Franco Scoglio, un Professore in panchina

di Enrico D’Amelio

Uomo di mare, Professore e profeta del suo triste destino. Questo e tanto altro nella vita di Franco Scoglio, un po’ genio, un po’ pazzo, con una laurea in pedagogia messa nel cassetto per coltivare una passione ancor più grande e di una vita: quella della panchina. Nato a Lipari nel 1941, ha vissuto due carriere parallele da allenatore, fatte di innamoramenti, delusioni cocenti e ritorni di fiamma, nelle due città che più ha amato: Messina e Genova. 30 anni di carriera conditi da ben 8 esoneri e una dimissione, ma anche da imprese ai limiti dell’impossibile arrivate sui campi terrosi del profondo sud. Gentiluomo, Ronzulli, Papaleo, Rosaclerio, Geria, Polizzo, Babuscia, Arigò, Scignano, Sorace, Chiappetta era l’undici iniziale con cui condusse la Gioiese, nel lontano 1981/82, alla vittoria del campionato Interregionale, con un dominio del torneo dalla prima all’ultima giornata, che valse un ritorno in Serie C che mancava alla società calabrese dal 1948.

Non memorabili le prime due esperienze alla guida del Messina, con un sesto posto in C/1 e un esonero in C/2 nel corso degli anni ‘70. Al terzo tentativo, però, il Professore riuscì a scrivere la storia. L’anno era il 1984, la società giallorossa era stata appena rilevata da Salvatore Massimino e in rosa c’erano giocatori del calibro di Schillaci, Napoli e Catalano. Il primo anno arrivò il terzo posto, a soli 3 punti dalle vincitrici Catanzaro e Palermo. L’anno dopo, invece, nessuno poté fermare il cammino del Messina: trionfo con 45 punti e accesso al campionato di Serie B 1986/87. Altri due anni alla guida dei siciliani, per poi, dopo 17 anni vissuti tra Calabria e Sicilia, approdare in un’altra città di mare, questa volta lontano da casa: Genova.

Mai come allora, però, Franco Scoglio una casa la trovò davvero. “Morirò parlando del Genoa”, disse in un’intervista rilasciata negli anni ’90, a testimoniare quanto fosse indissolubile il suo legame con la città che l’aveva adottato. Mai, come a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, la Genova calcistica poté assurgere al ruolo di ‘Superba’, con i rossoblu condotti in A nel 1989 dal Professore e la Sampdoria a primeggiare in Italia e in Europa. Due anni indimenticabili sulla panchina della società più antica d’Italia, per poi tornare 3 anni dopo, nel 1993, con il tempo che sembrava essersi interrotto e un vero e sfortunato capitano, Gianluca Signorini, pronto a ricongiungersi col suo mentore. Lo stesso capitano che assieme ai suoi compagni aveva scritto forse la pagina più bella di storia del Genoa, andando ad espugnare Anfield nel 1992 in una gara di Coppa UEFA. Triste la fine del secondo passaggio in Liguria, con la retrocessione in Serie B nel 1995, dopo uno spareggio perso ai rigori contro il Padova. Poi, nel 2001, dopo un’esperienza di tre anni alla guida della nazionale tunisina, il ritorno. Tante le aspettative riposte in lui dalla sua gente, ma, questa volta, l’incantesimo sembra essersi rotto. Il Professore è oramai stanco e si congeda da Marassi dopo soli 4 mesi, regalando però ai suoi tifosi l’emozione più grande: battere la Sampdoria per 1-0 nel derby d’andata, con una commovente corsa sotto la Gradinata Nord a fine gara che sa di commiato. Quella notte, dopo anni di bocconi amari, la Genova rossoblu riesce a sentirsi padrona di una città che negli ultimi anni era stata troppo colorata di blucerchiato.

Lui, 4 anni dopo, morì d’infarto come aveva profetizzato, mentre litigava per il suo Genoa con il presidente Preziosi in diretta televisiva. Così aveva predetto e così è stato il suo destino. In panchina e nella vita, sempre il Genoa a scandire i titoli di coda di un uomo speciale, e, proprio per questo, geniale. Che ha avuto il merito, in trent’anni di carriera, di non fa capire a nessuno se si divertisse a prendere tutti in giro, dissacrando un mondo che si prende troppo sul serio, o che credesse davvero ad alcune frasi paradossali che amava ripetere: “Il Presidente non esiste, la società non esiste e la squadra non esiste: esistono solo tifoseria e tecnico”. Una volta in trent’anni, nella sua ultima ribalta, s’è avverato anche questo. Con i giocatori della Sampdoria che abbandonavano il campo con mestizia e con il popolo rossoblu intero a rendere omaggio al suo Profeta. Anche per questo, grazie, e buon viaggio, Professore.

“Sono un diverso perché non frequento il gregge; il sistema ti porta all’alienazione”.

1 commento su “Franco Scoglio, un Professore in panchina”

  1. Per tornare al Genoa nel 2001 lasciò la Nazionale Tunisina già qualificata (da lui) al mondiale di Giappone e Corea.
    Il Prof è uno di noi!

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