Julio Velasco: il filosofo tra volley e calcio

di Alessandro IACOBELLI

Salvare la pelle nell’Argentina degli anni settanta non era cosa scontata. Julio Velasco ne ha viste e passate tante. Parenti e amici spariti nel terribile vortice della dittatura targata Videla e soci. La filosofia il suo primo amore. Nato a La Plata, il giovane Julio studia con impegno e consapevolezza. Diventa anche assistente dei professori, ma ben presto le mani perverse del potere fascista lo costringono a cambiare lido. L’adesione ai dettami del comunismo locale non lo rendono simpatico ai piani alti.

Viaggia quindi alla volta di Buenos Aires. Dai libri al parquet. La passione per il volley prende senso e forma. Da giocatore nelle formazioni minori alla panchina ci vuole un attimo. Il Ferrocarril Oeste è solo la prima fermata di un viaggio destinato all’eternità. L’alba degli anni ottanta prepara la svolta professionale per il trainer di La Plata. La federazione argentina gli offre lo scettro di allenatore in seconda della Nazionale maggiore. Un terzo posto ai mondiali e, nel 1983, lo stivale della pallavolo accoglie la sua professionalità. La prima chiamata in Serie A2, alla corte della Latte Tre Valli Varesine.

Passano due anni e si scatena l’epopea trionfale della Panini Modena. In Emilia Velasco trova l’ambiente ideale per insegnare e, solo dopo, allenare. Educare un gioiellino alle primissime armi come Lorenzo Bernardi, colonna precoce di un’orchestra perfetta, è la scommessa più stimolante. Lucchetta, Vullo e tanti altri. Quattro scudetti consecutivi, poker anche in Coppa Italia e un successo in Coppa delle Coppe. Un Curriculum da mille e una notte. Nel 1989 la Nazionale italiana vuole affacciarsi al nuovo decennio puntando forte al tetto dell’universo sotto rete. Il capolavoro diventa subito una dolce realtà. Due ori in quattro edizioni dei campionati del mondo, con tre vittorie in salsa europea e cinque acuti in World League.

Velasco non si ferma. Da coach a dirigente nel calcio il passo è naturale e tutto da scoprire. Nel 1998 la Lazio del patron Cragnotti cerca figure di spicco per rinnovare l’organigramma societario. Il ruolo di manager stuzzica la mente del filosofo che, senza troppe esitazioni, firma il contratto con il sodalizio biancoceleste. Da Roma a Milano. Velasco passa successivamente all’Inter, per una breve esperienza in nerazzurro.
Il romanzo sportivo di Velasco continua con un’operazione nostalgia in piena regola. La pallavolo è il grembo materno da riscoprire. Passaporto in tasca e valigia in mano. Dalla Repubblica Ceca alla Spagna, passando per Iran e Argentina. Sei giri molto intensi.

Rievocare i fasti del passato. Questo l’auspicio del maestro Julio. Il grande ritorno a Modena, la scorsa estate, non è un caso. L’ennesima sfida per il tecnico di La Plata.

“La cultura degli alibi” il dogma semplice ma colmo di profondità. Giustificare un errore o una sconfitta dando la colpa a fattori esterni alla propria responsabilità. Julio Velasco si è sempre opposto con fermezza a questa discutibile abitudine. I fatti gli hanno dato ampiamente ragione.