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Calciatori Jean Philippe Zito

Vasilis Chadzipanagis, il talento che unì la Grecia al Kaftanzoglio

di Jean Philippe ZITO

A causa della mia età, non sono stato in grado di godermelo al meglio. Tuttavia ho parlato con molte persone che non vedevano l’ora che arrivasse la domenica, così da poter andare al “Kaftanzoglio”. Riuscì a unire i fan di tutte le squadre, dal nord al sud della Grecia. Tutti avevano una squadra preferita, ma, nello stesso tempo, erano desiderosi di vedere giocare l’Iraklis solo per lui. Quando guardavi Vasilis Chadzipanagis, non eri preparato per quello che sarebbe successo. In un decennio senza copertura televisiva delle partite di calcio e, ovviamente, senza YouTube, c’erano così tanti trucchi e abilità che il popolo greco non aveva mai visto prima. Fino a quando Chadzipanagis non è venuto a giocare per l’Iraklis e ce li ha mostrati.” Il giornalista sportivo Costas Bratsos ci riassume così, in poche righe, il talento calcistico del fantasista greco nato in Unione Sovietica.

Chadzipanagis nasce il 26 Ottobre del 1954 in Uzbekistan, nella capitale Tashkent. Figlio di due esuli greci scappati per motivi politici dalla dittatura dei colonelli, trova nella Repubblica Socialista Sovietica Uzbeka la sua nuova casa. Vasilis è molto bravo palla al piede, ha un talento naturale. Notato in giovanissima età dagli osservatori del Pakhtakor, viene immediatamente ingaggiato per le giovanili.

A diciassette anni può già debuttare nel massimo campionato sovietico, ma una legge della dittatura comunista impone ad ogni tesserato di essere in possesso del passaporto dell’URSS. Dopo un’attenta riflessione i genitori di Vasilis concedono al figlio di prendere la cittadinanza uzbeka, rendendo così possibile l’esordio del figlio nella Vysšaja Liga (la prima divisione del calcio sovietico).

Quando vedo i difensori di fronte a me, voglio dribblare ognuno di loro”. Lo sfrontato Vasilis ha ben chiaro quali sono le sue capacità e non ha paura di stravolgere il rigido ambiente del calcio uzbeko, per questo motivo è chiaro fin da subito che il suo talento fuori dalla norma lo porterà sempre più ad essere protagonista.

In breve tempo il suo estro viene paragonato a quello del celebre Oleh Blokhin, anche in Nazionale decidono quindi di dargli un possibilità nonostante la consuetudine di dare precedenza ai giocatori sovietici impegnati in campionati più blasonati. Dopo tre stagioni, con 96 presenze e 22 gol con il Pakhtakor, a 18 anni Chadzipanagis esordisce nella Nazionale olimpica.

Nella gara vinta dall’URSS contro la Jugoslavia per 3 a 0 del 1975, valida per le qualificazioni alle Olimpiadi di Montreal del 1976, Vasilis segna un gol che gli regala ulteriore fama internazionale. In Grecia nel frattempo la situazione politica si sta stabilizzando; uscendo dalla dittatura dei colonnelli la penisola ellenica vive un nuovo percorso di democratizzazione.

Per questo motivo la famiglia Chadzipanagis non può rimanere insensibile di fronte alla proposta dell’Iraklis di Salonicco. Vasilis accetta il trasferimento, a 19 anni torna in Grecia accolto da un folla festante. Bratsos racconta: “Ha ottenuto uno status leggendario ancor prima del suo arrivo a Salonicco per firmare per l’Iraklis. C’erano 3.000 tifosi che lo aspettavano alla stazione ferroviaria all’una del mattino!”.

Vasilis Chadzipanagis inizia a giocare per i biancoazzurri di Salonicco nel Dicembre del 1975 e nello stadio di casa, il Kaftanzoglio, si registra il tutto esaurito. Nella sua prima stagione l’Iraklis in campionato si piazza all’ottavo posto in classifica, mentre riesce a conquistare un prestigioso risultato in Coppa di Grecia: la finale.

Il 6 maggio del 1976 arriva anche l’esordio con la Nazionale greca nell’amichevole contro

la Polonia vinta per 1 a 0, il pubblico di Atene è in delirio per le giocate dell’ala sinistra. Poche ore dopo la partita però, al “Nureyev del calcio” è stata notificata una comunicazione ufficiale della FIFA per una violazione del rigido regolamento dell’epoca: Vasilis non avrebbe più potuto giocare per la Grecia a causa delle sue presenze, l’anno precedente, con la squadra olimpica dell’URSS.

Poche settimane dopo, il 9 giugno del 1976, si gioca ad Atene la finale della Kypello Ellados. L’Iraklis affronta l’Olympiacos, lo spettacolo offerto dai giocatori in campo è eccezionale, la prestazione di Chadzipanagis impressionante.

Nel 4 a 4 finale Chadzipanagis segna due gol d’incredibile e rara bellezza per il calcio dell’epoca, e ai calci di rigore conseguenti (durante i quali fallisce il tiro decisivo dagli undici metri) la squadra di Salonicco si aggiudica la sfida ad oltranza. Dopo sei mesi Vasilis alza al cielo la sua prima (ed unica) coppa vinta da calciatore.

Con il passare degli anni giungono all’Iraklis offerte da molte squadre ester blasonate: Arsenal, Lazio, Porto, Stoccarda…Per acquistare il cartellino del numero 10 dai capelli lunghi e riccioluti c’è la fila. Purtroppo i contratti professionistici del calcio greco sono vincolanti e vincolati. È quasi impossibile per un calciatore liberarsi senza avere l’approvazione della società d’appartenenza. Chadzipanagis è quindi costretto a rimanere a Salonicco.

Nelle 15 stagioni di militanza con l’Iraklis gioca 286 partite segnando 62 gol. Nell’era “Vania” l’Iraklis conosce una retrocessione per illecito sportivo nel 1979/80, ma anche uno storico 3° posto nella stagione 1983/84 e un particolare record personale: 7 gol segnati direttamente da calcio d’angolo.

Nello stesso anno arriva anche un riconoscimento internazionale: Vasilis viene invitato ad un’amichevole per l’Unicef tra i New York Cosmos e il Resto del Mondo ed anche in quest’occasione viene accolto come una vera e propria star.

“Mi dispiace di non aver potuto indossare la maglia nazionale greca più di una volta. E mi dispiace di non aver avuto una carriera all’estero. Mi sarebbe piaciuto giocare in un campionato migliore, godermi il calcio anche a quel livello. Se potessi riportare indietro l’orologio, farei le cose in modo diverso”.

Nel 1990 Chadzipanagis appende gli scarpini al chiodo. Dopo nove anni però, il 14 Dicembre del 1999, torna in Nazionale durante un’amichevole tra la Grecia e il Ghana, gioca per poco più di 20 minuti in un Kaftanzoglio sold out per onorare l’immensa classe dell’ex calciatore dell’Iraklis.

Nel 2004, a 50 anni dalla formazione della UEFA è stato onorato insieme a giocatori del calibro di Bobby Moore, Just Fontaine, Ferenc Puskás, Johan Cruyff ed Eusébio del titolo di “Golden Player”.

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Club Jean Philippe Zito

Il Paok Salonicco, dal mito di Koudas al titolo atteso 34 anni

di Jean Philippe ZITO

“A Salonicco cristiani, ebrei, e musulmani hanno convissuto per secoli. Fino al 1943, quando tutti gli ebrei della città vennero deportati, soprattutto ad Auschwitz. Per la prima volta dal 1430, quando il sultano Murad II varcò trionfalmente le sue porte, la città era ritornata completamente greca. Ma fino ad allora le rive del Mediterraneo avevano ospitato una metropoli dove s’incrociavano minareti e cipressi, sinagoghe e monasteri, capitelli romani e chiese bizantine…”. Mark Mazowe nel libro “Salonicco città di fantasmi”, ci narra come la seconda città più popolata della Grecia sia stata contaminata per secoli nel suo tessuto sociale e urbano.

Dalla Torre Bianca (monumento simbolo), fortezza costruita dagli Ottomanni nel XV secolo, alla Chiesa greco-ortodossa di San Demetrio (patrono della città); dalla Tomba di Galerio (mausoleo Romano), fino alla Moschea Alatza Imaret, questo melting pot è ancora tangibile.

Salonicco è conosciuta anche come Symprotevousa (Συμπρωτεύουσα), ovvero co-capitale, retaggio culturale ereditato dall’Impero Ottomano; era considerata infatti alla pari di Costantinopoli. Oggi è il capoluogo della Macedonia Centrale e, inevitabilmente, ha visto crescere nei secoli contrasti tra le varie etnie.

Nella patria delle Olimpiadi le società sportive nascono prevalentemente come polisportive. La particolare mutazione demografica intercorsa a partire dal primo decennio del ‘900, confluisce di conseguenza anche nei gruppi agonistici organizzati.

Nel 1908, ancora sotto dominazione ottomana, nasce la prima squadra di calcio di Salonicco, l’Iraklis. I fondatori scelgono come colori sociali il bianco e l’azzurro della bandiera greca, spinti dall’orgoglio indipendentista. Il simbolo è Eracle (Iraklis, Ηρακλής in greco), semidio della mitologia greca.

Alcuni atleti dissidenti dell’Iraklis fuoriescono dalla polisportiva, creandone un’altra. Contrappongono al semidio Eracle (Ercole per i Romani), il dio della guerra Ares come simbolo della nuova associazione. Nasce così, nel 1914, l’Aris di Salonicco che identifica le proprie radici storico-culturali nel periodo glorioso di Alessandro Magno, usando i colori giallo e nero di Bisanzio dell’epoca ellenica, facendoli diventare propri.

La terza società, che assieme alle altre due si divide la città di Salonicco, è il PAOK erede dell’Hermes Sports Club, squadra di calcio dei greci di Costantinopoli.

Il Club Atletico Pan-tessalonicese dei Costantinopolitani (PAOK), viene fondato nel 1926 dai rifugiati della guerra greco-turca. Al termine del conflitto, nel 1922, circa 1 milione di greci si stabiliscono in Macedonia e in Attica. Lo scambio di popolazione tra Grecia e Turchia è impressionante, sono circa 2 milioni le persone interessate. I cristiani ortodossi si insediano in Grecia, chi professa la fede musulmana va in Turchia.

Ecco quindi spiegata la scelta cromatica del PAOK: Il bianco rappresenta la speranza in un nuovo avvenire, il nero del lutto della guerra e per la sofferenza subita.

Il primo emblema del PAOK raffigurava un quadrifoglio e un ferro di cavallo. Le foglie erano verdi e sopra di loro c’erano le iniziali della squadra. Kostas Koemtzopoulos, primo presidente del club, ha avuto questa idea ispirato dal suo marchio di sigarette.

Nel 1929 viene scelto l’odierno emblema, l’aquila a due teste simbolo di Costantinopoli.

Questa complessa suddivisione delle squadre di calcio a Salonicco, ha portato ad una distribuzione del tifo nella città. Nella parte est (Sykies) si trovano i tifosi dell’Iraklis, una minoranza rumorosa; nella parte nord-ovest ci sono i tifosi dell’Aris e nella zona sud, quella vicino al porto, i caldi supporters del PAOK.

I derby sono molto sentiti, soprattutto tra Aris e il PAOK che giocano stabilmente la SuoperLega greca, mentre l’Iraklis da anni è relegato nelle serie minori a causa di costanti problematiche societarie.

La rivalità è ancor più forte nei confronti delle tre squadre di Atene: l’AEK, il Panathinaikos e l’Olympiakos Pireo, che per decenni si sono spartiti le vittorie in campionato lasciando pochissimo spazio alle altre squadre. Infatti l’Alpha Ethniki non ha visto altri vincitori oltre alle 3 squadre della capitale. Solamente nel Campionato Panellenico ha prevalso una squadra diversa. L’Aris Salonicco che è stato campione di Grecia in tre diverse edizioni: 1927/28, 1931/32 e 1945/46.

Nella Salonicco della fine degli anni ’50, un dodicenne inizia la trafila nelle giovanili del PAOK. Giorgos Koudas vive ad Agios Pavlos, un sobborgo di Salonicco, proviene da una famiglia povera che riesce a sopravvivere esclusivamente grazie ai fondi del Piano Marschall; il boom economico che sta investendo la Grecia per loro è solo un miraggio.

Nel 1963 a 17 anni Koudas esordisce in prima squadra. I tifosi del PAOK simpatizzano immediatamente con quell’agile ala destra, che fa della fantasia e del dribbling i suoi punti di forza. Nelle prime due stagioni, trascorse in pianta stabile in prima squadra, Koudas si è dovuto accontentare di due ottavi posti in campionato.

Nella stagione 1965/66 Giorgos con i suoi 13 gol aiuta il PAOK ad arrivare 6°, partecipando con un gol alla vittoria contro l’odiato Olympiakos per 3 a 2.

A 19 anni la sua carriera è definitivamente esplosa, molti addetti ai lavori iniziano ad interessarsi al suo precoce talento.

Per il talento della “Dikefalos tou vorra” l’estate del 1966 si rivela essere molto turbolenta.

È profondamente combattuto; da una parte vorrebbe continuare a giocare con la squadra per cui fa il tifo, cercando di portare un titolo nella Salonicco bianco-nera, dall’altra i problemi economici che ciclicamente affliggono la propria famiglia non gli consentono di vivere agiatamente: “Io e la mia famiglia abbiamo sopportato molto e siamo arrivati al punto di privarci anche del cibo”, ha dichiarato Koudas.

Nella seconda metà degli anni ’60, nel calcio greco non si può parlare ancora di professionismo. Per questo motivo Giorgos è tentato dall’allettante offerta dell’Olympiacos.

La prospettiva di ricevere un lauto stipendio e, nello stesso tempo, di poter giocare nel club più importante del Paese lo fa vacillare, tanto da cedere alle lusinghe.

Koudas si trasferisce al Pireo, iniziando a giocare con i bianco-rossi di Atene alcune amichevoli precampionato. Nel frattempo a Salonicco è scoppiato il putiferio. I tifosi hanno messo a ferro e fuoco la sede del PAOK, scagliandosi contro la società rea di aver ceduto un “figlio di Tessalonica” ai “nemici” di Atene.

Dopo le estenuanti proteste della tifoseria, la dirigenza del PAOK decide di bloccare la cessione, dichiarando di non averla mai avvallata ufficialmente. Koudas quindi fa ritorno a casa, cercando di mettere da parte le inesorabili polemiche interne, convivendoci per un’intera annata.

La stagione 1968/69 lo vede protagonista assoluto, con il record di gol segnati: 26 su 32 presenze tra Campionato e Coppa di Grecia. I tifosi bianconeri lo acclamano re, dedicandogli addirittura il soprannome di “Alessandro Magno”.

La svolta per la carriera del numero 10 e capitano del PAOK avviene con l’arrivo di Les Shannon come tecnico. Sposta Giorgos Koudas da ala destra a trequartista, facendolo diventare il cardine dello sviluppo di gioco della squadra, affidandogli così le chiavi del centrocampo.

Nella stagione 1971/72 arriva anche il primo trofeo: il PAOK vince la Coppa di Grecia in finale contro il Panathinaikos per 2 a 1, grazie proprio ad una doppietta di Koudas.

Due anni più tardi il PAOK vince nuovamente la Coppa nazionale, dopo aver sconfitto l’Olympiakos ai calci di rigore (curiosità: l’unico rigore sbagliato per i bianconeri è di Koudas). Salonicco si è presa una piccola rivincita contro Atene.

La grande rivalsa nei confronti del “triunvirato ateniese” avviene nella stagione 1975/76.

In panchina non c’è più Les Shannon, passato ai rivali cittadini dell’Iraklis. L’ungherese Gyula Lóránt ha preso il suo posto, senza mettere mai in discussione la leadership di Koudas “Alessandro Magno”. Prende parte con15 gol alla marcia trionfale (21 vittorie, 7 pareggi e 2 sconfitte) versi il titolo. Il PAOK diventa campione è la prima Alpha Ethniki vinta da una squadra non ateniese dal 1946.

Giorgos adesso è il simbolo di una squadra, ma anche della città e il 12 Settembre del 1979 diventa un emblema nazionale. Grazie alla vittoria per 1 a 0 della Grecia contro l’URSS, per la prima volta nella sua storia la nazionale ellenica conquista la fase finale di un torneo.

Nel 1984 a 37 anni, dopo 20 di fedeltà al PAOK Koudas appende gli scarpini al chiodo. Durante questo periodo si è guadagnato sul campo il titolo di miglior giocatore di sempre del club. Con 607 partite disputate in tutte le competizioni, è il più presente di chiunque altro nella storia del PAOK, segnando ben 164 gol. L’anno seguente festeggia da semplice tifoso il secondo titolo nazionale dei bianconeri di Salonicco.

Dopo 11 anni dal ritiro, il 20 Settembre del 1995 torna in campo a 48 anni con la Grecia in un amichevole organizzata al Toumba, il caldissimo stadio del PAOK. Gioca con la maglia numero 10 e la fascia di capitano al braccio per quasi mezz’ora. Un epilogo degno di uno dei più grandi interpreti del calcio ellenico.

A seguito dell’increscioso episodio del 12 Marzo 2018 in cui il Presidente del PAOK, Ivan Savvidis, al termine della gara contro l’AEK di Atene è entrato in campo con una pistola in bella vista, minacciando l’arbitro (reo di aver annullato un gol alla sua squadra), i bianconeri di Salonicco hanno ricevuto 3 punti di penalizzazione decisivi per la sfida al vertice della Souper Ligka 2017/18.

Domenica prossima, nel giorno di Pasqua, il PAOK ha la possibilità di vincere il suo terzo Campionato. La sfida contro la penultima Levadiakos sarà quindi decisiva per la conquista del titolo ad una giornata dal termine del torneo 2018/19. Il Toumba sarà tutto esaurito, pronto ad esplodere qualora i padroni di casa riuscissero nell’impresa e su quei seggiolini sarà presente senza dubbio l’Alessandro Magno del calcio.

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Club Fabio Belli

Un gol ogni due minuti: i record di scarto di Estonia, Micronesia e il 149-0 che finì nel Guinness dei Primati

di Fabio Belli

Il calcio di oggi sembra andare decisamente in due direzioni: da una parte, un livellamento che, soprattutto in Europa, porta le qualificazioni mondiali ed europee a mettere in mostra partite vere e muscolari anche quando squadre importanti si trovano opposte ai cosiddetti “microstati”. Le ultime imprese di San Marino, Lichtenstein e soprattutto Far Oer (doppia vittoria contro la Grecia), dimostrano come le cosiddette scampagnate contro elettricisti o falegnami di turno appartengano ormai ad un lontano passato. Dall’alta, la massiccia globalizzazione che ha portato moltissimi esordienti in ogni angolo del mondo a cimentarsi col football, stanno causando un continuo ritocco dei record di maggiore scarto di gol in incontri ufficiali.

Negli ultimi giorni, qualcosa di strano è accaduto nella Coppa di Estonia, e ripetutamente. E’ vero che nel paese baltico i primi turni della competizione vedono club della massima serie opposti a squadre di onesti dopolavoristi, ma in alcune partite si è andati avanti ad un ritmo superiore ad un gol ogni 3 minuti. E’ accaduto nel 31-0 con cui il Paide Linnameeskond si è sbarazzato del Raudteetoolised, ma ancora peggio è andato ai ragazzi del Virtsu Jalgpalliklubi, che contro il club di Serie A locale del Tallinna Infonet è stato costretto a raccogliere per ben 36 volte il pallone in fondo al sacco.

Eventi che sono stati il preludio al nuovo record mondiale stabilito in Oceania pochi giorni fa: nella sfida valevole per i giochi del Pacifico (utile anche come qualificazione ai giochi olimpici di Rio), le Fiji hanno battuto la Micronesia con un clamoroso 38-0. Considerando che praticamente nel match in questione non c’è stato recupero (per bontà dell’arbitro…) si è andati avanti ad un ritmo di un gol ogni 2 minuti e 22 secondi. E’ vero che la nazionale della Micronesia, arcipelago dove il pallone non ha mai fatto parte delle passioni e delle tradizioni degli sportivi locali, è una di quelle di più giovani costituzione e con un movimento neppure paragonabile a quelli dilettantistici. Ma lo scarto contro un avversario comunque a sua volta quasi amatoriale come le Fiji ha stupito il mondo, e soprattutto ha ricavato per la piccola nazionale un posto nella storia.

In un match ufficiale infatti il 38-0 è un record che cancella il 31-0 con cui l’Australia aveva piegato le Samoa Americane nel 2001, e che rappresentava il massimo scarto in un impegno ufficiale tra due Nazionali di calcio. C’è da dire che la Micronesia è recidiva, in quanto ha incassato un clamoroso 0-46 dalla Nazionale di Vanuatu in una sfida che non era però considerata ufficiale. A livello di club, la Coppa di Estonia sopra citata ha raggiunto la leggendaria sfida di Coppa di Scozia del 1885, in cui l’Arbroath (club ancora attivo nelle serie professionistiche scozzesi) travolse 36-0 il Bon Accord, club di Aberdeen.

Il record dei record spetta però a una partita del campionato del… Madagascar: AS Adema – SO de l’Emyrne 149-0. Un risultato incredibile che fa ancora parte del Guinness dei Primati, visto che venne omologato dalla federazione locale nonostante fosse il frutto di un incredibile protesta del So de l’Emyrne, che ad ogni calcio d’inizio buttava sistematicamente il pallone nella propria rete. Protesta che era legata ad una decisione arbitrale nella partita precedente, che era costata alla squadra la possibilità di lottare per il titolo. Una singolare iniziativa che valse un posto nel libro dei record, ma anche la squalifica fino a fine stagione per i giocatori, e per tre anni per il tecnico.

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#Contromondiali Fabio Belli

#Contromondiale 15: #Papastathopoulos, #CostaRica, #Griezmann, #Lineker, #Germania, #Argentina, #Papa, #Fantino, #USA, #Howard

di Fabio Belli

Costa Rica – Grecia 5-3 dcr

La folla oceanica a San José in Costa Rica...
La folla oceanica a San José in Costa Rica…

93. Chi era il più duro a morire? Tra Costa Rica e Grecia bisognava capire solo quello: per il resto tanti punti in comune, dall’incredibile entusiasmo popolare di due Nazioni relativamente piccole, alla storica prima volta ai quarti di finale, per qualunque squadra avesse superato l’ostacolo. Ce l’hanno fatta i Ticos, che in dieci e dopo aver incassato il gol di Papastathopoulos (diventato il giocatore col cognome più lungo ad aver segnato in un Mondiale) ed essere rimasti in dieci, hanno resistito fino ai calci di rigore, proprio quando la Grecia sembrava pronta a confezionare l’ennesimo miracolo. Ed è andata bene.

E quella oceanica allo stadio Panathinaikon di Atene
… e quella allo stadio Panathinaikon di Atene

94. Il calcio riesce a regalare comunque impennate d’orgoglio incredibili: dopo anni di incubi legati alla crisi economica e all’instabilità politica, la Grecia ha accarezzato il sogno del 2004. La notte della vittoria contro la Costa D’Avorio resterà comunque negli annali, così come il tifo dello stadio Panathinaikon, punto di ritrovo per i tifosi ellenici, fermati nel loro sogno da altri piccoli giganti.

Francia – Nigeria 2-0

Con Griezmann in campo è tutta un'altra Francia
Con Griezmann in campo è tutta un’altra Francia

95. I francesi sono così: la “grandeur” appartiene loro per diritto divino, ma solo quando partono a fari spenti, fatta eccezione il Mondiale giocato in casa nel 1998 in cui c’era tutto un intero apparato a sostenerli, riescono a far bene. Contro la Nigeria però la partita è cambiata radicalmente al momento dell’ingresso di un giocatore che entra di diritto nella nostra ormai lunga lista della spesa dei sogni impossibili. Stiamo parlando di Antoine Griezmann, ala guizzante classe ’91 che alla Real Sociedad in Spagna va già per le duecento presenze. In una squadra orfana a sorpresa di Ribery proprio alla vigilia della partenza per il Brasile, la sua presenza ha acceso i tifosi, letteralmente innamorati delle sue invenzioni e accelerazioni. Un giocatore così o si ama o si ama (e già in moltissimi lo conoscevano e lo ammiravano prima del Mondiale), a parte struggersi in quegli inevitabili black out che fanno parte integrante del Talento. Se riuscirà ad irretire anche i tedeschi, sarà davvero nata una (altra) stella.

Germania – Algeria 2-1 dts

La "sentenza" di Gary Lineker
La “sentenza” di Gary Lineker

96. “E alla fine vincono i tedeschi” è una delle citazioni più utilizzate nel calcio. La paternità è di Gary Lineker, che l’ha rilanciata su Twitter anche dopo Germania-Algeria. Da tipico umorista inglese, oltre che da grande attaccante, nella frase di Lineker c’è tutta la verità su una squadra che alle fasi decisive dei Mondiali arriva immancabilmente, ma anche il veleno verso chi, a dispetto delle tante semifinali e finali giocate, ha alzato la Coppa meno volte di quanto sarebbe lecito aspettarsi. L’Algeria non si è vendicata del 1982, ma i tedeschi così in crisi non si vedevano da Euro 2004. Manca brillantezza e l’impressione è che diversi uomini chiave siano arrivati in Brasile con la lingua di fuori. Occhio però, perché i tedeschi si presentano tra le prime otto senza aver speso chissà quali energie: se si tratti di una squadra senza brio, o pronta ad esplodere la sua potenza, ce lo dirà la Francia.

97. Lineker in rete ha anche ironizzato sulla punizione alla fine dei tempi regolamentari che ha visto uno degli assi di questo Mondiale, Thomas Muller, ruzzolare a terra cercando di mettere in pratica un improbabile schema. L’ex attaccante della Nazionale inglese ha ironizzato parlando di “inefficienza tedesca”: di certo un momento divertente ma inusuale per la Germania: chi l’ha interpretato come un cattivo presagio, si è però immediatamente ricreduto dopo i gol nei supplementari di Schurrle e Ozil che hanno messo in cassaforte la qualificazione ai quarti di finale

Argentina – Svizzera 1-0 dts

98. “Hey brasilenos… Tenemos el cul del campeon!”: Alejandro Fantino di Radio La Red è una delle voci più amate in Argentina per ascoltare le imprese della Nazionale. Il suo delirio alla fine della partita contro la Svizzera è stato doppio. Al gol di Di Maria ovviamente, innescato dal solito incredibile Messi, che in silenzio sta scrivendo una leggenda in questo Mondiale, che come abbiamo detto potrà essere tramandata solo se verrà scritta fino all’ultima parola. Ma Fantino al palo da pochi centimetri colpito da Dzemaili, che avrebbe regalato agli elvetici i rigori, è andato in delirio: il pensiero è andato al palo di Pinilla in Brasile-Cile, e alla dea bendata che sembra voler pilotare quella che in Sudamerica sarebbe la finale delle finali, così come in Europa lo è Italia-Germania (d’altronde, sul piatto ci sono sette titoli mondiali da una parte e sette dall’altra). Per essere campioni, ci vuole testa, ci vuole cuore, ma Fantino docet, il culo non deve mancare mai.

Papa vs. Guardie Svizzere agli ottavi di finale
Papa vs. Guardie Svizzere agli ottavi di finale

99. Ovviamente una partita nella partita si è giocata in Vaticano, conoscendo la passione di Papa Francesco per il calcio, e considerando la presenza delle Guardie Svizzere. Le vignette hanno provato ad ironizzare sul clima nelle stanze papali, di certo si sa che Bergoglio è stato il primo a “stuzzicare” simpaticamente le Guardie sul grande match. Potere dei Mondiali, e sul già citato palo di Dzemaili, forse a proteggere l’argentina è calata per l’ennesima volta la “Mano de Dios”.

Belgio – Stati Uniti 2-1 dts

Howard: per lui i Mondiali sono finiti, ma nel futuro le prospettive non mancano
Howard: per lui i Mondiali sono finiti, ma nel futuro le prospettive non mancano

100. Gli Americani ormai hanno tutto per primeggiare nel calcio. Tranne una cosa: la squadra. Paradossale, ironica, amara verità per Jurgen Klinsmann, che contro il Belgio ha visto i suoi dare tutto, ma soccombere inevitabilmente quando Wilmots si è deciso ad inserire Lukaku, col CT belga che per l’ennesima volta si vede salvato da chi aveva lasciato in panchina. E’ anche vero che senza Howard in porta, l’epilogo sarebbe arrivato prima. Negli Stati Uniti ormai avvolti dal rito festoso dei Mondiali come mai era avvenuto finora per il soccer, si è arrivati a proporre il portiere dell’Everton come candidato alle prossime presidenziali, erede di padri della patria come Abraham Lincoln.

Samuel L. Jackson versione ultras
Samuel L. Jackson versione ultras

101. Avendo già citato l’appoggio delle star dello spettacolo a stelle e strisce alla Nazionale, non possiamo esimerci dal mostrare il tweet di un mostro sacro come Samuel L. Jackson. Agli USA è andata male anche stavolta, ma a vedere il Cowboys Stadium in Texas strapieno di gente per il soccer, l’impressione è che le cose si stiano davvero muovendo, dopo un’attesa quasi quarantennale, anche da quelle parti.

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#Contromondiali Fabio Belli

#Contromondiale 14: #ottavi, #Brasile, #Cile, #JulioCesar, #Ames, #Colombia, #Ochoa, #Hupolland

di Fabio Belli

Brasile – Cile 1-1 dts (4-3 dcr)

Brasile, aiuti dall'"alto"?
Brasile, aiuti dall'”alto”?

87. Se la traversa di Pinilla all’ultimo minuto dei tempi supplementari fosse entrata, come l’avremmo chiamato? “Mineirazo”? Di sicuro lo spettro del “Maracanazo” i padroni di casa potranno scrollarselo di dosso solo vincendo il Mondiale; d’altra parte, sin dalla partita contro la Croazia, c’è “qualcosa”, una forza ineluttabile, che sembra voler tenere in gioco i padroni di casa. L’arbitraggio di Webb è stato perfetto, stavolta sono stati i legni ed uno strepitoso Julio Cesar a tenere in vita la Selecao e a buttare fuori il Cile di Sampaoli, per organizzazione tattica forse la più bella realtà di Brasile 2014.

 

La resurrezione di Julio Cesar
La resurrezione di Julio Cesar

88. Già, Julio Cesar: togliersi sassolini dalle scarpe prima della fine di una competizione è sempre pericoloso, ma il portiere che con l’Inter ha messo in fila 14 trofei, dopo aver compiuto cose davvero grandi contro il Cile, si è lasciato andare ad un pianto liberatorio. Metà per quello che ha passato, metà per quello che sta passando: la pressione di ritrovarsi fuori squadra nel Queens Park Rangers, ed allenarsi da solo al parco e implorare un prestito al Toronto per giocare in vista dei Mondiali; e quella dovuta agli occhi addosso di una nazione intera, che sogna solo di mettersi alle spalle quella parola, sempre e solo quella parola: “Maracanazo”.

Colombia – Uruguay 2-0

"Ames" eroe nazionale in Colombia
“Ames” eroe nazionale in Colombia

89. Si chiama James Rodriguez, ma tutti lo chiamano “Ames”, perché la J alla spagnola diventa muta. Nulla a che vedere con James Bond, ma questo nuovo idolo latino è da tempo noto a chi segue il calcio. E conosce la qualità degli osservatori del Porto nello scovare talenti in Sudamerica. Di sicuro chi “Ames” l’ha scoperto ai Mondiali è arrivato davvero tardi, considerando che su di lui si sono già riversati i rubli del Monaco, dove ha già sfornato nell’ultima stagione gol e soprattutto assist a ripetizione. Di sicuro, mai come in questi Mondiali Rodriguez ha trovato la continuità del fuoriclasse vero. Con quello di Van Persie alla Spagna e quello dell’australiano Cahill all’Olanda, la sua bordata infilatasi tra la mano tesa di Muslera e la traversa irrompe sul podio dei gol più belli di Brasile 2014. E tra Neymar, Messi, Robben e Muller, “Ames” è pronto a giocarsi la palma di stella del Mùndial.

Campioni in salsa "Come Eravamo"
Campioni in salsa “Come Eravamo”

90. L’Uruguay di Tabarez ha ceduto invece a un certo tremendismo. Dopo la vittoria contro l’Italia, la difesa di Suàrez è andata oltre il buonsenso, e questo non ha giocato all’ambiente, oltre che a una squadra appesantita dal ritorno di un Forlan non più proponibile a certi livelli. Addirittura al Maracanà era stato provato a vietare l’ingresso di tifosi con la maglia del “pistolero” del Liverpool: misura forse eccessiva. La squalifica di nove partite, e soprattutto il divieto di accesso per quattro mesi alle manifestazioni sportive di qualsiasi tipo (una sorta di “Daspo” internazionale) restano una punizione esemplare, ma inevitabile per tanta recidività. E l’umorismo della rete nel frattempo impazza…

Olanda – Messico 2-1

C'è qualcosa che ci spinge a simpatizzare per l'Olanda...
C’è qualcosa che ci spinge a simpatizzare per l’Olanda…

91. Così come il Brasile, anche l’Olanda sembra sospinta da una forza di galleggiamento che la riporta a galla nei momenti difficili. Il secondo tempo contro la Spagna è stato un autentico capolavoro, contro Australia e Messico invece Van Gaal ha trovato la giocata giusta al momento giusto. Stavolta, a salvare la baracca è stato il redivivo Sneijder, colpevole la difesa messicana a non serrare le fila proprio nei minuti finali dopo il gol di Giovani Dos Santos, ma una “stecca” così il dieci olandese non la tirava dai tempi nerazzurri. Nel frattempo, l’Olanda sembra aver già vinto il Mondiale delle bellezze allo stadio, e delle tifose in generale. Difficile non simpatizzare per gli orange, con tali supporters..

Mexico power!
Mexico power!

92. Va detto che col Messico il Mondiale perde una vagonata di protagonisti. Dal piojo Herrera in panchina, all’incredibile Ochoa che anche stavolta si è esibito in parate al limite del possibile. Svincolato, il portiere messicano è stato al centro di un appello di un tifoso dell’Ajaccio, in Francia, che per trattenerlo ha messo ufficialmente in vendita casa… e tutta la famiglia. Il Messico oltre che squadra simpatia (la campagna “peperoncini messicani vs. arance” ha scatenato moltissimi sorrisi su Twitter) ha dimostrato di essere anche organizzato e ben orchestrato da Herrera. Gli affondi di Robben hanno fatto cedere gli argini sul più bello: e il tabù ottavi di finale persiste per la “Tri”, fuori subito dopo la fase a gironi per il settimo anno consecutivo.

 

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#Contromondiali Fabio Belli

#Contromondiale 11: #Italia, #Morso, #Rimorso, #Suarez, #Dimissioni, #Grecia, #Samaras, #Mondragon, #Selfie

di Fabio Belli

Italia – Uruguay 0-1

Le nuove frontiere del cibo italiano
Le nuove frontiere del cibo italiano

66. Abbiamo già parlato di quanto i deja vu siano frequenti nei Mondiali. L’Italia si ritrova coinvolta in un’eliminazione tra grandi controversie arbitrali, come già avvenuto nel 1962 e nel 2002, quando un arbitro chiamato Moreno, così come in questo caso, scatenò l’ira dei tifosi azzurri. Il Moreno attuale è messicano e soprannominato Dracula, con il centravanti della squadra avversaria, Suarez, famoso per avere il “vizietto” di mordere gli avversari. Possibile che ci ricaschi con Dracula al fischietto? E soprattutto che Dracula non se ne accorga? Ovviamente sì: e il morso di Suarez a Chiellini rischia di diventare (anzi, forse già lo è) un cult alla pari della testata di Zidane a Materazzi nel 2006. In quel caso Horacio Elizondo non fece finta di non vedere, stavolta Dracula-Moreno sì: e questo è costato a lui le prossime partite del Mondiale, a Suarez una probabile, lunga squalifica, e all’Italia l’eliminazione. In una sorta di circolo inesauribile della storia mondiale azzurra.

Le eliminazioni dell'Italia ai Mondiali nel 1954 e nel 2014, trattate con enfasi differente dalla stampa
Le eliminazioni dell’Italia ai Mondiali nel 1954 e nel 2014, trattate con enfasi differente dalla stampa

 

67. Insomma, ce ne sarà di chi parlare a lungo, ma l’aspetto tecnico del match contro l’Uruguay non è scivolato in secondo piano. Anche e soprattutto perché l’espulsione (ingiustificabile errore, va detto) di Marchisio ha accelerato una deriva del match che, dopo un primo tempo di buon contenimento, aveva portato l’Italia ad arretrare paurosamente il baricentro dopo l’espulsione del nervoso, instabile ma probabilmente indispensabile (sì, qui andiamo controcorrente) Balotelli. Una scelta difensiva implosa quando qualcosa è andato storto, e non è un caso che invece di gridare all’ingiustizia (come avvenne nel 2002), i media italiani si siano scatenati contro il non-gioco espresso dagli azzurri dopo due anni di preparazione ed una finale europea. A parte qualche sprazzo contro l’Inghilterra peggiore dagli anni ’70, contro Costa Rica ed Uruguay i tiri in porta si sono contati sulle dita di una mano. A sessant’anni di distanza, si può comunque ammirare come sia cambiato il modo di reagire da parte dei giornali italiani ad un’eliminazione dell’Italia ai Mondiali.

"Prandelli, stai sereno".
“Prandelli, stai sereno”.

68. E parte la solita sequela del tutti contro tutti: Prandelli attacca la stampa, Abete se la prende col sistema, Marchisio con Suarez, Verratti con l’arbitro e tutti, ma proprio tutti, con Balotelli. Da Bearzot a Vicini a Sacchi, da Zoff a Trapattoni a Lippi, il rito delle dimissioni in Italia fa sempre scalpore, forse perché inusuale. Di sicuro ci troviamo ad un punto che ha riportato il calcio italiano indietro di circa 50 anni: dopo lo scandalo di Cile ’62, arrivò il diluvio Corea del Nord a svegliare un football azzurro addormentato (ma che allora già dominava con le milanesi a livello internazionale di club). Due eliminazioni al primo turno che tornano clamorosamente d’attualità, ora che dopo un’edizione del 2010 giocata colpevolmente (e lo si capisce ora) con la pancia piena e senza stimoli, si torna di nuovo a casa. Via Prandelli, via Abete, la Nazionale ha bisogno però di protagonisti veri anche in campo: perché il sistema-calcio italiano sarà in crisi profonda e non si può negare, ma paesi come la Costa Rica e lo stesso Uruguay, non si può dire che raggiungano risultati superiori ai nostri con investimenti finanziari maggiori e politiche più lungimiranti. Lavorare bene, alla lunga, paga più che lavorare tanto, al di là dei luoghi comuni.

Costa Rica – Inghilterra 0-0

I giornali inglesi i più severi nei confronti di Suarez
I giornali inglesi i più severi nei confronti di Suarez

69. Partita che aveva poco da dire: i “Ticos” hanno dimostrato una volta di più di meritare la qualificazione e il primo posto, gestendo il pari che serviva loro per chiudere in testa. Inghilterra senza stimoli, tanto che i giornali inglesi hanno preferito concentrarsi sul caso-Suarez, stella della Premier League. E in barba agli interessi del Liverpool, la stampa britannica c’è andata giù pesante, con titoli del tipo “squalificate questo mostro”. Con due morsi e una squalifica per razzismo già alle spalle, Suarez (che si era affidato anche a uno psicologo per evitare di cadere di nuovo in questo tipo di comportamenti) potrebbe andare incontro ad una squalifica a tempo che coinvolgerebbe anche i Reds.

Giappone – Colombia 1-4

Faryd (nelle figurine italianizzato in "Fabio") Camilo Mondragòn, recordman dei Mondiali a 43 anni, ai tempi di USA '94
Faryd Camilo Mondragòn, recordman dei Mondiali a 43 anni, ai tempi di USA ’94

70. Se non ci fosse Suarez, la storia del giorno sarebbe sicuramente la sua: Faryd Mondragòn, classe ’71, a fine partita si è piazzato tra i pali della Colombia ed è diventato il giocatore più anziano della storia dei Mondiali. A 43 anni, c’era già ad USA ’94, ed è allla sua terza Coppa del Mondo solo perché la Colombia era assente dalla rassegna dal ’98. Un momento emozionante, in parte rovinato dalla FIFA che non ha permesso al numero uno il giro di campo finale in compagnia dei figlioletti.

Grecia – Costa D’Avorio 2-1

71. Il collegamento tra Grecia ed Epica è sin troppo facile, ma da dieci anni a questa parte la Nazionale ellenica, a fronte di risorse decisamente limitate, sta riuscendo ad ottenere risultati incredibili. E soprattutto a sovvertire situazioni sulla carta irrimediabili. L’impresa di Euro 2004 è agli atti e nella storia, ma anche due anni fa negli Europei in Polonia e in Ucraina, si guadagnarono un quarto di finale contro la Germania quando l’eliminazione sembrava inevitabile. Stesso copione stavolta: dopo il rovescio iniziale contro la Colombia e lo scialbo pari contro i giapponesi, chi si aspettava la coppia Samaris-Samaras (a proposito: con il messicano Ochoa è il secondo svincolato decisivo a Brasile 2014, dov’è l’errore?) agli ottavi? E contro la Costa Rica, poi: comunque vada, tra le prime otto del Mondiale ci sarà una prima volta assoluta ed inaspettata.

Rimasugli di Croazia – Messico 1-3

72. Non ce ne vogliano Bradley Cooper, Ellen DeGeneres e le stelle degli Oscar, ma a nostro avviso il “selfie” dell’anno è questo. Que viva Mexico, Que viva Héctor Herrera!

Hector Herrera re dei "selfie"
Héctor Herrera re dei “selfie”
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#Contromondiali Fabio Belli

#Contromondiale 08: #Italia, #Corea, #Ticos, #Pulizia, #Japan, #Benzema, #CostaRica, #Valencia, #Costly

di Fabio Belli

Giappone – Grecia 0-0

A fine partita, ogni giapponese sa che dovrà ripulire tutto.
A fine partita, ogni giapponese sa che dovrà ripulire tutto.

46. Il sapore è quello di un’occasione perduta per entrambe le formazioni. Non sembrano però squadre in grado di lasciare un segno tangibile in un Mondiale dall’alto coefficiente di difficoltà. Soprattutto la Giappone di Zac ci si poteva attendere di più. Ora la qualificazione è appesa al filo della vittoria greca sulla Costa D’Avorio, e a quella dei “Blue Samurai” sulla forte Colombia. E il rito dei tifosi giapponesi che ripuliscono con zelo gli spalti alla fine di ogni partita, inizia a sembrare il simbolo della resa, oltre che un segno di indubbia civiltà.

Italia – Costa Rica 0-1

Dal gol di Pak Doo Ik, l'Italia ha ingoiato numerosi bocconi amari nei Mondiali contro le cosiddette "piccole"
Dal gol di Pak Doo Ik, l’Italia ha ingoiato numerosi bocconi amari nei Mondiali contro le cosiddette “piccole”

47. E veniamo alle nostre (dolenti) note. La sconfitta azzurra contro la Costa Rica brucia particolarmente considerando la sensazione di Deja Vu indotta dal gol di Bryan Ruiz. La maledizione del ’66, quando dopo aver definito una banda di “Ridolini” i ragazzi della Corea del Nord, l’Italia finì affondata dal gol di Pak Doo Ik (è sempre bene ricordarlo, un militare, non un dentista), si è perpetrata nel tempo, sia nei Mondiali felici che in quelli tristi. Nel ’70, nell’82, nel ’94 e nel 2006, in totale due vittorie e due finali, si scatenarono feroci polemiche dopo i pareggi nel girone eliminatorio contro Israele, Camerun, Stati Uniti, e nel 1994 addirittura perdemmo all’esordio contro l’Irlanda. Peggio è andata nel 2002, eliminati dalla Corea (sempre lei) del Sud, e soprattutto nel 2010, quando il pari contro la Nuova Zelanda ed il ko contro la Slovacchia sembrava aver segnato il punto più basso in assoluto. All’azzurro-tenebra si è aggiunto ora il ko contro un paese da meno di cinque milioni di abitanti. In attesa di Italia-Uruguay…

Entusiasmo popolare in Costa Rica
Entusiasmo popolare in Costa Rica

48. D’altronde i “Ticos” (così sono soprannominati i calciatori della Costa Rica) possono contare su tifosi scatenati, che venerano una Nazionale che solo nell’ultimo quarto di secolo è riuscita a raccogliere risultati significativi. Nel 1990, unica volta in cui raggiunsero gli ottavi di finale ai Mondiali, l’impresa fu talmente celebrata che venne girato un film, intitolato appunto 1990. E nella serata di venerdì a San José l’entusiasmo popolare è stato straripante.

Nel girone degli azzurri, la potenza è nulla senza controllo...
Nel girone degli azzurri, la potenza è nulla senza controllo…

 

49. Comunque, nel girone dell’Italia la situazione si fa intricata. Questa “diapositiva” illustra bene come stanno le cose prima dell’ultima giornata.

Svizzera – Francia 2-5

La nuova filosofia zen di Benzema e di tutta la Francia
La nuova filosofia zen di Benzema e di tutta la Francia

50. Il curioso caso di Karim Benzema: con un pizzico di fortuna in più sarebbe senza dubbio il capocannoniere di Brasile 2014. Dopo la “quasi tripletta” contro l’Honduras, il centravanti del Real Madrid ha segnato il 6-2 nella strabordante vittoria francese contro la Svizzera proprio in concomitanza con il triplice fischio finale dell’arbitro. Gol naturalmente non convalidato: ma la filosofia con cui Benzema sta prendendo queste piccole disavventure è quella di una Francia diversa, meno boriosa e più pratica, che nonostante l’assenza di Ribery e senza i favori del pronostico, ha destato una delle migliori impressioni della parte iniziale di Brasile 2014. E si è messa in tasca la qualificazione agli ottavi.

Honduras – Ecuador 1-2

Enner Valencia, bomber Mondiale
Enner Valencia, bomber Mondiale

51. Ed è proprio parlando di possibili capocannonieri che non ti aspetti, che chiudiamo il resoconto odierno. Enner Valencia entra nella nostra lista della spesa, anzi balza di prepotenza al primo posto, visto che l’età (25 anni) e la militanza con i messicani del Pachuca, suggeriscono un prossimo assalto delle squadre europee. I due gol con cui il brevilineo attaccante, cresciuto in patria nell’Emelec, ha “ribaltato” l’Honduras, si aggiungono a quello segnato contro la Svizzera e ad un repertorio che indica come le squadre a caccia di una punta scaltra e veloce, debbano fare in fretta a telefonare al suo procuratore.

Dopo Spagna '82, l'Honduras si è "sbloccato" in un Mondiale
Dopo Spagna ’82, l’Honduras si è “sbloccato” in un Mondiale

52. Una delle nostre storie riguardanti le partite d’esordio si è rivelata profetica. Nel segno di “di padre in figlio”, Carlo Costly è tornato a fare gol per l’Honduras in un Mondiale dopo 32 anni. L’ultima volta, in Spagna, in squadra c’era il padre di Carlo, Anthony: la vera dinastia del calcio in Honduras.

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#Contromondiali Fabio Belli

#Contromondiale 07: #Colombia, #Gervinho, #Jesongpazz, #Song, #Die, #Suarez, #England #FAIL, #Balotelli

di Fabio Belli

Camerun – Croazia 0-4

Je SONG pazz'?
Je SONG pazz’?

39. Il tormentone della notte è stato “Je Song Pazz'”, cantata alla maniera di Pino Daniele. Un pugno-gomitata del calciatore del Camerun stile wrestling a Mandzukic, col bomber del Bayern Monaco che ha sperimentato gli effetti di un colpo della strega istantaneo. Rissa inevitabile, ma forse a pensarci bene i nervi del Camerun sono saltati ancora prima della partenza per il Brasile, con la stucchevole querelle-premi che non ha fatto onore a Eto’o (assente contro i croati) e compagni. La Croazia ringrazia, non per dire, e dopo le recriminazioni contro il Brasile, ora il destino si compirà nella sfida-spareggio contro il Messico.

Colombia – Costa D’Avorio 2-1

Gervinho profeta anche in patria
Gervinho profeta anche in patria

40. I protagonisti di questo Mondiale, per un motivo o per l’altro, faticano ad essere inquadrati come uomini-mercato. Per Gervinho il problema non riguarda limiti di età o poca dimestichezza col calcio europeo, ma un prezzo che a questo punto la Roma difficilmente riuscirà a quantificare per la sua ala. Considerando anche quanto è stato pagato da un Arsenal che alla sua partenza, organizzò anche una specie di festicciola. Solitamente lungimiranti, i Gunners hanno dovuto assistere alla rinascita della freccia nera, che in Brasile sta dimostrando come la sua ritrovata qualità non sia dovuta al calo di quella del calcio italiano, anzi. Nonostante la sua prodezza che fa il paio con quella contro il Giappone, la Costa D’Avorio è uscita sconfitta, ma contro la Grecia il passaggio del turno potrebbe arrivare.

I colombiani, ballerini provetti.
I colombiani, ballerini provetti.

41. E’ l’ex Udinese e Napoli Pablo Armero il coreografo degli entusiasti balletti della Colombia, che nonostante l’assenza di Radamel Falcao, sta tenendo fede alle previsioni che volevano i Cafeteros tra le rivelazioni del Mondiale. In quanto ad entusiasmo i colombiani se la giocano generosamente con la “Marea Roja” cilena, ma nel duello tra tifosi in tribuna, i colombiani trovano un bonus nell’atteggiamento scatenato dei giocatori in campo.

Per Serey Die lacrime di emozione e non per la morte del padre, avvenuta nel 2004
Per Serey Die lacrime di emozione e non per la morte del padre (come si era ipotizzato), avvenuta nel 2004

42. Una nota commovente l’ha regalata Serey Die, in lacrime durante l’inno nazionale della Costa D’Avorio. Troppo commovente: è girata in fretta la voce che a Die fosse stata comunicata la morte del padre, prima di scendere in campo. Versione smentita dallo stesso calciatore su Instagram: solo commozione per il momento e l’onore di rappresentare il proprio paese. Il pensiero di Die prima di una partita importante vola comunque sempre verso il genitore che è morto sì, ma nell’ormai lontano 2004.

Uruguay – Inghilterra 2-1

Il Daily Star ipotizza uno strano complotto ai danni di Luis Suarez
Il Daily Star ipotizza uno strano complotto ai danni di Luis Suarez

43. All’arrivo dell’Uruguay in Brasile, ha tenuto banco un tweet dell’ex portiere della Lazio, ora al Galatasaray, Fernando Muslera, che ha mostrato come le camere degli “orientales” fossero invase dalle formiche in albergo. Un caso sul quale il Daily Star ha scherzato alla vigilia della partita-spareggio di San Paolo, prendendo di petto proprio Luis Suarez, che reduce da un infortunio, si sarebbe ritrovato le fastidiose formichine anche tra le mutande. Guai a stuzzicare i campioni: al ritorno dopo l’operazione, Suarez ha timbrato per due volte il cartellino con il gol: e anche senza formiche, una certa sensazione di fastidio nella biancheria intima l’hanno senz’altro provata i tifosi inglesi.

Pronto per la panchina dell'Inghilterra?
Pronto per la panchina dell’Inghilterra?

44. Dopo la Spagna, anche l’Inghilterra incassa due ko in altrettanti incontri in Brasile. E se la stampa iberica ha mostrato riconoscenza verso un gruppo che negli ultimi otto anni ha regalato lustro e trofei una volta impensabili per le Furie Rosse, c’è da pensare che i salacissimi tabloid inglesi non risparmieranno ai Leoni d’Inghilterra (ancora attaccati a una flebile speranza di qualificazione legata al risultato di Italia – Costa Rica) critiche bollenti. Allenatore in particolare sulla graticola, considerando anche che il raddoppio di Suarez è arrivato praticamente su rinvio di Muslera. E c’è già chi avanza proposte per il sostituto di Roy Hodgson in panchina: questo tifoso sembra avere le carte in regola, e soprattutto l’espressione giusta.

Balotelli commenta con la consueta sobrietà Uruguay-Inghilterra
Balotelli commenta con la consueta sobrietà Uruguay-Inghilterra

 

 

 

 

 

 

45. Un dato spicca riguardo al possibile flop di Rooney e compagni: se si escludono le mancate partecipazioni del 1974, del 1978 e del 1994, l’ultima eliminazione al primo turno dell’Inghilterra risale al 1958. Solo un’altra volta poi accadde nella storia, nel 1950: il Brasile non porta di certo fortuna agli inglesi. Che oltre al danno, si sono dovuti sorbire l’irriverente tweet di Mario Balotelli, che con i sudditi di sua Maestà, alla fine della sua esperienza al Manchester City, non si è lasciato proprio benissimo…

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#Contromondiali Fabio Belli

#Contromondiale 02: #Cafeteros, #Gallina, #TeoGutierrez, #Uruguay, #Campbell, #Italia, #staystrongfisioterapista

di Fabio Belli

Colombia – Grecia 3-0

La Colombia aveva già interpellato un'esperta per essere sicura di vincere
La Colombia aveva già interpellato un’esperta per essere sicura di vincere

9. Gli emuli del “Polpo Paul”, che nel 2010 si spostava verso la bandiera della squadra vincente nella partita per la quale veniva interpellato, negli anni si sono moltiplicati. La Gallina colombiana è sicuramente partita col piede giusto: considerando come sono iniziati questi Mondiali, la gallinella è già un pezzo avanti rispetto a tanti quotatissimi esperti, che per bucare le previsioni peraltro non si accontentano di un pugno di becchime. Anzi…

Il "caratterino" di Teofilo Gutierrez
Il “caratterino” di Teofilo Gutierrez

10. Teofilo Gutierrez, tra i migliori in campo dei “Cafeteros”, ha una reputazione da Bad Boy che Balotelli al confronto è l’idolo delle orsoline. La rissa è il suo mestiere, e poca differenza fa se di fronte ci sono arbitri o avversari. Uno sputo galeotto verso un direttore di gara ai tempi della sua militanza nel Racing di Avellaneda, gli ha fatto rischiare 30 giornate di squalifica. Ora gioca nel River Plate, ed ha iniziato il Mondiale sostituendo un certo Radamel Falcao. E andando subito a segno.

Uruguay – Costa Rica 1-3

100 pacchetti di figurine, ma di Joel Campbell neanche l'ombra. Ora il Mondo lo conosce meglio...
100 pacchetti di figurine, ma di Joel Campbell neanche l’ombra. Ora il Mondo lo conosce meglio…

11. Si meriterebbe un posto nella lista della spesa, lunghissima e sempre molto ricca, che i club di tutto il mondo si appuntano a fine Mondiale. Ma su Joel Campbell, mattatore della grande sorpresa del match di Fortaleza, autore di un gol e un assist contro l’Uruguay, ha già messo da tempo le mani l’Arsenal. Bravi i Gunners a crederci e a mandarlo già a giocare da due anni all’estero: ora probabilmente farà ritorno all’Emirates, dove già lo conoscono bene, mentre tutto il mondo si chiedeva chi fosse. D’altronde, prima dell’esordio Campbell aveva “twittato” il suo disappunto perché, su cento pacchetti di figurine ufficiali di Brasile 2014, la sua non era uscita fuori neanche una volta.

Anche Homer Simpson sembra voler scherzare su sulla debacle uruguaiana
Anche Homer Simpson sembra voler scherzare su sulla debacle uruguaiana

12. Il disappunto dell’Uruguay non è inferiore a quello della Spagna: in uno dei gironi di ferro del Mondiale, la Costa Rica doveva essere la squadra materasso, e invece orfani di Suàrez, gli “orientales” vedono già a rischio la difesa del quarto posto di quattro anni fa. La partita d’esordio nel Mondiale resta comunque indigesta all’Uruguay, che non vince il suo primo match iridato dall’edizione del 1970, 2-0 contro Israele.

Inghilterra – Italia 1-2

Tifosi all'Arena Amazonas: ma non ditelo alle mogliettine...
Tifosi all’Arena Amazonia: ma non ditelo alle mogliettine…

13. Raggiungere Manaus, nel cuore della foresta amazzonica, è sicuramente una nota di merito per i tifosi, una medaglia che può restare sul petto per tutta la vita. All’Arena Amazonia gli inglesi erano in maggioranza rispetto ai tifosi azzurri, ma il pubblico brasiliano ha preso le parti di Pirlo e compagni. Ma i veri vincitori sono questi supporters che nello striscione hanno specificato: “Non riprendeteci: le nostre mogli credono che siamo nel Galles occidentale a pescare.” Appello disatteso…

Per raggiungere l'Arena AmazoniA bisogna attraversare una modesta barriera di vegetazione
Per raggiungere l’Arena Amazonia bisogna attraversare una modesta barriera di vegetazione

14. Parlando della partita, è evidente come abbia funzionato la “catena” di destra, con Darmian autentica rivelazione e Candreva scatenato, assist-man perfetto per il gol vittoria di Balotelli. Meno ha funzionato la difesa, con Chiellini un po’ spaesato a sinistra e Paletta in difficoltà nel contesto Mondiale. Tanto che su Twitter l’hashtag #Paletta tra primo e secondo tempo è balzato in testa sulla piattaforma di microblogging. Superato però decisamente da #staystrongfisioterapista: Gary Lewin, fisioterapista dell’Arsenal oltre che della Nazionale inglese, per festeggiare il gol di Sturridge è caduto su una bottiglietta d’acqua poggiata in terra, procurandosi una brutta storta alla caviglia. Per lui, Mondiale finito, e per i Tre Leoni ora parte la caccia al fisioterapista… del fisioterapista.

Costa D’Avorio – Giappone 2-1

Drogba & Gervinho, la coppia d'oro della Costa D'Avorio
Drogba & Gervinho, la coppia d’oro della Costa D’Avorio

15. Costa D’Avorio-Giappone ha rappresentato una sfida per i tifosi europei: dall’Arena Pernambuco la partita è iniziata alle due di notte in Inghilterra, alle tre a Roma, alle quattro ad Atene e alle sei del mattino di Mosca. E’ partita una gara di resistenza che ha coinvolto tutti nel Vecchio Continente. In Giappone il match è iniziato alle dieci del mattino, e per i nipponici il risveglio è stato amaro. Squadra di Zaccheroni rimontata, match cambiato dall’ingresso di Didier Drogba che si è dimostrato per l’ennesima volta cavallo di razza: i Campioni, alla fine, sono sempre loro.