La Democracia Corinthiana, l’unico caso al mondo di una squadra autogestita dai calciatori

di Fabio BELLI

L’aria degli spogliatoi dello stadio Pacaembu di San Paolo del Brasile ristagna come quella di un magazzino. L’arredamento, in linea con lo stile un po’ spartano del calcio fine anni ’70, lascia ampi spazi vuoti che fanno risuonare echi di parole e passi, come quelli segnati dal ritmo dei tacchetti dei calciatori che entrano nello stanzone. Uno dopo l’altro sfilano i profili di Wladimir, di Socrates, di Casagrande: leggende dell’epoca per il Corinthians prima, del futbòl paulista poi e di tutto il calcio brasiliano in generale. Si siedono sulle panche e discutono di argomenti della massima importanza per il club, strategie per le partite future, programma degli allenamenti, attorno a loro anche cicche di sigarette e qualche birra. Ma neanche l’ombra di un allenatore.

Quello che sta andando in scena è in realtà un esperimento destinato a restare unico nella storia del calcio mondiale: ovvero il primo caso di autogestione di una squadra con i giocatori che tengono salde le redini del comando. E’ quella che passerà alla storia come la “Democracia Corinthiana“, uno dei segni distintivi del Timao (il soprannome storico del club), assieme al Flamengo la squadra più amata di tutto il Brasile. Non sembra un caso che a cavallo della scomparsa di Socrates siano arrivati i maggiori successi della storia del club, con il “Brasileirao” e la Coppa Libertadores, dopo una rincorsa durata tutta una vita. L’apice della fama internazionale del Coritnthians prima di questo periodo era identificabile proprio nel periodo distintosi per gli interpreti della “Democracia”.

Riguardo Socrates, Pelè affermava che fosse il calciatore “più intelligente di tutti i tempi”, riferendosi sia al suo impegno politico-culturale, sia alla sua sapiente regia palla al piede. Walter Casagrande fu un bomber che raccolse consistenti successi anche nella nostra Serie A con le maglie di Ascoli e Torino. Wladimir Rodrigues dos Santos un terzino infaticabile, capace di far parte della selezione dei migliori giocatori di tutti i tempi del campionato Paulista. Erano i leader carismatici di un gruppo che funzionava come una perfetta democrazia autogestita. Le decisioni venivano prese in gruppo e l’allenatore, Mauro Travaglini, serviva solo come supporto “tecnico” per la preparazione atletica, comunque stabilita in proprio dai calciatori.

L’esperienza durò di fatto un triennio, dal 1982 al 1984, rivelandosi peraltro un autentico successo innanzitutto per le casse del club, che dall’autogestione del gruppo riuscì a ricavare una riduzione drastica delle spese. Quindi dal punto di vista sportivo: non arrivò il successo nel campionato brasiliano, ma due titoli Paulisti (1982 e 1983) comunque molto rilevanti considerando la grande importanza dei campionati statali in Brasile. L’ambiente del calcio verdeoro era d’altronde ideale per questo tipo di iniziativa, con i calciatori che avevano un fortissimo peso anche ideologico, che andava al di là della questione sportiva in sé. Oltre a gestire il club con pari diritto di voto e di opinione rispetto alla dirigenza, i calciatori potevano usare la maglia del Corinthians per fini propagandistici. Socrates stesso promise che avrebbe fatto saltare il suo trasferimento in Italia in caso di passaggio di una riforma costituzionale in Brasile: ma la storia fece il suo corso, la Democracia Corinthiana vide i suoi protagonisti sparpagliarsi ai quattro angoli del mondo e l’esperimento non fu più ripetuto.