Luis Miguel Arconada: la sua maglia sul palco dei Campioni d’Europa 2008 simbolo del riscatto calcistico di un’intera nazione

di Fabio Belli

Quando, passata da poco la mezz’ora del primo tempo, Fernando Torres deposita il pallone alle spalle del portiere tedesco Jens Lehmann nella finalissima degli Europei del 2008, un’intera nazione tira un sospiro di sollievo, più che abbandonarsi alla sfrenata esultanza. La Spagna sa infatti che sta per superare un complesso quasi centenario, costretta con la proprio nazionale a guardare da sempre gli altri esultare, fatta eccezione per gli Europei del 1964 vinti in casa, quando però ancora la competizione continentale assumeva caratteri al limite dello sperimentale. Abituata a dominare con i propri club, la nazione iberica mai aveva potuto esultare nell’era moderna per un trionfo delle furie rosse. Stavolta, l’erba del “Prater” di Vienna è amica: il risultato non cambierà più, e la Spagna può esultare per un successo che spianerà di fatto la strada al titolo mondiale del 2010.

Il momento è emozionante, e così quando la squadra sale le scale della tribuna dello stadio intitolato ad Ernst Happel per ricevere dal presidente dell’UEFA Michel Platini l’ambitissima Coppa, a molti sfugge un elemento “anacronistico”: una maglia palesemente diversa dalle altre, che richiama lo stile dei portieri anni ’80. La indossa Andres Palop, numero uno del Siviglia nonché dodicesimo di Iker Casillas in nazionale. Probabilmente sul momento anche a Platini sfugge il significato di quella maglia, che pure richiama un episodio importantissimo della sua carriera, ma ai commentatori sportivi iberici no. I più dotati di memoria storica non ci mettono molto a capire: quella è la maglia del portiere della nazionale spagnola che nel 1984 perse a Parigi, al Parco dei Principi, la finalissima degli europei contro i padroni di casa della Francia.

La indossava allora Luis Miguel Arconada, colonna della Real Sociedad (414 presenze) e della nazionale spagnola (68) negli anni ’80. Un mito del calcio spagnolo, che visse forse la sua giornata più difficile in carriera proprio quel giorno, quando le roi Michel lo trafisse con una punizione tutt’altro che irresistibile. I due, da capitani delle rispettive squadre, si erano stretti la mano ad inizio partita, ma alla fine fu Platini a beffare Arconada, che si fece passare sotto braccia e pancia una punizione angolata sì, ma nulla a che vedere con i capolavori su calcio piazzato ai quali il numero dieci della Juventus aveva abituato le folle.

Una ferita che bruciava sulla pelle degli spagnoli da 24 anni, fino a quella sera, in cui Palop decise di chiudere il cerchio, per omaggiare Arconada e tutta la nazione, ricevendo proprio dalle mani di Platini la Coppa che era sfuggita a quella maglia che aveva indosso. Palop spiegò così il suo gesto: “Arconada meritava un omaggio importante, ho avuto l’opportunità di ricevere la sua maglia, l’ho portata e mi ero ripromesso che se avessimo alzato la coppa l’avrei indossata, perché storicamente è ricordato per una sua papera, però è giusto invece che sia ricordato perché fu un grande portiere.” Nemmeno uno sceneggiatore professionista l’avrebbe pensata così bene.