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#Contromondiali Fabio Belli

#Contromondiale 20: #Olanda, #Brasile, #Cillessen, #Germania, #Argentina, #Messi, #Götze, #Klose, #Rihanna, #Maradona, #GER

di Fabio Belli

Brasile – Olanda 0-3

La "tensione" di Cillessen per gli attacchi del Brasile
La “tensione” di Cillessen per gli attacchi del Brasile

128. La “finalina” per il terzo posto dei Mondiali è una strana bestia: in nessuna altra competizione sportiva il ko in semifinale lascia tanto amaro in bocca, e infatti alla vigilia nessuno sembra voglia giocare quella che appare come un’inutile passerella. Poi invece, in campo la sfida si riaccende, e almeno quella medaglia di bronzo si vuol provare ad afferrarla. Solitamente, chi arriva più scarico perde: accadde in tempi recenti a Bulgaria, Corea del Sud e Portogallo, già paghe della semifinale, è successo anche stavolta al Brasile, ma per motivi opposti. Dopo la più grande umiliazione di sempre per la Selecao, è arrivato un nuovo disastro di fronte agli orange alleggeriti dalla tensione della semifinale, e di nuovo micidiali in contropiede. L’immagine del portiere Cillessen seduto in stile giardini pubblici col supporto del palo, è indice di quel poco che è riuscito a creare il Brasile nelle due partite decisive, quelle che dovevano portarlo sulla strada dell’Hexa.

Trovate Waldo ancora una volta
Trovate Waldo ancora una volta

129. Non è stato “Maracanazo”, ma un’umiliazione ben diversa, che paradossalmente ha solleticato l’orgoglio della torcida, che per il senso del dramma tipicamente sudamericano, digerirà sempre meglio una profonda umiliazione che una sconfitta stile 1950, quando le mani erano già sulla coppa. E così al Maracanà, nonostante i tedeschi avessero inflitto loro la peggior sconfitta della storia, non ci sono stati dubbi. Il “nemico” era e restava l’Argentina, come testimoniato dal tifoso che non ha avuto paura di scatenarsi in mezzo agli “hinchas” dell’albiceleste.

Olanda di nuovo sul podio
Olanda di nuovo sul podio

130. L’Olanda ha piazzato un primato, facendo giocare tutti e 23 i convocati, prima squadra a mettere in atto una soluzione simile ai Mondiali. La squadra di Van Gaal partiva a fari spenti, l’impressione è che forse il bersaglio grosso si poteva afferrare più questa volta che 4 anni fa, quando la Spagna dava una sensazione di superiorità generale difficile da smentire. Ma un secondo e un terzo posto tra 2010 e 2014 dimostrano come la scuola dei Paesi Bassi sia sempre all’avanguardia. Da 40 anni il sogno è però sempre uno, e continua a sfuggire come una saponetta bagnata. Vedremo se dove non sono arrivati Cruijff, Van Basten e Robben, riusciranno finalmente ad arrivare i giovani fenomeni del futuro.

Germania – Argentina 1-0 dts

Deutschland Weltmeister
Deutschland Weltmeister

131. Come avviene ormai da Francia 1998, dire “ha vinto la squadra migliore” è consuetudine della finale. Dopo un secondo e due terzi posti, la Germania conquista il quarto titolo Mondiale, raggiungendo l’Italia e dando finalmente un senso a dodici anni di straordinaria continuità nella competizione. I tedeschi arrivavano in Brasile tra le favoritissime, ma hanno giocato un Mondiale un po’ col freno a mano tirato. Due strepitose prestazioni, contro il Portogallo (favorita però da un arbitraggio oltremodo severo con i lusitani) e soprattutto Brasile, la Partita della Storia di questo Mondiale, e un’eccellente prova contro la Francia. Ma il balbettare già visto contro Ghana ed Algeria si è ripetuto al cospetto degli argentini, in tre diverse occasioni capaci di graziare Neuer a tu per tu. Ha vinto quella che nell’ultimo decennio si è imposta come una scuola capace di arrivare sempre tra le prime quattro tra Mondiali ed Europei, dal 2006 in poi. Mancava la vittoria, ed è arrivata. Facendo cadere anche l’ultimo tabù: mai un’europea aveva vinto nel continente americano.

L'ha decisa Mario Gotze
L’ha decisa Mario Gotze

132. A decidere la partita, Mario Gotze, classe ’92, talento della new wave tedesca quest’anno passato dal Borussia Dortmund al Bayern Monaco, un po’ discontinuo, ma l’unico forse in grado di spezzare l’equilibrio che gli argentini avevano imposto al match. Ha deciso la partita su un assist di Schurrle, anche lui subentrato dalla panchina: segno che chi ha le alternative e le fa valere, spesso mette le mani sul piatto.

Klose ora è a tutti gli effetti una Leggenda
Klose ora è a tutti gli effetti una Leggenda

133. Dopo una stagione opaca nella Lazio, in molti pensavano che Miroslav Klose sarebbe stato un’alternativa di lusso per la Germania del “falso nueve” Muller. Invece il centravanti di origini polacche si è imposto da titolare, con la sua presenza come riferimento in avanti capace di far girare tutta la squadra. E’ arrivato anche il record di gol nei Mondiali, una storia fantastica se ci si pensa. Nel 2002, l’ultima finale giocata e persa dalla Germania, Klose era in campo. Quella partita fu vinta dal Brasile con doppietta di Ronaldo, lanciato a sua volta verso il sorpasso a Gerd Muller. Nel 2014, Klose si prende il primato come marcatore di tutti i tempi del Mondiale segnando il gol del sorpasso in semifinale al Brasile sotto gli occhi di Ronaldo… e in finale, conquista anche la Coppa, chiudendo un cerchio lungo dodici anni.

Messi ha visto sfilare via il treno della storia
Messi ha visto sfilare via il treno della storia

134. Non ci siamo dimenticati naturalmente di uno dei leit-motiv di questa rassegna iridata. Messi vs Maradona, un cavallo di battaglia che è venuto spontaneo cavalcare dopo l’eccellente girone eliminatorio disputato dalla “pulga”. Mai il quattro volte Pallone d’Oro aveva avuto un tale approccio ai Mondiali, e si era pensato che la prospettiva di riportare l’Argentina sul tetto del mondo nella tana del Brasile fosse troppo ghiotta per non sfruttarla. E invece, dopo la giocata ammazza-Svizzera nei supplementari degli ottavi, l’asso del Barcellona si è eclissato, sprecando il match-ball col Belgio, facendosi imbrigliare dalla gabbia di Van Gaal in semifinale, ed infine senza prendere per mano la squadra nell’appuntamento decisivo, con tanto di clamorosa occasione fallita a tu per tu con Neuer. L’occasione irripetibile è perduta: in Russia Messi potrà provare di nuovo, con ogni probabilità, a diventare campione del Mondo, ma difficilmente le porte dell’Olimpo, quello vero, dove solo cinque-sei calciatori sono stati finora ammessi, si apriranno per lui.

I media brasiliani possono vendicarsi
I media brasiliani possono vendicarsi

135. All’Argentina lo “scherzetto” di festeggiare al Maracanà non è riuscito davvero d’un soffio. Le occasioni mancate da Higuain, Messi e soprattutto Palacio agiteranno a lungo i sogni dei tifosi dell’albiceleste. Che si erano presentati dall’inizio dei Mondiali con questo irriverente coro verso i rivali di sempre: «Brasil, decime qué se siente; tener en casa a tu papá. Te juro que aunque pasen los años; nunca nos vamos a olvidar… Que el Diego te gambeteó, que Canni te vacunó; que estás llorando desde Italia hasta hoy. A Messi lo vas a ver, la Copa nos va a traer; Maradona es más grande que Pelé» (traduzione “Brasile, dimmi cosa senti ad avere in casa tuo papà / Ti giuro che anche se passano gli anni, non ci dimenticheremo mai / Che Diego ti ha dribblato, che Canni (Caniggia, ndr) ti ha infilzato, che stai piangendo da Italia ’90 / Ora vedrai Messi, la Coppa ci porterà, Maradona è più grande di Pelè“). Un tormentone che i giornali argentini hanno utilizzato anche dopo l’1-7 in semifinale: ovvio che dopo il gol di Gotze, sia arrivata la vendetta…

A Rihanna piace vincere facile
A Rihanna piace vincere facile

136. A proposito di tifo, cosa avrà mai fatto l’Argentina a Rihanna? In semifinale avevamo segnalato come la popstar si fosse schierata in favore degli olandesi, con un esperimento di photoshop riuscito solo in parte. I colori della bella cantante sono cambiati per la finale: presente al Maracanà, Rihanna ha tifato in maniera sfrenata per la Germania, con tanto di festeggiamenti finali con i giocatori. Difficile capire il perché, sono le stranezze della febbre-Mondiale.

"22 men chase a ball for 90 minutes and at the end, the Germans always win.".
“22 men chase a ball for 90 minutes and at the end, the Germans always win.”.

137. Alla fine comunque, ha vinto questo signore qua. Grazie a tutti voi che avete seguito il “Contromondiale” di Storie Fuorigioco! Appuntamento in Russia, dai che tra 1419 giorni ci risiamo!

 

 

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#Contromondiali Fabio Belli

#Contromondiale 13: #Müller, #Germania, #Algeria, #Vendetta, #Capello, #CR7, #Fellaini, #Ghana, #USA, #Obama

di Fabio Belli

Stati Uniti – Germania 0-1

Thomas Müller, già recordman dei Mondiali
Thomas Müller, già recordman dei Mondiali

79. E’ forse meno appariscente degli altri, ma Thomas Müller come protagonista dei Mondiali calza alla perfezione. Archetipo del falso nueve, calciatore dalle grandi doti di duttilità, stella del Bayern Monaco, è già arrivato in giovane età a quote nove reti in nove partite disputate nella competizione iridata, segno che se tutto andrà come deve andare, il record Ronaldo-Klose forse non durerà a lungo. La Germania in Brasile vuole coronare un percorso che dal 2006 ad oggi, tra Mondiali ed Europei, l’ha sempre vista tra le prime quattro: terza nel 2006, seconda nel 2008, terza nel 2010, in semifinale nel 2012. E’ il simbolo di una generazione tedesca che dopo la doppia eurofiguraccia 2000-2004 (che fu comunque intervallata, tanto per gradire, da una finale Mondiale), vuole riassaporare cosa significhi vincere: perché avrà ragione Gary Lineker che tanto nel calcio “alla fine vincono i tedeschi”, ma è anche vero che è da Oliver Bierhoff e dal 1996 che una coppa non viene alzata da mani teutoniche.

Obama organizzatissimo per Brasile 2014
Obama organizzatissimo per Brasile 2014

80. A Barack Obama il calcio piace: gli Stati Uniti contro il Belgio affronteranno negli ottavi di finale un esame di maturità importante, ma questa Nazionale yankee è stata forse la più seguita della storia, anche di quella che nel 2002, piazzandosi tra le prime otto per la prima volta nell’era moderna, insegnò che si poteva sognare anche col soccer. Quando nel 2009 gli USA persero la finale di Confederations Cup contro il Brasile, rimontati da 2-0 a 3-2, Obama si scatenò con un derby a distanza col presidente brasiliano Lula, con tanto di scambio di maglie finale. Alla squadra di Klinsmann manca forse l’uomo in grado di fare la differenza, ma l’appoggio dei piani alti è senz’altro un’iniezione di popolarità supplementare ed utilissima per la Nazionale.

Will Ferrell, un vero capo-ultras
Will Ferrell, un vero capo-ultras

81. Abbiamo già parlato di volti noti del cinema e della televisione che hanno manifestato il loro appoggio alla Nazionale USA. Will Ferrell, “pizzicato” ad arringare i tifosi in un bar, si aggiunge ad una lista già molto lunga. Già, ma passata l’iniziale curiosità, che in un bar del Kentucky o in una steakhouse nell’Iowa può assomigliare a quella di un italiano per il curling in tempo di Olimpiadi, come si approcciano gli americani al soccer? L’analisi dei flussi della rete aiuta a capire meglio il tutto. Da una parte, Google ha registrato che durante il match contro il Ghana, la domanda più cercata sul celebre motore di ricerca è stata “How long is a soccer game?”, indicativa di un certo disorientamento. Su Twitter però, al momento del gol di Muller, i tweet con la parola “Nazi” o “Nazis” hanno avuto un’impennata vertiginosa. Segno evidente che il tipico campanilismo del tifo calcistico si sta affermando anche nella sua versione a stelle e strisce.

Portogallo – Ghana 2-1

Game Over per CR7
Game Over per CR7

82. Il Mondiale ha perso il Pallone d’Oro: verdetto prevedibile dopo la mancata vittoria portoghese contro gli Stati Uniti, ma difficile da digerire per una Nazionale storicamente ricchissima di talenti, ma che non riesce a risolvere il problema del centravanti dall’alba dei tempi, annoverando tra i miti di ogni epoca onesti ma modesti bomber come Nuno Gomes e Pauleta. La presenza di Helder Postiga è stata in questo senso indicativa. Cristiano Ronaldo è arrivato in Brasile con la pancia piena del suddetto Pallone d’Oro e della “Decima” conquistata con il Real Madrid. Le sue ultime due prestazioni, dopo quella incolore contro la Germania, sono state in crescendo, ma un uomo solo non fa la squadra. A meno che non si tratti di Messi, e questa probabilmente è la grande preoccupazione di CR7 da qui alla fine di Brasile 2014.

Distribuzione dei premi partita poco ortodossa per il Ghana
Distribuzione dei premi partita poco ortodossa per il Ghana

83. Il Mondiale ha detto che al calcio africano manca la necessaria maturità. Il caso del Ghana è stato eclatante. La furibonda lite tra Muntari e Kevin Prince Boateng, entrambi esclusi alla vigilia della decisiva partita contro i lusitani, e dei premi pretesi, consegnati e distribuiti in contanti, è la prova lampante di una polveriera presente in una squadra che contro Stati Uniti e Germania aveva dimostrato di essere competitiva nei piedi, ma non con la testa.

Corea del Sud – Belgio 0-1

Impazza la Fellaini mania
Impazza la Fellaini mania

84. L’esplosione della Fellaini-mania sugli spalti dimostra come il pubblico creda nel grande exploit dei Diavoli Rossi. Che mai avevano chiuso il girone eliminatorio ai Mondiali a punteggio pieno, e che anche contro i coreani sono rimasti fedeli alla cosiddetta zona-Belgio, con tutti i gol fin qui realizzati negli ultimi venti minuti.

Algeria – Russia 1-1

Capello non le manda a dire agli arbitri
Capello non le manda a dire agli arbitri

85. La storia dell’ex URSS ai Mondiali è affascinante, ricca di soprusi arbitrali (1962, 1970, 1986) e di grandi occasioni mancate (1966, 1982). Dallo scioglimento dell’impero sovietico, però, il fascino ha lasciato spazio all’approssimazione, e la sola scuola russa non è parsa in grado, nonostante l’abbondanza di mezzi economici (Fabio Capello si è presentato in Brasile come CT più pagato dei Mondiali) di mostrare qualcosa di significativo sul campo, l’unico luogo dove la storia si possa tramandare nel calcio. Il CT italiano ha recriminato molto per questa nuova eliminazione, ma restano impresse nella mente più le papere del portiere Akinfeev, ed una incapacità cronica nel fare gioco, che si è ripercossa nei due soli punti conquistati, al di là degli sprazzi dimostrati contro il Belgio.

In Algeria sognano la vendetta sui tedeschi a 32 anni di distanza
In Algeria sognano la vendetta sui tedeschi a 32 anni di distanza

86. La storia dell’Algeria invece si ritrova di fronte alla possibilità di un nodo gordiano, a 32 anni di distanza. Alla soddisfazione per la prima qualificazione tra le prime sedici del mondo nella storia, si aggiunge la formidabile possibilità di vendetta, quando nel 1982 la squadra di Madjer, dopo aver battuto la Germania Ovest, si ritrovò fuori a causa di una clamorosa “pastetta” tra i tedeschi e gli austriaci, che giocarono una partita col freno a mano tirato per approdare a braccetto alla seconda fase. Fantasiosa e veloce in attacco, forse un po’ approssimativa nelle chiusure difensive, la squadra algerina sogna la più clamorosa delle vendette: anche se sarà dura, contro una delle favorite del Mondiale, ma la vendetta, fredda così come deve essere, non è mai stata un piatto facile da cucinare.

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#Contromondiali Fabio Belli

#Contromondiale 10: #Belgio, #Neymar, #CR7, #USA, #Herrera, #Eto’o, #NorthKorea, #Sheldon, #HupHolland, #Spagna

di Fabio Belli

Belgio – Russia 1-0

Il Belgio è bello perché è vario
Il Belgio è bello perché è vario

57. I Diavoli Rossi stanno vincendo e rispettando il pronostico della vigilia, ma a modo loro. Quello tra Belgio e Olanda è uno dei derby più antichi d’Europa, ma le filosofie di gioco della due Nazionali sono sempre state (soprattutto dagli anni ’70 in poi) molto differenti. Cinico, pratico ed essenziale il Belgio, spesso travolgente, esaltante e un po’ sciupona l’Olanda. Il carico di talenti con cui la squadra di Wilmots si è presentata in Brasile quest’anno, non ha cambiato questa tendenza. Ciò che è diverso, e ne avevamo già parlato, è il carico di entusiasmo con cui i tifosi in patria stanno seguendo Fellaini e compagni. Gli ottavi sono conquistati, ma il sogno è emulare gli eroi di Messico ’86, quarti.

Corea del Sud – Algeria 2-4

Tutti tifano Algeria!
Tutti tifano Algeria!

58. Ci agganciamo perfettamente all’argomento “migliori prestazioni” e all’argomento “derby”. Nel primo caso, l’Algeria che si giocherà la qualificazione contro la Russia, se non avesse mostrato lacune in difesa piuttosto importanti, potrebbe pensare di superare la squadra del 1982, che stupì il mondo battendo la Germania Ovest poi finalista, per poi ritrovarsi esclusa a causa di un atteggiamento abbastanza “permissivo” degli austriaci nei confronti degli stessi tedeschi nell’ultimo match del girone. Nel secondo caso, la Corea del Sud ha attirato il tifo contrario dei cugini del Nord: ha fatto il giro del mondo la foto di Kim Jong Un con tanto di sciarpa dell’Algeria. Quella fra i dittatori e il calcio è una storia che dura da molti anni, e visto che la Corea del Nord non si è qualificata, Kim Jong Un si è lasciato andare ad una botta di “Schadenfreude”.

Stati Uniti – Portogallo 2-2

Anche Sheldon dice "U-S-A!"
Anche Sheldon dice “U-S-A!”

59. Una delle più belle partite di un Mondiale fin qui prodigo di spettacolo. Il “Team USA” di Klinsmann è andato ad un passo da una clamorosa qualificazione anticipata agli ottavi. Il gol di Varela di un Portogallo sovrastato nel secondo tempo ha rovinato tutto, ma complice anche il fuso orario finalmente favorevole (non succedeva dal Mondiale giocato in casa) il seguito verso Dempsey (ancora in gol!) e compagni sta raggiungendo livelli da record. Le star del cinema e delle serie televisive americane si accodano ad un sostegno fin qui riservato solo agli assi del football e del basket. Jim Parsons, alias Sheldon Cooper di Big Bang Theory, ha manifestato tutto il suo tifo per gli Stati Uniti ai Mondiali, e la CBS ha dedicato uno speciale a come le sue stelle stanno seguendo Brasile 2014.

60. Messi vs. Ronaldo 2-0. Il campo dice impietosamente questo, con l’Argentina già agli ottavi ed il Portogallo a rischio di una clamorosa eliminazione al primo turno. Questo nonostante il Pallone d’Oro contro gli USA abbia regalato magie che contro la Germania non si erano viste. L’assist finale per Varela, straordinario, ma soprattutto il numero nel primo tempo, forse la giocata individuale più bella del Mondiale fino a questo momento, escludendo i gol che meritano sempre un discorso a parte, e che CR7 finora non ha ancora trovato in Sudamerica.

Australia – Spagna 0-3

Bacheca spagnola
Bacheca spagnola

61. Nella formula dei Mondiali, arrivare alla terza della partita del girone con una sfida tra due squadre già eliminate è un evento raro ma possibile. Il fatto che in questa malinconica passerella siano coinvolti i Campioni del Mondo è decisamente più inusuale: la Spagna ha salvato la faccia, ma il biglietto di ritorno era già in tasca per Casillas e compagni. Analizzare il declino di una squadra che ha fatto epoca è ancora più difficile che individuarne le ragioni del successo. Sicuramente Casillas negli ultimi sei anni aveva salvato delle partite, piuttosto che comprometterle; sicuramente l’ascesa di Piqué si è arrestata, e la mancanza di un leader come Puyol in difesa è tangibile. Sicuramente un giocatore come Xavi, non per niente pronto alla partenza verso lande arabe, non nascerà di nuovo facilmente, e il fatto che la squadra che ha vinto tutto senza centravanti, si sia inceppata all’arrivo di Diego Costa, sicuramente non è un caso. Ma è sicura anche la gratitudine di un paese che ha visto le Furie Rosse superare un complesso secolare proprio grazie a questi eroi al crepuscolo. L’ironia, che in questi casi ci sta, è arrivata prevalentemente dall’estero…

Olanda – Cile 2-0

Ricette espresse olandesi
Ricette espresse olandesi

62. Arjen Robben è sempre stato uno strano tipo di calciatore: i mezzi per diventare il più forte li ha sempre avuti. Il magnetismo glamour di Ronaldo e la continuità di Messi no, né la cattiveria di un Ibrahimovic. Complici anche gli infortuni che raramente lo hanno lasciato in pace. Quando è stato bene, sia al Bayern Monaco che in Nazionale, ha dimostrato però di poter cambiare da solo il volto delle partite. Qualcuno gli ha sempre rimproverato un pizzico di egoismo, e di imprecisione sotto porta: conto il Cile, da assist-man, ha dimostrato che un’Olanda arrivata in sordina in Brasile, può sognare la vendetta, quando in Sudafrica proprio Robben vide il sogno di un’intera Nazione infrangersi di fronte a Casillas.

Camerun – Brasile 1-4

Neymar, uomo in più del Brasile nella fase a gironi
Neymar, uomo in più del Brasile nella fase a gironi

63. E se tra i due litiganti fosse il terzo a godere? Nella grande attesa Mondiale della sfida a distanza tra Messi e Ronaldo, nessuno ha forse considerato che Neymar può contare su una spinta popolare senza precedenti. Il mondo si emoziona nel sentire tutto lo stadio, prima delle partite della Selecao, cantare la seconda strofa dell’inno senza l’accompagnamento musicale. E Neymar è finora protagonista di una squadra non del tutto convincente, ma capace di mandare già quattro volte in gol l’asso del Barcellona, che sembra particolarmente forgiato dall’anno, duro, trascorso in Europa. Dagli ottavi e dal Cile, il gioco si farà duro: vedremo se Neymar sarà già in grado di giocare: l’occasione di un Mondiale da vincere da eroe, in casa, di sicuro non capiterà più.

Eto'o: il peso degli anni, della responsabilità, e forse della ricchezza
Eto’o: il peso degli anni, della responsabilità, e forse della ricchezza

64. Nel cuore di tifosi ed appassionati, il Camerun del 1990 resta la squadra africana più bella ed amata mai passata in un Campionato del Mondo. Roger Milla, Thomas N’Kono, e la cavalcata fino agli spettacolari quarti di finale perduti contro l’Inghilterra. Per questo, quanto messo in mostra dai “Leoni Indomabili” in Brasile è stato un qualcosa di malinconico. Dalla stucchevole lite sui premi, ironica per una squadra incapace di raccogliere anche solo un punto del girone, a Samuel Eto’o chiuso in una gabbia dorata, infortunato e incapace di lasciare un vero segno in un Mondiale. Della squadra di 24 anni fa capace di contagiare con allegria ed entusiasmo chiunque la guardasse, nemmeno l’ombra.

Croazia – Messico 1-3

Hector Herrera, il caudillo messicano
Hector Herrera, il caudillo messicano

65. Comunque vada a finire, questo è stato l’anno delle forte personalità in panchina, i “caudillos” capaci di portare outsider alla vittoria. Diego Simeone all’Atletico Madrid ne è l’esempio più lampante, ma anche il “Piojo” Hector Herrera, corpulento e sanguigno CT del Messico, non si sta rivelando da meno. Le sue sfrenate esultanze stanno diventando letteralmente di culto, e chissà se l’organizzazione trovata non possa portare il “Tri” (che ancora deve subire un solo gol) dove non è mai ancora arrivato finora.

 

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#Contromondiali Fabio Belli

#Contromondiale 08: #Italia, #Corea, #Ticos, #Pulizia, #Japan, #Benzema, #CostaRica, #Valencia, #Costly

di Fabio Belli

Giappone – Grecia 0-0

A fine partita, ogni giapponese sa che dovrà ripulire tutto.
A fine partita, ogni giapponese sa che dovrà ripulire tutto.

46. Il sapore è quello di un’occasione perduta per entrambe le formazioni. Non sembrano però squadre in grado di lasciare un segno tangibile in un Mondiale dall’alto coefficiente di difficoltà. Soprattutto la Giappone di Zac ci si poteva attendere di più. Ora la qualificazione è appesa al filo della vittoria greca sulla Costa D’Avorio, e a quella dei “Blue Samurai” sulla forte Colombia. E il rito dei tifosi giapponesi che ripuliscono con zelo gli spalti alla fine di ogni partita, inizia a sembrare il simbolo della resa, oltre che un segno di indubbia civiltà.

Italia – Costa Rica 0-1

Dal gol di Pak Doo Ik, l'Italia ha ingoiato numerosi bocconi amari nei Mondiali contro le cosiddette "piccole"
Dal gol di Pak Doo Ik, l’Italia ha ingoiato numerosi bocconi amari nei Mondiali contro le cosiddette “piccole”

47. E veniamo alle nostre (dolenti) note. La sconfitta azzurra contro la Costa Rica brucia particolarmente considerando la sensazione di Deja Vu indotta dal gol di Bryan Ruiz. La maledizione del ’66, quando dopo aver definito una banda di “Ridolini” i ragazzi della Corea del Nord, l’Italia finì affondata dal gol di Pak Doo Ik (è sempre bene ricordarlo, un militare, non un dentista), si è perpetrata nel tempo, sia nei Mondiali felici che in quelli tristi. Nel ’70, nell’82, nel ’94 e nel 2006, in totale due vittorie e due finali, si scatenarono feroci polemiche dopo i pareggi nel girone eliminatorio contro Israele, Camerun, Stati Uniti, e nel 1994 addirittura perdemmo all’esordio contro l’Irlanda. Peggio è andata nel 2002, eliminati dalla Corea (sempre lei) del Sud, e soprattutto nel 2010, quando il pari contro la Nuova Zelanda ed il ko contro la Slovacchia sembrava aver segnato il punto più basso in assoluto. All’azzurro-tenebra si è aggiunto ora il ko contro un paese da meno di cinque milioni di abitanti. In attesa di Italia-Uruguay…

Entusiasmo popolare in Costa Rica
Entusiasmo popolare in Costa Rica

48. D’altronde i “Ticos” (così sono soprannominati i calciatori della Costa Rica) possono contare su tifosi scatenati, che venerano una Nazionale che solo nell’ultimo quarto di secolo è riuscita a raccogliere risultati significativi. Nel 1990, unica volta in cui raggiunsero gli ottavi di finale ai Mondiali, l’impresa fu talmente celebrata che venne girato un film, intitolato appunto 1990. E nella serata di venerdì a San José l’entusiasmo popolare è stato straripante.

Nel girone degli azzurri, la potenza è nulla senza controllo...
Nel girone degli azzurri, la potenza è nulla senza controllo…

 

49. Comunque, nel girone dell’Italia la situazione si fa intricata. Questa “diapositiva” illustra bene come stanno le cose prima dell’ultima giornata.

Svizzera – Francia 2-5

La nuova filosofia zen di Benzema e di tutta la Francia
La nuova filosofia zen di Benzema e di tutta la Francia

50. Il curioso caso di Karim Benzema: con un pizzico di fortuna in più sarebbe senza dubbio il capocannoniere di Brasile 2014. Dopo la “quasi tripletta” contro l’Honduras, il centravanti del Real Madrid ha segnato il 6-2 nella strabordante vittoria francese contro la Svizzera proprio in concomitanza con il triplice fischio finale dell’arbitro. Gol naturalmente non convalidato: ma la filosofia con cui Benzema sta prendendo queste piccole disavventure è quella di una Francia diversa, meno boriosa e più pratica, che nonostante l’assenza di Ribery e senza i favori del pronostico, ha destato una delle migliori impressioni della parte iniziale di Brasile 2014. E si è messa in tasca la qualificazione agli ottavi.

Honduras – Ecuador 1-2

Enner Valencia, bomber Mondiale
Enner Valencia, bomber Mondiale

51. Ed è proprio parlando di possibili capocannonieri che non ti aspetti, che chiudiamo il resoconto odierno. Enner Valencia entra nella nostra lista della spesa, anzi balza di prepotenza al primo posto, visto che l’età (25 anni) e la militanza con i messicani del Pachuca, suggeriscono un prossimo assalto delle squadre europee. I due gol con cui il brevilineo attaccante, cresciuto in patria nell’Emelec, ha “ribaltato” l’Honduras, si aggiungono a quello segnato contro la Svizzera e ad un repertorio che indica come le squadre a caccia di una punta scaltra e veloce, debbano fare in fretta a telefonare al suo procuratore.

Dopo Spagna '82, l'Honduras si è "sbloccato" in un Mondiale
Dopo Spagna ’82, l’Honduras si è “sbloccato” in un Mondiale

52. Una delle nostre storie riguardanti le partite d’esordio si è rivelata profetica. Nel segno di “di padre in figlio”, Carlo Costly è tornato a fare gol per l’Honduras in un Mondiale dopo 32 anni. L’ultima volta, in Spagna, in squadra c’era il padre di Carlo, Anthony: la vera dinastia del calcio in Honduras.

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#Contromondiale 05: #RedDevils #Belgio, #Messico, #Portieri #Ochoa, #Akinfeev, #Russia, #Mila&Shiro

di Fabio Belli

Belgio – Algeria 2-1

Il Belgio sogna la conquista del Brasile
Il Belgio sogna la conquista del Brasile

28. Non è una novità che le squadre più attese ai Mondiali spesso vadano incontro a difficoltà imprevista. Per il Belgio l’incubo è durato settanta minuti, complici anche le scelte del tecnico Wilmots che forse ha rinunciato a un po’ troppo talento, tenendo inizialmente in panchina i risolutori del match, Fellaini e Mertens. Un bel sospiro di sollievi per i sostenitori dei “Red Devils”: raramente in patria un Mondiale è stato così sentito dai belgi, che erano assenti dal meglio del calcio nel pianeta dal 2002. Caroselli da Bruxelles ad Anversa a Liegi, con tanto di bandiera brasiliana rivista alla belga. E così il primo ostacolo è stato superato: ma per lasciare davvero il segno in Brasile, servirà qualcosa (e un pizzico di coraggio) in più.

Brasile – Messico 0-0

Super Ochoa contro Neymar
Super Ochoa contro Neymar

29. La storia della sesta giornata dei Mondiali è sicuramente quella di Guillermo “Memo” Ochoa, al quale è stato dedicato un titolo giornalistico più che eloquente: “Un disoccupato ferma il Brasile”. Ochoa, classe ’85, è stato considerato per anni una promessa assoluta del calcio mondiale. All’estrema spettacolarità dei suoi interventi non sono però sempre corrisposte prestazioni con la giusta continuità. E’ al suo terzo mondiale, ma nel 2006 e nel 2010 non ha ottenuto il posto da titolare, nonostante si sia messo in evidenza nella Coppa America del 2007. Troppi alti e bassi che lo hanno portato ad arrivare a Brasile 2014 senza una squadra, da svincolato. Herrera gli ha dato fiducia, e contro la Selecao ha stupito il mondo intero, con un intervento alla “Gordon Banks” su Neymar ed altre tre prodezze al limite del miracolo. Le donne sono la sua altra grande passione oltre ai voli tra i pali: ma il Mondiale potrebbe regalargli a questo punto il salto più atteso alle soglie dei trent’anni: quello nel calcio europeo.

30. Parlando del Brasile, dopo le polemiche per l’arbitraggio di Nishimura contro la Croazia, il pari senza reti con i messicani ha alimentato ulteriormente i dubbi attorno alla squadra di Felipe Scolari. L’impressione è che alla Selecao manchi un vero finalizzatore, ma anche un “genio” offensivo di centrocampo, dove le mezze ali di grande talento abbondano, ed anche gli esterni, ma manca il Kakà della situazione, per intenderci. Considerando che Scolari sembra avere scarsa considerazione di Hernanes, che pure non corrisponde pienamente alle caratteristiche sopra citate, il problema non sembra di immediata, facile risoluzione.

Al Mondiale sono arrivati i pareggi...
Al Mondiale sono arrivati i pareggi…

31. I pareggi: sconosciuti fino ad Iran-Nigeria, ora sembrano materia di maggiore attualità. E se Brasile-Messico, nonostante la mancanza di gol, ha regalato diverse emozioni, la Russia di Fabio Capello non ha affatto convinto. E dopo un inizio spumeggiante, qualcuno ha iniziato ad addormentarsi di fronte alle prime partite “tattiche”.

Russia – Corea del Sud 1-1

Akinfeev: cronologia di un disastro
Akinfeev: cronologia di un disastro

 

32. Il sesto giorno “Mondiale” è stato anche quello dei portieri, nel bene e nel male. E se Ochoa si è guadagnato la copertina di eroe del momento, il russo Akinfeev ha mandato di traverso l’esordio a Fabio Capello. Kerzhakov ha tolto le castagne dal fuoco contro una Corea confusionaria tanto quanto i russi, ma in qualità di organizzatori nel 2018, le aspettative erano ben altre su una squadra che sembra semplicemente priva della qualità necessaria. Peggio degli svarioni nel secondo tempo, c’è stato il nulla assoluto del primo: chi a Mosca è rimasto alzato tutta la notte (il match in Russia iniziava alle 4 del mattino) di certo non ringrazia…

Rimasugli di Francia – Honduras 3-0

Mila & Shiro erano honduregni?
Mila & Shiro erano honduregni?

 

 

 

 

 

 

 

33. Notata anche voi qualche somiglianza?

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Fabio Belli Le Finali Mondiali

2002: Brasile-Germania 2-0. La finale delle finali e il ritorno del Fenomeno

di Fabio Belli

Il Guerin Sportivo, “bibbia” italiana dello sport per eccellenza, li chiamò in una memorabile copertina “gli immondiali“. L’edizione asiatica, la prima di tutti i tempi fuori dal circuito Europa-America, riportò in effetti la rassegna iridata indietro di circa quarant’anni. Ovvero, a Cile 1962, quando arbitri, fattore campo e polemiche sull’organizzazione finirono con lo svilire lo spettacolo. A Giappone e Corea del Sud non si poterono certo imputare lacune organizzative, anche se la logistica, con i lunghi spostamenti tra i due paesi, risultò particolarmente faticosa per tutte le partecipanti. Ma i coreani furono sospinti da arbitraggi sin troppo consenzienti, che li trascinarono fino ad un inimmaginabile, alla vigilia, quarto posto finale.

Brasile "pentacampeao" nel 2002
Brasile “pentacampeao” nel 2002

Si arrivò all’atto conclusivo soprattutto nel segno di Moreno e Ghandour: due arbitri, un ecuadoregno ed un egiziano, che fecero insorgere Italia e Spagna nelle gare degli ottavi e dei quarti, con due direzioni di gara che non si vedevano appunto dai tempi dell’inglese Aston, che fece prendere a pugni in faccia David e Maschio dal cileno Jorge Toro e dai suoi compagni esaltati da tanta impunità. Ma anche gli Stati Uniti, rivelazione del torneo, si videro pesantemente penalizzati nei quarti di finale contro la Germania, e le emozioni finirono con lo scarseggiare. L’impresa del Senegal nella partita inaugurale contro una Francia svuotata dal doppio titolo Mondiale ed Europeo, ed il quarto di finale tra Brasile ed Inghilterra furono alcuni tra i pochi momenti memorabili dell’edizione nippocoreana del 2002.

In tutto questo, Brasile e Germania andarono avanti nel segno delle loro caratteristiche peculiari: allegria e spensieratezza per la Selecao, solido pragmatismo per i teutonici, che dopo la delusione di Euro 2000, aprirono un nuovo ciclo segnato dai gol di Miroslav Klose, la fantasia di Bernd Schneider e le parte di Oliver Kahn, autore di grandi prodezze nel cammino verso Yokohama e la finalissima. Nella squadra allenata da Felipe Scolari, gli elementi decisivi che si combinarono assieme furono quattro. La formidabile spinta sulle fasce di Cafu e Roberto Carlos, l'”addomesticamento” di Denilson, da genio incompreso a playmaker di lusso, anche se ancora un po’ intermittente, il duo Rivaldo-Ronaldinho, genialità allo stato pure, e soprattutto il ritorno del Fenomeno. A un anno dal terribile incidente nella finale di Coppa Italia tra Inter e Lazio, Ronaldo ha trascinato a un passo dallo scudetto i nerazzurri, prima dello psicodramma del 5 Maggio 2002 di nuovo contro i biancocelesti, stavolta fortunatamente solo sportivo.

Ronaldo, tornato assoluto protagonista nei Mondiali del 2002
Ronaldo, tornato assoluto protagonista nei Mondiali del 2002

Ma ai Mondiali Ronaldo spazzò via tutti i dubbi sulla sua tenuta fisica tornando a fare quello che gli riesce meglio: i gol. Si arrivò a Yokohama con Brasile e Germania di fronte. Dopo tante polemiche e delusioni, l’epilogo fu affascinante per due motivi. Si trovavano faccia a faccia le due squadre con più Mondiali in bacheca assieme all’Italia, e nonostante si trattasse di due Nazionali assiduamente presenti nella competizione (i brasiliani addirittura non ne hanno mai saltata una), era il primo confronto iridato in assoluto fra tedeschi e verdeoro, che mai si erano scontrate in nessuna delle edizioni fino ad allora disputate.

Una finale inedita e di assoluto prestigio, quando per il terzo e quarto posto si erano trovate di fronte la Corea del Sud, come detto sospinta da arbitraggi che definire “casalinghi” è riduttivo, e l’incredibile Turchia di Hakan Sukur, poi medaglia di bronzo. E le analogie rispetto al 1962 continuarono fino alla fine, poiché come allora fu il Brasile a salvare il prestigio della competizione, laureandosi Campione del Mondo a suon di magie (da Garrincha & Amarildo a Rivaldo & Ronaldinho), e sfruttando come allora gli errori in finale di quello che era stato il miglior portiere della competizione. Quarant’anni dopo Schrojf, toccò a Oliver Kahn cadere sotto i colpi di Ronaldo, autore di una doppietta che ne segnò la rinascita come l’Araba Fenice. Ma dopo tante prodezze, stavolta ai meriti del Fenomeno si sommarono i demeriti del portiere tedesco, che aveva preso anche le noccioline tirate dagli spalti contro americani e coreani, per poi incappare nella più classica delle papere al momento decisivo. Corsi e ricorsi della storia: di uniche restano le stranezze del Mondiale asiatico, e le prodezze di un Brasile da record, divenuto nella notte di Yokohama “Pentacampeao“.

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Fabio Belli Le Finali Mondiali

1998: Francia-Brasile 3-0. Le “sliding doors” di Ronaldo e Zinedine Zidane

di Fabio Belli

A sedici anni di distanza da quello che è stato l’ultimo Mondiale vinto da chi giocava in casa, si può dire che quello della Francia nel 1998 è stato davvero il delitto perfetto. E’ vero, il Brasile ha ottime chance per riprovarci nell’edizione ormai prossima, e la globalizzazione del calcio negli ultimi 28 anni ha portato il Mondiale in nazioni (Messico, Stati Uniti, Corea del Sud, Giappone, Sudafrica) senza squadre in grado di capitalizzare il fattore campo. Ma restando ai tempi moderni, tedeschi e italiani possono guardare con invidia a quanto costruito attorno ai “bleus” dai francesi in quell’estate di fine anni novanta.

L'Equipe de France per la prima volta Campione del Mondo
L’Equipe de France per la prima volta Campione del Mondo

E’ stato il delitto perfetto perché prima di loro c’erano riusciti anche inglesi ed argentini, ma facendo leva molto di più sul fattore ambientale. L’albiceleste del ’78 andò ai limiti del regolamento ed oltre, se ricordiamo la “marmelada peruana“, senza scomodare le pressioni del regime di Videla. L’Equipe de France ’98 si avvalse di una macchina organizzativa d’efficienza al pari solo di quella teutonica di Monaco ’74, quando tutto andò come doveva andare senza scomodare arbitri o strane manovre, fatta eccezione per una robusta inzuppata nel campo nella partita che di fatto valeva come una semifinale, contro la Polonia. La Francia fu impeccabile: squadra sempre protetta dal tifo incessante dello stadio nuovo di zecca, lo “Stade de France” di Saint Denis, buon sorteggio sfruttato al meglio col primo posto nel girone, nessuna nevrotica deviazione da Parigi, alla stregua dell’Italia nel ’90.

Certo, sportivamente parlando, un paio di sbandate ci furono. Innanzitutto Zinedine Zidane, chiamato ad arrivare dove neppure Le Roi Michel Platini era riuscito ad arrampicarsi, che si fa cacciare per un fallo di reazione contro l’Arabia Saudita, non esattamente una partita in grado di produrre chissà quali pressioni. Quindi, le sofferenze negli ottavi contro il Paraguay del monumento Chilavert, vittoria al golden goal, e contro l’Italia nei quarti, quando gli azzurri giocarono troppo tardi la carta Roberto Baggio, e dopo un assedio lungo un’ora e mezza e dei supplementari coraggiosi, videro infrangersi i loro sogni sulla traversa di Gigi Di Biagio. Ancora i rigori condannarono gli azzurri, per la terza volta consecutiva: passato lo “spaghetto”, i francesi ribaltarono una semifinale pazza contro la Croazia. Pazza perché Suker e compagni si fecero beffe della pressione di Saint Denis passando in vantaggio, ma si ritrovarono battuti da una doppietta di Lilian Thuram, uno che col gol, di mestiere, confidenza non doveva proprio averne.

Così, quando a Saint Denis si deve giocare la finalissima, qualcuno nell’Equipe de France comincia ad avere un po’ paura. Il super-Brasile di Ronaldo, Denilson, Cafu, Edmundo, Bebeto (ma non Romario), ha giocato solo un ottavo di finale degno della sua fama. Il Fenomeno viene da una stagione in cui l’Inter ne ha potuto toccare con mano la forza d’urto, accontentandosi però solo di una Coppa UEFA. Stellare la prova di Ronaldo contro la Lazio, ma i rimpianti per la sfida con la Juventus per lo scudetto restano, e riguardano soprattutto gli arbitri. Alla vigilia della finale però, una certezza sembra farsi strada: Ronaldo e Zidane devono riscattare in finale un Mondiale fino a quel momento non all’altezza.

Zidane in cima al mondo il 12 luglio del 1998
Zidane in cima al mondo il 12 luglio del 1998

Un film molto in voga di quegli anni era “Sliding Doors“: Gwyneth Paltrow si ritrova in una storia improntata sui bivi infiniti del destino. E come quella sera le vite di quei due straordinari campioni divergano nettamente, è sbalorditivo. Tanto si apre una stagione di successi, vittorie e prodezze per Zidane, tanto una di amarezze, dolore, infortuni e obiettivi mancati per Ronaldo. In quella che è la stranissima, ancestrale simbologia dei Mondiali, la storia cambierà quattro anni dopo, quando dopo la Champions League vinta con lo storico gol al Leverkusen da Zidane con la maglia del Real Madrid, il francese sarà costretto a una mesta passerella da infortunato in Asia, mentre Ronaldo, dopo quattro stagioni amarissime, passate quasi tutte in infermeria, tornerà il Fenomeno.

Ma a Saint Denis il 12 luglio del 1998 le “sliding doors” del destino sono tutte per Zizou. Ronaldo, lo si saprà poi in uno scandalo di proporzioni planetarie, sta in piedi per miracolo. Vuoi lo stress, vuoi le infiltrazioni per le fragilissime ginocchia, prima della partita è stato colto da convulsioni violentissime in albergo: qualche compagno di squadra pensava fosse morto. Schierarlo in campo in quelle condizioni, di fronte agli occhi del mondo intero, resta un’offesa eterna a quello che è stato il suo straordinario talento. Zidane invece arriva nelle migliori condizioni psicofisiche possibili: la squalifica paradossalmente lo ha fatto arrivare fresco e riposato alle partite chiave, e arrivati all’intervallo ha già bucato due volte di testa un incredulo Taffarel. E’ il delitto perfetto, nemmeno l’assenza in difesa di Blanc, che ha baciato nel suo rituale immancabile la “pelata” del portiere Barthez in borghese perché squalificato, intacca le sicurezze transalpine. La cavalcata finale di Emmanuel Petit per il gol del 3-0 è quella di una Nazione intera verso una gloria rincorsa vanamente per 68 anni. Zidane finisce in cima al mondo, Ronaldo in fondo alla scaletta di un aereo: per rialzarsi, al Fenomeno serviranno i quattro anni più lunghi della sua vita.

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Fabio Belli Le Finali Mondiali

1962: Brasile-Cecoslovacchia 3-1. Willy Schrojf, antieroe per caso

di Fabio Belli

Non tutti i campionati del mondo di calcio sono uguali fra loro, e d’altronde sono proprio le edizioni ordinarie a rendere tali quelle memorabili. In alcuni casi l’eccezionalità viene sfiorata, ma non raggiunta: se nel 1934 l’Italia non avesse saputo reagire al gol cecoslovacco di Puč nell’ultimo quarto d’ora di gioco della finale, forse sarebbe stata la partita dello stadio Nazionale, e non il “Maracanazo”, a passare alla storia come la più grande delusione di sempre del gioco del calcio. Nel 2010, un’Olanda forte ma non trascendentale arrivò ad un passo dal superare la leggendaria “Arancia Meccanica” del 1974 ed i suoi eredi del 1978. Nel 2002, il rischio di una finalissima tra Corea del Sud e Turchia fu più concreto di quanto non si pensi.

Seconda "Rimet" al cielo per il Brasile
Seconda “Rimet” al cielo per il Brasile

Nulla di tutto questo accadde, e quelle edizioni del Mondiale raramente sono citate in maniera enfatica nelle memorie degli sportivi. Un qualcosa di simile accadde nel 1962, quando a Santiago del Cile la Cecoslovacchia, allenata da un consumato stratega come Rudolf Vytlačil, si ritrovò a tentare di fare lo sgambetto ad un Brasile già lanciato verso la leggenda. Fu un Mondiale anomalo in tutti i sensi: a partire dalla location, un Cile allora troppo ai margini delle grandi del calcio, ma che grazie allo sforzo enorme di un giovane dirigente di origine tedesca, Carlos Dittborn Pinto, che tragicamente non arrivò a veder compiuto il suo capolavoro, riuscì ad allestire una macchina organizzativa funzionante. Poi per la caduta di stelle: l’Italia di Altafini e l’Urss di Jašin, che pagarono lo scandaloso fattore campo imposto dai cileni. La Spagna che, senza Di Stefano infortunatosi all’ultimo momento, perse il suo potenziale e vide il fuoriclasse di origine argentina mancare l’ultima occasione per disputare un Mondiale. E poi l’Inghilterra di Moore e Charlton, l’Ungheria ormai spogliata dei suoi fuoriclasse. Ed infine, Pelé, infortunatosi e costretto, per un brutto stiramento, a saltare quella che doveva essere la sua inevitabile consacrazione, dopo l’impresa di quattro anni prima in Svezia che lo svelò al mondo.

Una presa plastica di Willy Schrojf
Una presa plastica di Willy Schrojf

In un tale scenario, la Cecoslovacchia era riuscita a compiere il delitto perfetto, mettendo in fila Spagna, Ungheria e Jugoslavia, perdendo nelle eliminatorie col Messico, ma pareggiando contro il Brasile: già, quel Brasile che, nonostante un Garrincha in stato di grazia che nei quarti di finale aveva praticamente battuto da solo l’Inghilterra, sembrava meno imbattibile di quanto apparisse alla vigilia. Rispetto al 1958 erano cambiati solo due uomini (dentro Zòzimo e Mauro Ramos, fuori Bellini e Orlando), e il CT, Moreira. Ma l’assenza di Pelé poteva significare tutto, anche se il coniglio nel cilindro di Moreira si chiama Amarildo Tavares da Silveira. Ovvero, l’unico che per caratteristiche e temperamento può permettersi di non far rimpiangere la “perla nera”.

Vytlačil è uno che sa farsi i conti in tasca, sa di avere una squadra con soli due fuoriclasse: la leggenda del calcio boemo Josef Masopust, e lo slovacco di Bratislava Viliam “Willy” Schrojf, considerato ancora il miglior portiere cecoslovacco di sempre. Spettacolare, a volte anche troppo negli interventi, ha giocato fino a quel 16 giugno del 1962 un Mondiale strepitoso. Vytlačil si affida a lui per una partita di contenimento e ripartenze. Ha perfino bluffato sul caso della vigilia riguardante Garrincha: espulso nella semifinale contro il Cile, l’ala sarebbe squalificata, ma viene clamorosamente riabilitata con un annullamento delle sanzioni disciplinari per la finalissima. Invece di scandalizzarsi, i ceki danno il loro benestare: Vytlacil sa che la corrida contro i cileni ha fatto a pezzi Mané, che sotto la guardia di Novàk e Jelìnek, dopo un Mondiale da fuoriclasse, finirà con il giocare una delle partite più scialbe della sua carriera.

Ma tornando all’inizio, va detto che la gloria quando ti passa tra le mani, bisogna saperla afferrare. Metafora perfetta per un portiere, ma Vytlačil non può nutrire dubbi su Schrojf, che contro la Jugoslavia in semifinale ha portato praticamente da solo la squadra oltre l’ostacolo. Tutto si mette bene quando i compassati ritmi brasiliani si infrangono sul dinamismo ceko nella rarefatta aria di Santiago. Pospìchal a centrocampo sa quando Masopust può sganciarsi, i due si intendono a memoria e al quarto d’ora Gilmar deve già raccogliere il pallone in fondo al sacco. Questo però è anche il momento in cui lo straordinario e l’ordinario si fondono, e la storia, che sembrava indirizzata verso la sorpresa, si rimette al proprio posto grazie al “colpevole” più inatteso. Neanche 2’ dopo dalla prodezza di Masopust, Schrojf si fa sorprendere da un tiro scoccato quasi dalla linea di fondo da Amarildo. La parabola è pregevole e qualcuno prova ad assolvere l’estremo difensore da responsabilità eccessive.

In quel momento però, il destino è già scritto: si compie definitivamente nella ripresa, quando ancora Amarildo dalla linea dell’out riesce ad “uccellare” un imbambolato Schrojf. Stavolta la palla non è indirizzata in rete, ma per l’accorrente Zito è un gioco da ragazzi spingerla in fondo al sacco da due passi. Il disastro-Schrojf si completa su un cross quasi innocuo di Djalma Santos, che gli sfugge letteralmente dalle mani: la sintesi perfetta della gloria che, al momento di essere afferrata, può essere scivolosa come una saponetta. E Vavà completa l’opera, con il tap-in del 3-1. Il Brasile diventa la seconda squadra dopo l’Italia ad alzare al cielo la Coppa Rimet per due volte consecutive, e Cile 1962 resterà per sempre l’edizione in cui, dopo essere accaduta ogni tipo di follia, tutto alla fine è andato esattamente come doveva andare: al contrario del destino di Schrojf, che dopo aver afferrato di tutto al Mondiale e nella sua carriera, si fece sfuggire proprio i palloni più importanti.

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Fabio Belli Le Finali Mondiali

1954: Germania Ovest-Ungheria 3-2. Il tramonto senza fine dell'”Aranycsapat”

di Fabio Belli

L’Ungheria viene considerata la zona del crepuscolo del grande sogno europeo. Un vecchio adagio recita che i magiari si “divertono piangendo”, e che interiorizzano troppo i loro drammi, senza mai superarli davvero. E forse non è un caso che dopo il tramonto di quella che, da chi l’ha vista giocare, è ancora considerata la più grande squadra di tutti i tempi, non sia più riuscita ad allestirne una non solo altrettanto forte, ma neanche in grado di avvicinarsi a quei livelli, tanto che il declino del calcio ungherese continua ancora oggi a 60 anni di distanza da quel 4 luglio del 1954.

Tedeschi in trionfo dopo il "Miracolo di Berna"
Tedeschi in trionfo dopo il “Miracolo di Berna”

Grosics, Buzànsky, Lantos, Bozsik, Lòrànt, Zakariàs, Tòth, Czibor, Kocsis, Hidegkuti, Puskàs. Questo era l’undici titolare di quella che veniva chiamata in patria “Aranycsapat”, ovvero la “squadra d’oro”. Al Mondiale del 1954 gli uomini allenati dal CT Gusztav Sebes arrivarono dopo quattro anni di imbattibilità. Ultima sconfitta nel 1950, campioni olimpici ad Helsinki nel 1952 con questo esatto schieramento, con l’unica eccezione di Peter Palotàs al posto di Tòth: non c’era un osservatore, un tecnico, un tifoso che non fosse pronto a scommettere su una marcia trionfale alla rassegna iridata in Svizzera.

Così, quando a Berna al cospetto dell’Ungheria si presentò una Germania Ovest ritrovata sulla scena internazionale dopo l’esilio post bellico, la finale era a pronostico chiuso, forse il più scontato nella storia di sempre dei Mondiali. E non solo per una mera valutazione tecnica: a parlare per l’Ungheria erano proprio i risultati di quel Mondiale. Ovvero, 9-0 alla Corea del Sud e 8-3 ai tedeschi nelle eliminatorie, 4-2 al Brasile nei quarti e 4-2 all’Uruguay in semifinale, seppur ai supplementari. Proprio così: Puskàs e compagni avevano battuto 8-3, esattamente due settimane prima della finalissima, i loro avversari verso la conquista della gloria iridata. Cosa poteva mai andare storto?

I capitani Fritz Walter e Ferenc Puskas prima del fischio d'inizio
I capitani Fritz Walter e Ferenc Puskas prima del fischio d’inizio

A dispetto del significato etimologico di “Aranycsapat”, però, non era tutto oro quel che luccicava. Innanzitutto i tedeschi, che avevano intuito la formidabile occasione che il Mondiale poteva rappresentare per tornare a far parlare della Germania nel mondo in termini ben diversi dall’orrore della Seconda Guerra Mondiale, nelle eliminatorie avevano preferito consegnarsi agli ungheresi schierando una squadra imbottita di riserve. Questo per non sprecare energie e giocarsi la qualificazione ai quarti, poi ottenuta, contro i modesti turchi. Anche i pezzi grossi in campo, come Helmut Rahn e Fritz Walter, passeggiarono per poi scatenarsi contro Turchia, Jugoslavia e soprattutto Austria in semifinale, battuta 6-1 nonostante i favori del pronostico fossero per gli eredi della leggenda Sindelar.

Secondo poi, “l’oro” della squadra basata sull’ossatura della mitica Honved di Budapest, era racchiuso tutto dalla cintola in su. Ferenc Puskàs, colonnello dell’esercito, deteneva la palma di più forte giocatore del mondo, capace di fatto di interpretare da fuoriclasse tutti i ruoli d’attacco. Sàndor Kocsis viene ancora oggi considerato come uno dei migliori attaccanti-colpitori di testa di ogni epoca. Zoltàn Czibor garantiva i rifornimenti da destra, Nàndor Hidegkuti addirittura è considerato universalmente l’antesisgnano del “falso nueve”, capace di far passare dai suoi piedi tutto il frenetico gioco della squadra, anche grazie alla protezione di un mediano dai sette polmoni come Jòzsef Bozsik. Il pacchetto arretrato però non era all’altezza di tanta grazia calcistica, ad eccezione del portiere Grosics. Buzànsky, Lantos, Lòrànt e Zakariàs erano degli onesti faticatori, e fu proprio questo tallone d’achille a tradire i magiari in finale. Questo, e la doppia battaglia contro i sudamericani. La partita dei quarti di finale contro il Brasile, combattutissima, si concluse in rissa, con Puskàs che rimediò anche una bottigliata in testa (!) da Pinheiro. In semifinale, contro un Uruguay che ai Mondiali non era mai stato eliminato, il mito iniziò a scricchiolare: Hohberg rimontò due gol nel finale, e Borges colse un palo nei supplementari, prima che Kocsis con una doppietta riuscisse a rimettere le cose a posto.

Ma è già l’inizio della fine: le tante battaglie ravvicinate hanno avuto effetti nefasti sulle caviglie di Puskàs. A Berna il colonnello si regge a malapena in piedi, ma Sebes non se la sente di negargli la soddisfazione di diventare, con ogni probabilità, campione del mondo. Dopo 8’ i tedeschi sono per giunta già sotto di due: Puskàs devia in rete avventandosi su un tiro sbilenco di Kocsis, mentre Czibor passa in una difesa avversaria imbambolata. “Herr” Sepp Herberger, CT tedesco, in panchina ha però una strana espressione. E’ stato a vedere la semifinale con l’Uruguay, e sa che i magiari non ne hanno più. E infatti 10’ dopo si è già 2-2, con Morlock e Rahn che approfittano di una difesa ungherese svagata. Il conto di un dominio quadriennale si presenta tutto d’un colpo all’”Aranycsapat”, la difesa fa acqua e la caviglia tradisce il colonnello quando c’è da spingere dentro la palla del 3-2.

Una staffilata di Rahn compie quello che in Germania, anche da un titolo di un film, viene ancora ricordato come il “Miracolo di Berna”. In realtà i rumori sinistri del doping coprono l’esultanza teutonica, una versione che in tempi recenti ha trovato nuove imbarazzanti ammissioni. E’ opinione comune che anche contro la “bomba”, gli ungheresi sarebbero stati imbattibili se non fossero arrivati alla finale logorati e appesantiti dal debito di riconoscenza verso Puskàs e afflitti da una difesa inadeguata. Il risultato però è consegnato alla storia, e del tramonto magiaro non si vede ancora la fine.