Rotterdam, Hooligans!

di Fabio Belli

Un genere musicale, un intero movimento nato praticamente all’interno di una curva: un fenomeno culturale piuttosto raro, perché se è vero che il calcio ha sempre rappresentato un formidabile strumento di aggregazione per i giovani, sotto bandiere spesso anche non sportive (su tutte, la politica), la musica spesso è stato un accessorio da usare per cori di battaglia, e non un tratto distintivo di una firm, in quelli che possono essere considerati gli anni d’oro del fenomeno hooligans.

Eppure per anni, le brigate che in casa e in trasferta sentivano avvicinarsi minaccioso il canto “Rotterdam, Hooligans”, sapevano a cosa andavano incontro. Lo sapevano perché la curva del Feyenoord era famosa per arrivare da lunghi rave party durati tutta la notte, freschi freschi allo stadio e carichi come molle, senza un minuto di sonno ma con qualche additivo chimico in corpo in più. I passi mossi all’interno della curva del “De Kuip” dal movimento gabber e dalla musica techno hardcore sono stati incredibilmente significativi. Il paziente zero di questa storia si chiama Paul Elstak, in arte DJ Paul, conosciuto a livello internazionale come uno dei padri della musica hardcore, e questo è risaputo.

Paul Elstak in azione al "De Kuip"
Paul Elstak in azione al “De Kuip”

Quello che molti non sanno è che un balzo significativo nella carriera di DJ Paul coincide, all’inizio degli anni novanta, con l’incisione di una canzone intitolata “Amsterdam Waar Lech dat Dan?” (Amsterdam dove sta?) che è diventata un vero e proprio inno da stadio sull’antagonismo tra le due principali città olandesi, Rotterdam, casa del Feyenoord, e appunto Amsterdam, terra dei lancieri dell’Ajax. DJ Paul all’incirca venti anni fa era popolare nelle discoteche di Rotterdam, quanto nel cuore dello stadio De Kuip: e al grido di “Rotterdam, Hooligans!”, la curva del Feyenoord ha vissuto momenti di autentica gloria ultras.

Momenti controversi, sia chiaro, e questo racconto non vuole certo trasformarsi in un inno al teppismo: ma è chiaro che l’input lanciato da DJ Paul, abbinando la cultura rave a quella da stadio, ha rappresentato negli anni una vera e propria pietra miliare nel cammino del movimento “casual”, che tanti proseliti ha fatto anche in Inghilterra. Il sabato a ballare, poi direttamente allo stadio, perché andando a dormire dopo una nottata passata a saltare su un ritmo a 175 bpm (minimo), non ci si sarebbe mai svegliati in tempo per la partita. Paul Elstak ha suonato spesso, e lo fa ancora, nella pancia dello stadio del Feyenoord, incidendo peraltro altre canzoni techno hardcore a tema ultras. Di gran voga sono stati anche gli “afterparty” dopo le partite vinte, con tutta squadra a ballare sotto la curva e DJ Paul in console a sparare hardcore dagli altoparlanti, soprattutto i pezzi happy hardcore come “Love U More”, divenuta a metà anni novanta un eurohit ballata nelle discoteche di tutto il continente.

La cultura hooligans, ricca di notti in bianco, discoteche, droghe e imprese ben oltre i limiti della legalità, ha vissuto una tappa importantissima dunque a Rotterdam, partendo dalla creatività di un DJ che aveva capito come i due grandi amori della sua vita, la musica hardcore e il Feyenoord, potevano dare vita a una scintilla contro-culturale senza precedenti. E così è stato, e chi in Europa sente avvicinarsi il coro “Rotterdam, Hooligans”, evita ancora di girarsi dall’altra parte. Se può.