Football Mystery 4×16: Duckadam, tra psicologia e leggenda

di Fabio BELLI

Ci troviamo probabilmente di fronte alla storia della più grande impresa compiuta da un portiere in una finale di Champions League, allora ancora Coppa dei Campioni. Nessun estremo difensore nella storia è mai riuscito a parare tutti i tiri dal dischetto in una finale conclusa ai calci di rigore: a fare 4 su 4 fu una vera icona del calcio dell’Est, di cui si persero quasi completamente le tracce dopo la notte da eroe vissuta a Siviglia, il 7 maggio 1986. Stiamo parlando di Helmuth Duckadam: tra psicologia e leggenda.

Helmut Duckadam fu lo storico portiere della Steaua Bucarest degli anni 80, la prima squadra dell’Est Europa che riuscì a vincere il più ambito trofeo calcistico continentale, la Coppa dei Campioni. La Steaua 1986 fu l’orgoglio della Romania di Ceausescu, che riuscì in un’impresa che nel calcio dell’Est non fu mai completata né dai maestri sovietici, nonostante la Dinamo Kiev del Colonnello Lobanovski dettasse legge in quegli anni, e che fu raggiunta solo 5 anni dopo dai brasiliani d’Europa, gli jugoslavi, con la Stella Rossa del 1991.

Duckadam arriva all’appuntamento della notte più importante della sua carriera da perfetto sconosciuto del calcio europeo: della Steaua si conoscono la classe di Belodedici, la forza di un attaccante come Lacatus e poco altro. Nato in Transilvania, Duckadam sembra un personaggio del castello del conte Dracula: alto, imponente e baffuto, abbia alla prestanza fisica un’agilità non comunque alla sua stazza. Esplode calcisticamente nell’UT Arad, poi come tutti i calciatori migliori del Paese finisce alla Steaua, gestita direttamente dai figli di Ceausescu. In Nazionale è chiuso da Silviu Lung, storico portiere dell’Universitatea Craiova, ma in quegli anni tutti pensano che sia Duckadam il migliore.

La Steaua si trova a disputare il 7 maggio 1986 una delle finali di Coppa dei Campioni più strane della storia. Si gioca a Siviglia contro il Barcellona che si gioca in una notte mezzo secolo di complessi rispetto al Real Madrid. I catalani hanno raggiunto la finale vincendo una tiratissima sfida ai rigori contro il Goteborg e sono strafavoriti contro i rumeni. L’allenatore inglese del Barca, Terry Venables, fiuta la trappola: con tanti catalani in campo e uno stadio esaurito con 69700 spettatori del Barcellona e 300 romeni, le gambe tremano ma il tecnico viene tradito proprio dai suoi pretoriani fatti arrivare dall’esterno per vincere in europa: sono impalpabili lo scozzese Steve Archibald ma soprattutto il tedesco Bernd Schuster, fuoriclasse dal carattere difficile che non giocò mai un Mondiale per le liti con i compagni di squadra della Germania Ovest. Al momento della sua sostituzione a 5′ dal novantesimo, Schuster uscì dal campo, andò dritto negli spogliatoi a farsi una doccia, chiamò un taxi e si vide i rigori in televisione a casa sua.

In quanto a stranezze, la Steaua non fu da meno e la finale del 1986 fu la prima che vide un allenatore, Emerich Jenei, mandare in campo il suo vice, Angel Iordanescu. Ufficilalemtne in rosa e futuro CT della Nazionale romena, Iordanescu non giocava da due anni e studiava da allenatore al fianco di Jenei. Ma la sua classe aiutò a spaventare definitivamente il Barcellona. Si andò ai rigori, e qui Duckadam divenne il protagonista assoluto.

I primi quattro tentativi vanno tutti male: Urruti, il portiere basco del Barcellona, è un noto pararigori e neutralizza i primi tentativi di Majearu e Boloni. Dall’altra parte però, Duckadam fa lo stesso contro il capitano Alexanco e Pedraza. “Il primo rigore è sempre il più difficile,” spiegò anni dopo Duckadam raccontando la sua impresa. “Parato quello, ho giocato con il cervello degli avversari: sapevo che Pedraza avrebbe pensato che avrei cambiato angolo, perché Urruti l’aveva fatto e ne aveva parati 2 su 2, così mi sono ributtato a destra”. Il terzo rigore dello Steaua lo tira Lacatus, di potenza, senza pensare, e il pallone finalmente entra. Poi tocca all’eroe della semifinale col Goteborg, Pichi Alonso, e Duckadam si ributta a destra, sicuro che l’avversario avrebbe pensato che stavolta avrebbe cambiato. Quasi blocca il pallone, poi Balint mette dentro il 2-0 e su Marcos Alonso (padre dell’attuale giocatore del Chelsea, ex Fiorentina), Duckadam si sente ormai onnipotente. Basta una lieve finta a destra, stavolta Alonso tira a sinistra ma il portiere ha tutto il tempo di cambiare e di firmare una delle più grandi sorprese della storia del calcio europeo.

La Steaua è campione d’Europa per Duckadam sembra l’inizio di una carriera internazionale luminosa, anche se la Romania non sarà tra le Nazionali che andrà in Messico per i Mondiali del 1986. Nel giro di pochi mesi, nessuno saprà invece più che fine avrà fatto Duckadam: nasce una leggenda inquietante, Valentin Ceausescu gli avrebbe fatto spezzare le mani per non aver consegnato un’automobile ricevuta in regalo da uno sponsor per l’impresa compiuta a Siviglia. Una punizione atroce, che l’avrebbe costretto a ritirarsi, ma smentita dallo stesso Duckadam, ricomparso quasi trent’anni dopo la finale del 1986 come ambasciatore UEFA, in un’intervista:

“In caso di vittoria della Coppa dei Campioni ci era stato promesso un grande premio dall’esercito, ma quando fummo ricevuti da Ceausescu l’accoglienza fu fredda. Il regime era già in crisi e il calcio non avrebbe aiutato certo la propaganda. Ma non è assolutamente vero che venni aggredito o che vennero a rompermi le braccia: proprio perché il dissenso politico in Romania era ormai grande, si sarebbe venuto facilmente a sapere. L’unico tiro mancino che ci fece il regime fu di rimangiarsi il premio per la vittoria, consegnandoci solo delle auto usate, alcune assemblate addirittura da componenti militari dismessi. Smisi di giocare perché pochi mesi dopo la finale in una partita finii all’ospedale a causa di un dolore lancinante al braccio, di origine sconosciuta. Gli esami evidenziarono un aneurisma arterioso periferico, una rara forma di trombosi. Non persi il braccio per miracolo, provai a tornare a giocare a casa all’Arad, ma non potevo più fare il professionista.” E così nella notte di Siviglia il tempo della vita da calciatore di Duckadam si fermò per sempre.