Ezio Angelucci, il presidente che incoraggiava i calciatori citando Dante

di Andrea Rapino

Potrebbe essere definito un Rozzi o un Anconetani delle serie minori: dieci anni fa Lanciano, che oggi guida a sorpresa la classifica della serie B, perdeva il suo storico presidente, Ezio Angelucci. Classe 1933, Angelucci fu a capo del club per circa dieci anni, prima dal 1983 al 1987 e poi dal 1997 al 2003. Legò il suo nome a ben quattro campionati vinti, dallo storico spareggio per la C2 contro il Chieti nel 1986, fino al ritorno nella terza serie nazionale nel 2001, a distanza di 53 anni dall’ultima apparizione dei rossoneri in Serie C.

galleryIn bacheca Angelucci mise anche una Coppa Italia regionale nel 1998 e lo scudetto dilettanti nella stagione seguente. Nei giorni immediatamente successivi alla sua morte, a risaltare furono soprattutto i messaggi di cordoglio che arrivarono dalle tifoserie solitamente nemiche di quella lancianese, che nei forum abitualmente frequentati dagli ultras scalzarono le minacce e le offese. Striscioni vennero esposti in diverse curve: i supporters della Sambenedettese ad esempio si presentarono al “Biondi” con un «Ieri il calcio vero di Angelucci, oggi i loschi affari di Gaucci». Fu un personaggio unanimemente stimato, insomma, legato a un pallone fatto di passione e di attaccamento al territorio. Il suo sogno era bissare il “miracolo Castel di Sangro” in Abruzzo: ci andò vicino con i play off per la B conquistati nel 2001-2002.


La competenza per le questioni strettamente tecniche non gli faceva difetto: Ezio Angelucci era uno che di calcio ne capiva, seguiva la squadra in casa e in trasferta, osservava attentamente allenamenti e amichevoli estive. Gli piaceva rievocare come da giovane amasse cimentarsi tra i pali, e spesso scherzava sugli occhiali che gli avevano impedito di giocare nella Lazio, squadra per la quale simpatizzava negli anni in cui aveva vissuto a Roma. Ironia della sorte, tra tante scelte impeccabili, scivolò proprio su un portiere che volle fortemente in prima persona! Nell’estate del 2002 visionò alcuni filmati del compianto Alejandro Gustavo Mulet, estremo difensore argentino ex Banfield, che nel 2006 sarà stroncato a soli 37 anni su un campo di calcio da un infarto. Angelucci era convinto che Mulet fosse l’uomo giusto per ritentare la corsa verso i play off, ma il guardameta infilò l’annata storta. Presto l’allenatore Fabrizio Castori cominciò a preferirgli Gabriele Paoletti, in quel periodo diventato famoso suo malgrado perché nel “gioco” delle plusvalenze la Roma lo aveva valutato 22 milioni di euro.

Oltre che uomo di calcio e imprenditore, Ezio Angelucci fu anche uomo di cultura non indifferente, grande appassionato di letteratura e di pittura. Luca Leone, capitano dei successi dell’Angelucci bis e oggi direttore sportivo della Virtus Lanciano, in un’intervista del febbraio 2012 al settimanale Lancianosport, raccontò di quando «una volta venne nello spogliatoio dopo una sconfitta e dopo un po’ si mise a parlare della Divina Commedia. Voleva spronarci, stava parlando del coraggio che serve per vincere: e lo faceva citando Dante».