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#Contromondiali Fabio Belli

#Contromondiale 20: #Olanda, #Brasile, #Cillessen, #Germania, #Argentina, #Messi, #Götze, #Klose, #Rihanna, #Maradona, #GER

di Fabio Belli

Brasile – Olanda 0-3

La "tensione" di Cillessen per gli attacchi del Brasile
La “tensione” di Cillessen per gli attacchi del Brasile

128. La “finalina” per il terzo posto dei Mondiali è una strana bestia: in nessuna altra competizione sportiva il ko in semifinale lascia tanto amaro in bocca, e infatti alla vigilia nessuno sembra voglia giocare quella che appare come un’inutile passerella. Poi invece, in campo la sfida si riaccende, e almeno quella medaglia di bronzo si vuol provare ad afferrarla. Solitamente, chi arriva più scarico perde: accadde in tempi recenti a Bulgaria, Corea del Sud e Portogallo, già paghe della semifinale, è successo anche stavolta al Brasile, ma per motivi opposti. Dopo la più grande umiliazione di sempre per la Selecao, è arrivato un nuovo disastro di fronte agli orange alleggeriti dalla tensione della semifinale, e di nuovo micidiali in contropiede. L’immagine del portiere Cillessen seduto in stile giardini pubblici col supporto del palo, è indice di quel poco che è riuscito a creare il Brasile nelle due partite decisive, quelle che dovevano portarlo sulla strada dell’Hexa.

Trovate Waldo ancora una volta
Trovate Waldo ancora una volta

129. Non è stato “Maracanazo”, ma un’umiliazione ben diversa, che paradossalmente ha solleticato l’orgoglio della torcida, che per il senso del dramma tipicamente sudamericano, digerirà sempre meglio una profonda umiliazione che una sconfitta stile 1950, quando le mani erano già sulla coppa. E così al Maracanà, nonostante i tedeschi avessero inflitto loro la peggior sconfitta della storia, non ci sono stati dubbi. Il “nemico” era e restava l’Argentina, come testimoniato dal tifoso che non ha avuto paura di scatenarsi in mezzo agli “hinchas” dell’albiceleste.

Olanda di nuovo sul podio
Olanda di nuovo sul podio

130. L’Olanda ha piazzato un primato, facendo giocare tutti e 23 i convocati, prima squadra a mettere in atto una soluzione simile ai Mondiali. La squadra di Van Gaal partiva a fari spenti, l’impressione è che forse il bersaglio grosso si poteva afferrare più questa volta che 4 anni fa, quando la Spagna dava una sensazione di superiorità generale difficile da smentire. Ma un secondo e un terzo posto tra 2010 e 2014 dimostrano come la scuola dei Paesi Bassi sia sempre all’avanguardia. Da 40 anni il sogno è però sempre uno, e continua a sfuggire come una saponetta bagnata. Vedremo se dove non sono arrivati Cruijff, Van Basten e Robben, riusciranno finalmente ad arrivare i giovani fenomeni del futuro.

Germania – Argentina 1-0 dts

Deutschland Weltmeister
Deutschland Weltmeister

131. Come avviene ormai da Francia 1998, dire “ha vinto la squadra migliore” è consuetudine della finale. Dopo un secondo e due terzi posti, la Germania conquista il quarto titolo Mondiale, raggiungendo l’Italia e dando finalmente un senso a dodici anni di straordinaria continuità nella competizione. I tedeschi arrivavano in Brasile tra le favoritissime, ma hanno giocato un Mondiale un po’ col freno a mano tirato. Due strepitose prestazioni, contro il Portogallo (favorita però da un arbitraggio oltremodo severo con i lusitani) e soprattutto Brasile, la Partita della Storia di questo Mondiale, e un’eccellente prova contro la Francia. Ma il balbettare già visto contro Ghana ed Algeria si è ripetuto al cospetto degli argentini, in tre diverse occasioni capaci di graziare Neuer a tu per tu. Ha vinto quella che nell’ultimo decennio si è imposta come una scuola capace di arrivare sempre tra le prime quattro tra Mondiali ed Europei, dal 2006 in poi. Mancava la vittoria, ed è arrivata. Facendo cadere anche l’ultimo tabù: mai un’europea aveva vinto nel continente americano.

L'ha decisa Mario Gotze
L’ha decisa Mario Gotze

132. A decidere la partita, Mario Gotze, classe ’92, talento della new wave tedesca quest’anno passato dal Borussia Dortmund al Bayern Monaco, un po’ discontinuo, ma l’unico forse in grado di spezzare l’equilibrio che gli argentini avevano imposto al match. Ha deciso la partita su un assist di Schurrle, anche lui subentrato dalla panchina: segno che chi ha le alternative e le fa valere, spesso mette le mani sul piatto.

Klose ora è a tutti gli effetti una Leggenda
Klose ora è a tutti gli effetti una Leggenda

133. Dopo una stagione opaca nella Lazio, in molti pensavano che Miroslav Klose sarebbe stato un’alternativa di lusso per la Germania del “falso nueve” Muller. Invece il centravanti di origini polacche si è imposto da titolare, con la sua presenza come riferimento in avanti capace di far girare tutta la squadra. E’ arrivato anche il record di gol nei Mondiali, una storia fantastica se ci si pensa. Nel 2002, l’ultima finale giocata e persa dalla Germania, Klose era in campo. Quella partita fu vinta dal Brasile con doppietta di Ronaldo, lanciato a sua volta verso il sorpasso a Gerd Muller. Nel 2014, Klose si prende il primato come marcatore di tutti i tempi del Mondiale segnando il gol del sorpasso in semifinale al Brasile sotto gli occhi di Ronaldo… e in finale, conquista anche la Coppa, chiudendo un cerchio lungo dodici anni.

Messi ha visto sfilare via il treno della storia
Messi ha visto sfilare via il treno della storia

134. Non ci siamo dimenticati naturalmente di uno dei leit-motiv di questa rassegna iridata. Messi vs Maradona, un cavallo di battaglia che è venuto spontaneo cavalcare dopo l’eccellente girone eliminatorio disputato dalla “pulga”. Mai il quattro volte Pallone d’Oro aveva avuto un tale approccio ai Mondiali, e si era pensato che la prospettiva di riportare l’Argentina sul tetto del mondo nella tana del Brasile fosse troppo ghiotta per non sfruttarla. E invece, dopo la giocata ammazza-Svizzera nei supplementari degli ottavi, l’asso del Barcellona si è eclissato, sprecando il match-ball col Belgio, facendosi imbrigliare dalla gabbia di Van Gaal in semifinale, ed infine senza prendere per mano la squadra nell’appuntamento decisivo, con tanto di clamorosa occasione fallita a tu per tu con Neuer. L’occasione irripetibile è perduta: in Russia Messi potrà provare di nuovo, con ogni probabilità, a diventare campione del Mondo, ma difficilmente le porte dell’Olimpo, quello vero, dove solo cinque-sei calciatori sono stati finora ammessi, si apriranno per lui.

I media brasiliani possono vendicarsi
I media brasiliani possono vendicarsi

135. All’Argentina lo “scherzetto” di festeggiare al Maracanà non è riuscito davvero d’un soffio. Le occasioni mancate da Higuain, Messi e soprattutto Palacio agiteranno a lungo i sogni dei tifosi dell’albiceleste. Che si erano presentati dall’inizio dei Mondiali con questo irriverente coro verso i rivali di sempre: «Brasil, decime qué se siente; tener en casa a tu papá. Te juro que aunque pasen los años; nunca nos vamos a olvidar… Que el Diego te gambeteó, que Canni te vacunó; que estás llorando desde Italia hasta hoy. A Messi lo vas a ver, la Copa nos va a traer; Maradona es más grande que Pelé» (traduzione “Brasile, dimmi cosa senti ad avere in casa tuo papà / Ti giuro che anche se passano gli anni, non ci dimenticheremo mai / Che Diego ti ha dribblato, che Canni (Caniggia, ndr) ti ha infilzato, che stai piangendo da Italia ’90 / Ora vedrai Messi, la Coppa ci porterà, Maradona è più grande di Pelè“). Un tormentone che i giornali argentini hanno utilizzato anche dopo l’1-7 in semifinale: ovvio che dopo il gol di Gotze, sia arrivata la vendetta…

A Rihanna piace vincere facile
A Rihanna piace vincere facile

136. A proposito di tifo, cosa avrà mai fatto l’Argentina a Rihanna? In semifinale avevamo segnalato come la popstar si fosse schierata in favore degli olandesi, con un esperimento di photoshop riuscito solo in parte. I colori della bella cantante sono cambiati per la finale: presente al Maracanà, Rihanna ha tifato in maniera sfrenata per la Germania, con tanto di festeggiamenti finali con i giocatori. Difficile capire il perché, sono le stranezze della febbre-Mondiale.

"22 men chase a ball for 90 minutes and at the end, the Germans always win.".
“22 men chase a ball for 90 minutes and at the end, the Germans always win.”.

137. Alla fine comunque, ha vinto questo signore qua. Grazie a tutti voi che avete seguito il “Contromondiale” di Storie Fuorigioco! Appuntamento in Russia, dai che tra 1419 giorni ci risiamo!

 

 

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#Contromondiali Fabio Belli

#Contromondiale 18: #Maraca-Nazi, #Mineirazo, #Brasile, #Germania, #Klose, #BrasileGermania, #BRAGER, #Scolari, #Maracanà

di Fabio Belli

Brasile – Germania 1-7

Scene mai viste sulle tribune del Mineirao
Scene mai viste sulle tribune del Mineirao

117. Tanta carne al fuoco, e non potrebbe essere altrimenti. Peggiore sconfitta nella storia del calcio brasiliano, maggiore scarto nel punteggio tra due semifinaliste (superato il record del 1930, quando entrambe le semifinali terminarono 1-6), record individuale di gol nella storia dei Mondiali. Soprattutto, l’incubo di una nuova umiliazione casalinga che si avvera a 64 anni di distanza dal Maracanazo. Evocato, temuto, un’ossessione per i brasiliani nonostante dopo quella tragedia sportiva siano arrivati cinque titoli mondiali. Tanto che il Brasile esce di scena da un Mondiale in casa atteso ben più di mezzo secolo senza averci mai giocato, al Maracanà: una scelta di calendario impensabile, e forse sarebbe stato meglio togliersi il dente subito, invece di aspettare una vendetta in finale, un eccesso di ottimismo considerando lo spessore tecnico della Selecao di quest’anno. E invece quel Brasile-Uruguay resterà l’ultima partita giocata dai verdeoro in un Mondiale nel tempio del calcio di Rio de Janeiro, e per chissà quanto tempo.

"Noi tedeschi non siamo tutti grandi sorrisi e allegria"
“Noi tedeschi non siamo tutti grandi sorrisi e allegria”

118. Le ironie in rete si sono sprecate, e qualcuno ha sfoderato un irriverente, splendido “Maraca-Nazi”. I tedeschi, sonnacchiosi seppur sempre efficaci per tutto il Mondiale, dopo due pareggi contro Ghana e Algeria e due vittorie di misura contro Stati Uniti e Francia, hanno sprigionato tutta la loro potenza. L’impressione è che dopo il 2-0 di Klose, gli avversari abbiano avuto un tracollo psicologico senza eguali nella storia del calcio, e dunque in vista della finale andranno soppesati gli eccessi d’entusiasmo. Ma i tedeschi sono in finale per l’ottava volta nella loro storia, e la quarta stella potrebbe far cadere un tabù: quella della prima squadra Europea vincente nel continente americano. Se l’avversario sarà l’Olanda sarà storia in ogni caso, altrimenti l’Argentina potrebbe mantenere in piedi un tabù considerato eterno.

Il miglior marcatore di tutti i tempi nella storia dei Mondiali
Il miglior marcatore di tutti i tempi nella storia dei Mondiali

119. Già, parliamo di Miroslav Klose. In questo Mondiale, di fatto, si è visto all’opera il più grande cannoniere di sempre della storia della Coppa del Mondo. Meglio di Pelé, meglio di Gerd Muller, soprattutto meglio di quel Ronaldo quasi in lacrime come commentatore sulla tribuna del Mineirao di Belo Horizonte, non certo per il record passato di mano, ma per la storica umiliazione della Selecao. Un primato del genere che viene tramandato tra le due Nazionali dei due protagonisti, uno sotto gli occhi dell’altro: basterebbe questo per rendere eterna la serata del “Mineirazo”. Ma c’è incredibilmente di più, perché in questo incredibile 1-7 è andato a segno anche colui che potrebbe venire nella linea di successione del record dopo Ronaldo e Klose: Thomas Muller, 24 anni e già dieci gol in Coppa del Mondo: salvo sorprese, difficile pensare che il record prima o poi non finirà nelle sue mani.

Scolari invita Bernard a guardare in faccia la realtà
Scolari invita Bernard a guardare in faccia la realtà

120. Analizzare le cifre tedesche è sicuramente più facile rispetto a quelle brasiliane. Mai la Selecao aveva perso con tale scarto, neanche in amichevole. Averlo fatto in una semifinale in casa è una macchia che accompagnerà i componenti di questa squadra a vita, come avvenne per gli sfortunati protagonisti del 1950. Scolari, finora considerato uno degli attuali “grandi vecchi” degli allenatori nel mondo, si è visto ridicolizzato dagli avversari con azione stile calcetto, che ad un Mondiale non si vedevano dai tempi di Polonia-Haiti 7-0, Jugoslavia-Zaire 9-0 e il record assoluto, Ungheria-El Salvador 10-1. Appunto, Haiti, Zaire, El Salvador: il fatto che a questa allegra combriccola si sia aggiunto il nome della squadra con più titoli mondiali, è al limite del paradosso.

Come i tedeschi hanno preso casa nell'area brasiliana per tutto il primo tempo
Come i tedeschi hanno preso casa nell’area brasiliana per tutto il primo tempo

121. L’assenza di Thiago Silva, il vero fuoriclasse di una difesa nella quale il grintoso David Luiz è stato forse sopravvalutato (oppure è stato lui a giocare un paio di partite al di sopra delle sue possibilità), la scelta di sostituire Neymar con l’idolo di Belo Horizonte Bernard, acerbo e poco propenso alla copertura, sono fattori tecnici che sicuramente pesano. Ma come detto all’inizio, la peggior disfatta del calcio brasiliano e forse mondiale è figlia di un fattore psicologico troppo contrario: arrivati in semifinale, sembrava impossibile ai brasiliani che si materializzassero i fantasmi di 64 anni fa, a meno di perdere la finale all’ultimo minuto contro l’Argentina. Mai stuzzicare gli dèi del calcio, sempre pronti a lasciare senza parole i poveri mortali che pensano di sapere ormai già tutto.

 

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#Contromondiali Fabio Belli

#Contromondiale 16: #Germania, #Hummels, #DavidLuiz, #Zuniga, #BRAvsCOL, #JamesRodriguez, #Locusta, #Neymar

di Fabio Belli

Francia – Germania 0-1

Moderato entusiasmo teutonico
Moderato entusiasmo teutonico

102. Germania, parliamone: per la quarta volta consecutiva tra le prime quattro dei Mondiali, è dal 1954 che i tedeschi figurano ininterrottamente tra le prime otto del mondo. Esatto, da sessanta anni la Germania arriva immancabilmente ai quarti di finale (1962, 1978, 1994, 1998), in semifinale (1958, 1970, 2006, 2010), in finale (1966, 1982, 1986, 2002), oppure si laurea campione (1954, 1974, 1990). Restando alla striscia attuale, è anche vero che dopo un secondo e due terzi posti, a Berlino sognano di tornare ad alzare un trofeo, eventualità che manca paradossalmente da diciotto anni (Euro 1996) e da ventiquattro in Coppa del Mondo. Ma la scuola tedesca, anche più di quella brasiliana, è quella che ha mostrato maggiore continuità in assoluto all’appuntamento Mondiale. E’ affascinante che le porte del Maracanà si spalancheranno dopo un epico scontro diretto.

Ronaldo vs. Klose: come nel 2002, sarà Brasile-Germania. Miro ci sarà, il Fenomeno ha smesso da tempo
Ronaldo vs. Klose: come nel 2002, sarà Brasile-Germania. Miro ci sarà, il Fenomeno ha smesso da tempo

103. Brasile e Germania nella storia dei Mondiali si sono affrontate solo una volta, incredibile se si pensa che si tratta assieme all’Italia delle nazionali più presenti in assoluto nella competizione. Era la finale del 2002 a Yokohama, e di fronte c’erano Ronaldo e Miro Klose: un incrocio mitico, se si pensa che si sono scontrati i due migliori marcatori della storia dei Mondiali. Per Klose l’occasione del sorpasso, dopo l’aggancio avvenuto nel match contro il Ghana, si presenta proprio contro la Selecao. Ma allora i brasiliani vinsero imponendo un tasso tecnico superiore: di sicuro si scontreranno il meglio della scuola europea, tattica ed organizzata fino all’estremo, e quella sudamericana, avvolgente e un po’ incosciente nella ricerca del risultato. Lo si è visto in questi due quarti di finale: una partita a scacchi l’europea Francia-Germania, una carnevale di ripartenze, errori e giocate esotiche Brasile-Colombia.

Hummels, un gol vittoria da manuale del calcio
Hummels, un gol vittoria da manuale del calcio

104. Un pensiero in realtà se lo meriterebbero anche i francesi, che in questo Mondiale alla fine hanno fatto niente di più e niente di meno di ciò che ci si attendeva. Le figuracce del passato sono un ricordo, e la freschezza di Valbuena, Griezmann e la potenza di Benzema restano tra le note positive di questo Mondiale. Ma l’esame di maturità è stato fallito, visto che la squadra di Deschamps è uscita di scena, dopo aver sfruttato un calendario favorevole, al primo avversario di vero, grande spessore. L’eroe dei quarti è stato Mats Hummels: difensore del Borussia Dortmund, può entrare nella lista della spesa solo ed esclusivamente dei top club. Il suo stacco di testa è stato un pezzo di alta scuola, ma meglio ancora è stata la sua prestazione da manuale in difesa. E’ grazie a giocatori così, che spesso lavorano nell’ombra, che si vincono i Mondiali.

Brasile – Colombia 2-1

La locusta in gol con James Rodriguez: primo insetto della storia a segno in un Mondiale
La locusta in gol con James Rodriguez: primo insetto della storia a segno in un Mondiale

105. La squadra più bella di questo Mondiale, con la rivelazione più gustosa, esce di scena di fronte a un Brasile che ha dimostrato di meritare un posto tra le prime quattro come mai aveva fatto nelle partite precedenti. Chi ama il calcio avrebbe voluto che Brasile-Colombia non finisse mai, tanta è stata l’intensità del match, soprattutto nel primo tempo. E quando la cannonata di David Luiz sembrava aver chiuso i conti, il rigore di “Ames” ha tenuto tutti col fiato sospeso fino alla fine. Tanto che in molti hanno avuto una strana sensazione: cos’era quella roba sulla spalla del fenomeno colombiano, dopo il penalty trasformato. I fermo immagine, passata la trance agonistica, ha risolto un mistero: una locusta grande più o meno come un barboncino, il primo insetto ad andare in gol in un Mondiale. Da mettere agli atti.

David Luiz lo dice a tutti: è "Ames" il fenomeno
David Luiz lo dice a tutti: è “Ames” il fenomeno

106. Tornando all’aspetto tecnico, l’eredità lasciata dalla Colombia alla competizione è molto interessante. Pekerman ha messo in campo una squadra rapida, travolgente nei cambi di fronte, tradita solo da una difesa non all’altezza e, probabilmente, dall’assenza di Falcao, con Teofilo Gutierrez volenteroso, ma non all’altezza dell’asso del Monaco. Non è servito neppure avere quello che, Messi permettendo, è stato finora il miglior giocatore del Mondiale. “Ames” Rodriguez a fine partita si è sciolto in lacrime, abbracciato e consolato dal killer della Colombia, David Luiz, che lo ha indicato a tutto lo stadio di Fortaleza, traboccante d’entusiasmo, ricordando a tutti: “Ok, abbiamo vinto, ma questo qui… è un fenomeno.”

Le repliche in scala di Thiago Silva e David Luiz festeggiano gol e vittoria contro la Colombia
Le repliche in scala di Thiago Silva e David Luiz festeggiano gol e vittoria contro la Colombia

107. Solo nel 1994 si era visto un Brasile simile, più forte dalla cintola in giù, che in attacco. Allora le star si chiamavano Aldair, Cafu, Dunga, Branco. Stavolta, la “zaga” composta da Marcelo, David Luiz, Thiago Silva si è completata alla perfezione con l’esperto Maicon, più concreto rispetto alla svagato Dani Alves degli ultimi tempi. Le vere stelle in questo caso sono comunque i due centrali, ed è simbolico che i gol siano arrivati da loro. Su Thiago Silva si è detto tutto, e da tempo. La sua assenza per squalifica peserà come un macigno in semifinale. David Luiz ha forse meno classe nelle chiusure, ma si propone in maniera micidiale palla al piede, e la sua grinta l’ha reso un idolo assoluto della Torcida. La sua punizione del 2-1 è una gemma, ed i cinquanta milioni di euro pagati dal Paris Saint Germain al Chelsea per averlo, sembrano sempre più giustificati. Nel 1994, tanta solidità veniva bilanciata da Romario in attacco. Stavolta, c’era Neymar. C’era, perché…

Il momento incriminato: Zuniga interviene su Neymar
Il momento incriminato: Zuniga interviene su Neymar

108. … perché i corsi e ricorsi della storia spesso sono crudeli. Alla vigilia di Francia-Germania è tornato d’attualità il fallo-killer di Schumacher su Battiston nel 1982, neanche sanzionato dall’arbitro nella semifinale di quell’edizione. Rischia di costare altrettanto caro alla Selecao, e sempre in favore dei tedeschi, la ginocchiata che ha rotto una vertebra (!) a Neymar da parte del colombiano Zuniga. Il Mondiale perde un protagonista, con Neymar che a dispetto della giovane età era riuscito a prendere per mano una squadra come detto sopra equilibrata come non mai, ma senza quel pizzico di “magia” in avanti tipico della Selecao. E l’incubo che il Brasile si porta dietro dall’inizio della competizione, si trasferisce ora al Minerao di Belo Horizonte, martedì prossimo.

Di fronte all'ospedale a Fortaleza, la gente aspetta per Neymar. Non arriveranno buone notizie
Di fronte all’ospedale a Fortaleza, la gente aspetta per Neymar. Non arriveranno buone notizie

109. Eh sì, perché dal 2002 il Brasile non si piazzava tra le prime quattro del mondo, e come detto contro la Colombia la squadra di Scolari ha meritato solo applausi, giocando con classe e personalità, e non con la paura vista in precedenza di chi si sente “condannato” a vincere perché gioca in casa. Ma per il Brasile, la delusione del 1950 è un fantasma che si può quasi sentire e toccare per le strade. E non per niente, l’enorme passione popolare con cui la gente sta seguendo la squadra in questa avventura, trasuda sofferenza di stampo del tutto europeo. Della folle ed entusiastica, spesso un po’ troppo spaccona, atmosfera con cui di solito vengono vissuti i Mondiali in Brasile, è rimasta giusto qualche traccia. La gente “vuole” vincere non tanto per centrare l’Hexha, che prima o poi arriverà: ma l’occasione di vincere in casa e cancellare “quella” partita, il Maracanazo che nessuno neanche più neanche nomina mentre l’obiettivo si avvicina, è irripetibile. La folla radunatasi di fronte all’ospedale che ha sancito il ko definitivo di Neymar, è in questo senso emblematica. Un’ansia che i tifosi della Selecao sperano si trasformi in energia pura, come è già avvenuto negli stadi di tutto il paese nelle precedenti partite, anche nella semifinale contro la Germania da affrontare senza l’asso dell’attacco e Thiago Silva.

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#Contromondiali Fabio Belli

#Contromondiale 14: #ottavi, #Brasile, #Cile, #JulioCesar, #Ames, #Colombia, #Ochoa, #Hupolland

di Fabio Belli

Brasile – Cile 1-1 dts (4-3 dcr)

Brasile, aiuti dall'"alto"?
Brasile, aiuti dall'”alto”?

87. Se la traversa di Pinilla all’ultimo minuto dei tempi supplementari fosse entrata, come l’avremmo chiamato? “Mineirazo”? Di sicuro lo spettro del “Maracanazo” i padroni di casa potranno scrollarselo di dosso solo vincendo il Mondiale; d’altra parte, sin dalla partita contro la Croazia, c’è “qualcosa”, una forza ineluttabile, che sembra voler tenere in gioco i padroni di casa. L’arbitraggio di Webb è stato perfetto, stavolta sono stati i legni ed uno strepitoso Julio Cesar a tenere in vita la Selecao e a buttare fuori il Cile di Sampaoli, per organizzazione tattica forse la più bella realtà di Brasile 2014.

 

La resurrezione di Julio Cesar
La resurrezione di Julio Cesar

88. Già, Julio Cesar: togliersi sassolini dalle scarpe prima della fine di una competizione è sempre pericoloso, ma il portiere che con l’Inter ha messo in fila 14 trofei, dopo aver compiuto cose davvero grandi contro il Cile, si è lasciato andare ad un pianto liberatorio. Metà per quello che ha passato, metà per quello che sta passando: la pressione di ritrovarsi fuori squadra nel Queens Park Rangers, ed allenarsi da solo al parco e implorare un prestito al Toronto per giocare in vista dei Mondiali; e quella dovuta agli occhi addosso di una nazione intera, che sogna solo di mettersi alle spalle quella parola, sempre e solo quella parola: “Maracanazo”.

Colombia – Uruguay 2-0

"Ames" eroe nazionale in Colombia
“Ames” eroe nazionale in Colombia

89. Si chiama James Rodriguez, ma tutti lo chiamano “Ames”, perché la J alla spagnola diventa muta. Nulla a che vedere con James Bond, ma questo nuovo idolo latino è da tempo noto a chi segue il calcio. E conosce la qualità degli osservatori del Porto nello scovare talenti in Sudamerica. Di sicuro chi “Ames” l’ha scoperto ai Mondiali è arrivato davvero tardi, considerando che su di lui si sono già riversati i rubli del Monaco, dove ha già sfornato nell’ultima stagione gol e soprattutto assist a ripetizione. Di sicuro, mai come in questi Mondiali Rodriguez ha trovato la continuità del fuoriclasse vero. Con quello di Van Persie alla Spagna e quello dell’australiano Cahill all’Olanda, la sua bordata infilatasi tra la mano tesa di Muslera e la traversa irrompe sul podio dei gol più belli di Brasile 2014. E tra Neymar, Messi, Robben e Muller, “Ames” è pronto a giocarsi la palma di stella del Mùndial.

Campioni in salsa "Come Eravamo"
Campioni in salsa “Come Eravamo”

90. L’Uruguay di Tabarez ha ceduto invece a un certo tremendismo. Dopo la vittoria contro l’Italia, la difesa di Suàrez è andata oltre il buonsenso, e questo non ha giocato all’ambiente, oltre che a una squadra appesantita dal ritorno di un Forlan non più proponibile a certi livelli. Addirittura al Maracanà era stato provato a vietare l’ingresso di tifosi con la maglia del “pistolero” del Liverpool: misura forse eccessiva. La squalifica di nove partite, e soprattutto il divieto di accesso per quattro mesi alle manifestazioni sportive di qualsiasi tipo (una sorta di “Daspo” internazionale) restano una punizione esemplare, ma inevitabile per tanta recidività. E l’umorismo della rete nel frattempo impazza…

Olanda – Messico 2-1

C'è qualcosa che ci spinge a simpatizzare per l'Olanda...
C’è qualcosa che ci spinge a simpatizzare per l’Olanda…

91. Così come il Brasile, anche l’Olanda sembra sospinta da una forza di galleggiamento che la riporta a galla nei momenti difficili. Il secondo tempo contro la Spagna è stato un autentico capolavoro, contro Australia e Messico invece Van Gaal ha trovato la giocata giusta al momento giusto. Stavolta, a salvare la baracca è stato il redivivo Sneijder, colpevole la difesa messicana a non serrare le fila proprio nei minuti finali dopo il gol di Giovani Dos Santos, ma una “stecca” così il dieci olandese non la tirava dai tempi nerazzurri. Nel frattempo, l’Olanda sembra aver già vinto il Mondiale delle bellezze allo stadio, e delle tifose in generale. Difficile non simpatizzare per gli orange, con tali supporters..

Mexico power!
Mexico power!

92. Va detto che col Messico il Mondiale perde una vagonata di protagonisti. Dal piojo Herrera in panchina, all’incredibile Ochoa che anche stavolta si è esibito in parate al limite del possibile. Svincolato, il portiere messicano è stato al centro di un appello di un tifoso dell’Ajaccio, in Francia, che per trattenerlo ha messo ufficialmente in vendita casa… e tutta la famiglia. Il Messico oltre che squadra simpatia (la campagna “peperoncini messicani vs. arance” ha scatenato moltissimi sorrisi su Twitter) ha dimostrato di essere anche organizzato e ben orchestrato da Herrera. Gli affondi di Robben hanno fatto cedere gli argini sul più bello: e il tabù ottavi di finale persiste per la “Tri”, fuori subito dopo la fase a gironi per il settimo anno consecutivo.

 

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Fabio Belli Le Finali Mondiali

1962: Brasile-Cecoslovacchia 3-1. Willy Schrojf, antieroe per caso

di Fabio Belli

Non tutti i campionati del mondo di calcio sono uguali fra loro, e d’altronde sono proprio le edizioni ordinarie a rendere tali quelle memorabili. In alcuni casi l’eccezionalità viene sfiorata, ma non raggiunta: se nel 1934 l’Italia non avesse saputo reagire al gol cecoslovacco di Puč nell’ultimo quarto d’ora di gioco della finale, forse sarebbe stata la partita dello stadio Nazionale, e non il “Maracanazo”, a passare alla storia come la più grande delusione di sempre del gioco del calcio. Nel 2010, un’Olanda forte ma non trascendentale arrivò ad un passo dal superare la leggendaria “Arancia Meccanica” del 1974 ed i suoi eredi del 1978. Nel 2002, il rischio di una finalissima tra Corea del Sud e Turchia fu più concreto di quanto non si pensi.

Seconda "Rimet" al cielo per il Brasile
Seconda “Rimet” al cielo per il Brasile

Nulla di tutto questo accadde, e quelle edizioni del Mondiale raramente sono citate in maniera enfatica nelle memorie degli sportivi. Un qualcosa di simile accadde nel 1962, quando a Santiago del Cile la Cecoslovacchia, allenata da un consumato stratega come Rudolf Vytlačil, si ritrovò a tentare di fare lo sgambetto ad un Brasile già lanciato verso la leggenda. Fu un Mondiale anomalo in tutti i sensi: a partire dalla location, un Cile allora troppo ai margini delle grandi del calcio, ma che grazie allo sforzo enorme di un giovane dirigente di origine tedesca, Carlos Dittborn Pinto, che tragicamente non arrivò a veder compiuto il suo capolavoro, riuscì ad allestire una macchina organizzativa funzionante. Poi per la caduta di stelle: l’Italia di Altafini e l’Urss di Jašin, che pagarono lo scandaloso fattore campo imposto dai cileni. La Spagna che, senza Di Stefano infortunatosi all’ultimo momento, perse il suo potenziale e vide il fuoriclasse di origine argentina mancare l’ultima occasione per disputare un Mondiale. E poi l’Inghilterra di Moore e Charlton, l’Ungheria ormai spogliata dei suoi fuoriclasse. Ed infine, Pelé, infortunatosi e costretto, per un brutto stiramento, a saltare quella che doveva essere la sua inevitabile consacrazione, dopo l’impresa di quattro anni prima in Svezia che lo svelò al mondo.

Una presa plastica di Willy Schrojf
Una presa plastica di Willy Schrojf

In un tale scenario, la Cecoslovacchia era riuscita a compiere il delitto perfetto, mettendo in fila Spagna, Ungheria e Jugoslavia, perdendo nelle eliminatorie col Messico, ma pareggiando contro il Brasile: già, quel Brasile che, nonostante un Garrincha in stato di grazia che nei quarti di finale aveva praticamente battuto da solo l’Inghilterra, sembrava meno imbattibile di quanto apparisse alla vigilia. Rispetto al 1958 erano cambiati solo due uomini (dentro Zòzimo e Mauro Ramos, fuori Bellini e Orlando), e il CT, Moreira. Ma l’assenza di Pelé poteva significare tutto, anche se il coniglio nel cilindro di Moreira si chiama Amarildo Tavares da Silveira. Ovvero, l’unico che per caratteristiche e temperamento può permettersi di non far rimpiangere la “perla nera”.

Vytlačil è uno che sa farsi i conti in tasca, sa di avere una squadra con soli due fuoriclasse: la leggenda del calcio boemo Josef Masopust, e lo slovacco di Bratislava Viliam “Willy” Schrojf, considerato ancora il miglior portiere cecoslovacco di sempre. Spettacolare, a volte anche troppo negli interventi, ha giocato fino a quel 16 giugno del 1962 un Mondiale strepitoso. Vytlačil si affida a lui per una partita di contenimento e ripartenze. Ha perfino bluffato sul caso della vigilia riguardante Garrincha: espulso nella semifinale contro il Cile, l’ala sarebbe squalificata, ma viene clamorosamente riabilitata con un annullamento delle sanzioni disciplinari per la finalissima. Invece di scandalizzarsi, i ceki danno il loro benestare: Vytlacil sa che la corrida contro i cileni ha fatto a pezzi Mané, che sotto la guardia di Novàk e Jelìnek, dopo un Mondiale da fuoriclasse, finirà con il giocare una delle partite più scialbe della sua carriera.

Ma tornando all’inizio, va detto che la gloria quando ti passa tra le mani, bisogna saperla afferrare. Metafora perfetta per un portiere, ma Vytlačil non può nutrire dubbi su Schrojf, che contro la Jugoslavia in semifinale ha portato praticamente da solo la squadra oltre l’ostacolo. Tutto si mette bene quando i compassati ritmi brasiliani si infrangono sul dinamismo ceko nella rarefatta aria di Santiago. Pospìchal a centrocampo sa quando Masopust può sganciarsi, i due si intendono a memoria e al quarto d’ora Gilmar deve già raccogliere il pallone in fondo al sacco. Questo però è anche il momento in cui lo straordinario e l’ordinario si fondono, e la storia, che sembrava indirizzata verso la sorpresa, si rimette al proprio posto grazie al “colpevole” più inatteso. Neanche 2’ dopo dalla prodezza di Masopust, Schrojf si fa sorprendere da un tiro scoccato quasi dalla linea di fondo da Amarildo. La parabola è pregevole e qualcuno prova ad assolvere l’estremo difensore da responsabilità eccessive.

In quel momento però, il destino è già scritto: si compie definitivamente nella ripresa, quando ancora Amarildo dalla linea dell’out riesce ad “uccellare” un imbambolato Schrojf. Stavolta la palla non è indirizzata in rete, ma per l’accorrente Zito è un gioco da ragazzi spingerla in fondo al sacco da due passi. Il disastro-Schrojf si completa su un cross quasi innocuo di Djalma Santos, che gli sfugge letteralmente dalle mani: la sintesi perfetta della gloria che, al momento di essere afferrata, può essere scivolosa come una saponetta. E Vavà completa l’opera, con il tap-in del 3-1. Il Brasile diventa la seconda squadra dopo l’Italia ad alzare al cielo la Coppa Rimet per due volte consecutive, e Cile 1962 resterà per sempre l’edizione in cui, dopo essere accaduta ogni tipo di follia, tutto alla fine è andato esattamente come doveva andare: al contrario del destino di Schrojf, che dopo aver afferrato di tutto al Mondiale e nella sua carriera, si fece sfuggire proprio i palloni più importanti.

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Fabio Belli Le Finali Mondiali

1958: Brasile-Svezia 5-2. E tutto il mondo cantò “Didì, Vavà, Pelé, Garrincha”

di Fabio Belli

La nascita di un mito spesso avviene in circostanze irriconoscibili sul momento. Il “Rasundastadion” di Stoccolma (anzi Solna, nella municipalità della capitale, ma un po’ fuori città) il 29 giugno del 1958 era gremito all’inverosimile, ma gli spettatori ebbero la sensazione di trovarsi di fronte ad un copione già scritto. Troppo forte il Brasile per la Svezia padrona di casa, già soddisfatta di essere arrivata a giocarsi il titolo di fronte al proprio pubblico. Eppure mai più gli svedesi arriveranno così in alto; mai più una squadra sudamericana vincerà il Mondiale in Europa, né una europea vincerà in Sudamerica (bisognerà aspettare i Mondiali in Asia e in Africa per altre affermazioni intercontinentali). Soprattutto, quella fu la vittoria per eccellenza di una squadra che si esauriva in una filastrocca che anche un bambino poteva declamare: Didì, Vavà, Pelé, Garrincha.

Dopo un'attesa iniziata nel 1930, il Brasile mette finalmente le mani nel 1958 sulla Coppa Rimet
Dopo un’attesa iniziata nel 1930, il Brasile mette finalmente le mani nel 1958 sulla Coppa Rimet

Il 1958 per il Brasile doveva essere l’anno della rivincita. La squadra del 1954 non era all’altezza di quella che nel 1950 diede vita al sanguinoso “Maracanazo”, la finale persa in casa, la più grande delusione calcistica di tutti i tempi. Stavolta i verdeoro sono forse ancora più forti, ma il più grande nemico dei brasiliani resta sempre… il Brasile. La Selecao in Svezia sente il peso dei favori del pronostico, e contro l’Inghilterra al primo turno, un pari 0-0 dice quello che il tecnico Vicente Feola in fondo sa già: i brasiliani non sono imbattibili neanche questa volta.

Pelé durante i mondiali in Svezia
Pelé durante i mondiali in Svezia

Serve un elemento di rottura, che nei quarti di finale si palesa in uno splendore fino ad allora sconosciuto. Un ragazzino di diciassette anni e otto mesi di nome Edson Arantes do Nascimiento, ma già chiamato da tutti Pelè. Che contro il Galles, quando l’atroce delusione era già in cottura, toglie le castagne dal fuoco a Feola e a tutta una Nazione. E’ nato il mito, Dìdì-Vavà-Pelé-Garrincha, un suono musicale che il popolo brasiliano ritma con gioia già dalla semifinale spumeggiante, vinta 5-2 contro la Francia del capocannoniere del Mondiale, Just Fontaine.

Ma a tutto questo, gli spettatori del Rasundastadion non pensano. Quante grandi squadre poi hanno mancato la trasformazione in mito. Oltre al “Maracanazo”, il naufragio dell’”Arancycsapat” di quattro anni prima è ancora freschissimo, e così quando Nils Liedholm dopo neanche 3’ buca i guanti di Gilmar, più di qualcuno inizia a pensare all’ennesimo scherzo del destino. Ma come detto, al Rasundastadion ancora non sanno chi sono Didì-Vavà-Pelé-Garrincha. Il primo è la mente della squadra, nel calcio di oggi sarebbe improponibile per lentezza, ma la sua lucidità nel guidare il gioco è forse tutt’ora ineguagliata. Il secondo non aveva qualcosa posseduta dagli altri tre, ovvero la tecnica sopraffina, ma possedeva qualcosa che gli altri non avevano, l’opportunismo fulmineo in area di rigore. Il terzo diventerà il più importante calciatore del mondo proprio quel giorno, ed il quarto era e resterà il più grande dribblatore della storia, che in Vavà aveva già il terminale perfetto per i suoi assist.

Ma tutto questo, gli spettatori del Rasundastadion ancora non lo sanno: e non lo sanno neppure quando al 9’ Vavà ha già pareggiato i conti. Cominciano ad intuirlo quando la solita asse Garrincha-Vavà poco dopo la mezz’ora firma il sorpasso. La certezza arriva quando in apertura di ripresa Pelé realizza uno dei più strabilianti gol della storia dei Mondiali. Stop di petto in anticipo su Gustavsson, rimbalzo e pallonetto a scavalcare Axbom e poi sfera scagliata in rete. La prima perla di assoluta purezza della “perla nera”. La partita finisce 5-2 con gol finale proprio di Pelè, e Didì-Vavà-Pelé-Garrincha passa da hit brasiliana a mondale nel giro dei cinque giorni trascorsi tra la semifinale e la finale. Oggi il Rasundastadion neanche esiste più: il mito invece, una volta nato, è destinato a durare per sempre.