ma complice anche il fuso orario finalmente favorevole (non succedeva dal Mondiale giocato in casa) il seguito verso Dempsey (ancora in gol!) e compagni sta raggiungendo livelli da record. Le star del cinema e delle serie televisive americane si accodano ad un sostegno fin qui riservato solo agli assi del football e del basket. Jim Parsons, alias Sheldon Cooper di Big Bang Theory, ha manifestato tutto il suo tifo per gli Stati Uniti ai Mondiali, e la CBS ha dedicato uno speciale a come le sue stelle stanno seguendo Brasile 2014.

60. Messi vs. Ronaldo 2-0. Il campo dice impietosamente questo, con l’Argentina già agli ottavi ed il Portogallo a rischio di una clamorosa eliminazione al primo turno. Questo nonostante il Pallone d’Oro contro gli USA abbia regalato magie che contro la Germania non si erano viste. L’assist finale per Varela, straordinario, ma soprattutto il numero nel primo tempo, forse la giocata individuale più bella del Mondiale fino a questo momento, escludendo i gol che meritano sempre un discorso a parte, e che CR7 finora non ha ancora trovato in Sudamerica.

Australia – Spagna 0-3

Bacheca spagnola
Bacheca spagnola

61. Nella formula dei Mondiali, arrivare alla terza della partita del girone con una sfida tra due squadre già eliminate è un evento raro ma possibile. Il fatto che in questa malinconica passerella siano coinvolti i Campioni del Mondo è decisamente più inusuale: la Spagna ha salvato la faccia, ma il biglietto di ritorno era già in tasca per Casillas e compagni. Analizzare il declino di una squadra che ha fatto epoca è ancora più difficile che individuarne le ragioni del successo. Sicuramente Casillas negli ultimi sei anni aveva salvato delle partite, piuttosto che comprometterle; sicuramente l’ascesa di Piqué si è arrestata, e la mancanza di un leader come Puyol in difesa è tangibile. Sicuramente un giocatore come Xavi, non per niente pronto alla partenza verso lande arabe, non nascerà di nuovo facilmente, e il fatto che la squadra che ha vinto tutto senza centravanti, si sia inceppata all’arrivo di Diego Costa, sicuramente non è un caso. Ma è sicura anche la gratitudine di un paese che ha visto le Furie Rosse superare un complesso secolare proprio grazie a questi eroi al crepuscolo. L’ironia, che in questi casi ci sta, è arrivata prevalentemente dall’estero…

Olanda – Cile 2-0

Ricette espresse olandesi
Ricette espresse olandesi

62. Arjen Robben è sempre stato uno strano tipo di calciatore: i mezzi per diventare il più forte li ha sempre avuti. Il magnetismo glamour di Ronaldo e la continuità di Messi no, né la cattiveria di un Ibrahimovic. Complici anche gli infortuni che raramente lo hanno lasciato in pace. Quando è stato bene, sia al Bayern Monaco che in Nazionale, ha dimostrato però di poter cambiare da solo il volto delle partite. Qualcuno gli ha sempre rimproverato un pizzico di egoismo, e di imprecisione sotto porta: conto il Cile, da assist-man, ha dimostrato che un’Olanda arrivata in sordina in Brasile, può sognare la vendetta, quando in Sudafrica proprio Robben vide il sogno di un’intera Nazione infrangersi di fronte a Casillas.

Camerun – Brasile 1-4

Neymar, uomo in più del Brasile nella fase a gironi
Neymar, uomo in più del Brasile nella fase a gironi

63. E se tra i due litiganti fosse il terzo a godere? Nella grande attesa Mondiale della sfida a distanza tra Messi e Ronaldo, nessuno ha forse considerato che Neymar può contare su una spinta popolare senza precedenti. Il mondo si emoziona nel sentire tutto lo stadio, prima delle partite della Selecao, cantare la seconda strofa dell’inno senza l’accompagnamento musicale. E Neymar è finora protagonista di una squadra non del tutto convincente, ma capace di mandare già quattro volte in gol l’asso del Barcellona, che sembra particolarmente forgiato dall’anno, duro, trascorso in Europa. Dagli ottavi e dal Cile, il gioco si farà duro: vedremo se Neymar sarà già in grado di giocare: l’occasione di un Mondiale da vincere da eroe, in casa, di sicuro non capiterà più.

Eto'o: il peso degli anni, della responsabilità, e forse della ricchezza
Eto’o: il peso degli anni, della responsabilità, e forse della ricchezza

64. Nel cuore di tifosi ed appassionati, il Camerun del 1990 resta la squadra africana più bella ed amata mai passata in un Campionato del Mondo. Roger Milla, Thomas N’Kono, e la cavalcata fino agli spettacolari quarti di finale perduti contro l’Inghilterra. Per questo, quanto messo in mostra dai “Leoni Indomabili” in Brasile è stato un qualcosa di malinconico. Dalla stucchevole lite sui premi, ironica per una squadra incapace di raccogliere anche solo un punto del girone, a Samuel Eto’o chiuso in una gabbia dorata, infortunato e incapace di lasciare un vero segno in un Mondiale. Della squadra di 24 anni fa capace di contagiare con allegria ed entusiasmo chiunque la guardasse, nemmeno l’ombra.

Croazia – Messico 1-3

Hector Herrera, il caudillo messicano
Hector Herrera, il caudillo messicano

65. Comunque vada a finire, questo è stato l’anno delle forte personalità in panchina, i “caudillos” capaci di portare outsider alla vittoria. Diego Simeone all’Atletico Madrid ne è l’esempio più lampante, ma anche il “Piojo” Hector Herrera, corpulento e sanguigno CT del Messico, non si sta rivelando da meno. Le sue sfrenate esultanze stanno diventando letteralmente di culto, e chissà se l’organizzazione trovata non possa portare il “Tri” (che ancora deve subire un solo gol) dove non è mai ancora arrivato finora.

 

Categories
#Contromondiali Fabio Belli

#Contromondiale 08: #Italia, #Corea, #Ticos, #Pulizia, #Japan, #Benzema, #CostaRica, #Valencia, #Costly

di Fabio Belli

Giappone – Grecia 0-0

A fine partita, ogni giapponese sa che dovrà ripulire tutto.
A fine partita, ogni giapponese sa che dovrà ripulire tutto.

46. Il sapore è quello di un’occasione perduta per entrambe le formazioni. Non sembrano però squadre in grado di lasciare un segno tangibile in un Mondiale dall’alto coefficiente di difficoltà. Soprattutto la Giappone di Zac ci si poteva attendere di più. Ora la qualificazione è appesa al filo della vittoria greca sulla Costa D’Avorio, e a quella dei “Blue Samurai” sulla forte Colombia. E il rito dei tifosi giapponesi che ripuliscono con zelo gli spalti alla fine di ogni partita, inizia a sembrare il simbolo della resa, oltre che un segno di indubbia civiltà.

Italia – Costa Rica 0-1

Dal gol di Pak Doo Ik, l'Italia ha ingoiato numerosi bocconi amari nei Mondiali contro le cosiddette "piccole"
Dal gol di Pak Doo Ik, l’Italia ha ingoiato numerosi bocconi amari nei Mondiali contro le cosiddette “piccole”

47. E veniamo alle nostre (dolenti) note. La sconfitta azzurra contro la Costa Rica brucia particolarmente considerando la sensazione di Deja Vu indotta dal gol di Bryan Ruiz. La maledizione del ’66, quando dopo aver definito una banda di “Ridolini” i ragazzi della Corea del Nord, l’Italia finì affondata dal gol di Pak Doo Ik (è sempre bene ricordarlo, un militare, non un dentista), si è perpetrata nel tempo, sia nei Mondiali felici che in quelli tristi. Nel ’70, nell’82, nel ’94 e nel 2006, in totale due vittorie e due finali, si scatenarono feroci polemiche dopo i pareggi nel girone eliminatorio contro Israele, Camerun, Stati Uniti, e nel 1994 addirittura perdemmo all’esordio contro l’Irlanda. Peggio è andata nel 2002, eliminati dalla Corea (sempre lei) del Sud, e soprattutto nel 2010, quando il pari contro la Nuova Zelanda ed il ko contro la Slovacchia sembrava aver segnato il punto più basso in assoluto. All’azzurro-tenebra si è aggiunto ora il ko contro un paese da meno di cinque milioni di abitanti. In attesa di Italia-Uruguay…

Entusiasmo popolare in Costa Rica
Entusiasmo popolare in Costa Rica

48. D’altronde i “Ticos” (così sono soprannominati i calciatori della Costa Rica) possono contare su tifosi scatenati, che venerano una Nazionale che solo nell’ultimo quarto di secolo è riuscita a raccogliere risultati significativi. Nel 1990, unica volta in cui raggiunsero gli ottavi di finale ai Mondiali, l’impresa fu talmente celebrata che venne girato un film, intitolato appunto 1990. E nella serata di venerdì a San José l’entusiasmo popolare è stato straripante.

Nel girone degli azzurri, la potenza è nulla senza controllo...
Nel girone degli azzurri, la potenza è nulla senza controllo…

 

49. Comunque, nel girone dell’Italia la situazione si fa intricata. Questa “diapositiva” illustra bene come stanno le cose prima dell’ultima giornata.

Svizzera – Francia 2-5

La nuova filosofia zen di Benzema e di tutta la Francia
La nuova filosofia zen di Benzema e di tutta la Francia

50. Il curioso caso di Karim Benzema: con un pizzico di fortuna in più sarebbe senza dubbio il capocannoniere di Brasile 2014. Dopo la “quasi tripletta” contro l’Honduras, il centravanti del Real Madrid ha segnato il 6-2 nella strabordante vittoria francese contro la Svizzera proprio in concomitanza con il triplice fischio finale dell’arbitro. Gol naturalmente non convalidato: ma la filosofia con cui Benzema sta prendendo queste piccole disavventure è quella di una Francia diversa, meno boriosa e più pratica, che nonostante l’assenza di Ribery e senza i favori del pronostico, ha destato una delle migliori impressioni della parte iniziale di Brasile 2014. E si è messa in tasca la qualificazione agli ottavi.

Honduras – Ecuador 1-2

Enner Valencia, bomber Mondiale
Enner Valencia, bomber Mondiale

51. Ed è proprio parlando di possibili capocannonieri che non ti aspetti, che chiudiamo il resoconto odierno. Enner Valencia entra nella nostra lista della spesa, anzi balza di prepotenza al primo posto, visto che l’età (25 anni) e la militanza con i messicani del Pachuca, suggeriscono un prossimo assalto delle squadre europee. I due gol con cui il brevilineo attaccante, cresciuto in patria nell’Emelec, ha “ribaltato” l’Honduras, si aggiungono a quello segnato contro la Svizzera e ad un repertorio che indica come le squadre a caccia di una punta scaltra e veloce, debbano fare in fretta a telefonare al suo procuratore.

Dopo Spagna '82, l'Honduras si è "sbloccato" in un Mondiale
Dopo Spagna ’82, l’Honduras si è “sbloccato” in un Mondiale

52. Una delle nostre storie riguardanti le partite d’esordio si è rivelata profetica. Nel segno di “di padre in figlio”, Carlo Costly è tornato a fare gol per l’Honduras in un Mondiale dopo 32 anni. L’ultima volta, in Spagna, in squadra c’era il padre di Carlo, Anthony: la vera dinastia del calcio in Honduras.

Categories
#Contromondiali Fabio Belli

#Contromondiale 04: #Pepe, #Testata, #Müller, #Mehrdad, #GolVeloce, #USA, #CR7, #Messi, #Beckerman #Stoke

di Fabio Belli

Argentina – Bosnia 2-1

Messi si è presentato al Maracanà con un capolavoro
Messi si è presentato al Maracanà con un capolavoro

20. Che sia un segno del destino? Nei precedenti due Mondiali disputati, Messi aveva finora realizzato solamente un gol. La partita contro la Bosnia in verità è stata abbastanza pigra per il fenomeno argentino, ma il gol del momentaneo 2-0 è stato un autentico capolavoro, probabilmente con quello di Van Persie, il più bello della competizione fino a questo momento. E per di più, segnato al Maracanà, dove gli “hinchas” argentini si sono riversati in massa, facendo sentire praticamente a casa l’albiceleste. Leo sa che questa del Mondiale brasiliano è la montagna che deve scalare per entrare nella storia, e soprattutto vincere l’eterno confronto con un certo Diego Armando Maradona. Il primo passo, in barba agli scettici, è stato compiuto.

Germania – Portogallo 4-0

La testata di Pepe a Muller in versione Lego
La testata di Pepe a Muller in versione Lego

21. All’elenco delle “testate famose” si aggiunge quella di Pepe a Thomas Müller. Tutt’altro fascino, e soprattutto tutt’altra potenza rispetto alla testata per eccellenza, quella rifilata da Zinedine Zidane a Marco Materazzi nella finale del 2006. Ma tant’é: è bastata l’intenzione, ed il gesto ha fatto già il giro del mondo, tanto da meritarsi già una rappresentazione con i celeberrimi mattoncini lego. Il colpo non ha di certo influito sulle capacità di Müller, che ha realizzato la prima tripletta di Brasile 2014.

La stampa portoghese non usa giri di parole
La stampa portoghese non usa giri di parole

22. A onor del vero, la testata di Pepe ha scatenato una serie di polemiche sull’arbitraggio del serbo Milorad Mazic, inflessibile con i lusitani e con Pepe, che aveva appoggiato la sua testa su quella di Müller per invitarlo a rialzarsi per una presunta simulazione, e prima ancora nell’assegnare un rigore piuttosto dubbio ai tedeschi. La reazione della stampa portoghese non ha però alimentato le polemiche, ed anzi ha enfatizzato la delusione per la prestazione di Cristiano Ronaldo e compagni. Il primo confronto a distanza con Messi per CR7 è stato impietoso, e i dubbi sulla sua precaria condizione fisica, dopo una stagione massacrante con il Real Madrid, si moltiplicano.

Iran – Nigeria 0-0

Mehrdad: nome profano, cuore da poeta
Mehrdad: nome profano, cuore da poeta

23. E’ stato necessario attendere la tredicesima partita ed il quinto giorno dei campionati del mondo per assistere a un pareggio, per giunta a reti bianche. In una competizione inizialmente spettacolare come non mai, una mosca bianca. Il gioco difensivo dei persiani ha pagato (37% di possesso palla contro il 63% nigeriano), ma a rischiare tantissimo sono stati gli africani su palla inattiva. A rubare la scena in Italia, per la curiosa assonanza del cognome, è stato Mehrdad Pouladi. La sua dichiarazione premondiale è stata, poeticamente: “Il calcio è fatto per essere amato da me e mi ricambia con uguale spinta”. Per la serie, dai diamanti non nasce niente, da Mehrdad nascono i fior…

Ghana – Stati Uniti 1-2

Prima del gol di Dempsey al Ghana, la classifica delle reti più veloci di tutti i tempi ai Mondiali
Prima del gol di Dempsey al Ghana, la classifica delle reti più veloci di tutti i tempi ai Mondiali

24. Clint Dempsey segna al 28”: è il gol più veloce di questi Mondiali, come è facile immaginare, ed il quinto in assoluto più rapido in 84 anni di competizione. Il più veloce resta Hakan Sukur, in gol dopo 11” nella finale per il terzo posto del Mondiale 2002. Nella tabella dei gol-lampo dei Mondiali, Dempsey affianca Bryan Robson.

A Chicago la folla attende Ghana-Stati Uniti
A Chicago la folla attende Ghana-Stati Uniti

25. Del crescente interesse per il calcio negli USA si parla ormai da circa quarant’anni, e non sempre con cognizione di causa. I primi caroselli risalgono al mondiale nippocoreano del 2002, nel quale gli yankee raggiunsero il miglior risultato dell’era moderna e per valore assoluto, considerando “sperimentale” l’edizione del 1930: i quarti di finale. I ragazzi del soccer non sono comunque più un passatempo per

Il più grande americano dai tempi di Abrahm Lincoln?
Il più grande americano dai tempi di Abrahm Lincoln?

eccentrici: a Chicago e nelle maggiori città, il rito di ritrovarsi per seguire la partita in pubblico, all’europea, prende sempre più piede. Entusiasmo dimostrato anche da come la pagina dedicata al match winner contro il Ghana, John Anthony Brooks Jr., è stata modificata dai supporters USA su Wikipedia.

Beckerman, stella del team USA
Beckerman, stella del team USA

26. I nostri consigli per gli acquisti continuano con un centrocampista a dir poco pugnace. Kyle Beckerman colpisce per il look, con i lunghi dreadlocks che gli ballonzolano sulla schiena e volano in aria ad ogni tackle. Ma oltre alle treccine c’è di più: sulle orme di Alexi Lalas, già noto al pubblico italiano per il suo passaggio al Padova, la vera passione di Beckerman sono la musica (non si separa mai dalla sua chitarra, portata anche come bagaglio ai Mondiali) ed i viaggi, ma rispetto al difensore degli anni ’90, la sua sostanza calcistica è ben più tangibile. Dominatore della zona mediana, è al massimo della maturità professionale, come dimostra il suo ormai eccellente senso della posizione. Unica perplessità con l’età: a trentadue anni non può essere considerato un investimento a lungo termine, ma i club che fossero interessati ad un acquisto già pronto e maturo, farebbero bene a bussare alla porta della sua squadra, il Real Salt Lake, nello Utah.

Verso Russia 2018

Dopo Qatar 2022, ci saranno Inferno 2034 e Stoke 2038?
Dopo Qatar 2022, ci saranno Inferno 2034 e Stoke 2038?

27. Il tweet del giorno è quello di un certo “Jon”, che ironizzando sulle scelte recenti delle sedi Mondiali da parte del massimo organismo calcistico internazionale, si è guadagnato oltre 2000 retweet ipotizzando: “Se la FIFA continua di questo passo, ci saranno: Russia 2018, Qatar 2022, Iran 2026, Corea del Nord 2030, Inferno 2034 e Stoke 2038”. Chissà se i cittadini di Stoke-on-Trent, e di conseguenza i tifosi del City, l’hanno presa a ridere.

Categories
Fabio Belli Le Finali Mondiali

2002: Brasile-Germania 2-0. La finale delle finali e il ritorno del Fenomeno

di Fabio Belli

Il Guerin Sportivo, “bibbia” italiana dello sport per eccellenza, li chiamò in una memorabile copertina “gli immondiali“. L’edizione asiatica, la prima di tutti i tempi fuori dal circuito Europa-America, riportò in effetti la rassegna iridata indietro di circa quarant’anni. Ovvero, a Cile 1962, quando arbitri, fattore campo e polemiche sull’organizzazione finirono con lo svilire lo spettacolo. A Giappone e Corea del Sud non si poterono certo imputare lacune organizzative, anche se la logistica, con i lunghi spostamenti tra i due paesi, risultò particolarmente faticosa per tutte le partecipanti. Ma i coreani furono sospinti da arbitraggi sin troppo consenzienti, che li trascinarono fino ad un inimmaginabile, alla vigilia, quarto posto finale.

Brasile "pentacampeao" nel 2002
Brasile “pentacampeao” nel 2002

Si arrivò all’atto conclusivo soprattutto nel segno di Moreno e Ghandour: due arbitri, un ecuadoregno ed un egiziano, che fecero insorgere Italia e Spagna nelle gare degli ottavi e dei quarti, con due direzioni di gara che non si vedevano appunto dai tempi dell’inglese Aston, che fece prendere a pugni in faccia David e Maschio dal cileno Jorge Toro e dai suoi compagni esaltati da tanta impunità. Ma anche gli Stati Uniti, rivelazione del torneo, si videro pesantemente penalizzati nei quarti di finale contro la Germania, e le emozioni finirono con lo scarseggiare. L’impresa del Senegal nella partita inaugurale contro una Francia svuotata dal doppio titolo Mondiale ed Europeo, ed il quarto di finale tra Brasile ed Inghilterra furono alcuni tra i pochi momenti memorabili dell’edizione nippocoreana del 2002.

In tutto questo, Brasile e Germania andarono avanti nel segno delle loro caratteristiche peculiari: allegria e spensieratezza per la Selecao, solido pragmatismo per i teutonici, che dopo la delusione di Euro 2000, aprirono un nuovo ciclo segnato dai gol di Miroslav Klose, la fantasia di Bernd Schneider e le parte di Oliver Kahn, autore di grandi prodezze nel cammino verso Yokohama e la finalissima. Nella squadra allenata da Felipe Scolari, gli elementi decisivi che si combinarono assieme furono quattro. La formidabile spinta sulle fasce di Cafu e Roberto Carlos, l'”addomesticamento” di Denilson, da genio incompreso a playmaker di lusso, anche se ancora un po’ intermittente, il duo Rivaldo-Ronaldinho, genialità allo stato pure, e soprattutto il ritorno del Fenomeno. A un anno dal terribile incidente nella finale di Coppa Italia tra Inter e Lazio, Ronaldo ha trascinato a un passo dallo scudetto i nerazzurri, prima dello psicodramma del 5 Maggio 2002 di nuovo contro i biancocelesti, stavolta fortunatamente solo sportivo.

Ronaldo, tornato assoluto protagonista nei Mondiali del 2002
Ronaldo, tornato assoluto protagonista nei Mondiali del 2002

Ma ai Mondiali Ronaldo spazzò via tutti i dubbi sulla sua tenuta fisica tornando a fare quello che gli riesce meglio: i gol. Si arrivò a Yokohama con Brasile e Germania di fronte. Dopo tante polemiche e delusioni, l’epilogo fu affascinante per due motivi. Si trovavano faccia a faccia le due squadre con più Mondiali in bacheca assieme all’Italia, e nonostante si trattasse di due Nazionali assiduamente presenti nella competizione (i brasiliani addirittura non ne hanno mai saltata una), era il primo confronto iridato in assoluto fra tedeschi e verdeoro, che mai si erano scontrate in nessuna delle edizioni fino ad allora disputate.

Una finale inedita e di assoluto prestigio, quando per il terzo e quarto posto si erano trovate di fronte la Corea del Sud, come detto sospinta da arbitraggi che definire “casalinghi” è riduttivo, e l’incredibile Turchia di Hakan Sukur, poi medaglia di bronzo. E le analogie rispetto al 1962 continuarono fino alla fine, poiché come allora fu il Brasile a salvare il prestigio della competizione, laureandosi Campione del Mondo a suon di magie (da Garrincha & Amarildo a Rivaldo & Ronaldinho), e sfruttando come allora gli errori in finale di quello che era stato il miglior portiere della competizione. Quarant’anni dopo Schrojf, toccò a Oliver Kahn cadere sotto i colpi di Ronaldo, autore di una doppietta che ne segnò la rinascita come l’Araba Fenice. Ma dopo tante prodezze, stavolta ai meriti del Fenomeno si sommarono i demeriti del portiere tedesco, che aveva preso anche le noccioline tirate dagli spalti contro americani e coreani, per poi incappare nella più classica delle papere al momento decisivo. Corsi e ricorsi della storia: di uniche restano le stranezze del Mondiale asiatico, e le prodezze di un Brasile da record, divenuto nella notte di Yokohama “Pentacampeao“.

Categories
Fabio Belli Le Finali Mondiali

1998: Francia-Brasile 3-0. Le “sliding doors” di Ronaldo e Zinedine Zidane

di Fabio Belli

A sedici anni di distanza da quello che è stato l’ultimo Mondiale vinto da chi giocava in casa, si può dire che quello della Francia nel 1998 è stato davvero il delitto perfetto. E’ vero, il Brasile ha ottime chance per riprovarci nell’edizione ormai prossima, e la globalizzazione del calcio negli ultimi 28 anni ha portato il Mondiale in nazioni (Messico, Stati Uniti, Corea del Sud, Giappone, Sudafrica) senza squadre in grado di capitalizzare il fattore campo. Ma restando ai tempi moderni, tedeschi e italiani possono guardare con invidia a quanto costruito attorno ai “bleus” dai francesi in quell’estate di fine anni novanta.

L'Equipe de France per la prima volta Campione del Mondo
L’Equipe de France per la prima volta Campione del Mondo

E’ stato il delitto perfetto perché prima di loro c’erano riusciti anche inglesi ed argentini, ma facendo leva molto di più sul fattore ambientale. L’albiceleste del ’78 andò ai limiti del regolamento ed oltre, se ricordiamo la “marmelada peruana“, senza scomodare le pressioni del regime di Videla. L’Equipe de France ’98 si avvalse di una macchina organizzativa d’efficienza al pari solo di quella teutonica di Monaco ’74, quando tutto andò come doveva andare senza scomodare arbitri o strane manovre, fatta eccezione per una robusta inzuppata nel campo nella partita che di fatto valeva come una semifinale, contro la Polonia. La Francia fu impeccabile: squadra sempre protetta dal tifo incessante dello stadio nuovo di zecca, lo “Stade de France” di Saint Denis, buon sorteggio sfruttato al meglio col primo posto nel girone, nessuna nevrotica deviazione da Parigi, alla stregua dell’Italia nel ’90.

Certo, sportivamente parlando, un paio di sbandate ci furono. Innanzitutto Zinedine Zidane, chiamato ad arrivare dove neppure Le Roi Michel Platini era riuscito ad arrampicarsi, che si fa cacciare per un fallo di reazione contro l’Arabia Saudita, non esattamente una partita in grado di produrre chissà quali pressioni. Quindi, le sofferenze negli ottavi contro il Paraguay del monumento Chilavert, vittoria al golden goal, e contro l’Italia nei quarti, quando gli azzurri giocarono troppo tardi la carta Roberto Baggio, e dopo un assedio lungo un’ora e mezza e dei supplementari coraggiosi, videro infrangersi i loro sogni sulla traversa di Gigi Di Biagio. Ancora i rigori condannarono gli azzurri, per la terza volta consecutiva: passato lo “spaghetto”, i francesi ribaltarono una semifinale pazza contro la Croazia. Pazza perché Suker e compagni si fecero beffe della pressione di Saint Denis passando in vantaggio, ma si ritrovarono battuti da una doppietta di Lilian Thuram, uno che col gol, di mestiere, confidenza non doveva proprio averne.

Così, quando a Saint Denis si deve giocare la finalissima, qualcuno nell’Equipe de France comincia ad avere un po’ paura. Il super-Brasile di Ronaldo, Denilson, Cafu, Edmundo, Bebeto (ma non Romario), ha giocato solo un ottavo di finale degno della sua fama. Il Fenomeno viene da una stagione in cui l’Inter ne ha potuto toccare con mano la forza d’urto, accontentandosi però solo di una Coppa UEFA. Stellare la prova di Ronaldo contro la Lazio, ma i rimpianti per la sfida con la Juventus per lo scudetto restano, e riguardano soprattutto gli arbitri. Alla vigilia della finale però, una certezza sembra farsi strada: Ronaldo e Zidane devono riscattare in finale un Mondiale fino a quel momento non all’altezza.

Zidane in cima al mondo il 12 luglio del 1998
Zidane in cima al mondo il 12 luglio del 1998

Un film molto in voga di quegli anni era “Sliding Doors“: Gwyneth Paltrow si ritrova in una storia improntata sui bivi infiniti del destino. E come quella sera le vite di quei due straordinari campioni divergano nettamente, è sbalorditivo. Tanto si apre una stagione di successi, vittorie e prodezze per Zidane, tanto una di amarezze, dolore, infortuni e obiettivi mancati per Ronaldo. In quella che è la stranissima, ancestrale simbologia dei Mondiali, la storia cambierà quattro anni dopo, quando dopo la Champions League vinta con lo storico gol al Leverkusen da Zidane con la maglia del Real Madrid, il francese sarà costretto a una mesta passerella da infortunato in Asia, mentre Ronaldo, dopo quattro stagioni amarissime, passate quasi tutte in infermeria, tornerà il Fenomeno.

Ma a Saint Denis il 12 luglio del 1998 le “sliding doors” del destino sono tutte per Zizou. Ronaldo, lo si saprà poi in uno scandalo di proporzioni planetarie, sta in piedi per miracolo. Vuoi lo stress, vuoi le infiltrazioni per le fragilissime ginocchia, prima della partita è stato colto da convulsioni violentissime in albergo: qualche compagno di squadra pensava fosse morto. Schierarlo in campo in quelle condizioni, di fronte agli occhi del mondo intero, resta un’offesa eterna a quello che è stato il suo straordinario talento. Zidane invece arriva nelle migliori condizioni psicofisiche possibili: la squalifica paradossalmente lo ha fatto arrivare fresco e riposato alle partite chiave, e arrivati all’intervallo ha già bucato due volte di testa un incredulo Taffarel. E’ il delitto perfetto, nemmeno l’assenza in difesa di Blanc, che ha baciato nel suo rituale immancabile la “pelata” del portiere Barthez in borghese perché squalificato, intacca le sicurezze transalpine. La cavalcata finale di Emmanuel Petit per il gol del 3-0 è quella di una Nazione intera verso una gloria rincorsa vanamente per 68 anni. Zidane finisce in cima al mondo, Ronaldo in fondo alla scaletta di un aereo: per rialzarsi, al Fenomeno serviranno i quattro anni più lunghi della sua vita.