di Jean Philippe ZITO
“Alla fine della stagione io e Paul partiamo per l’Italia, ci hanno organizzato dei provini. Ci stabiliamo a Prato da zia Bianca, sorella di papà, zio Egidio e da mio cugino Dimitri. Nella stessa casa vive anche il nonno e ci arrangiamo nella sua stanza: io e Paul dormiamo in un letto a castello, io sopra e lui sotto. Il nonno ha convinto quelli del Prato a farci allenare con loro. Per i primi tempi speriamo nel tesseramento, ma il Prato fa soltanto promesse e non le mantiene”.
Christian Vieri racconta, nella sua autobiografia, il rientro in Italia dopo aver passato l’intera adolescenza a Sidney. Il padre Roberto ha giocato nel Marconi Stallions sin dalla fine degli anni ’70, quindi il piccolo Bobo si è dovuto trasferire in Australia con la famiglia alla tenera età di 4 anni. Dopo aver praticato gli sport più disparati, con sommo stupore del padre, inizia a giocare anche lui a calcio e a quindici anni esordisce nelle giovanili del Marconi. Lega fin da subito con il suo compagno di squadra Paul e nel 1988 vuole tentare la fortuna nel bel paese.
Convince a partecipare a questa impresa anche l’amico australiano, che accetta l’ospitalità della famiglia Vieri, passando due mesi in Toscana. Christian decide di rimanere a Prato, mentre Paul Okon torna a Sidney pronto a giocarsi le sue chance nel Marconi Stallions.
Nella squadra degli “italiani di Sidney”, Okon (che è per metà d’origine italiana) si fa notare immediatamente per la sua capacità di sviluppare trame interessanti con la palla al piede e far filtro davanti alla difesa. Un’ottima tecnica, accompagnata da una buona visione di gioco, che lo porta ad essere titolare inamovibile nei celesti di Sidney. Collezionando nelle stagioni 1989/90 e 1990/91, ben 49 presenze, condite da 4 gol e vincendo l’Under 21 Player of the Season in entrami i campionali.
Queste eccellenti prestazioni fanno sì che arrivi anche la prima convocazione nella Nazionale maggiore. Nei “Socceroos” esordisce il 6 Febbraio del 1991, in una serata uggiosa a Paramatta durante l’amichevole persa per 2 a 0 contro la Cecoslovacchia. “È stata una serata piovosa, veramente tanto ed ero già stato convocato quando avevo 17 anni” ricorda Okon. “Sapevo che avrei avuto un’opportunità quella notte. Sono entrato nel secondo tempo”.
Sempre nel ’91 fa parte della spedizione ai Mondiali di Calcio Under 20 come capitano, segna anche un gol nella prima partita del girone C vinta per 2 a 0 contro Trinidad e Tobago. L’avventura dei giovani australiani si conclude con una finale per il terzo posto persa ai rigori contro l’URSS.
A diciannove anni, ormai lanciatissimo in patria, riceve un’allettante offerta dal Belgio.
Okon accetta e si trasferisce al Bruges, giocando fin da subito in una porzione del campo delicata che richiede esperienza e sicurezza. A fine stagione diventa campione di Belgio vincendo la Division 1 e partecipa con la Nazionale alle Olimpiadi di Barcellona.
Gli “Olyroos” superano il girone D insieme al Ghana, ai quarti battono la Svezia per 2 a 1 e in Semifinale affrontano la Polonia. Dopo un primo tempo abbastanza equilibrato, nella seconda parte la Polonia dilaga vincendo 6 a 1; è il peggior passivo registrato dalla Nazionale Olimpica australiana. Dopo aver perso l’anno precedente la finale di consolazione contro l’Unione Sovietica ai Mondiali under 20, Paul Okon perde ancora la finalina, il Ghana si impone 1 a 0.
Messe da parte le Olimpiadi, nel Bruges Paul Okon continua a giocare bene e a vincere. In totale il suo personale palmarès conta: 2 Campionati (91/92 e 95/96), 3 Supercoppe (1992,1994 e 1996) e 2 Coppe di Belgio (1995 e 1996).
Nel 1995 vince la scarpa d’oro belga, eletto a soli 23 anni miglior giocatore del torneo. Okon è incredulo, sale sul palco e durante la premiazione viene omaggiato da un’esibizione del cantante italiano Andrea Bocelli. Nel 1996 viene eletto miglior giocatore d’Oceania con 94 punti, precedendo Christian Karembeu, è l’apice della sua carriera.
A Roma, alla Lazio, occorre un sostituto di Roberto Di Matteo. Il centrocampista è titolare nella squadra di Zeman, ma vuole essere ceduto a seguito di alcune discussioni avute proprio con il tecnico boemo. Quest’ultimo chiede espressamente al direttore sportivo Nello Governato di provare a prendere un giocatore che sta seguendo da tempo, Paul Okon.
L’australiano è reduce da un brutto infortunio ai legamenti del ginocchio destro subito nel Febbraio del 1996, ma si sente pronto ad affrontare il ritiro estivo con la Lazio per la nuova stagione. Dopo cinque anni ricchi di successi con il club e personali, saluta il Bruges e il Belgio liberandosi a parametro zero e firma un contratto di tre anni con la squadra del Presidente Cragnotti.
Non ha paura dei paragoni con Di Matteo, conosce il proprio valore e, per esorcizzare qualsiasi altro timore, decide di indossare la maglia numero 16 lasciata libera proprio dal centrocampista italiano. L’ambientamento con il calcio nostrano non è semplice per nessun calciatore straniero, soprattutto poi se si passa dal placido modo di vivere il calcio in Belgio, al focoso ambiente romano.
Paul Okon dichiara al quotidiano di Dublino The Irish Time: “Per me il Campionato italiano è il migliore del mondo, in Belgio il calcio è lo sport più seguito ma rimane uno sport, ne parlano la domenica, il lunedì e poi non si sente altro fino al venerdì o al sabato. Qui a Roma ad ogni minuto della giornata, ogni canale televisivo ha programmi che si dedicano al calcio…”.
Esordisce con la maglia del più antico club di Roma, il 28 Agosto 1996 nel secondo turno di Coppa Italia nella vittoria della Lazio contro l’Avellino per 1 a 0. È il primo giocatore australiano nei quasi cento anni di storia del sodalizio biancoceleste.
Il debutto in Serie A avviene alla terza giornata, il 21 Settembre 1996, nell’incontro Inter-Lazio 1 a 1. Alla “Scala del calcio” il playmaker è titolare, gioca un ottimo primo tempo facendo vedere la sua classe e precisione nei passaggi. A dieci minuti dalla fine esce al posto di un giovane Roberto Baronio, la forma fisica non riesce a decollare. I problemi al ginocchio non sono superati completamente. Gioca complessivamente 11 gare da titolare nel girone d’andata, saltando ben 7 gare a causa dei consueti tormenti ai legamenti.
Nel frattempo il tecnico boemo viene esonerato, in panchina torna Dino Zoff e proprio Okon, fortemente voluto alla Lazio da Zeman, non le manda a dire sulla preparazione estiva che l’avrebbe danneggiato: “Il ginocchio mi ha dato molti fastidi. Le grane sono nate dal tipo di preparazione fatta con Zeman, molto dura. Non dico che non sia buona, ma non andava bene per me che ero reduce da un lungo infortunio. Senza Zeman il mio rendimento sarebbe stato diverso”.
Il primo anno alla Lazio si conclude con 18 presenze complessive (14 in Campionato, 2 in Coppa Italia e 2 in Coppa UEFA) e con il passaggio di Zeman alla Roma, commentato con sarcasmo da Paul: “Beati quelli della Roma…”.
Nella stagione seguente Sven Goran Eriksson diventa l’allenatore della Lazio. Lo svedese esplicita pubblicamente più volte la sua stima per il numero 16 che però sta vivendo un incubo. A 25 anni la sua carriera è a rischio a seguito della doppia operazione al ginocchio. Si assenta dai campi di gioco per l’intero campionato, la sua unica preoccupazione è quella di tornare a praticare lo sport tanto amato.
Lo sfortunato Paul riesce a tornare all’attività agonistica solamente sul finire della stagione 1998/99, vincendo sì la Coppa delle Coppe, ma partecipando come titolare alla sconfitta 1 a 3 con la Juventus del 17 Aprile 1999 e al pareggio 1 a 1 a Firenze del 15 Maggio, che consegnano lo scudetto nelle mani del Milan.
Allo scadere del contratto triennale lascia la Lazio vincendo (da spettatore) 1 Coppa Italia, 1 Supercoppa e 1 Coppa delle Coppe. I tifosi laziali hanno potuto solo intuire la classe dello sventurato regista australiano, sostenendolo comunque nel difficile periodo personale.
Nella stagione 1999/2000 rimane in Italia, passando alla Fiorentina. Nei viola gioca solamente un anno, accumulando 11 presenze in totale. L’anno dopo va in Inghilterra al Middlesbrough e ci rimane per due stagioni. Gioca con più continuità il primo anno, recuperando una condizione accettabile. Nel 2001/02 invece si ferma nuovamente per infortunio.
Brevi parentesi al Watford prima e al Leeds poi, permettono a Paul Okon di ritrovare un certo feeling con il campo. Nel 2003/04 torna in Italia, in serie B va al Vicenza allenato da Beppe Iachini. Anche in quest’occasione però non riesce ad esprimersi al meglio.
Per questo motivo decide di tornare in Belgio, nazione che lo ha cresciuto calcisticamente e come uomo. A 32 anni accetta le lusinghe dell’Ostenda; in maglia gialla torna ad essere un calciatore affidabile e continuo, giocando da titolare 28 partite su 34. Paul si sente finalmente quello di un tempo, ma ha il rimpianto di non riuscire a salvare l’Ostenda dalla retrocessione.
Il calvario però ricomincia nel campionato successivo. Si trasferisce a Cipro, all’Apoel dove nel 2005/06 scende in campo solamente in 2 occasioni. Il ginocchio non lo lascia in pace.
Per il Maestro Paul Okon è tempo di tornare a casa con la famiglia, si trasferisce al Newcastle United Jets Football Club per l’ultima stagione da professionista della sua travagliata carriera.
Nel 2006/07, alla soglia dei 35 anni, è voglioso di far vedere di nuovo ai suoi connazionali che è ancora in grado di saper stupire: “Voglio fare bene, voglio che la squadra faccia bene e voglio giocare il maggior numero possibile di partite. Richiedo molto a me stesso, spero di essere in grado, prima di tutto di soddisfare me e poi tutti quelli dei Jets”.
Essere così meticoloso, dedito alla disciplina, gli ha permesso di regalare lampi di ottimo calcio per quasi tutte le partite della stagione.
Solamente una persona con grande carattere, forza di volontà e amore viscerale per il proprio lavoro, avrebbe potuto perseverare senza abbattersi o, addirittura, rinunciare.
Paul Okon ha il calcio dentro, è il suo modo di comunicare efficacemente. Appena ha appeso gli scarpini al chiodo ha iniziato ad allenare nel Paese natio, prima i giovani Socceroos e poi per le squadre di club. La sua passione è travolgente, come la voglia di non smettere mai.