di Fabio Belli
Tifare Espanyol a Barcellona non è affatto un supplizio come si potrebbe credere paragonandone il palmares con i rivali cittadini del Barca. E’ una scelta di orgoglio e distinzione in cui la voglia di rivendicare l’appartenenza alla Spagna, intesa come nazione, è forte ma non porta certo a rinnegare le radici Catalane. E’ la consapevolezza di appartenere ad una comunità che non si contrappone agli avversari di sempre ma si diversifica. Significa possedere uno stadio, il “Cornellà-El Prat” (o RCDE Stadium) ed un modello di settore giovanile invidiato in Europa oltre che in tutta la Spagna.
Certo, i vertici toccati dal Barca restano un sogno, ma le quattro Coppe del Re, le due finali di Coppa UEFA e le 84 stagioni di Primera Division disputate nella storia fanno dell’Espanyol uno dei principali club iberici. Questo nonostante la forbice a livello tecnico e soprattutto mediatico con i rivali blaugrana si sia allargata come non mai negli ultimi anni. Pochi anni fa il Barcellona di Guardiola è stato considerato da molti uno dei club più forti di tutti i tempi. Questo a torto o a ragione ma, comunque, si tratta di un livello sul quale il piccolo Espanyol non può neppure sognare di issarsi. Un divario che ha avuto anche le sue ripercussioni sui derby, con le vittorie dei biancazzurri sempre più rare e, per questo, ancor più gustose, come quella al Camp Nou (l’ultima ottenuta in casa del Barcellona, finora) contraddistinta da una doppietta di Ivan De la Pena.
In questo scenario anche “certi” pareggi possono valere come una vittoria. Come quello con il gol di Alvaro che ha impedito dal Barca di espugnare El Prat. O quello celebre nella stagione 2006/07 quando un gol di una delle bandiere dell’Espanyol, Raul Tamudo, costò al Barcellona di Rijkaard la Liga. Il famosissimo Tamudazo, col Real Madrid di Capello ed il Barca in lotta per il titolo e il Siviglia terzo incomodo ma alla fine leggermente staccatosi nelle ultimissime giornate. Il Madrid pur con qualche fatica pareggiò con il Saragozza grazie alle prodezze di Van Nistelrooy mentre al Camp Nou era in programma il derby. Il Barcellona si portò avanti anche grazie ad un contestatissimo gol di Messi (effettivamente realizzato con una mano) e sul 2-1 era più che mai in lotta per il titolo.
All’Espanyol l’irregolarità non andò giù: spianare la strada verso il titolo ai rivali di sempre è già un boccone amaro da digerire, farlo subendo un’ingiustizia, poi… E allora la storia finì col compiersi quasi allo scadere della partita: palla tagliata dalla destra, Tamudo elude il fuorigioco e con un delizioso tocco brucia il portiere in uscita. “Que locura!” commentarono i cronisti spagnoli visto che il pari dell’Espanyol arrivò contemporaneamente al pari di Van Nistelrooy a Saragozza, mantenendo inalterate le distanze tra Real e Barcellona a favore dei Blancos. E’ il gol che appunto passerà alla storia come il “Tamudazo”, che fece esplodere la gioia non solo dei tifosi Pericos ma anche dei madridisti che videro materializzarsi a un passo la vittoria nella Liga che soffiarono al Barca allora Campione d’Europa in carica. E in un solo gol venne dunque racchiuso tutto il gusto di tifare Espanyol: essere il topolino che terrorizza e a volte atterra l’elefante.