Pastore: “Il Fotogenico Piero” che bucava le reti e… l’obiettivo

di Jean Philippe ZITO

“La partita si è svolta su un terreno reso addirittura impraticabile dalla pioggia caduta nel pomeriggio: un terreno fangoso e vischioso che ha messo a dura prova la solidità degli atleti e di conseguenza la perizia dell’arbitro. Tutte le azioni, o quasi tutte, dell’una e dell’altra parte sono state alla mercé della fortuna: fasi impeccabili di gioco venivano frustrate dal fango: altre, assai più imperfette, trovavano nel fango la loro casuale correzione. Un palcoscenico di questo genere doveva vedere la prevalenza, almeno in linea di stile della squadra più forte: e la squadra più forte oggi si è palesata la Lazio”.

Il 30 Aprile del 1933 si gioca Alessandria-Lazio, in una giornata piovosa che la cronaca de “Il Littoriale” ci descrive come determinante, non solamente per lo stato decisamente precario del campo, ma anche per lo spettacolo offerto dai giocatori contrapposti.

La Lazio si è presentata in Piemonte con questo undici: Capitan Sclavi, Bertagni, Del Debbio, Fantoni (II), Tonali, Serafini, “Filó” Guarisi, Fantoni (I), Pastore, Gabriotti, De Maria. I padroni di casa dell’Alessandria rispondono con: Mosele, Lombardo, Fenoglio, Avalle, Costenaro, Barale (III), Cattaneo, Scagliotti, Notti, Marchina, Borelli.

L’Alessandria ha messo in campo tutto l’agonismo possibile fin dalle prime battute, ma si è fatta comunque sorprendere al sesto minuto da un’azione dello sgusciante De Maria, che ha fornito l’assist per il gol decisivo del centrattacco Pietro Pastore, lasciato colpevolmente solo davanti al portiere avversario. Il risultato non cambia nonostante la Lazio finisca la partita in 9 uomini (espulsi De Maria e lo stesso Pastore), contro 10 (rosso per Lombardo).

Il “fotogenico Piero” oltre ad essere un attaccante implacabile sotto porta, da anni è impegnato in numerose pellicole cinematografiche.

Nato a Padova nel 1903, inizia a giocare a pallone da giovanissimo nella squadra della città di Sant’Antonio assieme al fratello Vito. Quest’ultimo, a causa di un contrasto violento, perde la vita durante una partita. La famiglia sconvolta dall’accaduto, vieta a Piero di continuare a fare il calciatore. Ma dopo essersi dedicato per breve tempo al pugilato, decide comunque di tornare alla sua più grande passione: il calcio.

Nel 1923, a vent’anni, si accasa alla Juventus. Mentendo ai genitori, dice che ha trovato lavoro alla FIAT di Torino per trasferirsi nel capoluogo piemontese. In maglia bianconera disputa 4 stagioni (55 gol il suo personale bottino), vincendo il campionato nel 1925/26 mettendo a segno 4 gol, tra andata e ritorno, nella finale contro l’Alba di Roma.

Di questo successo bionconero scrive Vladimiro Caminiti: “Combi, Rosetta, Allemandi, Grabbi, Viola, Bigatto, Munerati, Vojak, Pastore, Hirzer, Munerati. È la Juventus che vince il secondo scudetto, e vi gioca un centrattacco innamorato delle stelle, da intendere come dive e miss, passa le ore parlando di Greta Garbo, cucendosi addosso, mentre segna goal che quasi spaccano la rete, nuove parti da primo attore. Si vede attore, si sogna attore. Fa rima con Pastore.”

Nel 1927 si trasferisce al Milan, indossando la maglia rossonera per due stagioni (59 partite, 39 gol). Nell’estate del 1928, Pastore disputa con l’Italia le Olimpiadi di Amsterdam, ottenendo la medaglia di bronzo dopo che la Nazionale ha sconfitto con un roboante 11 a 3 l’Egitto.

Dopo le Olimpiadi, con il permesso della società meneghina, si aggrega ad una tournée estiva del Brescia negli Stati Uniti. Le “rondinelle” salpano dal porto di Genova il 23 luglio 1928 sul transatlantico Duilio, raggiungendo New York in 10 giorni. Dal 5 Agosto al 5 Settembre il Brescia ha disputato 9 partite; Piero ne ha giocate 5 segnando altrettanti gol.

Durante il viaggio in America, a New York, viene avvicinato da alcuni impresari della Paramount colpiti dalla sua grande somiglianza con Rodolfo Valentino. Il primo sex symbol della storia del Cinema è scomparso prematuramente da un paio d’anni e negli USA sono alla disperata ricerca di un erede. A Piero viene proposto un provino, che viene superato alla grande. Gli impegni calcistici però non gli consentono di accettare l’allettante proposta degli Studios.

Tornato in Italia si trasferisce a Roma, iniziando a giocare per la Lazio. Il regista danese Alfred Lind, giunto nella Capitale per girare il suo nuovo lungometraggio, corteggia Pastore proponendogli un ruolo nel film muto “Ragazze, non scherzate”. Piero acconsente lusingato, debuttando così nel mondo del Cinema. Poco dopo concede il bis, in uno degli ultimi film muti della storia: “La leggenda di Wally”, di Gian Orlando Vassallo.

Nel frattempo con la Lazio nei campionati 1929/30 e 30/31 disputa 57 partite, segnando 23 gol. Dopo una nuova breve parentesi a Milano nel 31/32, sempre sponda milanista, torna alla Lazio. Nella “BrasiLazio” trova poco spazio anche perché sempre più impegnato nella carriera cinematografica: in due stagioni gioca soltanto 18 partite segnando 9 goal.

Nel 1933 lo sceneggiatore Mario Soldati, amico di Pastore dai tempi della Juventus, lo segnala per il ruolo di protagonista al regista Walter Ruttman per il film “Acciaio“, interamente girato nelle acciaierie di Terni. Il debutto di Piero da primo attore, viene unanimemente elogiato dalla critica cinematografica. Come calciatore disputa la penultima stagione al Perugia in serie B nel 1934/35 (3 presenze, 2 gol) e l’ultima nella Roma (4 presenze, 1 gol).

Terminata l’esperienza da calciatore, inizia un lungo percorso che lo vede recitare al fianco di attori del calibro Gino Cervi, Alberto Sordi, Erminio Macario, Totò, Kirk Douglas, Vittorio Gassmann, Anthony Quinn e Sofia Loren. Lavora con registi come Rossellini, Zampa, Comencini, Camerini, Mastrocinque, Mattoli, Steno e lo possiamo ammirare anche nel cult movie dedicato alla città eterna “Vacanze romane”.

Intervistato nel 1955 dalla rivista “Il Calcio Illustrato” dichiara: “Se rinascessi farei il calciatore, senza dubbio. La gente dello sport è diversa, è migliore della gente d’affari”.

A testimoniare come l’amore viscerale, genuino e sincero per il calcio non l’abbia mai abbandonato.