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Calciatori Fabio Belli

Abe Van Den Ban: i baffi più esagerati della storia del calcio

di Fabio BELLI

Le figurine dei calciatori per i bambini restano il feticcio per eccellenza per tutti coloro che in tenera età si sono avvicinati alla magia del football. In Italia da oltre mezzo secolo la Panini di Modena rappresenta il totem attorno al quale tanti piccoli appassionati hanno vissuto campionati paralleli fatti di scambi e sogni, e inevitabilmente nell’immaginario collettivo certi personaggi sono entrati più degli altri, magari per una nota nel look più stravagante, soprattutto dalla seconda metà degli anni settanta in poi, quando l’immagine dei calciatori ha iniziato a divenire col tempo sempre meno impersonale.

vandebanxs51Quella delle figurine è un’abitudine estesa non soltanto al territorio italiano e, in quasi tutti i paesi europei, le stelle del calcio venivano immortalate e poi scambiate per finire negli album sulle pagine delle rispettive squadre. E mentre in Italia Pizzaballa diventava la figurina rara per eccellenza, a cavallo tra gli anni settanta ed ottanta in Olanda un personaggio stuzzicava la fantasia dei ragazzini dei Paesi Bassi. Si trattava di Abe Van Den Ban, centrocampista di grande grinta ma modesto spessore, capace però di diventare, per la lunga militanza nel club, una leggenda dell’Haarlemsche Football Club, meglio conosciuto semplicemente come Haarlem dalla città di appartenenza. Van Den Ban aveva una particolarità incredibile nel suo ritratto: due lunghissimi baffi stile anni venti, assolutamente anacronistici anche per i tardi ’70, in cui pure barba, baffi e capelli lunghi avevano cominciato a diventare d’ordinanza anche tra i calciatori.

Il look di Van Den Ban non aveva nulla a che vedere con il retaggio della contestazione giovanile sessantottina, con i volti volutamente trasandati di Gigi Meroni, Paul Breitner o tanti altri. Il modello di Abe poteva essere al limite l’investigatore Hercule Poirot, ma neppure il personaggio nato dalla fantasia di Agata Christie, pur provvisto di lunghi mustacchi, si sarebbe spinto a tanto. I baffi di Van Den ban erano oversize e lo sono stati per tutta la durata della sua carriera, consumatasi dopo un’ottantina di presenze tra del fila del FC Amsterdam (con tanto in incrocio in Coppa UEFA contro l’Inter) nell’Haarlem, formazione nella quale arrivò a collezionare quasi 150 presenze in Eredivisie. All’alba degli anni ’80, il ritiro che coincise con l’età d’oro del club, della quale fece parte come allenatore delle giovanili.

All’Harleem Van Den Ban aveva, anche per il suo carattere gioviale ed istrionico, un grandissimo ascendente e così rimase ad allenare i ragazzi di quello che all’epoca era un fiorente settore giovanile. E così nel 1982 il club arrivò fino alla ribalta europea del secondo turno di Coppa UEFA disputato contro lo Spartak Mosca, mentre Van Den Ban iniziava a curare la crescita calcistica di alcuni talenti cristallini del calcio olandese. Uno di essi, Ruud Gullit, era destinato a raggiungere i vertici massimi del calcio mondiale. Già conquistato dalla pettinatura afro con le caratteristiche treccine, Gullit si ritrovò a farsi crescere anche un paio di baffi, forse in contrasto con la sua capigliatura, ma in omaggio al suo maestro Van Den Ban, che ancora oggi è un’icona di stile in Olanda. Sono state prodotte maglie con la sua effige, è stato protagonista di “un venerdì coi baffi“, campagna che esortava gli uomini ad esibire i baffi come segnale di consapevolezza riguardo il cancro alla prostata ed ha allenato una squadra di blogger che portavano nello stemma sulla maglia la sua faccia baffuta. Che resiste nel tempo, con qualche ciuffo grigio in più.

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#Contromondiali Fabio Belli

#Contromondiale 06: #Spagnacanazo #Spagna #Cahill #DiegoCosta #Dromedario #Cile #MareaRoja

di Fabio Belli

Australia – Olanda 2-3

E' di Cahill il gol più bello dei Mondiali. Finora.
E’ di Cahill il gol più bello dei Mondiali. Finora.

34. Gioca in America, ha 34 anni ed è un attaccante. Tim Cahill è forse un po’ fuori tempo per finire nei nostri consigli per gli acquisti. Ma il gol più bello dei Mondiali finora è suo: gran botta al volo, traversa e pallone alle spalle di Cilessen. Non è servito all’Australia, ma questo attaccante dei New York Red Bulls già contro il Cile era stato una vera spina nel fianco, prendendole praticamente tutte di testa ed andando in gol. La sua carriera in Europa l’ha già spesa, peraltro per otto stagioni e con ottimo profitto, con l’Everton. E anche se il Mondiale dei “Socceroos” è durato appena cinque giorni tra la prima partita e la seconda, la coppia Cahill-Leckie sarà ricordata a lungo dai tifosi.

Da qualunque parte la si guardi, l'Olanda è sempre uno spettacolo...
Da qualunque parte la si guardi, l’Olanda è sempre uno spettacolo… (Scarlett Hope)

35. “L’AZ Alkmaar non rinuncerà al suo gioco offensivo che gli ha permesso di arrivare all’ultima giornata in testa alla classifica.” Parola di Louis Van Gaal, che dopo le disavventure tra Barcellona e Nazionale (primo giro), si era rimesso in gioco nel piccolo club che stava, a suo di gol e risultati pazzi, mettendo le mani dopo anni sull’Eredivisie, interrompendo lo storico dominio della triade Ajax-PSV-Feyenoord. Ovviamente, l’AZ perse quella partita subendo due gol in contropiede, e il titolo: ma il nostro è un vincente, e Van Gaal riportò il titolo ad Alkmaar, nel suo nuovo laboratorio, nel 2009, rilanciandosi a livello internazionale. Questo per dire che l’Olanda è già a otto gol segnati e tre subiti in due partite, e questa Nazionale Orange sembra altrettanto pazza e spregiudicata rispetto a quell’AZ. Nel calcio di solito vince chi subisce meno, non chi picchia di più. Nel frattempo, i motivi per simpatizzare per un’Olanda così spumeggiante, non mancano dentro e fuori il campo…

Spagna – Cile 0-2

Chissà se uno dei Diego Costa ce l'ha con l'altro...
Chissà se uno dei Diego Costa ce l’ha con l’altro…

36. “Maracanazo” è una parola spagnola, non portoghese. Nonostante si riferisca alla celeberrima disfatta del ’50, il Mondiale perso in casa dal Brasile contro l’Uruguay. Un segno del destino, la scelta di quella parola, traslata oggi alla fine di un ciclo che da tre grandi competizioni (Europeo+Mondiale+Europeo) prevedeva un solo vincitore. Lo “Spagnacanazo” si è consumato proprio al Maracanà, al cospetto di un super-Cile, ma i Campioni del Mondo sono apparsi logori, stremati da una stagione di club che aveva visto le formazioni iberiche dominare in lungo e in largo. A nulla è servito l’innesto di Diego Costa: trapianto rigettato, e il dietrofront dalla Selecao alle Furie Rosse che tanto aveva fatto infuriare la Torcida, si è ritorto contro il bomber ora al Chelsea ed ex Atletico Madrid.

La "Marea Roja" irrompe in sala stampa
La “Marea Roja” irrompe in sala stampa

37. Non si giocava un Mondiale in Sudamerica da Argentina 1978. Una vera anomalia considerando la popolarità del football a quelle latitudini, ma la rinuncia della Colombia del 1986 e l’irruzione sulla scena di Africa ed Asia ha dilatato i tempi. Ora, finalmente, si stanno vedendo tifosi provenienti da tutta l’America Latina, con un calore di cui in parte si era perduta la memoria. E se i messicani hanno tenuto testa ai brasiliani, e i colombiani hanno già dato spettacolo, la “Marea Roja” cilena si è superata nel giorno dello “Spagnacanazo”. Una valanga di entusiasmo che ha raggiunto picchi da leggenda al momento dell’inno cantato a squarciagola sulle tribune del Maracanà, ed ha debordato con il trenino degli “hinchas” cileni in sala stampa, in una invasione di campo imprevedibile per l’organizzazione brasiliana.

Il dromedario Ahmed non sembra avere lo stesso fiuto di polipi e galline.
Il dromedario Ahmed non sembra avere lo stesso fiuto di polipi e galline.

38. Abbiamo già citato il Polpo Paul, che nel 2010 aveva pronosticato tutto il pronosticabile in Sudafrica, e della gallina colombiana che ne emula le gesta. Ma non tutti gli animali sono così precisi: il dromedario Ahmed si sta guadagnando una sinistra fama a suon di pronostici sbagliati. La Spagna ne ha pagato le conseguenze, e su Twitter in molti hanno anticipato la previsione del dromedario come fatale per la squadra di Del Bosque. Curiosamente, per la terza volta negli ultimi quattro Mondiali la squadra Campione in carica esce di scena al primo turno. La Francia nel 2002 e l’Italia nel 2010 erano però state eliminate nella terza ed ultima partita del girone eliminatorio. Dal fischio d’inizio di Spagna-Olanda a quello di Spagna-Cile, il Mondiale delle Furie Rosse è durato due partite e meno di 98 ore: un record difficilmente battibile, soprattutto sui presupposti con cui Iniesta e compagni erano sbarcati in Brasile.

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Calciatori Fabio Belli Nazionali

I Gudjohnsen: il calcio in Islanda di padre in figlio

di Fabio Belli

L’Islanda e il calcio si osservano con reciproca curiosità da anni, senza mai tentare però un deciso corteggiamento. In questi giorni, la nazionale dell’isola nell’estremo nord dell’Europa sta provando a raggiungere la vetta massima della sua storia, rappresentata dalla qualificazione ai Mondiali in Brasile del 2014. Quella che è considerata la terra adottiva per eccellenza del football (quella natale non può che essere l’Inghilterra), ospiterebbe per la prima volta le allegre orde nordiche di tifosi di una nazionale mai così giovane e brillante, Croazia permettendo.

gudjohnsenIn Islanda il calcio è un affare di famiglia, e non potrebbe essere altrimenti in un paese in cui, visto l’esiguo numero di abitanti, spesso le professioni, da quelle artigianali a quelle più moderne, si tramandano per dinastie. Ed anche l’arte del gioco più bello del mondo spesso viene trasmessa di padre in figlio, con alcuni casi eclatanti, uno dei quali rappresenta un vero e proprio primato assoluto. L’Islanda è infatti l’unica nazionale ad aver visto padre e figlio giocare nella stessa partita ufficiale. E si tratta peraltro di quello che può essere considerato, al di là delle preferenze personali, il miglior calciatore di sempre dell’Islanda, per palmares e militanza nei grandi club.

Stiamo parlando di Eidur Gudjohnsen, l’unico calciatore islandese ad aver vinto campionati come la Premier League (con il Chelsea), la Liga e ad aver fatto parte della rosa che nel 2009 ha conquistato la Champions League (con il Barcellona). Una storia iniziata ad appena sedici anni, nel Valur di Reykjavik, dove si distinse tanto da guadagnarsi un ingaggio nel PSV Eindhoven, quando a metà degli anni novanta era ancora una rarità vedere un calciatore islandese in un importante campionato europeo. L’Eredivisie fu il primo di tanti successi di prestigio per quello che inevitabilmente è diventato anche il capitano della sua nazionale.

E proprio nella nazionale islandese Gudjohnsen si è guadagnato un primato finora imbattibile: il 24 aprile del 1996, nell’amichevole disputata dall’Islanda contro l’Estonia, Eidur ha fatto il suo esordio nella selezione locale entrando a partita iniziata. La particolarità che rende unico questo episodio è che a cedergli il posto in campo fu il padre Arnor, attaccante classe 1961 che a sua volta fu un pioniere come ambasciatore del calcio islandese nel mondo, nonché stella dell’Anderlecht, club con il quale si fregiò del titolo di capocannoniere del campionato belga nel 1987. Di casi di calciatori di parentela stretta in campo, anche nelle varie nazionali, ce ne sono molti, ma si tratta quasi sempre di fratelli.

E dire che i Gudjohnsen senior e junior avrebbero dovuto fare coppia d’attacco in un impegno successivo dell’Islanda, se Eidur non avesse subito un infortunio molto grave alla caviglia, che rischiò anche di stroncarne sul nascere la carriera. Che invece si è prolungata fino ai giorni nostri, tanto che nell’andata dello spareggio Mondiale contro la Croazia a Reykjavik, è sceso in campo nella speranza di regalare un contributo decisivo ai suoi, a trentacinque anni da poco compiuti. Se il sogno islandese si trasformerà in realtà al ‘Maksimir‘ di Zagabria, allora il Mondiale brasiliano potrà diventare per Gudjohnsen il coronamento di una straordinaria carriera.