In tempi di uragano scommesse, chi ama la retrospettiva può prendere spunto dalle parole di Giovanni Trapattoni, che affronterà Euro 2012 come CT dell’Irlanda: “All’estero ci chiamano mafiosi“. O a quelle di Daniele De Rossi, colonna del centrocampo della nazionale: “Il marchio di fabbrica ormai è quello.” Ma è proprio vero? A volte non bisogna farsi prendere dalla foga del momento, e ricordare come praticamente tutte le federazioni, nell’ormai bicentenaria storia del calcio, siano state coinvolte in scandali di ogni tipo. D’altra parte, l’essere arrivati nel giro di trent’anni ad uno scandalo delle scommesse numero quattro, che si aggiunge a Calciopoli e ad altre amenità sparse nel tempo, non può certo far bene a quella che unanimemente viene chiamata “reputazione“.
Seguirono altrettanto pesanti dichiarazioni al ritorno in patria della squadra inglese, nelle quali venne messo in dubbio anche il valore dei soldati italiani nella seconda guerra mondiale, in un’escalation che faceva in fondo parte del modo di essere del tecnico inglese, abituato a dire quello che pensava senza curarsi troppo delle conseguenze. D’altronde Coughie, esponente medio della working class inglese, provava ribrezzo per ogni forma di aggiustamento o di possibile accordo partorito nelle stanze dei bottoni. Non per niente fu proprio grazie alla proverbiale, irriducibile lealtà sportiva inglese che il suo Derby County si laureò campione d’Inghilterra per la prima volta nella sua storia: la squadra era già praticamente in vacanza, in tournée a Maiorca, quando arrivò la notizia che il Leeds United aveva perduto l’ultima partita del campionato in casa del Wolverhampton, mancando così il sorpasso in vetta alla classifica sui “Rams”.
In realtà in quella semifinale le prodezze di Altafini ebbero un peso specifico decisamente superiore all’arbitraggio. Senza considerare che il Derby aveva giocato un massacrante match di campionato proprio contro il Leeds, nel quale Clough, spinto dalla rivalità col tecnico avversario Revie, non aveva risparmiato i migliori nonostante la posta in palio non fosse decisiva per la classifica. Segno che a volte l’accortezza non confina esattamente con l’imbroglio… anche se quel “Cheating Bastards” è un’idea degli italiani che probabilmente oltremanica, ed in generale oltralpe, resta impressa anche nella mente di chi non ha mai sentito parlare di questo episodio.